di Alessandro Vallese

Civitanova, Natale 2025 all’insegna del verde: Pellegrini Giardini lancia gli “Alberi a noleggio solidali” (FOTO E VIDEO)

Civitanova, Natale 2025 all’insegna del verde: Pellegrini Giardini lancia gli “Alberi a noleggio solidali” (FOTO E VIDEO)

In un Natale che invita alla luce e alla rinascita, a Civitanova Marche si accende un’iniziativa capace di unire bellezza, ambiente e solidarietà. Si tratta degli “Alberi di Natale a Noleggio Solidali” di Pellegrini Giardini, un progetto che trasforma l’albero di Natale — simbolo per eccellenza della festa — in un dono che cresce due volte: per la natura e per le donne che chiedono aiuto. Quest’anno, infatti, il 10% del ricavo netto dei noleggi sarà destinato all’Associazione Donne e Giustizia ODV di Ancona, un presidio fondamentale per la tutela e il sostegno delle donne in difficoltà. Un gesto semplice, ma che porta con sé un grande significato: quello di un Natale in cui l’amore per il verde diventa anche cura per le persone. Nei giorni più luminosi dell’anno, davanti alla sede di Pellegrini Giardini prende vita un piccolo bosco incantato: alberi veri illuminati da migliaia di luci LED, pronti a diventare protagonisti delle case e delle attività del territorio. Si possono scegliere direttamente in vivaio, dove l’atmosfera natalizia è resa ancora più autentica dalla natura che circonda il luogo. La consegna è gratuita nelle zone vicine a Civitanova e disponibile, con una piccola quota, entro 50 km. Ma la magia più grande arriva dopo: a gennaio gli alberi tornano a casa, in vivaio, dove vengono curati dai giardinieri e riportati alla vita. Niente sprechi, niente abbandoni: solo un ciclo naturale che continua. Un Natale che non finisce il 6 gennaio, ma che continua a fiorire. Il progetto solidale è nato anche grazie alla sensibilità della dott.ssa Margherita Carlini, che ha guidato l’azienda nell’individuare una realtà seria e credibile come Donne e Giustizia ODV di Ancona. Un incontro — professionale e umano — che ha trasformato un servizio già esistente in un gesto capace di portare sollievo concreto a chi vive un momento difficile. A raccontare questa scelta ai microfoni di Picchio News è Sabina Pellegrini, titolare di Pellegrini Group: "Negli ultimi anni addobbavamo alberi per i clienti, un lavoro che amiamo. Quest’anno abbiamo sentito il bisogno di dare un senso ancora più profondo a quello che facciamo. Grazie alla dott.ssa Carlini abbiamo conosciuto Donne e Giustizia: da lì è nata l’idea di usare il Natale per donare qualcosa in più". Sui valori della sostenibilità aggiunge: "A gennaio recuperiamo gli alberi: tornano in vivaio, crescono, riprendono vita. Nulla si spreca. L’anno prossimo, speriamo, torneranno di nuovo a portare luce nelle case". E sul significato umano del progetto: "Curare il verde è il nostro mestiere. Ma quest’anno abbiamo voluto prenderci cura anche delle persone. È un modo per dire che nessuno deve sentirsi solo, soprattutto a Natale". Gli alberi disponibili sono di tutte le dimensioni: dai più piccoli, perfetti per chi ha poco spazio, ai più grandi per attività e luoghi pubblici.Un modo per permettere a chiunque — famiglie, negozianti, associazioni — di contribuire con un piccolo gesto. Per trasparenza, entro pochi mesi sul sito dell’azienda sarà pubblicato un resoconto ufficiale con il numero di alberi noleggiati e l’importo donato all’associazione. L'iniziativa anticipa un anno speciale: il 2026 segnerà i 60 anni di vita di Pellegrini Giardini, fondata nel 1966 da Renato Pellegrini. Oggi l’azienda è una realtà familiare solida, fatta di figli, nipoti e quasi 40 collaboratori, uniti dallo stesso amore per il verde. Un percorso di radici profonde, visione e cura, che continua a crescere come gli alberi che da sempre coltivano. "Auguro a tutti un Natale pieno di salute, pace e gentilezza — conclude Sabina Pellegrini —. Se con questa iniziativa riusciremo ad aiutare anche una sola donna che ne ha davvero bisogno, sarà il dono più bello".

