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La maternità surrogata: è reato universale?

La maternità surrogata: è reato universale?

Torna, come ogni domenica, la rubrica curata dall’avv. Oberdan Pantana, "Chiedilo all'avvocato". Questa settimana, le mail arrivate hanno interessato maggiormente tematiche riferibili alla maternità surrogata tenendo conto del recente intervento legislativo statale. Ecco l’approfondimento dell’avv. Oberdan Pantana, alle numerose domande arrivate in redazione riferite ai possibili risvolti di tale vicenda.

Secondo la nuova normativa la pretesa punitiva dello Stato si estende anche oltre i confini nazionali punendo le condotte poste in essere dal cittadino italiano, riferibili al delitto di surrogazione di maternità, pure se commesse in territorio estero, ove tale pratica è, invece, consentita.

Ed è consentita e regolamentata (a diverse condizioni e presupposti) negli Usa, in Canada, in Ucraina, in Georgia, in Grecia, nel Regno Unito, in Portogallo, nei Paesi Bassi, in Albania, in Kazakistan, in Armenia.

La maternità surrogata, detta anche surrogazione di maternità, gestazione per altri o utero in affitto, è una tecnica di procreazione assistita nella quale la madre surrogata si impegna a portare a termine una gravidanza «su commissione» di altri, tanto a titolo gratuito quanto oneroso.

In questo secondo caso, tra la madre surrogata, i committenti e la clinica si conclude un contratto in forza del quale la madre surrogata si impegna a rinunciare agli eventuali diritti sul nascituro e a «consegnarlo» dopo la nascita, alla coppia o al singolo, che hanno richiesto la gestazione per altri, dietro compenso.

Compenso che copre altresì tutte le spese mediche e sanitarie necessarie per la donna in gravidanza. Può accadere che la madre surrogata sia anche madre biologica del nascituro (ovociti della gestante) ovvero che si utilizzino i gameti della coppia richiedente la surrogazione, ovvero, anche, può anche accadere che si utilizzi materiale esterno ai committenti, ponendo in essere una surrogazione del tutto eterologa.

La l.n.40/2004 già punisce con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro, chiunque realizza, organizza o pubblicizza la gestazione per altri e il commercio di gameti o embrioni; la nuova legge aggiunge al comma sei dell'articolo 12 della medesima legge la frase «Se i fatti di cui al periodo precedente sono commessi all'estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana»; e ciò senza alcuna distinzione se la maternità surrogata sia a titolo oneroso e commerciale ovvero a titolo solidaristico. 

E proprio con riferimento al diritto dei bambini nati a seguito di maternità surrogata la nostra Corte di Cassazione si era così espressa: la maternità surrogata è una pratica che offende profondamente la dignità della donna gestante e come tale contrasta con l'ordine pubblico interno riconoscere un atto di nascita formato all'estero che indichi i genitori committenti come genitori dei bambini nati a seguito di maternità surrogata. Nel vuoto normativo, a tutela anche dei minori così nati, la soluzione è l'adozione in casi particolari.

Ma cosa cambia adesso? Cosa significa reato universale? Cosa succederà ai bambini nati da tale tecnica laddove i loro «genitori» saranno condannati?

Il «reato universale» non esiste come categoria giuridica e non vi è nemmeno una definizione. Di norma, tale espressione è utilizzata per i reati più gravi, crimini di diritto internazionale, rispetto ai quali le autorità giurisdizionali interne puniscono gli autori di reato indipendentemente dal luogo dove sono stati commessi o dalla nazionalità degli autori o delle vittime.

Certamente questi reati si differenziano da quello di maternità surrogata che, si ripete, è invece all'estero (e anche in Europa) ammessa e normata. La stessa pena massima di 2 anni di reclusione, prevista per tale reato e non certo alta, potrebbe essere in contrasto con il concetto di «reato universale» che, tradizionalmente, riguarda crimini puniti con un massimo edittale di gran lunga maggiore.

E ancora, si pone il problema della «doppia incriminazione»: come può il nostro Paese punire una condotta che, invece, nel luogo in cui è posta in essere è lecita? E ancora, che fine farebbero i bambini nati all'estero con questa tecnica che poi si ritroverebbero i propri genitori imputati del reato e finanche condannati?

Oggi abbiamo queste domande che necessitano delle tempestive risposte. Rimango in attesa come sempre delle vostre richieste via mail, dandovi appuntamento alla prossima settimana.

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