Da 40 giorni lavora, senza sosta, lontano dalla moglie e dai figli per fronteggiare, in prima linea, il virus. "Soltanto domenica scorsa sono riuscito ad andare a trovarli e vederli, seppure a distanza, anche di persona oltre che tramite video-chiamata". A raccontarlo è il dottor Emanuele Rossi, direttore del pronto soccorso dell'ospedale di Macerata.
"Ho preferito allontanarmi dalla mia famiglia, che risiede ad Ancona, per proteggerla - ci dice -. Lavorando in zona Covid, sono maggiormente esposto al rischio di portare l'infezione all'interno delle mura domestiche. Pertanto, dall'inizio dell'emergenza, alloggio in una casa che ho sul Conero, in isolamento".
Il sacrificio che il dottor Rossi compie - lontano dagli affetti - è quotidiano. Un sacrificio che affronta, consapevole delle responsabilità che derivano dal suo ruolo così come dei rischi.
"Se mi fossi sottratto alle mie funzioni, avrei dimostrato di essere un pessimo dirigente. Ho preferito essere io ad andare in prima linea in area Covid e lasciare un pò più dietro i miei collaboratori - sottolinea -. Questo perchè, chi ha ruolo dirigenziale, deve dare l'esempio. Mentirei se dicessi di non avere paura. Ho avuto molta paura e ne ho tuttora".
Nell'affermarlo il dottor Rossi cita anche Sant'Agostino ('I fatti danno credibilità alle parole').
"Non sono il solo a fare questo - ci tiene, però, a sottolineare -. Il mio ringraziamento personale va al dottor Michele Salvatori - che non dorme più a casa sua da 40 giorni come me - e al dottor Mauro Giustozzi, che tornando ogni giorno dalla sua famiglia è costretto ad attenersi a scrupolose misure di distanziamento. Loro, come me, non hanno preso un giorno di pausa dall'inizio dell'emergenza e sono stati in prima linea quotidianamente".
Un ulteriore ringraziamento il dottor Rossi lo rivolge al direttore dell'Area Vasta 3, Alessandro Maccioni. "Ci ha dato carta bianca - dice -, mettendo a disposizione tutto ciò che avevamo chiesto, ribadendo che il cittadino della provincia maceratese dovesse essere tutelato nel miglior modo possibile. Non ci è stato posto alcun limite finanziario".
"Anche per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuale - aggiunge - non abbiamo mai avuto problematiche di reperimento, grazie all'intervento in prima persona del direttore Maccioni. Non si è mai tirato indietro nei suoi compiti. In un mondo in cui tutti la faccia la levano, qualcuno che ce la mette va ringraziato pubblicamente".
Dottor Rossi, come avete riorganizzato il pronto soccorso di Macerata per far fronte all'emergenza coronavirus?
"Abbiamo adottato un doppio binario a cui afferiscono due triage. Un percorso porta alla cosiddetta zona "sporca", cioè alla zona dove accedono i pazienti con febbre e dispnea (respirazione difficoltosa, ndr). Questi pazienti, ad alto e medio rischio Covid, vengono indirizzati nei moduli di degenza esterna, volgarmente detti container, in cui vengono adottate tutte le massime norme igieniche di contenimento dell'infezione.
I container presenti al pronto soccorso di Macerata sono due: uno per i pazienti ad alto rischio e uno per quelli a medio/basso rischio. Al loro interno i pazienti vengono sottoposti a tampone e vi rimangono sino a quando non abbiamo l'esito dello stesso (circa 24 ore). Una volta arrivati i risultati, il paziente può essere dimesso - qualora sia in condizioni accettabili - o smistato, a seconda dei casi, nei reparti Covid o non-Covid.
Un secondo binario porta, invece, al cosiddetto pronto soccorso "pulito". Qui i pazienti vengono valutati con metodiche tradizionali, non accusando sintomatologia riferibile a tosse, febbre e dispnea.
È capitato che pazienti condotti inizialmente nel percorso "pulito", abbiano poi manifestato sintomi sospetti?
La suddivisione tra percorso "sporco" e "pulito", purtroppo, non è mai nettissima. Per quanto ci sforziamo di tenere separati i due percorsi e attuare tutte le misure preventive, i rischi non saranno mai zero.
Non possiamo bloccare i pazienti ancor prima dell'ingresso al pronto soccorso, quindi può capitare la situazione in cui una persona che vi acceda, ad esempio, per una banale distorsione alla caviglia e venga quindi condotta nel percorso "pulito", manifesti poi stati febbrili al momento della misurazione della temperatura. Una misurazione che viene effettuata a tutti coloro che accedono al nostro pronto soccorso.
A questo punto, il paziente in questione viene condotto nell'area "sporca", in quanto considerato ad "alto rischio". Ribadisco, quindi, di rivolgersi al pronto soccorso esclusivamente in caso di reale necessità clinica.
Proprio in ragione dell'impossibilità di garantire un rischio zero, ci sono stati casi di positività al virus fra i vostri collaboratori?
Sì, sono stati contagiati una dottoressa e un infermiere. Ora stanno bene. Hanno verosimilmente contratto il virus nei primi 15 giorni del mese di marzo, quando ancora non conoscevamo l'enorme facilità di contagio. E non avevamo, quindi, adottato le giuste misure di contenimento, come abbiamo fatto soltanto dopo il 12-13 marzo.
Il vero dramma è stato non aver compreso la portata del fenomeno prima di questa data. All'inizio nessuno ne ha avuto ben contezza. Eravamo obiettivamente degli ignoranti, me compreso.
Questo ci ha messo in difficoltà. Abbiamo pensato: "Ecco, non ci hanno contagiato i pazienti, ma ci siamo contagiati tra colleghi".
Com'è, ad oggi, la situazione?
Da 3-4 giorni registriamo una diminuzione dei casi di febbre che accedono al pronto soccorso. Questo ci ha consentito di lavorare con maggiore tranquillità e in maggiore sicurezza rispetto alle giornate terribili del week-end tra il 20 e il 22 marzo. Numeri minori, che però non ci devono far abbassare la guardia.
Ci sono ancora dei focolai sparsi nella provincia, prevalentemente registrati in qualche lungo-degenza o casa di riposo. Questi focolai vanno assolutamente individuati e spenti, attraverso il tracciamento dei possibili contagi.
Quando si arriverà a spegnere anche i focolai residuali e non avere più nuovi contagi? Quali sono, secondo lei, le tempistiche?