08/12/2025 11:00
"Ogni piatto è un pezzo di casa": Andrea Bertini porta la cucina marchigiana sotto la stella Michelin (VIDEO)

"Ogni piatto è un pezzo di casa": Andrea Bertini porta la cucina marchigiana sotto la stella Michelin (VIDEO)

È un periodo intenso per Andrea Bertini, chef recanatese e anima di Casa Bertini, fresco dell'ambitissima stella Michelin, l'unica in provincia di Macerata. Un riconoscimento arrivato dopo appena tre anni e mezzo dall’apertura del ristorante, che lo chef ha ripercorso ai microfoni del Picchio Podcast, dove si è presentato con la consueta umiltà: “È un momento impegnativo, ma bellissimo”. La passione di Bertini nasce da bambino, “quando cercavo di imitare mia madre cucinando frittate di nascosto”. Ma la scintilla più forte arrivava dalle tavolate di famiglia, simbolo di quella convivialità che oggi è l’anima del ristorante: “Il cibo ha un potere bellissimo: unisce. Io sono cresciuto con i pranzi della domenica dalle nonne, in tanti, con mille attenzioni”. Proprio da quel mondo familiare nasce il nome Casa Bertini. “Per me l’hotel a 5 stelle era casa di nonna. Ti coccolava dall’inizio alla fine, anche quando andavi via. È quella cura che voglio dare ai miei ospiti”. Bertini parla spesso delle sue nonne: una marchigiana, una milanese. Due cucine diverse, due mondi da cui trae costante ispirazione. “La cucina di nonna Irma è per me inarrivabile. Quel livello di dedizione, di lavoro, è qualcosa che oggi non esiste più”. È da quei ricordi che nascono i suoi piatti: prima il gusto, poi la tecnica. “Non parto mai dal tecnicismo, che rischia di essere freddo. L’idea nasce dai sapori della mia infanzia, poi li contamino con quello che ho imparato”. Le esperienze nei grandi templi della cucina hanno segnato profondamente il suo percorso. “Gualtiero Marchesi è stato un’esperienza unica, la rifarei tutta la vita. Mauro Uliassi è un genio assoluto. E da Davide Palluda ho imparato non solo la cucina, ma l’equilibrio tra lavoro, famiglia e territorio”. Tutte influenze che oggi si incontrano nella sua cucina “emotiva, tradizionale, ma aperta al mondo”. Casa Bertini nasce nel 2022 “partendo da zero”. Nessun investitore alle spalle, ma tanta determinazione e una persona chiave: l’amico Matteo, conosciuto in Piemonte, che ha lasciato tutto per seguirlo in questa avventura. Oggi la brigata è giovane e internazionale: “Una ragazza canadese, un ragazzo malese, una ragazza di Perugia… è bello far parlare delle Marche persone che vengono dall’altra parte del mondo”. Ma a far funzionare tutto, dice Bertini, è lo spirito di gruppo: “Facciamo tutto. Io pitturo, Sara all’inizio aiutava in cucina, Luca passa l’aspirapolvere. Non esiste ‘non è il mio ruolo’. Chi ha pulito i calamaretti oggi ha una stella Michelin”. La stella è arrivata quasi inaspettata. “Ti arriva solo una mail con l’invito alla cerimonia. Pensi: hanno sbagliato destinatario. Poi senti pronunciare Casa Bertini… e non capisci più nulla”. Il primo pensiero è corso al nonno, che non c’è più. La prima chiamata è stata per la moglie: “È iniziato tutto con lei, tanti anni fa, su un foglio bianco. Sognare è gratuito, dicevamo. Oggi quei sogni stanno prendendo forma”. Quando gli chiediamo cosa abbia convinto la Guida Michelin, non ha una risposta precisa: “Non abbiamo contatti con loro. So solo che chi entra da noi deve sentirsi a casa, come dalle nonne. La differenza la fa tutto ciò che non è il piatto”. Nonostante le grandi esperienze, Bertini non ha mai avuto dubbi: voleva tornare nelle Marche. “Amo Recanati. Quando ero fuori vedevo che altri territori valorizzavano i propri prodotti e mi chiedevo: perché noi no? Abbiamo borghi meravigliosi, mille tradizioni, dialetti che cambiano in 5 chilometri. È una ricchezza incredibile”. La scelta di aprire proprio lì era considerata rischiosa da molti, ma lui ha seguito il suo istinto: “Avevo paura, ma sapevo che se avessi messo in pratica ciò che avevo imparato, qualcuno l’avrebbe riconosciuto. È andata così”. Con la stella Michelin, Andrea Bertini celebra una filosofia di vita e di cucina fatta di passione, dedizione e cura per chi siede al tavolo. Casa Bertini è la materializzazione di un sogno iniziato in cucina da bambino, tra i profumi di una frittata e i pranzi di famiglia. È il luogo in cui le radici marchigiane incontrano le esperienze internazionali, dove ogni piatto racconta una storia e ogni gesto riflette attenzione e generosità. Per Bertini, il foglio bianco rimane sempre davanti: ogni giorno un’opportunità per reinventarsi, crescere e sorprendere. E mentre la stella illumina la provincia di Macerata, il messaggio dello chef è chiaro: con curiosità, umiltà e passione, si può partire da zero e arrivare a toccare le vette più alte.

