A quasi tre mesi dall’inizio del conflitto russo-ucraino, gli imprenditori della provincia di Macerata proseguono la corsa ai ripari dalle conseguenze di una crisi economica che, sotto più aspetti, sta mettendo sempre più a dura prova i settori d’eccellenza. Fra questi, quello legato alla produzione della pasta che, sebbene risulti solo marginalmente ‘toccata’ dalla guerra – nel 2021 appena il 3% delle importazioni proveniva dalla Russia – è costretta a fare i conti con i rincari più gravosi del comparto energetico.
In tutta Italia – secondo Unionfood – si stimano oggi circa 120 aziende e oltre 10 mila dipendenti, tutti direttamente coinvolti da quelle variazioni del mercato globale che ha visto negli ultimi 12 mesi un aumento del prezzo del grano duro pari all’80%. Ad inficiare sarebbero stati i magri raccolti di Canada e Stati Uniti – principali esportatori nel mondo – per i quali si è ritenuto necessaria una ricontrattazione degli scambi commerciali al netto dell’inflazione sopracitata.
Le Marche – come le altre regioni – hanno perciò dovuto adeguarsi, mettendo a dura prova la propria produzione in termini di qualità e offerta al consumatore (vessato anch’egli dall’aumento dei costi energetici). Nel maceratese, anche l’azienda “La Pasta di Camerino” si è ritrovata a fare i conti con le onde sempre più incerte del mercato globale, adoperandosi al contempo nel mantenere alta la genuinità dei propri prodotti e la capacità di lavoro, e nel contenere in maniera diretta il peso dei prezzi sulla propria clientela.
“Le nostre aspettative non sono positive, la situazione economica del Paese è grave. Per questo servono degli interventi mirati da parte delle istituzioni” – dichiara il direttore Federico Maccari, aiutandoci a fare chiarezza su quanto stia accadendo all’intero settore della pasta in questo delicato momento storico.
Lei pensa che la crisi attuale sia unicamente legata alla guerra nell’Est Europa? Per i pastifici non ci sono state particolari ripercussioni per il reperimento della materie prime, visto che si utilizza prettamente la semola di grano duro. Discorso diverso per panifici e similari, che impiegano quello tenero. Il problema semmai è di mercato: il conflitto ha aggravato una situazione generale già tesa nel 2021. Oggi il prezzo del grano duro arriva quasi al 120%.
Da chi è dipeso questo rincaro? I cambiamenti climatici hanno dimezzato la produzione di Canada e Stati Uniti, e di conseguenza le quotazioni in borsa sono salite alle stelle. In più c’è l’aumento del costo dell’energia: la nostra filiera artigianale, a differenza di quelle industriali, richiedete tempi di lavoro sul grano 100% italiano anche di 60 ore. Non ultimo, il rincaro di carta e cartone, che va ad inficiare sulle spese del packaging.
Le prospettive future indicano un’inevitabile aumento dell’inflazione. Facendo noi riferimento alla Borsa Merci di Bologna, siamo soggetti a determinati strumenti finanziari legati comunque al mercato nazionale e internazionale. Non solo: di fronte al rincaro delle materie prime, l’agricoltore con il quale hai già stipulato un accordo commerciale si sente legittimato a riformulare il prezzo del proprio raccolto in base alle suddette variazioni di mercato.
Voi nel frattempo come vi state adoperando per contenere la crisi? Avendo contratti di filiera, ci sono delle garanzie che altre realtà non possiedono, quindi sono costrette a cercare prezzi più convenienti a scapito della qualità. Il nostro impegno oggi, pur lavorando in perdita, è quello di tutelare il cliente accollandoci più della metà dei costi legati all’inflazione, e rimanere competitivi in termini di produttività. In questo modo anche i nostri 71 dipendenti possono continuare a lavorare serenamente, senza ricorrere ad ammortizzatori sociali come la cassa integrazione.
Quali soluzioni adotterete per il futuro più imminente? Serve innanzitutto una riqualificazione energetica che ci permetta di essere autonomi e sostenibili al 100%, puntando unicamente sul fotovoltaico. Poi dovremo trovare nuove efficienze gestionali, per ridurre al minimo i nuovi costi dei prodotti. Nel frattempo continueremo i nostri negoziati con imprenditori locali, Regione e istituzioni governative. La speranza oggi si lega almeno a un adeguamento dei costi sul mercato e ad accrescere il potere d’acquisto del consumatore. Pertanto, è necessaria una riduzione del cuneo fiscale: le persone andando avanti saranno sempre meno disposte a spendere anche per i beni di prima necessità.
Secondo lei è una situazione che poteva essere evitata? Era prevedibile. La nostra economia è strutturata secondo il mercato globale, e allo stesso tempo però non è stata mai messa in atto negli ultimi 30 anni una politica energetica. Le istituzioni ne erano ben consapevoli, ma non hanno fatto nulla. Per questo ora siamo costretti a rinunciare ai vecchi accordi commerciali e formularne di nuovi con altri paesi. Soluzioni minori utili a tamponare per qualche tempo. Persino la PAC dovrà essere rimessa in discussione se davvero non vogliamo che la crisi peggiori ancora di più.
“Le associazioni di categoria delle imprese maceratesi riportano l’attenzione sul credito d’imposta beni strumentali Cratere per gli investimenti 2021. Come noto, nel 2020 il credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno viene esteso anche alle imprese localizzate nei comuni colpiti dagli eventi sismici a far data dal 24 agosto 2016, attraverso l’art. 18-quater del Dl 8/2017. Il 6 aprile 2018 è intervenuta l’autorizzazione della Commissione europea e successivamente la legge di bilancio 2020 ha prorogato il credito d’imposta al 31 dicembre 2020”.
Lo affermano, in una nota congiunta, il presidente di Confindustria Macerata Sauro Grimaldi, il presidente Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli Piceno-Fermo Enzo Mengoni e il presidente Cna Macerata e Maurizio Tritarelli. "Le associazioni, fin dalla previsione normativa della misura, hanno sostenuto fortemente la necessità di una pronta attivazione della stessa, per offrire alle imprese una valida ed efficace opportunità di ristoro in un contesto che già le vedeva duramente provate dagli eventi e che richiede un sicuro ‘salvagente’ per evitarne il definitivo tracollo”, continuano nella nota.
"L’aiuto, ricordiamo, assume la forma di un credito d’imposta per tutte le imprese che effettuano investimenti iniziali nel cratere, a partire dalla data di approvazione del regime (6 aprile 2018) e fino al 31 dicembre 2020”. “Investimenti effettuati in macchinari, impianti e attrezzature varie, nuovi di fabbrica, relativi alla creazione di un nuovo stabilimento, all’ampliamento della capacità di uno stabilimento esistente, alla diversificazione della produzione di uno stabilimento per ottenere prodotti mai fabbricati precedentemente e a un cambiamento fondamentale del processo produttivo complessivo di uno stabilimento esistente”.
“Il beneficio consiste nel riconoscimento di un credito d’imposta, da utilizzare in compensazione nel modello F24, la cui misura è differenziata in relazione alle dimensioni aziendali, ovvero: 45% Piccole Imprese, 35% Medie Imprese, 25% Grandi Imprese, da un 3 milioni per le piccole imprese, 10 milioni per le medie e 15 milioni per le grandi imprese”.