Penso che il controllo dell'epidemia richiederà ancora due settimane. Dopidiché bisognerà ripartire. Per la fine di aprile dovremmo avere sporadici focolai che dovranno essere identificati e isolati in maniera estremamente precoce, in modo da avere - ad inizio maggio - una situazione relativamente sotto controllo. A quel punto, però, bisognerà evitare che i focolai residui possano riattivarsi.
Quindi, come evitare che i focolai epidemici si riaccendano?
Bisognerà continuare a tenere per tutto il mese di maggio il distanziamento sociale e continuare a indossare la mascherina ogniqualvolta ci si reca in luoghi affollati, come supermercati o farmacie.
Se si giungerà al riavvio della filiera produttiva, sicuramente, si dovrà misurare la temperatura del personale all'ingresso e all'uscita del turno di lavoro e, anche in questo caso, mantenere la distanza di almeno un metro oltre che l'adozione della mascherina.
Laddove esista la possibilità di lavarsi frequentemente la mani, non vi è la necessità di indossare guanti. In caso contrario, anche l'utilizzo dei guanti monouso aumenta lo standard igienico del luogo di lavoro.
Settanta uova pasquali, il segno del ringraziamento e vicinanza della Federazione Islamica delle Marche verso i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari dell’ospedale di Macerata, in prima linea nella lotta al Covid-19.
La consegna è avvenuta nei giorni scorsi davanti alla nuova palazzina Covid-19 del nosocomio maceratese da parte del vicepresidente della federazione e rappresentate degli immigrati in consiglio comunale di Macerata, Omar Cherqaoui, alla presenza del direttore dell’Area vasta 3 Maccioni, del sindaco di Romano Carancini e delle due dottoresse responsabili del reparto.
In questo momento drammatico ha detto omar abbiamo voluto far giungere il nostro ringraziamento a tutto lo staff sanitario che opera per la nostra slute in questi giorni terribili. Speriamo che si un momento di dolcezza oer loro e per i degenti e un modo per augurare a loro tutti una buona Pasqua”
Prosegue l'opera benefica e di impegno sociale della Transport Service associata a Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli Piceno-Fermo.
L'azienda ha infatti donato strumenti ed attrezzature sanitarie agli ospedali di San Benedetto del Tronto e di Camerino (dove nello specifico sono state fatte recapitare delle pompe a siringa e delle barelle), ora a disposizione dei reparti interessati dall'emergenza sanitaria.
Ricordiamo che nelle scorse settimane, l'impresa aveva effettuato un'altra donazione di macchinari sanitari (in particolare due ventilatori), agli ospedali di Ancona e Pesaro. Macchinari utilizzati nei reparti di rianimazione dedicati al Coronavirus.
L'Associazione tutta vuole pubblicamente ringraziare la Transport Service per questa importante donazione a beneficio delle strutture sanitarie e di tutta la comunità regionale.
“L’ospedale di San Severino Marche? Sparito dalla cartina geopolitica della Regione. Adesso qualcuno dovrà darmi una spiegazione”.
Il primo cittadino settempedano, Rosa Piermattei, si affida a una nota per “denunciare i contenuti di ben due Delibere regionali, la 272 del 9 marzo e la 320 del 12 marzo. A distanza di pochi giorni, ma con la stessa disattenzione - spiega - si è messo mano al Piano regionale per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Il risultato? Come sempre un disastro. Il responsabile del procedimento prima, e i firmatari poi, ammesso che abbiano compreso cosa stavano avallando, hanno dato il via libera a quella che doveva essere, almeno sulla carta, una risposta all’emergenza pandemica che sta sconvolgendo il mondo intero e che sta seminando panico e morte anche dalle nostre parti. Ebbene gli atti con i quali, nero su bianco, la Regione trasforma tutti gli ospedali distinguendoli in Covid-Hospital e in strutture No-Covid dimenticano il “Bartolomeo Eustachio”. Il nostro nosocomio scompare da ogni mappa e da ogni riorganizzazione. Credo che qualcuno dovrebbe far pace con sé stesso. Dalla Regione, dalla direzione dell’Asur Marche, dalla direzione dell’Area Vasta 3, continuo a ricevere risposte alle mie incalzanti domande quotidiane in cui leggo che l’ospedale civile cittadino è un No-Covid Hospital ma nel Piano regionale per la gestione dell’emergenza epidemiologica, e in particolare nella Delibera 320, lo stesso ospedale non trova né dignità né ruolo. L’atteggiamento di questi signori - prosegue il sindaco Piermattei - offende e preoccupa visto che le nostre comunità stanno pagando un prezzo altissimo. Abbiamo medici e infermieri che si sono ammalati di Covid-19 e che oggi sono costretti a letto dopo aver prestato servizio oltre le proprie forze in corsia. La nostra comunità sta pagando un prezzo ancor più serio visto che si è ritrovata a piangere già ben due vittime. Quale sarà la risposta delle istituzioni sanitarie? Una dimenticanza? Però non vorrei pensare che si tratti di una scelta già fatta che è quella di cancellare il nostro ospedale dalla lista degli ospedali delle Marche. Eppure del “Bartolomeo Eustachio” ci si ricorda quando serve trasferire pazienti da altre strutture. Proprio come è successo due settimane fa quando sono giunti da Civitanova sei positivi riportati indietro solo dopo aver provocato un focolaio tra i sanitari. Nessuno si è preoccupato, prima di fare tutto questo, di attivare un triage all’ingresso del Punto di primo intervento. Nessuno si preoccupa di fornire risposta alla richiesta di riattivare il Pronto Soccorso che andrebbe a servire non solo la nostra città ma tutta la Val Potenza e gran parte dell’entroterra visto che ci sono comunità che ormai hanno un ospedale a 70 chilometri di distanza. La direzione Asur si è ricordata di noi, eppure, quando ci ha comunicato che il nostro presidio sarebbe stato No-Covid19 per trasferirvi tutti i malati di Medicina e Cardiologia da Camerino, Macerata, Civitanova ed, eventualmente, da altri centri. E’ stato compiuto un atto che non si poteva compiere? O ci si è resi protagonisti dell’ennesima gaffe in sanità? Attendo, fiduciosa, risposta”.
