La Strada delle Vittime: il caso Parolisi, un femminicidio che scosse l'animo di tutti
Questa è la storia molto drammatica di un femminicidio efferato che scosse l’animo di tutti noi.
Permessi premio, sconti di pena, un lavoro da centralinista nel carcere di Bollate; studia giurisprudenza, ha dimenticato, sembra con facilità, la donna per la quale ha ucciso la moglie, ed ora ha un’avvenente nuova compagna, una donna dell’Est che regolarmente va a fargli visita in carcere per trascorrere con lui alcune ore.
Lui è Salvatore Parolisi, per la giustizia italiana l’assassino della moglie, Melania Rea.
Non ha mai confessato il delitto, avvenuto il 18 aprile 2011, quindi non ha mai manifestato una qualsiasi forma di pentimento, nè la necessità di ottenere il perdono: perdono della famiglia di Melania e della piccola Vittoria, figlia sua e di Melania, privata per sempre dell’affetto materno e di una vita insieme a lei.
Ma, come accennato, una verità processuale è stata raggiunta dalla giustizia italiana.
E crediamo valga la pena ricordare come si è giunti a tale verità, pensando a Melania che, a differenza di Parolisi, non ha una seconda possibilità di vita. Ricostruiremo le circostanze per le quali si è giunti ad affermare la colpevolezza di Parolisi, “al di la di ogni ragionevole dubbio” attingendo dagli atti ufficiali.
La scena del crimine
“Il cadavere (..omissis) veniva rinvenuto supino, in parte ricoperto da fogliame e aghi di pino, con il collo intriso di sangue, le mani aperte sul terreno, i piedi in direzione del chiosco, le scarpe allacciate(...omissis) La maglia, così come il giubbino, era lacerata in corrispondenza delle lesioni (...omissis) dunque inferte nella parte superiore del corpo attraversando gli abiti indossati da Melania. Le lesioni venivano inferte con un coltello monotagliente, le prime quelle da dietro con tentativo di sgozzamento quindi sulla schiena dall’alto verso il basso e al dorso e infine quelle frontali; Il luogo del rinvenimento corrisponde a quello dell'omicidio, date le tracce rinvenute ed in particolare la chiazza ematica posta al di sotto del corpo; La cute del viso risultava coperta da fondotinta e il mascara con cui erano truccati gli occhi non presentava sbavature; Tra i segni post mortem vi sono le varie incisioni effettuate sull’addome e sulle cosce della donna dopo la morte di costei – non molte ore prima del ritrovamento del cadavere e segni suggestivi per tentativo di despistaggio (siringa infilata sul petto, laccio emostatico)”
La morte di Melania era stata procurata da un'arma da punta e da taglio che le aveva lacerato il corpo con 35 coltellate.
Nessuna di tali lesioni era stata mortale. La morte era sopraggiunta a causa di anemia emorragica acuta: Melania è morta per dissanguamento.
La dinamica di realizzazione del crimine
Melania è stata uccisa all’improvviso “da dietro" con un iniziale “gruppo” di colpi lesivi costituiti dal tentativo di “sgozzamento” (ferite al collo) e dai colpi di coltello inferti alle spalle dall’alto verso il basso e da quello - profondo - alla schiena”
“Melania non ha avuto tempo e modo di lottare e difendersi attivamente se non nelle fasi di un accoltellamento già iniziato (limitate lesioni da difesa alle mani; più profonda lesione al polso destro); Melania non ha avuto tempo di piangere (trucco intatto, il suo mascara non presentava segni di sbavature)”
Paticolare doloroso da accettare, sapere che questa bellissima donna campana non ha avuto neppure il tempo di piangere, ma solo di osservare l’immagine del suo assassino, suo marito, ed essere consapevole che quella sarebbe stata l’ultima persona vista nella sua giovane vita.
“La morte è intervenuta alcune decine di minuti dopo l’inizio della azione omicidiaria (potenzialmente anche in assenza dell’assassino che abbandonava il posto con Melania agonizzante).”
L'azione ha richiesto non più di 10 /15 minuti e sarebbe stata realizzata esclusivamente dal Parolisi, in preda a dolo d'impeto. Costui, a quel punto, si liberava degli indumenti sporchi di sangue e li nascondeva.
Fa rabbrividire la scena del crimine, come tutte le scene di un crimine violento. Ancor di più rabbrividiamo se pensiamo che “ignara testimone” di quanto stava accadendo alla sua mamma era proprio Vittoria, la figlia di Melania e Salvatore che, secondo le ricostruzioni, mentre si consumava il delitto era in macchina, assicurata al suo seggiolino, e chissà forse dormiva serena mentre perdeva per sempre la sua mamma e sarebbe cresciuta senza averla mai più accanto.
IL MOVENTE NEI MESSAGGI SCAMBIATI TRA PAROLISI E L’AMANTE
Parolisi è un uomo che mente. Ed ha mentito alla moglie ben prima che agli inquirenti.
Melania, un anno prima della sua morte, aveva scoperto la relazione extraconiugale del marito con una soldatessa, Ludovica, recluta della Caserma Clementi di Ascoli, allieva del marito.
Ne erano derivati, ovviamente, profondi dissapori.
“Si tenga conto che Melania era una donna non disposta “a cedere” facilmente: si era già dimostrata volitiva e di carattere nell’affrontare direttamente Ludovica al telefono per due volte quando aveva casualmente “scoperto” il tradimento del marito; ne aveva sofferto, era stata dura col marito prima di perdonarlo, aveva avuto la forza e il carattere di parlare direttamente con l’altra...”
Dopo un periodo di crisi Melania decise di perdonare il marito, non essendo a conoscenza del fatto che la relazione in realtà proseguiva.
I dissapori quindi si erano ricomposti anche in virtù della "falsa" affermazione del Parolisi di aver troncato il rapporto con la soldatessa sua allieva.
Ma Parolisi mentiva anche con Ludovica: le aveva manifestato la volontà di abbandonare la moglie, tanto da aver già contattato un legale per iniziative formali (affermazione anch'essa non rispondente al vero).
Nella seconda parte, domenica prossima, i messaggi tra Parolisi e la soldatessa, per focalizzare la realtà nella quale, secondo i giudici, è maturato il movente e quindi il delitto.
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