“Una misura molto importante che interessa tutte le società ed enti titolari di reddito d’impresa ubicate nei 140 Comuni delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria colpiti dal sisma ad agosto ed ottobre 2016 (art. 18-quater del decreto-legge n. 8 del 2017)”. “Successivamente, dopo mesi di incertezza, il credito d’imposta viene ripristinato anche per il 2021. La Legge n. 106 del 23 luglio 2021 di conversione del decreto “Sostegni bis” n. 73/2021, infatti, aveva prorogato al 31 dicembre 2021 il credito di imposta per le imprese del Cratere sismico del Centro Italia. La commissione UE non aveva però concesso la proroga dell’agevolazione in quanto era un aiuto di stato”.
“Il Parlamento ha trovato poi rimedio con la Legge 29 dicembre 2021 n.233 recante Conversione in legge del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152-disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). L’Art. 43-ter della Legge 233/2021 introduce la modifica al regime di aiuti inserendo il credito imposta relativo agli investimenti realizzato in area sisma nell’anno 2021 nel Temporary Framework”.
“Ad oggi – concludono i presidenti delle associazioni di categoria - non si hanno ancora notizie dell’accoglimento da parte della Commissione Ue e, conseguentemente non sono ancora disponibili i modelli dell’Agenzia delle Entrate per richiedere le agevolazioni. Le associazioni del territorio invitano quindi le autorità regionali a richiedere informazioni sull’iter di approvazione e farsi promotrici di una rapida conferma della norma per consentire alle imprese di veder finalmente validati i piani di rientro degli investimenti comunque effettuati nel 2021 nonostante le incertezze dell’agevolazione”.
Nella giornata odierna sono stati emanati due bandi regionali fondamentali nella strategia di miglioramento del posizionamento competitivo internazionale delle PMI marchigiane. I bandi, attivati nell’ambito del por fesr 2014-2020, godono di una dotazione finanziaria complessiva che ammonta a 6,2 milioni di euro che potrà essere integrata con le risorse del por fesr 2021-27 non appena approvato.
Il primo dei due bandi in uscita, con un importo stanziato di 4,2 milioni di euro, è finalizzato alla “transizione tecnologica e digitale dei processi produttivi e dell’organizzazione” ed è volto a favorire l’adozione di soluzioni innovative di riorganizzazione, transizione digitale e garantire un migliore posizionamento competitivo a livello internazionale, attraverso la concessione di contributi a fondo perduto per la realizzazione di progetti di innovazione dei processi produttivi, della organizzazione aziendale soprattutto attraverso attività di trasformazione tecnologica e digitale.
“L’utilizzo delle nuove tecnologie digitali – commenta il vicepresidente e assessore allo Sviluppo economico Mirco Carloni - diventa di fondamentale importanza nell’attuale fase di ripresa dalla pandemia Covid-19 perché consentirà alle aziende di riorganizzarsi e ristrutturarsi, incentivando il processo di transizione digitale, aumentando la flessibilità dei processi produttivi e riducendo al contempo i costi generali così da far ripartire gli investimenti privati fortemente penalizzati dalla pandemia”.
Sono ammissibili i progetti d’impresa finalizzati alla realizzazione di attività di innovazione di processo o dell’organizzazione prevedendo l’implementazione di tecnologie quali robotica avanzata, manifattura additiva e stampa 3D, soluzioni di cyber security e business continuity, intelligenza artificiale, machine learning, soluzioni tecnologiche per la gestione e il coordinamento dei processi aziendali con elevate caratteristiche di integrazione delle attività.
Il secondo bando approvato è destinato ad ‘azioni per il riorientamento e la diversificazione dei mercati’ e beneficia di 2 milioni di euro per rafforzare la capacità delle imprese di operare su nuovi mercati internazionali, sostenendo progetti di investimento per l’innovazione digitale strategica alla funzione commerciale. I contributi a fondo perduto serviranno per finanziare l’innovazione della strategia promozionale nei mercati di riferimento individuati nel progetto quali ad esempio: export manager e digital export manager; analisi e ricerche di nuovi mercati e fornitori; social media marketing; sito web aziendale per la promozione digitale dell’export; marketing digitale e business on line.
“Negli ultimi anni il sistema economico marchigiano è stato messo a dura prova da un susseguirsi di eventi drammatici e non prevedibili - è la riflessione di Carloni - sisma e pandemia da Covid-19 ne hanno fortemente rallentato la ripresa e la crescita comportando, di fatto, il mancato recupero dei livelli del PIL pre-crisi. Ora si aggiungono gli sfavorevoli scenari derivanti dal conflitto fra Russia e Ucraina che stanno condizionando il percorso di ripresa del sistema produttivo. Adottiamo una strategia utile a contenere gli effetti distorsivi - aggiunge il vicepresidente - non solo sulle esportazioni verso questi Paesi ma anche negli approvvigionamenti di materie prime e semilavorati”.
Nonostante la crisi pandemica, con 370 milioni di euro nel 2021, pari al 2,4% del totale delle esportazioni delle Marche, la Russia rappresenta l’ottavo mercato di destinazione, in crescita del 12,3% rispetto all’anno precedente, mentre verso il mercato Ucraino le Marche hanno esportato beni per circa 85 milioni di euro (in flessione dell’1,3%) rispetto al 2020.
Se dalla Russia le Marche importano principalmente metalli non ferrosi (44,5% del totale) e gas naturale (42,8%), dall’Ucraina le importazioni marchigiane sono composte per il 35,9% da legno e prodotti in legno, per il 28,1% da prodotti della metallurgia, per il 13,9% da articoli di abbigliamento, per il 5,6% da prodotti chimici di base, fertilizzanti e composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie, per il 3,1% da prodotti in metallo.
La Regione Marche, in questa fase, conclude Carloni “deve necessariamente sostenere le imprese marchigiane in difficoltà il cui fatturato estero risente dell’incidenza delle mancate esportazioni dirette in Ucraina e in Russia, ma anche sostenere quelle imprese che importavano una quota rilevante delle loro materie prime e semilavorati da questi mercati. Esse, inoltre, si trovano nella necessità di sviluppare ulteriori progetti di investimento per la ricerca di nuovi mercati o fornitori”.
Entrambi i bandi rientrano nel programma di interventi urgenti per il sostegno economico alle imprese marchigiane colpite dalla crisi generata dalla guerra Russa Ucraina. Le domande di partecipazione potranno essere presentate a partire dalle ore 10 del 16 maggio 2022 ed entro, e non oltre, le ore 13 del 30 giugno 2022, sulla piattaforma Sigef raggiungibile al seguente link: https://sigef.regione.marche.it
Nell’ambito delle attività previste dall’accordo siglato lo scorso mese di dicembre tra Confindustria Macerata e l’Università di Camerino, con il sostegno di BPER Banca, volto alla realizzazione di attività di collaborazione per accompagnare e supportare le imprese nella transizione verso un’economia più circolare e sostenibile, sta per essere avviata una azione di Circular Education attraverso il corso di formazione su “Strategie di Economia Circolare”, che prevede la partecipazione in qualità di docenti di esperti Unicam, Enea e Manifaktura, una start-up innovativa, nata nel 2020, con l’obiettivo di facilitare tutte quelle organizzazioni che intendono avviare un percorso d’innovazione, attraverso progettazione, capitale relazionale, gestione e formazione, in particolare sui temi legati all’economia circolare e industria 4.0
“Con questa iniziativa – ha dichiarato l’ingegner Francesco Balducci, referente Unicam per l’accordo e Ceo di Manifaktura – avviamo concretamente le attività di formazione previste nell’accordo di collaborazione. Il corso, rivolto ad imprenditori e loro collaboratori che intendono conoscere ed applicare strategie e perseguire azioni di economia circolare, valutare nuovi modelli di mercato e rendere i propri prodotti e servizi maggiormente competitivi e sostenibili, si articolerà in 5 appuntamenti, che potranno essere seguiti sia on line che in presenza, a partire dal prossimo 13 maggio”.