"Come è accaduto nella maggior parte delle strutture residenziali nazionali, sette ospiti delle cure intermedie di Treia sono risultati positivi al COVID-19 unitamente a quattro operatori che li assistevano, mentre gli ospiti ricoverati presso la Riabilitazione sono risultati tutti negativi ivi compresi i medici e il personale sanitario assegnato". A sottolinearlo è il direttore dell'Area Vasta 3 Alessandro Maccioni, al fine di chiarire quanto avvenuto presso l’Ospedale di Comunità di Treia.
"I pazienti positivi delle Cure Intermedie sono stati immediatamente trasferiti presso i centri COVID della Provincia e messi in sicurezza mentre i pazienti non interessati al contagio sono rimasti nella struttura di Treia. L’attività - prosegue Maccioni - è regolarmente proseguita, invece, nel reparto di riabilitazione posto al primo piano che, anche a seguito della esecuzione dei tamponi tutti negativi, non ha evidenziato criticità; mentre nelle cure intermedie sta proseguendo la degenza per gli otto pazienti risultati negativi e si sta predisponendo il secondo campionamento di controllo".
Al fine di far fronte alle criticità insorte per la positività di una parte del personale sanitario delle cure intermedie, garantendo comunque il servizio, si è provveduto da lunedì 6 aprile alla seguente riorganizzazione:
- Copertura di pronta disponibilità per le urgenza dei medici del reparto di riabilitazione 8.00-20.00;
- Accordo con i medici della continuità assistenziale che rimangono in servizio dalle 20.00 fino alle ore 10.00 del giorno seguente nei giorni feriali per continuità della gestione clinica quotidiana dei pazienti attualmente degenti;
- assegnazione temporanea di una unità infermieristica del reparto di riabilitazione alla cure intermedie.
"Si tiene a precisare e sottolineare come presso le strutture di Treia non vi siano state, durante la degenza, vittime da Covid-19 - puntualizza Maccioni - e come costituiscano solo delle illazioni le affermazioni di chi in questo momento particolare dovrebbe collaborare per la risoluzione delle criticità. Relativamente alle attività ambulatoriali che vengono ancora garantite si fa presente come le stesse siano state tutte sospese ad esclusione delle prestazioni con priorità breve oppure urgenti. I prelievi vengono garantiti solamente alle persone che necessitano di prestazioni urgenti oppure in stato di fragilità come i malati oncologici, donne in stato di gravidanza, ecc.. Le stesse prestazioni, peraltro, vengono eseguite in locali completamente autonomi e separati dalle stanze degenza".
"L’attività sanitaria presso la struttura di Treia dell’Asur AV3 continua in piena sicurezza con l’impegno di tutto il personale ivi operante, ivi compresi di medici della continuità assistenziale che quando interpellati non hanno esitato a fornire il loro apporto" conclude Maccioni.
Un pensiero “dolce” per chi, ogni giorno e da settimane ormai, è impegnato nella lotta in prima linea al Coronavirus. Simbolico quanto significativo gesto quello che ha voluto compiere l’Associazione Nazionale Carabinieri di San Severino Marche nei confronti dei sanitari dell’ospedale civile “Bartolomeo Eustachio”.
Guidati dal Comandante della locale Stazione Carabinieri, maresciallo maggiore Massimiliano Lucarelli, che ha fattivamente collaborato all’iniziativa, e alla presenza del Comandante della Compagnia Carabinieri di Tolentino, capitalo Giacomo De Carlini, i soci volontari dell’Anc, accompagnati dal vice presidente della sezione settempedana, il luogotenente Francesco Losurdo, hanno recapitato alcune decine di uova di Pasqua di cioccolato offerte dalla ditta Caffarel di Luserna San Giovanni, in provincia di Torino.
“Insieme alle uova - sottolinea il referente dell’Associazione Nazionale Carabinieri settempedana, il carabinieri ausiliario Francesco Cicconi - abbiamo consegnato anche una lettera di ringraziamento per il prezioso lavoro che tutti stanno svolgendo. Il nostro ha voluto essere un piccolo pensiero per chi è in prima linea in questo difficile momento in un luogo divenuto una trincea per combattere un nemico subdolo e invisibile che ha stravolto le nostre abitudini quotidiane”.
Parole di ringraziamento durante la breve ma intensa cerimonia sono state pronunciate anche dal vice presidente dell’Anp, il luogotenente Losurdo, che ha sottolineato: “Questo piccolo dono che abbiamo voluto fare agli operatori è stato fatto con il cuore e nella speranza che potesse contribuire a far trascorrere qualche minuto in più questi nostri eroi con le proprie famiglie durante le festività pasquali”.
Insieme ai sanitari e al personale dell’ospedale alla consegna ha preso parte anche il direttore di presidio, dottor Massimo Sgattoni, il quale ha calorosamente ringraziato per la benefica iniziativa. A far sentire la vicinanza delle istituzioni e della Città di San Severino Marche è intervenuto pure il sindaco, Rosa Piermattei: “Ancora una volta desidero ringraziare pubblicamente i nostri dottori e tutto il personale sanitario, oltre ai Carabinieri, alle forze dell’ordine, ai tantissimo volontari, per quello che ogni giorno fanno a favore della nostra comunità anche in questo periodo di particolare criticità. Spesso in silenzio, spesso dietro le quinte, spesso senza neppure ricevere un grazie, danno a noi tutti una grande speranza. Sono certa che tutto questo ci aiuterà a ritrovarci presto e sarà un motivo in più per tornare a festeggiare il nostro stare insieme”.
Presso l'Unità Operativa di Pneumologia dell'Azienda Ospedali Riuniti di Ancona è stata avviata la sperimentazione di un innovativo dispositivo, potenzialmente in grado di predire l’evoluzione clinica della patologia relativa alla polmonite da coronavirus, misurando la percentuale di liquidi presente nel tessuto polmonare.
A comunicarlo è il Direttore Generale della Pneumologia di Ancona, il dott. Michele Caporossi.
Questo dispositivo, denominato Remote DielectricSensing (ReDS™), prodotto da un’azienda Israeliana all’avanguardia nel settore (SensibleMedicalInnovations LTD) e fornito a titolo gratuito agli Ospedali di Ancona, è in grado di rilevare mediante onde elettromagnetiche la quantità di liquidi presente in una determinata regione del polmone mostrando un’eccellente correlazione con la tomografia computerizzata del torace (TC), ed è stato, ad oggi, testato e validato unicamente nello scompenso cardiaco.
L’ingegnosa idea di sperimentarlo, per la prima volta nel mondo, nel contesto clinico della polmonite da coronavirus è del Professor Stefano Gasparini, Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’Università Politecnica delle Marche.
