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In una società in cui regnano conflitto e competizione: prevenire gli episodi di violenza è possibile?

In una società in cui regnano conflitto e competizione: prevenire gli episodi di violenza è possibile?

Torna l'appuntamento con la rubrica settimanale "La Strada delle Vittime", nella quale si affronta l'analisi della casistica criminale con approccio vittimologico. 

In una società in cui siamo abituati al conflitto, alla competizione, la capacità di empatia diventa un’ esperienza da coltivare, fermandoci di tanto in tanto, per arrivare a quella “calma centratura emotiva” che è l’unica strada percorribile per porci in ascolto dell’ altro.

Questo il senso di una delle considerazioni condivise la settimana scorsa dal dottor Andrea Grosso, psicoterapeuta e mental coach, in una diretta facebook molto interessante sulla pagina @IPAMacerataFermo, organizzata e condotta dal Presidente I.P.A. International Police Association Macerata- Fermo, Tommaso Galeone. L’incontro online dal titolo  “ Intervento da parte delle Forze dell’Ordine. Come allenare la nostra mente”, indirizzato appunto alle Forze dell’Ordine  che sono chiamate a gestire i primi momenti di grande tensione quando si verifica un fatto costituente reato, è risultato denso di preziosi spunti di riflessione anche per la quotidianità di ciascuno di noi.

Empatia è la capacità di sentire cosa prova l’altro. Richiede la capacità di mettersi in ascolto ponendosi “non in conflitto” e  “non in competizione”.

Rifletto sul senso di queste parole: è di tutta evidenza che  in una situazione conflittuale già degenerata, come può essere quella di una quotidianità domestica in cui vengono perpetrati  abusi di ogni tipo, ciò non significa subire passivamente qualsiasi forma di violenza psicologica o fisica. 

Quando la tensione ha già raggiunto livelli ingestibili, l’unico modo per salvarsi è denunciare agli organi competenti ogni forma di aggressione. E saranno proprio le Forze dell’Ordine, con la loro esperienza e con l’addestramento ricevuto ad interventire in situazioni altamente conflittuali, ad occuparsi dell’autore del reato e della vittima.

Dobbiamo però necessariamente ricordare che ci sono dei segnali da cogliere ed interpretare che arrivano dal nostro interlocutore, che ci possono far presagire con ampio anticipo rispetto alla “tragedia annunciata” che il soggetto non ha quella “calma centratura emotiva” di cui sopra. 

E’ raro che la violenza si fermi ad un solo atto; essa innesca una serie di comportamenti sempre più aggressivi.

Per poter prevenire prima che sia troppo tardi, cosa possiamo fare?

Ritengo che un suggerimento utile potrebbe essere proprio quello di metterci in “ascolto” dell’altro, del suo linguaggio verbale e non verbale.

Ma per fare questo, anche la potenziale vittima deve possedere una  “calma centratura emotiva”. 

Ed allora?

Parlando della violenza di genere nei confronti della donna, assistiamo troppo spesso a donne che “si ritrovano” avvolte nella spirale della violenza e non si ribellano per l’incapacità  di immaginare  la propria autonomia, psicologica o economica, dal partner. Questo continuo subire vessazioni dal proprio partner, come in un circolo vizioso, non fa altro che andare a minare il senso del proprio “sè” della donna, la sua identità. E più viene compromessa la sua identità tanto più si sentirà incapace di poter sopravvivere senza quel patologico “legame” economico e psicologico con il proprio partner.

Ecco che in questi casi “mettersi in ascolto” dell’altro, prima che sia troppo tardi, significa prima ancora saper mettersi in ascolto di sè stessa.

Significa dedicare 5 minuti di tempo per connettersi con la propria calma interiore, che non è assopimento, passività, ma attenzione vigile a ciò che accade prima dentro di noi e poi intorno a noi.

Raggiunta quella consapevolezza del proprio “sè”, diventerà un’attitudine naturale, che già fa parte dell’ animo femminile, quella di saper riconoscere i primi segnali della manipolazione relazionale: perchè non c’è violenza fisica  che a monte  non abbia una o più forme di violenza psicologica. 

Ci avviciniamo alla data dell’ 8 marzo, giornata della donna, ma finchè una donna viene malmenata fisicamente o minacciata sia pure verbalmente, è controllata costantemente ed in maniera soffocante dal proprio partner, non ha accesso alle sue risorse economiche, è oggetto di violenza psicologica, cioè è oggetto della violazione dei diritti umani, questa non è una festa da celebrare con leggerezza ma con la consapevolezza che la violenza sulle donne è un fenomeno sociale da combattere con ogni mezzo.

 

 

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