Il primo incontro sarà incentrato su “Introduzione all’economia circolare: una visione generale di questo nuovo paradigma” e si terrà presso la sede di Confindustria. Si proseguirà venerdì 27 maggio con “Gli strumenti di valutazione ambientale di prodotto: LCA (valutazione del ciclo di vita di un prodotto) e PEF (Product Environmental Footprint)” presso il ChIP Unicam.
“Regolamenti CAM (Criteri Ambientali Minimi), Mappature LEED e Calcolo della Circolarità di un Prodotto” saranno ala centro dell’incontro del 17 giugno presso la sede di Confindustria Macerata. Il ChIP Unicam ospiterà il 15 luglio l’incontro “Come caratterizzare i materiali compositi innovativi in un’ottica di economia circolare”. Il percorso formativo si concluderà il 23 settembre con l’incontro su “Etichette ambientali (ecolabel, EPD, Green Made in Italy) e comunicazione delle asserzioni ambientali per evitare Green Washing” presso la sede di Confindustria.
Ben 70.000 lavoratori irregolari e operatori abusivi nelle Marche: un numero impressionante, per un’economia sommersa che minaccia il lavoro dei piccoli imprenditori e la sicurezza dei cittadini, diventando anche un freno per l’occupazione regolare.
A denunciare le cifre del fenomeno è uno studio di Confartigianato che lancia l’allarme sulla minaccia del sommerso per le attività dei piccoli imprenditori. È un mondo parallelo, quello del sommerso, che rappresenta il 4,3% del valore aggiunto regionale, in cui non esistono regole e si producono danni ingenti alle imprese, alla sicurezza dei consumatori, alle casse dello Stato.
"In tempo di crisi e incertezza, il fenomeno sta proliferando e i dati sono ancora più allarmanti. La maggiore concentrazione di occupazione irregolare (il tasso di irregolarità è del 10,5%) nella nostra regione si annida nei servizi con 53.000 unità, segue il manifatturiero con 11.000, le costruzioni con 4.000 e 2.000 in agricoltura. Nelle Marche, secondo le stime di Confartigianato, sono 23.600 gli abusivi che si fingono imprenditori", sottolinea Confartigianato.
"Sono proprio le imprese artigiane ad essere maggiormente in pericolo Soprattutto nei settori dell’edilizia, dell’acconciatura ed estetica, dell’autoriparazione, dell’impiantistica, della riparazione di beni personali e per la casa, del trasporto taxi, della cura del verde, della comunicazione, dei traslochi. Per questo Confartigianato ha lanciato una campagna nazionale di informazione contro l’abusivismo, dal titolo Occhio ai furbi. Mettetevi solo in buone mani. Un modo per mettere in guardia i consumatori e informarli sulla situazione".
“Dobbiamo lavorare tutti affinché questo fenomeno venga debellato, nell’interesse delle imprese che lavorano seriamente e dei consumatori - le parole del Presidente territoriale Enzo Mengoni -. La difficile situazione economica ha portato ad un proliferare di operatori improvvisati, che in questo modo minacciano la sicurezza dei consumatori, penalizzano le Casse dello Stato e cancellano con un colpo tutti i valori artigiani che da sempre contraddistinguono le nostre imprese".
"È il momento di dire basta: l’appello è anche alle Autorità, affinché continuino a sostenerci con azioni di controllo, di repressione e di contrasto all’evasione fiscale e contributiva”. Per numero di occupati, 3,2 milioni di irregolari, il sommerso è il terzo settore più numeroso dell’economia italiana, preceduto dai servizi, che contano 16,3 milioni di addetti, e dal manifatturiero 4 milioni di addetti".
“L’associazione rispetta le sanzioni imposte dalla comunità internazionale nei confronti della Russia, ma non possiamo non essere al contempo solidali con le aziende calzaturiere italiane, comprese quelle che hanno partecipato all’ultima fiera di Mosca”. Sono le parole pronunciate dal presidente di Assocalzaturifici Siro Badon, a una settimana di distanza dalla Obuv’ Mir Kozhi (“Scarpe in pelle dal mondo”). La manifestazione internazionale dedicata a calzature e cuoio si è tenuta dal 26 al 29 aprile scorso, e ha visto la partecipazione di 50 imprese italiane del settore: 31 di queste provenivano dalla Marche.
“Due mercati rilevanti, quelli di Russia e Ucraina” – ha precisato in un comunicato Badon, sebbene il peso percentuale sul mercato italiano dell’export verso i due paesi impegnati nel conflitto sia del 2,7% e 0,4% (rispettivamente, decimo e ventiseiesimo posto nella classifica dei mercati di sbocco - IlSole24Ore). Una cifra quasi irrisoria, che assume però ben altre dimensioni se contestualizzata a livello locale.
Le imprese calzaturiere delle Marche, ad oggi, risultano senza dubbio quelle più sofferenti, soprattutto in virtù delle sanzioni imposte da USA e Ue. Secondo i dati forniti da Assocalzaturifici, l’export della regione verso Russia e Ucraina valeva alla fine del 2021 circa 93 mln di euro (57,3%), determinando un trauma commerciale dal quale si sta cercando di riprendersi il prima possibile.
In particolare, per il distretto di Fermo – il più rilevante della regione - questo significa al momento rinunciare a poco più di 58 mln di euro (30,6%). Una cifra che, però, va confrontata con quelle dei principali mercati segnalati dal “Focus 2021” di Intesa Sanpaolo: ai primi posti, vediamo Germania (circa 220 mln di euro) e Francia (150 mln di euro). Inoltre, va sottolineato che il settore calzaturiero fermano – dopo l’anno horribilis 2020 della pandemia – ha ricevuto una spinta generale di ripresa del +11,5% (anche verso gli Stati Uniti) e del +20,6% solo in Cina.
L’export verso gli USA vale oggi per la provincia marchigiana il 5% (50,98 mln di euro), e verso la Germania il 6,5% (49,8 mln di euro), che da sole sembrano poter compensare il congelamento degli affari nell’Est Europa. Senza contare, naturalmente, gli altri mercati di sbocco già esistenti come Cina, Svizzera e Regno Unito (nella “top ten”).
I dati presentati tengono conto delle forti difficoltà che il settore calzaturiero, e non solo, hanno avuto in seguito all’emergenza Covid. Ma nonostante la buona ripartenza dei mercati, a pesare sul distretto fermano sarebbe un orientamento sfavorevole iniziato già dal 2018, sintomo di un mancato salto di qualità capace di affrontare una concorrenza (nazionale e internazionale) sempre più aggressiva.
“Le sanzioni causate dagli sviluppi della guerra - si legge nell'ultimo report di Mediobanca – rischiano di limitare la spesa dei consumatori russi, in particolare i più ricchi”. Dunque ad essere penalizzate sarebbero potenzialmente le aziende dai marchi più lussuosi. La situazione generale, però, appare in forte contrasto con i dati finora diffusi.
Inoltre, il settore calzaturiero italiano - assieme a quello del tessile e dell’abbigliamento - risulta anche quello che ha potuto sfruttare al meglio gli ammortizzatori sociali messi in campo con la pandemia: il cosiddetto “segmento di alta gamma” ha potuto riprendersi nel corso del 2021, registrando una crescita del 32%, rispetto al 13% delle aziende della fascia più economica.
“Il problema più importante in questo momento – ha dichiarato il presidente di Confindustria Fermo, Arturo Venanzi - è il mancato pagamento di ordini e merce consegnata. E questo perché le banche italiane non lavorano più con la Russia: serve l’intervento del governo italiano”. In realtà, gli affari in questo momento storico si stanno ridimensionando, sia per sostenere le aziende sia per mantenere salda la propria presenza nella Federazione. Soprattutto in virtù dei costi elevati che comporterebbe lo smantellamento delle sedi, come ad esempio quelle di Unicredit e Intesa Sanpaolo (le più esposte alla guerra).