In particolare, tale dispositivo, non invasivo e sicuro, viene utilizzato sulla base di un protocollo sviluppato dalla Professoressa Martina Bonifazi (Professore Associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’Università Politecnica delle Marche) in pazienti con polmonite da coronavirus ricoverati presso l’unità COVID pneumologica al momento dell’ingresso in reparto e longitudinalmente nel periodo di degenza, al fine di misurare la variazione giornaliera della percentuale di liquidi nel tessuto polmonare e potenzialmente predire l’evoluzione clinica della stessa.
Infatti, nella patogenesi della polmonite da coronavirus, gioca un ruolo fondamentale l’accumulo nell’interstizio polmonare (da qui la denominazione “polmonite interstiziale”) di conglomerati di cellule polmonari danneggiate, secrezioni, edema e sangue, la maggior parte delle quali si presentano in stato liquido.
Questo strumento, la cui tecnologia, basata sull’analisi di radiofrequenze che attraversano il polmone, è derivata da sistemi radar militari e ci può dare informazioni essenziali in tempi rapidi e senza rischi per il paziente, sulla quantità di fluido accumulato nel polmone e quindi sull’entità del coinvolgimento del tessuto polmonare all’esordio e nel decorso clinico.
La rilevazione si basa sull’applicazione sul torace del paziente di due piastre, una sul dorso ed una sulla parete anteriore; la prima piastra è un generatore di radiofrequenze che, attraversando il polmone si modificano in base alla quantità di liquido presente.
Il segnale viene rilevato dalla piastra posta anteriormente ed elaborato mediante apposito software, fornendo in modo accurato la percentuale di liquido presente nel polmone, percentuale che correla con la compromissione dell’organo conseguente alla gravità della polmonite.
La prima fase della valutazione sarà volta a verificare l’accuratezza dello strumento in questo contesto confrontandola con immagini radiologiche standard ed ecografiche e, successivamente, seguirà una seconda fase nella quale se ne esplorerà il potenziale prognostico e di monitoraggio evolutivo.
"In questa fase di assoluta emergenza, più che mai, è importante poter disporre di dispositivi rapidi, affidabili - sottolinea il dott. Caporossi -, e di alto livello tecnologico che da un lato semplifichino la complicata gestione di questi pazienti e dall’altro ci forniscano anche importanti elementi per cercare di comprendere tutti gli aspetti patogenetici della malattia ed il loro ruolo nell’evoluzione nelle forme più severe, in modo da poter ottimizzare l’approccio terapeutico nel più breve tempo possibile e vincere questa guerra in un connubio indissolubile, che è quello tra ricerca ed assistenza".
La figura presente sopra mostra, a sinistra, lo schema del sistema radar miniaturizzato con le onde a radiofrequenza che, generate dalla piastra dorsale, attraversano il polmone e vengono rilevate dalla piastra posta anteriormente. A destra lo strumento applicato a scopo dimostrativo in un soggetto sano.
A Macerata questa mattina, con la partecipazione del Vescovo Mons. Marconi e del direttore Area Vasta Alessandro Maccioni, è stato aperto il reparto di emergenza covid-19 con 30 nuovi posti (leggi qui). Il reparto è pronto ed il personale è già operativo per accogliere i primi pazienti in arrivo.
Molte delle postazioni sono monitorizzate per prestazioni di medicina d’urgenza. Sono presenti nella struttura Ipad per le videochiamate ai familiari dei pazienti.
E’ di pochi giorni fa la notizia della donazione delle postazioni da parte della ABF con il rinnovo dell’impegno a continuare a supportare il territorio marchigiano (leggi qui), e in particolare le aree del sisma 2016 dove la fondazione è attiva da tempo con interventi di ricostruzione.
“Una collaborazione proficua tra istituzioni e Fondazione privata che ha permesso di realizzare grandi cose a favore delle nostre comunità, allora le scuole e oggi gli ospedali: l’ospedale di Camerino con i 4 ventilatori polmonari e i dpi e il reparto di Macerata – dice il Governatore della Regione Marche Luca Ceriscioli – E’ un grande contributo per il quale ringraziamo il fondatore Andrea Bocelli per la sua carica, il suo spirito, la sua presenza, sono motivo per noi di grande valore che hanno saputo dare in questi anni forza alle nostre realtà”.
“Quando sono arrivato nelle Marche, nel 2017, la prima parola che mi ha accolto e che ancora riecheggia nel mio cuore e in quello di tutti in ABF è stata Grazie. Un grazie sentito, che veniva dalle tante persone che con ABF avevamo scelto di supportare.” – dice il Maestro Bocelli – “Una gratitudine e una fiducia nata dall’azione, che viviamo con grande responsabilità perché è testimonianza di stima, quella stima che auspichiamo di continuare a meritare dando il nostro contributo ad una terra, le Marche, a cui siamo legati ma anche al nostro intero Paese.”
ABF continua a lavorare per raccogliere fondi sulla piattaforma “gofundme.com – ABF per emergenza covid-19” per aiutare e supportare l’attività di ulteriori reparti e ospedali. E’ possibile inviare il proprio contributo anche in ulteriori modalità scrivendo a development@andreabocellifoundation.org
Per contribuire basta andare su https://www.gofundme.com/f/wk67wc-abfxcamerino
Ieri pomeriggio, 8 aprile, il Direttore dell’Area Vasta 3 Alessandro Maccioni si è recato presso la sede della SVILA s.r.l. di Visso per incontrare il direttore dello stabilimento Mauro Enrico Parretti ed “accettare” personalmente una inaspettata e generosa donazione a favore dell’Ospedale di Camerino, come comunicato nei giorni scorsi dal Consigliere Delegato della Società, Maurizio Crea.
La SVILA s.r.l., sin dal 1974, produce pizze surgelate di qualità e - nel corso degli anni - ha sempre dimostrato un profondo legame con Visso, sede della società, e con tutto il territorio limitrofo.
Sin dal 2012 la società fa capo all'imprenditore italo americano Alexander Palermo che, insieme al consigliere delegato Maurizio Crea ed al direttore dello stabilimento Mauro Enrico Parretti sono stati sempre attenti ai bisogni del territorio.
Nell'emergenza sanitaria legata al coronavirus, l'azienda ha deciso di intervenire con una donazione a supporto dell’Ospedale di Camerino.
