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"Utero in affitto reato universale, finalmente una cosa giusta": l'editoriale di Diego Fusaro

"Utero in affitto reato universale, finalmente una cosa giusta": l'editoriale di Diego Fusaro

Talvolta ci imbattiamo anche in qualche buona notizia e la trasmettiamo magno cum gaudio. Nel deserto in cui nostro malgrado ci troviamo, qualche buona notizia di tanto in tanto può giovare a risollevare il morale e a segnalare che non tutto è perduto.

Qual è la notizia alla quale sto facendo riferimento? Il governo italiano finalmente ha fatto una cosa buona, dopo tante malefatte riguardanti sia la politica estera, con la subalternità integrale a Washington, sia le politiche interne, con l'adesione cadaverica ai diktat dei mercati cosmopoliti.

In questi mesi, non abbiamo certo risparmiato l'operato del governo della Destra bluettet neo liberale e atlantista capitanato da Giorgia Meloni: un governo che, va sottolineato, ha rinnegato bellamente tutte le proprie promesse e le proprie premesse, diventando de facto una stampella dell'ordine capitalistico e imperialistico sotto ogni riguardo.

Non ci si potrà dunque accusare di essere filo-governativi se celebriamo, dopo tante critiche, una cosa buona fatta da questo criticabilissimo governo. L'Italia infatti ha nei giorni scorsi posto fuorilegge la maternità surrogata, formula orwelliana per dire l'utero in affitto. Preferiamo In effetti la formula utero in affitto perché, a nostro giudizio, rende meglio conto de re ipsa.

Utero in affitto che adesso diventa reato universale: non soltanto non lo si potrà praticare in Italia, come evidente, ma i cittadini italiani non potranno avvalersene neppure all'estero. Questo significa appunto reato universale in riferimento all'utero in affitto. Si tratta di una scelta di civiltà fondamentale, che pone un pur piccolo argine al processo di mercificazione integrale della vita che è coessenziale al ritmo della globalizzazione turbocapitalistica.

Quest'ultima come sappiamo si fonda non accidentalmente ma essenzialmente sulla mercificazione integrale del reale e del simbolico, senza neppure risparmiare la stessa vita umana, sempre più palesemente ridefinita come miniera da cui estrarre pluslavoro e plusvalore. Come ho cercato di chiarire nel mio studio "Il nuovo ordine erotico. Elogio dell'amore e della famiglia", l'utero in affitto rappresenta il non plus ultra della barbarie tecnocapitalistica per più ragioni, che desidero ora celermente ripercorrere, sia pure senza alcuna pretesa di esaustività.

Anzitutto l'utero in affitto costituisce una pratica barbara perché trasforma il ventre della donna in un magazzino aziendale mercificato e disponibile, appunto in una miniera da cui estrarre plusvalore, riducendo la vita stessa della donna a merce sfruttabile. In secondo luogo, l'utero in affitto rappresenta una pratica quintessenzialmente barbara poiché costituisce l'apice dei processi di "sostituzione tecnica", in forza dei quali la vita stessa diventa variabile dipendente della Tecnica.

Walter Benjamin potrebbe aggiornare il suo testo e titolarlo altrimenti, "L'essere umano nel tempo della sua riproducibilità tecnica". Oggi in effetti si fa un gran parlare di sostituzione etnica ma sarebbe decisamente più opportuno principiare a occuparsi della sostituzione tecnica in atto, grazie anche ai processi incontrollati e forse incontrollabili dell'intelligenza artificiale.

Oltre a ciò, l'alienazione connessa ai processi legati all'utero in affitto si inferisce dalla esiziale riduzione del nascituro a merce on demand, liberamente selezionabile dal buon consumatore a seconda dei propri gusti e dei propri capricci individuali. Con anche possibili esiziali derive eugenetiche, tali per cui il buon consumatore potrà scegliere à la carte il bambino merce che desidera avere. Infine, la maternità surrogata risulta una pratica oscena dacché fa valere in forma parossistica l'inganno della libertà liberale: inganno in forza del quale, nel caso specifico, nessuna donna sarà costretta a mettere in affitto il proprio utero, ma saranno le condizioni economiche stesse delle donne a imporre loro di farlo nel caso in cui  appartengano ai ceti più deboli.

Insomma dietro la libertà liberale si nasconde sempre la nuova servitù economica propria del capitalismo planetarizzato. Quel che stupisce, in questa vicenda, riguarda il contegno della sinistra, anzi della sinistrash, come ormai da tempo la qualifico per distinguerla dalla nobile sinistra rossa della falce e del martello: in effetti, la battaglia contro l'utero in affitto dovrebbe essere una battaglia tipicamente di sinistra e invece oggi la sinistra neo-liberale e padronale difende senza tregua l'utero in affitto.

A tal punto che, quando il governo ha annunciato la nuova legge, gli araldi arcobalenici della sinistrash arcobaleno sono pietosamente insorti: non solo non si battono contro l'utero in affitto, ma addirittura lo difendono a spada tratta, come se la mercificazione e lo sfruttamento rappresentassero l'apice del progresso.

Se di progresso vogliamo parlare, ebbene esso riguarda soltanto il capitalismo e le sue classi di riferimento. Non ce ne stupiamo nemmeno poi troppo: le sinistre rosse un tempo sfilavano al fianco dei lavoratori e si battevano per i loro diritti; oggi le sinistre fucsia ballano sulle note di Maracaibo sui carri dei pride tra parrucche fucsia e uomini camuffati da donne. La metamorfosi kafkiana può dirsi compiuta: la sinistra, che un tempo fu la soluzione, oggi diventa parte integrante del problema.

E sovvengono, a questo proposito, i sonetti di Shakespeare, nei quali si dice che più delle erbacce puzzano i gigli marciti. Con una sinistra così, davvero, la destra stessa tende ogni giorno di più ad apparire superflua e addirittura meno importante per il dominio capitalistico del reale e della vita quale si sta sempre più universalmente estrinsecando nel mondo sussunto sotto la forma merce.

Il fatto che l'utero in affitto, almeno in Italia, sia stato dichiarato reato universale segnala un piccolo spazio di speranza. Forse non tutto è perduto, forse vi sono ancora le possibilità reali per invertire marcia e prospettare un mondo meno disumano rispetto a quello che stiamo vivendo grazie al dominio tecnocapitalistico del reale e del simbolico. Quel che è certo è che, se si invertirà la rotta, ciò dipenderà unicamente da noi e dalla nostra capacità corale di resistere alla barbarie che avanza e che, se non contrastata, risulta davvero destinata a impadronirsi dell'intera vita umana, in uno scenario forse non distante da quello ipotizzato nel 1999 dalla pellicola Matrix.

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