Si è svolta oggi a Recanati, nei locali della sede legale, l’assemblea ordinaria dei Soci della Banca di Credito Cooperativo di Recanati e Colmurano per l’approvazione del bilancio di esercizio 2021. In virtù dell’emergenza da Covid-19, l’incontro si è tenuto senza la presenza fisica dei Soci ed esclusivamente tramite il conferimento di delega di voto al Rappresentante designato Dott. Sabino Patruno.
Il bilancio approvato ha evidenziato un utile netto pari a 2.299.103 di euro, con una performance quasi raddoppiata rispetto all’anno precedente - a conferma del trend positivo che la Banca registra ormai da diversi anni.
Una particolare annotazione va fatta per l’incremento del margine di interesse (+25% rispetto al 2020) e del margine da servizi (+8%), oltre che per gli impieghi commerciali che hanno raggiunto i 360/mln, (+8,4% dei crediti in bonis rispetto allo scorso anno) accompagnati da un netto miglioramento della qualità del credito (NPL ratio lordo al 6,11% e netto al 2,10%).
La raccolta diretta ha superato i 580/mln (+ 12% rispetto al 2020) e l’indiretta ha oltrepassato la linea dei 200/mln (+7% rispetto al 2020) con la qualificata che si è avvicinata al traguardo del 150/mln (+ 15%rispetto al 2020).
Tra gli argomenti all’ordine del giorno ha assunto un significato di rilievo il recepimento delle nuove disposizioni sul Governo Societario delle Banche, con particolare attenzione alla quota di genere, argomento verso il quale l’intero Gruppo BCC Iccrea è particolarmente sensibile ed attento.
In relazione al risultato di esercizio 2021, è stata approvata la proposta del Consiglio di Amministrazione di ripartire l’utile netto a Riserva legale indivisibile per Euro 2.230.130 e al Fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (art. 11, comma 4, legge 59/92) per Euro 68.973 (pari al 3% degli utili netti annuali).
I risultati di bilancio confermano il percorso virtuoso intrapreso dalla Banca e la validità delle strategie adottate negli ultimi anni, con un modello di business vincente e in grado di affrontare ogni fase del mercato.
Come ha affermato il Presidente Sandrino Bertini, “la Banca sarà chiamata a gestire con equilibrio e competenza le richieste di sostegno che arriveranno dalle attività economiche e dalle famiglie, soprattutto in questo periodo difficile per l’economia mondiale, le cui conseguenze impatteranno notevolmente nell’economia nazionale e locale. La BCC di Recanati e Colmurano è pronta a svolgere un ruolo da protagonista ed essere un punto di riferimento solido per il tessuto economico marchigiano”.
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Con una delibera di giunta, il Comune di Jesi (Ancona) ha approvato poco fa una variante urbanistica che potrebbe riprendere le fila dell'insediamento di un hub logistico Amazon da 60mila mq in zona Interporto Marche, rimasto al palo dopo l'interruzione dei rapporti tra il centro intermodale e Scannell, sviluppatore del progetto per conto del gigante dell'e-commerce.
L'atto dà seguito alla richiesta del nuovo cda di Interporto Marche spa (formato dagli imprenditori Massimo Stronati, Roberta Fileni e dal segretario di Confartigianato Gilberto Gasparoni), che lunedì, pochi giorni dopo il suo insediamento, ha invitato il Comune ad avviare la procedura urbanistica per accogliere il polo logistico.
"Abbiamo adottato la variante per favorire l'insediamento di questo centro di smistamento che dovrebbe essere utilizzato da una grande società internazionale di e-commerce", ha dichiarato il sindaco di Jesi, Massimo Bacci. "Essendo una variante voluta da privati - ha chiarito - abbiamo atteso il consenso di tutti i soggetti interessati.
A questo punto sarà Interporto che dovrà chiarire la posizione contrattuale con chi svilupperà la struttura. Da parte nostra, abbiamo fatto la procedura amministrativa necessaria affinché il sito sia ripreso in considerazione per il polo logistico". Il Comune di Jesi fa sapere che si dovranno comunque attendere 50 giorni tra l'adozione della variante e l'approvazione dell'atto per le eventuali osservazioni.
«L'interesse del mercato russo per le scarpe italiane, e per quelle marchigiane in particolare, è immutato, ma il problema è come evadere i pagamenti degli ordini che sono stati portati a casa». Ad affermarlo è il vicepresidente di Assocalzaturifici Valentino Fenni, tracciando un bilancio dell'Obuv di Mosca, una delle più grandi fiere internazionali di calzature e pelletterie, a cui hanno partecipato una cinquantina di imprenditori italiani, nonostante la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia, suscitando non poche polemiche.
Il settore chiede al governo "misure immediate e straordinarie". «Dobbiamo solo sperare che la guerra finisca al più presto» - aggiunge Luca Guerrini, amministratore di Blue star che produce scarpe da uomo a Montegranaro (Fermo), che parla di "un blocco insormontabile" per i pagamenti. «Partiamo ad esempio dagli acconti che devono versare su un ordinativo - spiegano Fenni e Guerrini - In genere si versa il 20-30% così che le nostre aziende possono avviare la produzione.»
«Il punto - proseguono i due imprenditori - è che i clienti russi vanno sì nelle loro banche ed effettuano il bonifico, ma la transazione viene bloccata negli istituti di credito italiani e spesso rifiutata e rispedita al mittente. In questo modo i russi si trovano per alcune settimane senza la loro liquidità e noi in attesa di una transazione che praticamente sempre non va a buon fine, col risultato che la commessa viene bloccata e quindi persa»
«Tutto questo - concludono Guerrini e Fenni - rischia di farci perdere per sempre i nostri clienti», e nel frattempo «Turchia e Cina su tutti sono pronti a subentrare, dato che loro non applicano alcuna sanzione e le transazioni tra questi Paesi e la Russia sono ammesse.»
(fonte ANSA)
Aumento del costo delle materie prime, guerra in Ucraina, blocco dell’export e gestione post pandemica. Col rischio concreto di una macelleria sociale che possa coinvolgere il Paese in autunno, quando saranno tangibili sulla popolazione i primi effetti diretti del conflitto nell’est Europa.
Sarà un primo maggio segnato più dalla fine delle restrizioni che dai festeggiamenti dei lavoratori italiani. Per quanti sul proprio lavoro possano ancora continuare a fare affidamento. Tralasciando mondi sommersi e ormai dimenticati da poco lungimiranti piani industriali: lotta alla precarietà, attenzione ai giovani e sostegni alle partite Iva.
“Sarà necessario ripartire da loro e dai successi ottenuti in regione con le vertenze sindacali Indelfab, Caterpillar e iGuzzini, che hanno dimostrato quanto sia necessaria l’interlocuzione tra parti sociali e aziende”, spiega Giuseppe Santarelli, segretario generale della Cgil Marche eletto a maggioranza lo scorso 26 aprile.
Non usa il politichese e questo è già un merito per Santarelli, fermano di nascita e una vita spesa nella CGIL: “Siamo consapevoli delle difficoltà alle quali stanno andando incontro aziende e lavoratori e il rischio reale è quello di una campagna di licenziamenti di massa in autunno. Ma dobbiamo intervenire prima. I segnali che arrivano dalla tenuta sociale delle Marche sono preoccupanti. Crediamo nell'effetto positivo della fine delle restrizioni. Ma abbiamo anche delle richieste da fare al Governo”.