La struttura ospedaliera della città universitaria marchigiana, trasformata poche settimane fa in Covid Hospital, aveva necessità di acquisire, come evidenziato dal Direttore dell’Area Vasta 3, un nuovo tavolo radiologico. Grazie all’intervento della SVILA l’importante tecnologia, che potenzierà l’attività della U.O. radiologia dell’Ospedale, verrà installata il prossimo 20 aprile, ed il suo valore complessivo ammonta a 222.528 € iva inclusa.
"La donazione rientra appieno - dice Parretti - nelle filosofia imprenditoriale di Alexander Palermo, che ha sempre creduto nella SVILA, intervenendo con massicci investimenti che hanno portato l’Azienda, dagli iniziali 11 milioni di fatturato agli oltre 30 milioni attuali, producendo e distribuendo prodotti di alta qualità in Italia e nel mondo".
Nello stabilimento di oltre 5.000 mq., che si trova all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, lavorano più di 180 professionisti del settore.
"Con questa donazione si sottolinea ancora una volta come la strategia della sanità regionale, ed in particolare del Presidente Luca Ceriscioli - afferma il direttore dell'Area Vasta 3 Alessandro Maccioni -, che ha voluto ringraziare personalmente al telefono il Direttore Parretti, sia quella di potenziare l’offerta sanitaria del Presidio ospedaliero di Camerino, il quale si presenterà con nuove potenzialità una volta superata questa drammatica emergenza. Al titolare dell’Azienda Alexander Palermo, al consigliere delegato Maurizio Crea ed al direttore dello stabilimento Mauro Enrico Parretti un immenso e caloroso grazie per questo indimenticabile gesto di generosità".
Ci sono tanti modi per ringraziare gli operatori sanitari che ogni giorno combattono in prima linea l'emergenza Covid-19 all'interno dei presidi ospedalieri della provincia di Macerata.
Uno storico salumificio dell'entroterra ha scelto senza dubbio la maniera più gustosa per alleviare le fatiche che stanno affrontando i medici e infermieri in questi giorni: donando 250 ciauscoli a tutti i raparti di Pronto Soccorso e postazioni del 118 presenti sul territorio maceratese.
Una donazione ovviamente molto apprezzata, soprattutto considerando l'avvicinarsi delle festività pasquali e questo è stato uno dei migliori modi per fare gli auguri a tutti quelli che continuano negli ospedali a curare i malati.
Il gesto si unisce a quello di tanti che in queste ultime settimane hanno manifestato grande solidarietà e massimo rispetto nei confronti dell'instancabile lavoro che gli operatori sanitari portano avanti nei raparti Covid e non.
I test sierologici permettono di verificare attraverso un prelievo del sangue, in tempi molto rapidi, la presenza e il tipo di anticorpi nell’organismo, e quindi di stabilire se la persona analizzata è venuta in contatto con il virus e se è o è diventata immune.
Questa modalità diagnostica si è affiancata di recente agli esami virologici di biologia molecolare (tamponi), che rimangono l’esame elettivo di seconda fase alla quale rivolgersi comunque nel caso di positività riscontrata nell’esame sierologico.
“Strutturiamo sul campo – afferma il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli - una attività molto importante: testare il personale sanitario in tempi rapidi è una azione di tutela sia per gli operatori, sia per i pazienti. Agli operatori sanitari, che sono ormai da più di un mese in prima linea con professionalità e con senso di responsabilità, dobbiamo non solo il ringraziamento a parole, ma, nei fatti, la garanzia di lavorare in condizioni di sicurezza, per sé e per i pazienti”.
“L’Azienda – spiega il Direttore generale Michele Caporossi - si appresta a sottoporre a test sierologico in chemiluminescenza verso SARS-CoV-2 tutti gli operatori secondo una logica di centri concentrici predisponendo un percorso integrato per ulteriormente contrastare la diffusione dell’infezione e garantire l’attività di sorveglianza e protezione degli operatori”.Dopo aver collaudato la tecnologia ed effettuato la formazione degli operatori, appartenenti al dipartimento dei servizi diretto dal prof Marcello D’Errico, preside della facoltà di Medicina, si è definita la strategia per il primo step, che si conta di concludere entro questa settimana: prioritariamente saranno sottoposti a screening gli operatori delle aree covid, a partire dal pronto soccorso, medicina d’urgenza, rianimazione, reparti semintensivi e reparti ordinari.
L’esame ha un tempo di risposta di due ore. Se l’operatore risulta negativo, viene ritestato dopo 15 giorni, se è positivo viene allontanato cautelativamente e sottoposto a tampone di conferma. In caso di positività confermata l’operatore viene allontanato per essere ritestato, sempre con tampone, a distanza di 7 giorni. Saranno testati a Torrette 3800 dipendenti. I kit sono in parte disponibili e in parte in arrivo la prossima settimana. Si comincerà con 200 sieri al giorno, con eventuale implementazione del percorso diagnostico nei prossimi giorni.
Lo screening sugli operatori sanitari ha anche una importante valenza sperimentale che può dare risposte relative alle possibilità e alle modalità di applicazione del percorso diagnostico sulla popolazione. “Si sta lavorando in questo senso – afferma il prof. D’Errico - anche con una condivisione a livello di comunità scientifica nazionale, analizzando i risultati dei percorsi messi in atto nelle varie realtà italiane. La sintesi dei risultati potrà fornirci importanti indicazioni operative”.
Anche all’Area Vasta 3 è arrivata, per il tramite del Comune di Macerata, la meravigliosa dimostrazione di amicizia della città cinese di Taicang nei confronti del territorio maceratese. Si tratta di 6.000 mascherine chirurgiche messe a disposizione per le esigenze dell’Area Vasta 3. La consegna è stata effettuata di persona, al Direttore dell’Area Vasta 3, da Dario Marcolini vice presidente dell’agenzia americana Via Soccer presieduta da Su Sue, società che si è fatta da tramite con l’amministrazione della città cinese.
Un caloroso ringraziamento, anche a nome degli operatori sanitari dell’Area Vasta 3, alla società Via Soccer ma soprattutto ai cittadini e alle famiglie della città di Taicang per la loro vicinanza.
