L’astensione alle amministrative dimostra una scarsa rappresentatività dei candidati? O rappresenta una colpevole passività dell’ elettorato? Oppure l’astensionismo è legato alla pandemia?
Forse è una forma di protesta per lo scollamento della politica dalla vita reale e quotidiana dei suoi elettori, una politica che promette, ma il cui fine è la ricerca della maggioranza e la volontà di mantenere la poltrona?...
Fatto sta che la decisione degli italiani è stata chiara: ha votato la metà degli aventi diritto.
Secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Interno alle elezioni comunali si è presentato alle urne il 54,7% degli aventi diritto: 5.503.824 persone sulle 12.147.040 complessive.
Alla precedente tornata elettorale, il dato era stato del 61,58%; l’astensione è cresciuta dell’ 8%.
Il tema dell’astensionismo non è argomento nuovo, domina da anni il dibattito politico ed ha raggiunto il suo apice alle amministrative appena concluse.
La partecipazione elettorale del popolo italiano negli anni è diminuita in maniera sostanziale.
Il “non voto” pesa.
In un ’intervista rilasciata alla sezione “24+ Italia // Politica” de il Sole 24 Ore a Cristopher Cepernich, sociologo dei media e dei fenomeni politici all’Università degli Studi di Torino, l’esperto afferma: “Che l’astensionismo fosse un rischio era prevedibile, ma che fosse così alto non me l’aspettavo. Si vota meno perché non si trova una rappresentanza in cui avere fiducia, e questo è ancora più vero nelle periferie, dove dai dati emerge che l’affluenza alle urne è stata più bassa. A votare sono i quartieri benestanti, mentre le periferie hanno disertato le urne”.
Le motivazioni degli astensionisti sono certamente le più diverse, ma gli astenuti delusi dalla sinistra, dalle destre, da Conte sono accomunati dalla disaffezione, dalla rabbia, dalla delusione e dalla convinzione che la politica sia ormai distante.
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