“Lo scostamento di Bilancio deve essere sostanziale e al momento non c’è sintonia con Draghi. A livello regionale poi non abbiamo incontrato nessuna disponibilità al dialogo. Riteniamo plausibile anche un prelievo una tantum sulle aziende che hanno fatturato molto durante la pandemia, perché non tutte sono andate in crisi”, aggiunge Santarelli.
Una crisi che si riflette sulle categorie più deboli. 170.000 sono gli iscritti della CGIL nelle Marche, solo il 19% gli under 35. Un dato che risente però dell’ampia presenza di pensionati e che fa crollare la percentuale di giovani iscritti “ad una cifra realistica vicina al 10%”.
Un gap che spiega la mancanza di fiducia delle nuove generazioni, costrette troppo spesso allo sfruttamento: “Sono oltre 1000 le tipologie di contratti lavorativi esistenti, 280 quelli firmati dai sindacati: comunque una enormità. E nel frattempo ci interroghiamo sul salario minimo. Ma non vogliamo che il contratto sia solo salario rinunciando ai diritti”.Un quadro nel quale aumentano anche gli infortuni sul lavoro fra i più giovani: “La precarietà è un dettaglio di non poco conto, soprattutto quando i ragazzi sono costretti magari a cambiare dieci lavori in poco tempo. Solo nel primo bimestre 2022, c’è stato un aumento dell’11%: si tratta di un trend che continua a crescere”.
In questo contesto regionale, troppo poco si continua a puntare sulla formazione: “Su questa le aziende dovrebbero investire, ma sembra non vi sia margine di trattativa al momento. E i periodi ai quali andiamo incontro rischiano di essere molto bui e non certo propizi per riforme a più riprese richieste al Governo centrale”.
Che esistesse una grave crisi di rappresentanza, era fatto noto da tempo. Nel corso degli ultimi 30 anni i sindacati dei lavoratori hanno lentamente deposto le loro bandiere – un tempo alzate al vento insieme a chi scendeva in piazza a gridare di “rivendicazioni, tutele e dignità” – tendendo sempre più alla ricerca di una conciliazione nei confronti del potere politico.
Per i primi – i lavoratori – l’urgenza oggi verte fra l’inaccettabilità delle condizioni di contratto e la ricerca di un impiego stabile. Per i secondi – il governo e i partiti politici – le priorità si sono facilmente ridimensionate negli ultimi due anni, filtrandole con giustificazioni relative alla pandemia da Covid 19 (ieri) e allo scoppio della guerra in Ucraina (oggi) con tutte le conseguenze del caso: in primis, caro energia e dei materiali.
Ragioni da vendere da entrambe le parti, che però incontrano il loro comun denominatore nelle scelte del passato. Quelle legate agli accordi nati dopo la costituzione nel secolo scorso del Mercato europeo comune , e alle successive svalutazione della Lira, crescita dell’inflazione, e alle inevitabili manovre d’emergenza messe in campo. Nel frattempo, la moneta di scambio era ufficialmente diventato il debito pubblico.
Dalla fine degli anni ’80, la crisi economico finanziaria italiana – determinata anche dai significativi dissesti sociali e politici – diventa fatto conclamato: i prezzi al consumo aumentano, la Lira ha perso la sua forza, l’Euro diventa “l’unica soluzione”. Almeno per ritardare gli effetti più drammattici della suddetta crisi: dal 2002 il PIL italiano subisce una delle sue massime crescite nella storia (+109%), anche se drogata dal credito facile e dall’indebitamento perenne assunto come nuovo stile di vita.
Con la crisi "esogena" del 2008 – ovvero imputabile agli errori americani, con conseguenze che hanno coinvolto il resto del mondo -, l’Italia paga a caro prezzo le sue carenze strutturali, subendo nel giro di 4 anni un drastico calo del Prodotto Interno Lordo (-12,8%). Gli effetti sull’economia e, soprattutto, sul mercato del lavoro sono inevitabili: le risorse originariamente destinate, fra gli altri, a sollecitare l’occupazione – con agevolazioni, riforme, regolarizzazione dei contratti, revisioni dell’impianto normativo riguardo garazie e tutele - vengono ricollocate per fronteggiare lo stato di apnea delle imprese e quindi mantenere il nostro Paese competitivo sul mercato europeo.
Il tasso d’impiego, per capirci, in 10 anni scende del 60%.
L’evoluzione delle lotte sindacali, a questo punto, vengono rielaborate, anzitutto in virtù di quel diritto inalienabile proprio di ogni singolo individuo ad ambire a un’aspettativa di vita dingitosa, che passa in necessariamente per il lavoro. Questo vale in un Paese che si reputi socialmente sano (si rimanda qui all’art. 4 della Costituzione).
Ma arrivando ai giorni nostri, il dato che risalta maggiormente oggi è quello relativo al tasso di povertà: + 15% negli ultimi 5 anni, pari a 11 mln di persone a rischio. Fanno capo a questo bacino, secondo gli ultimi dati INPS e ISTAT del 2022, circa 3 mln di precari. E non basta una crescita delle assunzioni del 46% a fare da tampone, se contemporaneamente le cessazioni dei rapporti di lavoro superano il 50%. Questo perché a mancare sono, acnora una volta, le dovute garanzie.
Nelle Marche, questi dati nazionali si traducono con un 17° posto in classifica per l’incidenza di assunzioni stabili sul totale, e con un primo posto per quel che riguarda i contratti intermittenti (il cosidetto “lavoro su chiamata”). Inoltre, il 90% dei nuovi rapporti di lavoro è oggi a vario titolo precario – le formule contrattuali preferite sono quelle “a termine” – accompagnato da un +11% solo nel primo bimestre del 2022 degli infortuni sul lavoro (dove rientrano anche le cosidette “morti bianche”). A impressionare, su quest’ultimo dato, è l’aumento di un +49% relativo ai giovani under 19: difficile non riflettere sulle profonde mancanze relative alla modalità “alternanza scuola-lavoro”.
In ultimo, va considerata la nuova Legge di bilancio, rispetto alla quale i sindacati sembrano aver trovato terreno comune con le priorità di governo per quanto riguarda “le misure pensionistiche” (dove però pesano i contributi versati in almeno 38 anni di lavoro), “gli ammortizzatori sociali” (che dovrebbero sopperire all’aumento della disoccupazione), “gli sgravi contributivi” (che favoriscono i pochi contratti a tempo indeterminato) e “il rifinanziamento del reddito di cittadinanza” (punto sul quale il dibattito politico si infuoca maggiormente). Ancora una volta misure tampone, più che vere e proprie riforme.
“Emerge un sistema economico fragile e inadeguato ad affrontare le sfide che abbiamo di fronte – aveva dichiarato a inizio anno Rossella Marinucci, segretaria di CGIL Marche - a partire dagli investimenti del PNRR e dalla nuova programmazione europea. Un sistema incapace di affrontare le trasformazioni tecnologiche, ambientali ed energetiche investendo innanzitutto sul lavoro, la sua qualità e le competenze da valorizzare. Una ripresa che, per lavoratrici e lavoratori delle Marche, si traduce in contratti non stabili, part-time e frammentati, in lavoro polverizzato e precario. La ripresa in atto sarà effimera e lo sviluppo apparente se non incardinati nella qualità del lavoro e dell’occupazione: su questo terreno le Marche si giocano il futuro”.