L’Area Vasta 3, grazie alla solidarietà attivatasi in questo difficile periodo di emergenza sanitaria da Pandemia Covid – 19, ha ricevuto delle importanti donazioni da parte delle imprese:
“ENGIE SERVIZI S.P.A” ha offerto un’erogazione gratuita, per i prossimi 6 mesi, delle forniture di luce, gas e servizi manutentivi inclusi, in favore della “Palazzina Ex Malattie Infettive” – Ospedale di Macerata, adibita all’emergenza sanitaria Covid-19, nonché relazioni relative alle verifiche dei parametri degli impianti di CDZ e ventilazione per i presidi dedicati ai malati Covid-19 (Ospedale Camerino, Ospedale Civitanova, Palazzina Ospedale di Macerata), finalizzate a realizzare misure di contenimento del “rischio Covid-19” ai fini della sicurezza e tutela degli operatori sanitari. Il valore della donazione è di circa Euro 40.000,00;
“SIEM S.R.L.” ha offerto a titolo gratuito l’attività lavorativa necessaria per la realizzazione di opere di “Collegamento elettrico ventilatori assiali per estrazione aria locali COVID-19”, da eseguirsi presso l’Ospedale di Civitanova Marche unitamente ad altri piccoli interventi di manutenzione/forniture; Il valore della donazione è di circa Euro 10.000,00;
“ELETTROSTELLA S.R.L” ha donato 13 televisori da 24” e relative piastre di fissaggio da installare nelle camere di degenza presso la “Palazzina Ex Malattie Infettive” – Ospedale di Macerata adibita ad “Emergenza Covid -19”; Il valore della donazione è di circa duemila euro;
Il contributo offerto rivela una sensibilità di cui il sistema sanitario è grato, specie in questo momento di difficile impegno per tutti i suoi dipendenti, e, pertanto, si ringraziano tutti coloro che ci hanno sostenuto e vorranno sostenerci in futuro.
L’emergenza coronavirus ha rappresentato un vero e proprio tsunami per le oncologie del nostro Paese, come emerge dai risultati del sondaggio condotto su circa 400 oncologi in tutte le Regioni italiane, promosso dall’Università Politecnica delle Marche e dagli Ospedali Riuniti di Ancona.
Ben il 93,5% dei centri è stato costretto a ripensare l’attività clinica. L’organizzazione complessiva ha retto l’urto della pandemia, visto che per il 63,7% degli oncologi gli ospedali hanno garantito la continuità terapeutica (ad esempio con canali comunicativi alternativi come videochiamate) e, per il 58%, i centri hanno saputo gestire le risorse disponibili in maniera efficiente.
Preoccupa, però, che il 35% degli oncologi non sia stato informato o abbia ricevuto poche indicazioni sulle procedure e sulle raccomandazioni da seguire per affrontare l’emergenza. Anche la formazione su questi aspetti è stata assente o scarsa, come affermato dal 55% degli specialisti.
Con una chiara conseguenza: il 56% degli oncologi ritiene che il percorso terapeutico dei pazienti, in questa fase, sia qualitativamente inferiore rispetto al periodo precedente alla pandemia.
“La nostra specialità è stata profondamente segnata dall’emergenza COVID-19, anche perché i pazienti colpiti da tumore sono fragili e rischiano di subire più danni in caso di infezione. Pertanto continuiamo a seguire i malati oncologici positivi che sono in cura nei reparti COVID-19 – spiega la prof.ssa Rossana Berardi, Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università Politecnica delle Marche e Direttore della Clinica Oncologica Ospedali Riuniti di Ancona -. Vi sono aree di miglioramento. Innanzitutto, vanno differenziati i percorsi di cura tra pazienti contagiati e non infetti. Inoltre, a un mese dall’inizio della pandemia, cambiano le prospettive e ogni paziente va considerato positivo, fino a prova contraria. Per questo tutti gli operatori devono essere dotati di protezioni”.
Dal sondaggio però, emergono forti lacune sul fronte della tutela dei sanitari. Il 21% afferma di non aver ricevuto dispositivi di protezione adeguati e tempestivi rispetto alle necessità cliniche e per il 55% la fornitura di questi device è stata solo parziale.
“Non vi sono ancora linee guida che ci indichino quali trattamenti possano essere considerati differibili e come posticipare le cure, senza porre i pazienti a rischio di non ricevere un’adeguata terapia anticancro – afferma la prof.ssa Berardi -. L’assenza di raccomandazioni specifiche in questo senso si riflette anche nello stato d’animo degli specialisti: il 60% afferma di essersi sentito preoccupato al momento di rinviare un trattamento oncologico o un esame strumentale, anche se il 90% ritiene che il paziente abbia ben compreso le motivazioni della scelta. La condivisione delle decisioni è fondamentale, soprattutto in questa fase. Un recente articolo pubblicato su Nature Reviews Clinical Oncology dà alcuni suggerimenti: nelle patologie neoplastiche evolutive non si possono procrastinare i trattamenti. Scelta che va, invece, adottata in casi di tumori stabili o in caso di terapie con finalità palliative che non dimostrano efficacia”.
“Così come i percorsi di cura, vanno separati anche i team di lavoro – continua la prof.ssa Berardi -. Oggi però non è sempre così, perché spesso i professionisti sono impegnati in equipe diverse per sopperire alla mancanza di personale. Se un operatore è contagiato dal virus, l’intero gruppo diventa a rischio di infezione. Inoltre, vanno sottoposti a tampone tutti gli operatori sanitari, inclusi coloro che non presentano sintomi”. Dal sondaggio emergono forti criticità sullo screening: il 28,9% degli oncologi non è stato sottoposto a tampone, il 21,1% lo ha eseguito solo se sintomatico, il 34,3% se asintomatico in seguito a contatto con casi noti e solo il 15,7% almeno una volta indipendentemente da sintomi o contatti. L’82% è preoccupato di essere a maggior rischio di contagio rispetto alla popolazione generale e il 93% teme di poter trasmettere il virus ai familiari. Gravi anche le conseguenze psicologiche determinate da una condizione lavorativa ad alta probabilità di esposizione al contagio: per il 62% degli specialisti la qualità del sonno è peggiorata (il 58% dorme meno), per il 49% la capacità di concentrazione è inferiore e per un oncologo su tre (35%) il livello di preoccupazione e stress si ripercuote sulla qualità dell’assistenza ai pazienti".
“I test sierologici ci permetteranno di capire se un operatore sanitario è entrato in contatto con il virus e se ha sviluppato anticorpi– continua la prof.ssa Berardi - e possono rappresentare un’arma in più per uno screening epidemiologico. Ringrazio il prof. Gian Luca Gregori, Rettore dell’Università Politecnica delle Marche, e il dott. Michele Caporossi, direttore generale degli Ospedali Riuniti di Ancona, per il supporto nella realizzazione di questa indagine che offre una fotografia dello stato attuale dell’oncologia nella lotta al coronavirus. L’equipe che dirigo ha offerto un contributo importante, in particolare Zelmira Ballatore, Filippo Merloni, Nicoletta Ranallo e Lucia Bastianelli”.