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Cento ottanta milioni di euro messi a disposizione delle imprese dell’Appennino centrale colpito dai terremoti del 2009 e del 2016 previsti dal Fondo complementare Aree Sisma 2009-2016 e destinati a finanziare lo sviluppo del territorio ed accompagnare la ricostruzione. E’ questo quanto stabilito con l’approvazione dei primi due bandi per la ricostruzione, in parte, anche dell’entroterra maceratese. I fondi approvati risultano essere aggiuntivi rispetto a quelli già inseriti nel Pnrr nazionale e la loro pubblicazione in gazzetta ufficiale, in attesa della notifica alla Commissione europea, dovrebbe avvenire entro il mese di maggio.
A far parte della Cabina di Coordinamento integrata che ha messo a disposizione i primi 180 milioni di euro per le imprese, per un totale di 600 milioni stanziati, il Commissario straordinario sisma 2016, Giovanni Legnini insieme con Carlo Presenti, il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, i rappresentanti dei sindaci dei crateri e i Presidenti delle quattro Regioni colpite, con il capo Dipartimento Casa Italia, Elisa Grande.
Le risorse di questi bandi sono destinate ai Contratti di Sviluppo di carattere industriale, delle attività turistiche o per la tutela ambientale nelle aree colpite dal sisma. Tra i possibili aiuti il finanziamento agevolato, il contributo in conto impianti e il contributo diretto alla spesa, da definire sulla base dei singoli progetti.
Nello specifico i bandi, con le relative Ordinanze, riguardano la misura B1.1 del Fondo Complementare, denominata “Sostegno agli investimenti di rilevante dimensione finanziari” e che stanzia 80 milioni di euro per progetti d’investimento di almeno 20 milioni, ridotti a 7,5 milioni per quelli che riguardano la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agricoli e il turismo.
Il bando per le misure B2.1 e B3.3 finanzia con 100 milioni programmi di sviluppo unitari proposti da una singola impresa o da una rete di imprese, composti da uno o più progetti d’investimento, tra 1,5 e 20 milioni di euro, a carattere produttivo o ambientale. Tali programmi possono ricomprendere progetti di ricerca, innovazione, sviluppo delle competenze, digitalizzazione, e anche iniziative di consolidamento, rafforzamento, riposizionamento e crescita per le imprese che già avevano sede nel cratere prima del terremoto.
Una parte dei fondi del bando è riservata al finanziamento di progetti per il riciclo delle macerie da sisma, anche tramite l'acquisto di macchinari, in un'ottica di economia circolare, in modo da ridurre al minimo il costo di smaltimento dei materiali che risultano dalle demolizioni e migliorarne la gestione, con incentivi a progetti di valore compreso tra 1 e 3 milioni di euro.
“La decisione assunta rappresenta il primo importante passo della strategia di sostegno all’economia dei territori colpiti dai terremoti del 2009 e 2016 - ha detto il Commissario Legnini -. Firmerò le ordinanze nei prossimi giorni e dopo la notifica all’Unione europea e la pubblicazione dei bandi le imprese avranno a disposizione una grande opportunità per generare crescita e posti di lavoro”.
Secondo gli ultimi dati diffusi dal Mef riferiti al reddito medio nazionale 2020, le Marche si sono posizionate a metà della classifica (13° posto), confermando una stima di 20.390 euro (20.530 nel 2019) e 1.115.892 contribuenti dichiarati. Andando ad esaminare i singoli capoluoghi di provincia, Macerata (20.866) si attesta al secondo posto subito dopo Ancona (21.920), seguita da Pesaro (20.645), Ascoli Piceno (19.919) e Urbino (19.672).
In generale, il reddito italiano ammontava alla fine dell’anno della pandemia a 865,1 mld di euro, ovvero -19,4 rispetto all’anno precedente. Una contrazione prevedibile, e che al tempo costrinse l’economia ad uno stop traumatico, attutito in parte da alcuni degli interventi messi in campo dal governo, come ad esempio i famosi “ristori”.
Ciononostante, la flessione percentuale ha interessato tutti gli aspetti maggiormente rilevanti: oltre ai contribuenti (-0,8%), a calare sono sati anche imprese (-11%), autonomi (-8,6%), e Irpef (-3,5%). Senza tenere conto, naturalmente, dei 3.546 evasori fiscali contati nel 2020, e che sono costati allo Stato (e quindi agli italiani) circa 80 mld di euro.
Ma se gli effetti più devastanti della pandemia sono stati in qualche modo scongiurati, a preoccupare nell’imminente futuro sono quelli relativi alla crisi energetica, al rincaro dei materiali e alla guerra russo-ucraina. Consapevoli del fatto che il vero motore dell’economia marchigiana è rappresentato dal settore delle piccole e medie imprese e del commercio, l’ipotesi di un drastico calo del Pil regionale appare sempre più realistico. Con conseguenze inevitabili per il reddito medio annuale.
Nel 2020 il prodotto interno lordo si era già ridotto dell’8,8% nelle Marche, registrando una maggiore contrazione nel comparto degli investimenti (-10,6% a fronte del -9,1%) e delle le esportazioni (-11,2%). Contemporaneamente, l’attività produttiva aveva registrato una flessione del 13,5% rispetto al 2019, risultato peggiore di quello rilevato a livello nazionale (-11,6%).
Con le sanzioni messe in campo nelle ultime settimane dall’UE nei confronti della Russia, il quadro generale è destinato a peggiorare: a testimoniarlo sono i dati del primo trimestre diffusi da Confartigianato “Macerata-Ascoli Piceno- Fermo”. L’ultimo questionario, in particolare, ha interessato un campione di imprese, provenienti per il 65,4% dal Maceratese, per il 20,5% dal Fermano, per il 14,1% dall’Ascolano. Il settore più rappresentato è quello della moda (22,2%), seguito da edilizia, impiantisti, ristorazione, trasporti, autoriparazione.
Per il 93,8% degli intervistati la crisi generata dalla guerra Russia-Ucraina e le conseguenti sanzioni UE stanno avendo un impatto diretto o indiretto sulla propria azienda, comportando per l’85,2% degli imprenditori l’aumento dei costi di energia e gas, per il 44,4% mancati incassi e per un 35,8% un calo del fatturato in termini d’export. A questo va ad aggiungersi l’aumento del costo delle materie prime e bloccando la produttività.
Proiettando questi dati sull’intera regione, le conseguenze future saranno: calo dell’occupazione, licenziamenti, investimenti congelati, calo della produttività, crisi ulteriore del binomio domanda-offerta (sia per le assunzioni, sia per il commercio), difficoltà sostanziali per le aziende (sempre più incerte sul futuro, compresi gli investimenti del Pnrr) e, dunque, per le famiglie che saranno sempre più portate a risparmiare sui consumi energetici e sui beni di prima necessità.
Le conseguenze della guerra Russia-Ucraina sono sempre più pesanti anche sul nostro paese. Le azioni intraprese a livello internazionale si stanno rivelando un boomerang molto pericoloso per la nostra economia e le sanzioni contro la Russia iniziano ad impattare pericolosamente sull’intero sistema nazionale e locale.
Ne sono convinti gli imprenditori del territorio, che hanno risposto ad un questionario anonimo che è stato nei giorni scorsi proposto agli associati di Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli Piceno-Fermo. Un modo per cercare di far chiarezza su di una domanda: le misure adottate sono davvero efficaci?
Il questionario ha interessato un campione di imprese, provenienti per il 65,4% dal Maceratese, per il 20,5% dal Fermano, per il 14,1% dall’Ascolano. Il settore più rappresentato è quello della moda (22,2%), seguito da edilizia, impiantisti, ristorazione, trasporti, autoriparazione.
Per il 93,8% degli intervistati la crisi generata dalla guerra Russia-Ucraina e le conseguenti sanzioni UE stanno avendo un impatto diretto o indiretto sulla propria azienda, comportando per l’85,2% degli imprenditori l’aumento dei costi di energia e gas, per il 44,4% mancati incassi e per un 35,8% un calo del fatturato in termini d’export (gli intervistati potevano dare più risposte multiple alla domanda, nda). Tra le altre considerazioni, si evidenzia come le sanzioni stiano aggravando l’aumento del costo delle materie prime e bloccando la produttività.
Le sanzioni sono di qualche aiuto alla questione russa-ucraina? No per il 55,6% degli intervistati, sì per il 16%, mentre un 28,4 % non sa rispondere alla domanda. Quanto all’occupazione, un 38,3% degli imprenditori che hanno partecipato al questionario avevano previsto imminenti assunzioni di personale, ma hanno dovuto rinunciarci per l’effetto boomerang delle sanzioni. Un 27,1%, inoltre, prevede una riduzione del personale per gli stessi motivi (il 34,6% al momento non lo sa, mentre il 38,3% impiegherà gli stessi lavoratori).
Infine, il 66,7% degli intervistati rinuncerà a qualche investimento programmato nella sua azienda (es. macchinari, attrezzature, ecc.) per gli effetti della guerra e il 29,6% ricorrerà ad ulteriori forme di finanziamento o sostegno alla liquidità a causa delle sanzioni.
“Come avevamo già evidenziato nei giorni scorsi, le sanzioni stanno avendo conseguenze disastrose a livello economico – il commento del presidente Enzo Mengoni. – I nostri imprenditori ci hanno espresso tutto il loro malcontento e le preoccupazioni, perché la strada intrapresa sta aggravando quella crisi già partita con lo scoppio della pandemia”.
“Ovviamente anche loro, come tutti, sono profondamente scossi da questa guerra insensata e scellerata, ma le azioni da introdurre per fermare il conflitto devono essere ben ponderate. Nel recente convegno dedicato alla moda, gli operatori hanno rimarcato quanto le sanzioni stiano impoverendo il sistema produttivo, visto che le Marche sono tra i principali territori che esportano in Russia.
Sotto il profilo dell’export, è fondamentale riprogrammare sinergie tra pubblico e privato per intercettare nuovi mercati e proprio nel corso del convegno è stato fatto un importante passo avanti: qui, erano presenti diversi parlamentari marchigiani, che hanno ribadito la volontà di creare una task force per rilanciare l’economia.
Quanto al caro bollette, per calmierare i prezzi bisogna sia intensificare quelle relazioni internazionali che vadano a ridurre la dipendenza dal gas russo, sia incentivare energie alternative, dando finalmente respiro alla tanto invocata riconversione green”.
Nella splendida cornice delle colline civitanovesi, presso il Navitas Coliving, si è svolto il corso di approfondimento sulla business communication rivolto ai giovani imprenditori maceratesi.
Il corso, a cura della voice and talent coach Sabina Bonardo, ha l’obiettivo di affinare e perfezionare le dinamiche comunicative interne ed esterne all’impresa, individuando le modalità più efficaci adatte alle diverse circostanze e a qualunque pubblico (collaboratori, fornitori e clienti).
Il presidente Alessio Castricini, che ha organizzato l’evento insieme agli altri componenti del Consiglio Direttivo, ha ringraziato i numerosi giovani imprenditori che hanno partecipato, nel suo intervento iniziale ha ribadito “come la corretta comunicazione sia uno degli strumenti imprescindibili per migliorare la gestione del team e garantire il successo aziendale”, ha ricordato inoltre che una delle finalità del Gruppo “è di contribuire ad una formazione ampia e continua dei giovani imprenditori”.
“Moda, come affrontare la crisi russo-ucraina. Progetti, strategie e programmi per superare l’emergenza”. Questo il titolo dell’importante convegno che si è tenuto nel pomeriggio di giovedì 14 aprile all’Auditorium della sede di Confartigianato a Macerata.
Un’occasione per gli imprenditori per relazionarsi con il presidente nazionale della Moda di Confartigianato Fabio Pietrella e la presidente regionale Confartigianato Moda Moira Amaranti. Con loro, il presidente ed il segretario di Confartigianato Marche Emanuele Pepa e Gilberto Gasparoni, il presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini e il presidente della Provincia di Macerata Sandro Parcaroli. Il convegno è stato coordinato da Giorgio Menichelli, segretario generale Confartigianato Macerata-Ascoli Piceno-Fermo, con il saluto di Enzo Mengoni, presidente interprovinciale Confartigianato.
Tra gli ospiti anche i parlamentari delle Marche onorevoli Mauro Lucentini, Mirella Emiliozzi, Lucia Albano, i senatori Giuliano Pazzaglini, Francesco Verducci e il sindaco di Monte San Giusto Andrea Gentili. La guerra in Ucraina sta coinvolgendo in pieno il comparto moda, primo settore di export in Russia per le Marche, un comparto che conta 4.240 micro e piccole imprese con 24.374 addetti.
La nostra, infatti, è la seconda regione in Italia per peso dell’export della Moda in Russia sul valore aggiunto regionale, pari allo 0,30%, ma al contempo la Moda è l’unico comparto della manifattura con esportazioni che rimangono inferiori al livello 2019, con una flessione ancora consistente pari al -18,1%.
A livello provinciale, la Moda registra una diminuzione generalizzata rispetto al precrisi del 2019, anche se le province di Pesaro e Urbino con il -5,7% e di Macerata con il -9,9% mantengono la flessione al di sotto della doppia cifra percentuale. Ancona è al -18,8%, Ascoli Piceno -24,5%, Fermo -23,5%.
La Moda è comunque il primo comparto per esportazioni in Russia delle Marche, con vendite nel 2021 pari a 115,6 milioni di euro (37,6% del totale). Le conseguenze del precedente conflitto russo-ucraino di otto anni fa, con le prolungate sanzioni economiche alla Russia, si sono però scaricate sulle esportazioni verso il paese che, tra il 2013 e il 2021, cumulano nelle Marche una perdita del 57,6%.
Tra le province maggiormente esposte sul mercato russo, l’export della Moda in Russia supera il punto percentuale del valore aggiunto del territorio a Fermo con 1,47%, poi Macerata con 0,52%, Ascoli Piceno con lo 0,13% del valore aggiunto, Ancona con lo 0,06% e Pesaro e Urbino con lo 0,05%.
Tornando al peso del comparto, nelle Marche sono 5.387 le imprese attive della Moda, in diminuzione del 5,7% rispetto al 2019, pari a 328 imprese in meno; le diminuzioni oltre la media si registrano a Fermo con il -6,7% (pari a 157 imprese in meno) e a Macerata con il -8,3% (pari a 125 imprese in meno). Quindi Ancona con il -2,7% (pari a 20 imprese in meno), Pesaro e Urbino con il -2,4% (meno 16 imprese) e Ascoli Piceno con il -2,1% (meno 10 imprese).
Dal punto di vista dell’occupazione la quota degli addetti delle MPI della Moda nelle Marche è il 5,5% rispetto agli occupati di tutti i settori, al secondo posto in Italia con 3,7 punti percentuali in più rispetto alla media italiana, pari all’1,8%. Nel confronto con le altre province italiane, gli addetti delle MPI della Moda sono un quinto (20,3%) a Fermo, secondo posto in Italia, superato solo dal 34,8% di Prato; le altre province marchigiane superano tutte la media nazionale: Macerata con il 7,0%, Ascoli Piceno con il 2,7%, Ancona con il 2,6% e Pesaro-Urbino con il 2,2%.