La Caffarel, ditta italia che produce cremini, tavolette di cioccolato, creme da spalmare, panettoni, pandori, caramelle e altri prodotti come semilavorati per pasticcerie e gelaterie, ha deciso di donare una parte della sua produzione al personale della sanità impegnato in questa durissima lotta contro il Covid-19.
I prodotti sono stati consegnati dall'Associazione Carabinieri di Filottrano ai medici, infermieri e operatori sanitari presenti ieri presso l'Ospedale di Cingoli.
A riceverli è stata una significativa rappresentanza del fronte anti-Coronavirus, con la dottoressa Carla Urbani, la dottoressa Alessandra Pioli ,che alterna i turni di servizio in corsia con quelli all'interno della Casa di Riposo, e tutto il nuovo Reparto per acuti da Covid-19 di Cingoli, nonchè i dipendenti del 118 di turno.
Dopo la scomparsa del dottor Francesco Foltrani e la contrazione della patologia da tanti operatori del settore, questo gesto, così semplice ma ricco di significati evocativi, speriamo che possa segnare la fine di questo incubo per tante persone e famiglie.
"Stiamo vivendo un’emergenza sanitaria mondiale senza precedenti, la nostra vita sicuramente cambierà, le nostre abitudini, i nostri modi di fare - chiosa il sindaco di Matelica Massimo Baldini - Cambieranno le nostre necessità e le esigenze non saranno più le stesse; avremo bisogno di più sicurezze e maggiori garanzie. Sto parlando del servizio sanitario nazionale che in Italia è già migliore rispetto a tante altre parti del mondo - poi precisa - Nonostante tutto c’è necessità di rimodularlo alla luce di quanto sta accadendo"
"C’è bisogno di un servizio sanitario vicino alla gente organizzato in maniera tale che possa sopportare ogni eventualità, che sia in grado di garantire ogni tipo di servizio. Ciò che sta accadendo ce lo insegna, sarebbe illogico concentrare tutti i servizi sanitari in un unico ospedale provinciale, ma sarebbe logico distribuire servizi in più plessi sanitari, come già abbiamo- e aggiunge -Tutto ciò farebbe spendere meno danaro pubblico. Sarebbe opportuno adeguare le strutture già esistenti, alcune delle quali non sono costate nulla allo stato, ed adattarle a specifici servizi.
"Investire sulla sanità affinché possa essere presente e funzionale su tutti i territori anche quelli con meno popolazione. Presidi ospedalieri con reparti idonei e specialistici a garantire servizi eccellenti come c’erano una volta - spiega il pimo cittadinio -. L’attuale emergenza sta dimostrando quanto siano fondamentali le strutture periferiche, qualcuna ancora da sistemare dopo il terremoto del 2016 come quella di Matelica e che oggi poteva essere più funzionale.
"Alla luce di tutto questo penso sia necessario rivedere il piano sanitario regionale e costruirlo in maniera organica pensando alle esigenze di tutto il territorio regionale. Le zone interne hanno le stesse necessità delle altre parti della regione - sottolinea - Non dimentichiamo che ci sono tanti comuni nel cratere sismico del 2016 e tanti cittadini che non possono “restare a casa” perché le case ancora non le hanno"
"Mi associo a quanto sostenuto da altri Sindaci della Provincia di Macerata, Civitanova Marche, Camerino, Tolentino, e penso che tanti altri sono d’accordo con noi".
L'Asur Marche, in piena emergenza coronavirus, intende fare in modo che venga riconosciuto rapidamente ai propri operatori sanitari quanto consentito dalle norme e dai contratti di lavoro.
Il personale non dirigente, con lo stipendio di marzo, ha ricevuto una prima somma di incentivi legati alla performance 2019 e con lo stipendio di aprile riceverà il "premio" di 100 euro previsto dal d.l. 18/2020.
"Con grande dispiacere non è stato ancora possibile fare altrettanto con il personale medico - sottolinea la dirigente generale dell'Asur Marche Nadia Storti -. La trattativa con le organizzazioni sindacali di categoria per la definizione dei contratti integrativi di Area Vasta, avviata all'agosto 2018, non si è ancora conclusa anche per questioni pregiudiziali alle quali la direzione ha dato disponibilità di trattamento in fasi successive. Uno stallo che, fra competenze annuali e residui, tiene bloccate risorse contrattuali di oltre 26 milioni di euro".
"Con la nota 1334 del primo aprile - sottolinea Storti -, la direzione ha invitato a una rapida sottoscrizione degli accordi tutte le sigle sindacali, quale estremo tentativo di chiudere la trattative secondo corrette relazioni sindacali".
Un invito che non è stato raccolto da alcune sigle sindacali che - secondo Asur Marche - hanno "ignorato le tante attese dei medici impegnati sul campo".
Una situazione che l'Asur promette di sbloccare ponendo in atto "quanto in suo potere per consentire l'adozione provvisoria dei contratti integrativi, se necessario in forma unilaterale".
Nel frattempo la dirigenza Asur Marche, al fine di onorare i propri impegni e rimuovere le pregiudiziali sindacali, ha dato attuazione agli istituti economici del nuovo Contratto Nazionale dei medici, sottoscritto il 19 febbraio, provvedendo a corrispondere gli incrementi contrattuali, gli arretrati e ad aggiornare le voci contrattuali della retribuzione di posizione con decorrenza dal primo gennaio 2020 (passaggio che vede la valorizzazione economica dei medici neoassunti con un incremento di 1500 euro e l'adeguamento della retribuzione di posizione dei medici con 5 anni di esperienza al valore minimo di 5000 euro).
Per lo stesso scopo, con determina adottata in data odierna si è provveduto a sospendere gli effetti della determina 742/2019 (revisione dell'assetto organizzativo degli incarichi della dirigenza sanitaria), al fine di favorire un proficuo confronto sull'argomento.
"Mi preme anche evidenziare - conclude la direttrice Storti - che stiamo valutando tutti gli elementi utili che consentano di riconoscere al personale sanitario impegnato nei covid-hospital retribuzione aggiuntiva, come ad esempio l'indennità di malattie infettive, lo straordinario e altre misure in via di definizione. È in corso la fase di studio, con i competenti uffici regionali, per la stabilizzazione del personale sanitario".