“Questa crisi sta costando tantissimo al settore Moda - le parole del presidente nazionale Fabio Pietrella - dal 2014 circa sette miliardi di euro. Abbiamo ribadito la necessità della convocazione del Tavolo Moda per un focus sulle Marche e sulle altre regioni che lavorano nel comparto, perché siamo a rischio desertificazione dell’intera filiera. È il momento giusto per mettere i territori in condizione di poter sopravvivere. Il futuro è incerto, i risultati dipendono da politiche nazionali".
"Servono, intanto, risorse urgenti sul medio periodo, sistematiche, perché per andare oltre a questa crisi non bastano contributi “usa e getta”. Bene, ad esempio, una decontribuzione almeno del 50% sulla prototipia, così come la decontribuzione sul costo del lavoro. Abbiamo, insomma, bisogno di una “rotta”. Stiamo già avviando un potenziamento della digitalizzazione delle imprese per ovviare al movimento delle persone (fase iniziata in epoca Covid) e, quanto ai nuovi mercati, servono azioni diplomatiche per incontrare altri sbocchi, che vanno cercati da un punto di vista ministeriale”.
“La totale cancellazione del mercato russo è un gravissimo problema - ha proseguito la presidente regionale Amaranti - basti solo pensare che tale mercato copriva per alcune imprese anche l’80% della produzione. La Russia rappresentava un export cruciale, corposo, solvente, amante del Made in Italy, dove quindi era “facile” per noi operare".
"Ora stiamo riorganizzandoci ma, purtroppo, questo non avverrà nel breve periodo, perché i nostri prodotti sono di alta fascia e di elevata capacità manifatturiera, con veri brand stimati all’estero: servono quindi buyer capaci di apprezzare la nostra qualità. Stiamo intanto facendo scouting per individuare i paesi dove inviare i nostri prodotti, riorganizzando il comparto commerciale per sopperire alla perdita di un sistema come quello russo. Per fare questo bisogna anche consolidarsi nelle fiere internazionali, perché il nostro prodotto va fatto conoscere anche di persona”.
Ma, ha avvertito Amaranti, “il rischio licenziamenti c’è: gli imprenditori non vogliono arrivare a tanto, ma devono mantenere una data capacità produttiva. Ai rappresentanti della politica chiediamo di ascoltare la nostra voce, perché abbiamo bisogno di quegli strumenti che in passato non ci sono stati concessi. Ora le nostre aziende stanno subendo le sanzioni, quindi speriamo sia il momento giusto per orientarci verso una decontribuzione del costo del lavoro, una diminuzione dei costi di tipo fiscale e una moratoria sui finanziamenti. Le aziende si sono già indebitate per la pandemia, ora non possono ulteriormente indebolirsi. Bisogna alleggerire il peso, trovando strumenti per nuova liquidità”.
Confindustria Macerata ricerca per azienda operante nel settore moda un impiegato/a contabile amministrativo (cod. annuncio Conf 303). La risorsa si occuperà prevalentemente di contabilizzare le bolle doganali e le fatture import. Il candidato ideale ha maturato esperienza nella mansione, ha una buona conoscenza della lingua inglese, del Pacchetto Office e del programma Dmoda. Si richiede diploma di ragioneria e/o laurea in discipline economiche. Sede di lavoro: provincia di Macerata.
Inviare il CV, con espressa autorizzazione al trattamento dei dati personali in conformità alla normativa vigente (Reg. UE 2016/679, specificando il codice dell’ annuncio, al link: https://www.confindustriamacerata.it/index.php/sportello-lavoro (Assindustria Servizi srl soggetto accreditato con decreto Regione Marche n. 235/SIM del 30/06/2016). Informativa art. 13 GDPR (bit.ly/36LHSAY)
Confindustria Macerata ricerca, inoltre, per azienda operante nel settore moda un addetto/a alle spedizioni (cod. annuncio Conf 304). La risorsa si occuperà di preparazione documenti, organizzazione e gestione spedizioni come supporto alla logistica out. Si richiede diploma di ragioneria e/o laurea triennale, pregressa esperienza nella mansione di almeno 1/3 anni, buona conoscenza e uso degli strumenti informatici e del programma Dmoda. Sede di lavoro: provincia di Macerata.
Inviare il CV, con espressa autorizzazione al trattamento dei dati personali in conformità alla normativa vigente (Reg. UE 2016/679, specificando il codice dell’ annuncio, al link: https://www.confindustriamacerata.it/index.php/sportello-lavoro (Assindustria Servizi srl soggetto accreditato con decreto Regione Marche n. 235/SIM del 30/06/2016). Informativa art. 13 GDPR (bit.ly/36LHSAY)
Confindustria Macerata ricerca per azienda operante nel settore moda un/a responsabile amministrativo (cod. annuncio Conf 305). La risorsa riporterà direttamente al CFO e alla proprietà e si occuperà di attività amministrative compreso il bilancio di esercizio e controllo di gestione. Si richiede laurea in discipline economiche e pregressa esperienza in società di Revisione. Sede di lavoro: provincia di Macerata.
Inviare il CV, con espressa autorizzazione al trattamento dei dati personali in conformità alla normativa vigente (Reg. UE 2016/679, specificando il codice dell’ annuncio, al link: https://www.confindustriamacerata.it/index.php/sportello-lavoro (Assindustria Servizi srl soggetto accreditato con decreto Regione Marche n. 235/SIM del 30/06/2016). Informativa art. 13 GDPR (bit.ly/36LHSAY)
I presenti annunci sono rivolti ad entrambi i sessi, ai sensi delle leggi 903/77 e 125/91, e a persone di tutte le età e tutte le nazionalità, ai sensi dei decreti legislativi 215/03 e 216/03.
Nelle Marche, tra il 2011-2021, il numero degli addetti del settore credito sono diminuiti di oltre il 40% (dato nazionale pari al 16%) passando da 9.068 a 5.428 addetti; gli sportelli sono scesi del 40% (rispetto al 35% nazionale) da circa 1.200 a 715. Il quadro si evince dal rapporto statistico "Banche e istituzioni finanziarie: articolazioni territoriale" della Banca d'Italia.
Nel 2021 il dato Marche è stato ancora più pesante: la rete degli sportelli è diminuita del 9,5%, a fronte di una riduzione nazionale del 7,8%, e peggiore è stata la diminuzione del personale che si è ridotto del 11,64%, contro un dato nazionale del 2%. I Comuni serviti da banche erano 213 nel 2011 ed ora sono rimasti 177 (meno 17%) sui 225 comuni della regione Marche; una copertura che passa da oltre il 90% al 78% a fine 2021.
"Questo fenomeno è ormai conosciuto come desertificazione bancaria", commenta Federico Sora, segretario generale Fisac Cgil Marche. "Anche i dati dei prossimi piani industriali delle aziende bancarie in corso, ed in proiezione per il 2025, prevedono ulteriori tagli sia al personale che al numero degli sportelli nei territori.
Infine si evidenzia, ancora una volta, che la desertificazione colpisce in particolare le zone montane e quelle interessate dal sisma del 2016 con inevitabili ripercussioni sul già faticoso processo di ricostruzione.
C’è Una preoccupante diminuzione è prevista dal Piano del gruppo Intesa Sanpaolo, ormai diventata la banca più presente nelle Marche, che ridisegnerà il modello di banca con una sempre maggiore rilevanza della banca digitale e online rispetto alle strutture fisiche nei territori, applicando in maniera "spinta" un modello ampiamente adottato in tutte le banche italiane".
"La Fisac e tutta la Cgil delle Marche opereranno - dichiara Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche - affinché nei prossimi confronti sindacali e nei piani industriali delle aziende e gruppi bancari si affronti il problema della desertificazione".