Il Dipartimento di Programmazione Economica della Regione Marche ha approvato il piano economico relativo all'Ospedale Unico da realizzare alla Pieve. Forza Italia Civitanova non ci sta e interviene sull’argomento.
“Sarà contento Ceriscioli, il grande protagonista dell'operazione, e lo saranno anche l'assessore maceratese Sciapichetti che l'ha sempre esaltata, e il consigliere regionale civitanovese Micucci, al quale, interessa sempre avallare a scatola chiusa qualsiasi decisione venga calata dall'alto, anche se irrazionale e poco rispondente alle dinamiche socio-demografiche del territorio” – spiega Paolo Giannoni, commissario di Forza Italia a Civitanova Marche.
“Ribadiamo la nostra totale contrarietà al fatto che un grande ospedale venga costruito a 30 chilometri dalla costa, in un’area di collina da espropriare e da bonificare e con tutte le infrastrutture di servizio da realizzare e i costi conseguenti che si impennano in modo esponenziale. Forza Italia ribadisce la sua contrarietà ad una scelta più costosa e per locazione del tutto inadeguata rispetto ad un'area vicina all'uscita dell'A-14, servita da un sistema stradale adeguato e facilmente raggiungibile sia da sud-nord che da ovest-est”. “Sorprende soprattutto la scelta della location – prosegue Giannoni - lasciata ad un algoritmo e non a razionali valutazioni socio-politiche, metodo che lascia aperto il sospetto che l'algoritmo sia solo un pretesto in mano a chi ha il potere di decidere non in base alla reale domanda del territorio ma ai giochetti di parte. Forza Italia prende anche atto e sostiene senza riserve l'iniziativa congiunta dei sindaci Ciarapica e Sborgia che chiedono alla Regione di pensare più all'emergenza in atto che non a un assetto sanitario deciso in fretta e senza le doverose valutazioni, e di rivisitare tutta la programmazione una volta cessata l'emergenza. Quello che resta incomprensibile per Forza Italia e per la stragrande maggioranza dei civitanovesi è il motivo per Il quale Ceriscioli, Sciapichetti e Micucci esaltino la centralità di Civitanova solo quando c'è da ospitare un grande hospital-Covid 19 e la stessa centralità invece per loro non conta niente quando si tratta di realizzare un ospedale unico. È la politica dei furbetti che continua a prevalere con la compiacenza di troppi “yesman”, con tutte le conseguenze del caso, sia in termini di costi che di funzionalità. Ma questo per loro poco importa, importante è che il DIPE dia il placet al piano economico dell'ospedale unico alla Pieve e che a Civitanova converga il più alto numero possibile di COVID 19 per curarsi e non morire”.
"Alla luce di quanto affermato dai colleghi Sindaci di Civitanova Marche e Camerino, convenendo che alla luce di quanto di tragico sta accadendo e che ha visto il sacrificio con la predisposizione per i malati di Covid 19 sia della strutture di Civitanova Marche che di Camerino - esorisce il sindaco di Tolentino Giuseppe Pezzanesi - è fuori luogo o perlomeno incomprensibilmente precipitoso accelerare la pratica della costruzione dell'Ospedale Unico alla Pieve di Macerata, dal momento in cui, proprio questa pandemia ha dimostrato, seppur ve ne fosse ancora bisogno, come è quanto siano risultate fondamentali le strutture periferiche del sistema sanitario, alcune delle quali debilitate o chiuse.ì"
Inoltre sottolinea: "Il Covid 19 dice chiaramente ai nostri Amministratori Regionali e Nazionali di quanto ci sia bisogno di investire sulla Sanità pubblica e quanto la stessa con le sue strutture possa e debba essere presente e funzionale nei territori tutti, anche quelli demograficamente meno importanti.
"Ci sarà la indubbia necessità di diffondere ospedali efficienti e presidi medici sui territori e predisporre come nel caso del costruendo Ospedale di Tolentino - continua Pezzanesi -non solo tutti i servizi eccellenti che c’erano prima, con la assoluta permanenza del Punto di Primo Intervento, ma anche la predisposizione impiantistica a poter trasformare all'occorrenza i 50-70 posti letto di lungodegenza e riabilitazione a centro di rianimazione con tutti gli impianti già predisposti - e conclude affermando- Insomma una Sanità ancora più forte e più presente sul territorio come bene imprescindibile dell'umanità e delle nostre popolazioni"
«Pensare a realizzare l'ospedale unico provinciale in giornate drammatiche come queste è una follia. Bene fanno i sindaci di Camerino e Civitanova a puntare il dito, contro questa scelta sciagurata del governatore regionale Luca Ceriscioli». A dirlo è Mario Chirielli, segretario del comitato per la difesa e la tutela dell'ospedale di San Severino.
«Abbiamo appreso del parere favorevole del Dipe (dipartimento della programmazione economica del consiglio dei ministri) - continua Chirielli - quindi l'iter per la realizzazione dell'ospedale unico alla Pieve di Macerata ha fatto un passo avanti, con soddisfazione della Regione. Da chi siamo amministrati? Questi non hanno rispetto per i cittadini in queste drammatiche giornate. Sono degli irresponsabili che offendono i morti e le loro famiglie. Possibile che non si rendano conto della drammatica stuazione del nostro sistema sanitario, dei danni alla nostra economia che avrà un crollo del Pil, del debito pubblico ormai insostenibile.
La sanità nella nostra Regione va rivista e programmata secondo le esigenze dei territori, come dicono i sindaci di Camerino Sandro Sborgia e di Civitanova Fabrizio Ciarapica, dopo la fine dell'emergenza Coronavirus». Conclude Chirielli: «Siamo totalmente contrari all'ospedale unico e speriamo che in futuro si ripensi questa scelta, mettendo da parte questa idea scellerata. Si dovrà valutare un'organizzazione diversa del sistema sanitario regionale, adeguata alle sfide del futuro, come la terribile crisi sanitaria ed economica che stiamo affrontando in questo periodo. Sono necessari senso di responsabilità e unità d’intenti con chi opera sul territorio, basta con le decisioni calate dall’alto! Mancano persino i soldi per comprare i tamponi: dove andiamo di questo passo? Fermiamo tutto, per rispetto se non altro, delle tante vittime da Coronavirus e di chi ogni giorno va in corsia a combattere in prima linea un nemico invisibile, con la speranza di salvare vite umane».