06/12/2025 10:00
Da Montecosaro a Milano a TV8: i fratelli Torresi conquistano il palato di Joe Bastianich a Foodish

Da Montecosaro a Milano a TV8: i fratelli Torresi conquistano il palato di Joe Bastianich a Foodish

Milano, le Colonne di San Lorenzo, la Basilica di Sant’Ambrogio, un quartiere che vive di locali e contaminazioni. È qui che si trova Lato Mare, il fish bar creato dai fratelli Giacomo e Gianluca Torresi, originari di Montecosaro, finiti in onda su TV8 nella puntata di Foodish, il noto programma di Joe Bastianich, che in occasione della manche dedicata al Fish & Chips ha visto la partecipazione della celebre ex ballerina scozzese Carolyn Smith. Una vetrina nazionale arrivata a cinque anni dall’apertura, in un percorso iniziato in salita: “Abbiamo aperto nel 2020, in pieno Covid. Ritrovarci oggi davanti a figure così influenti della ristorazione è la prova che abbiamo lavorato bene”, racconta Giacomo, 31 anni, cuoco e titolare. Nel programma, il Fish & Chips di Lato Mare è stato definito uno dei migliori della città per croccantezza. Una versione rivisitata: pesce marinato con soia e aceto, panatura al panko — “croccante e asciutta dall’olio” — accompagnato da french fries e da una maionese al lime che ha letteralmente stregato Bastianich, ribattezzata “la più buona e foodish del mondo”. Un trionfo mancato per soli tre punti: i 14 ottenuti non sono bastati a superare l’Old Fox, più tradizionale nell’approccio. “I commenti dei giudici sono stati comunque molto positivi e questo per noi è un’enorme soddisfazione. Sulla maionese? La proponiamo in quel modo da sempre e i clienti lo amano”, spiegano Giacomo, che parla di un “riscontro incredibile” in termini di messaggi e telefonate di congratulazioni e soprattutto di crescita dei follower sui loro canali social.  Vedere la propria faccia in TV è stato sorprendente, emozionante ma anche un gioco di attese: “La registrazione è durata un giorno intero. In onda hanno messo dieci minuti scarsi. Eravamo curiosi di vedere quali scene avessero lasciato e devo dire che ne hanno tagliate alcune che erano davvero da vedere!”.  Lato Mare nasce cinque anni fa, con un'idea ben precisa: proporre una cucina di pesce fuori dagli schemi. "Viviamo a Milano da nove anni. Io lavoravo già nel mondo della ristorazione, mentre Gianluca studiava economia. La città andava forte, così abbiamo pensato a un format di pesce di qualità, accessibile, ‘alla portata della strada”, spiega Giacomo. Inserirsi nel mercato milanese però non è stato semplice: “È un mercato veloce, competitivo, pieno di novità che ogni anno rimescolano tutto. Aprono e chiudono tanti locali: bisogna reinventarsi di continuo”. Nonostante l’indole metropolitana, non manca un tocco di "marchigianità" alla loro idea di cucina: “Nel locale abbiamo Varnelli, vini e amari marchigiani, e anche piatti ispirati alla nostra terra. Uno su tutti: gli gnocchi con crema di ceci, cozze e ciauscolo. La gente apprezza molto questi prodotti: è un modo per portarci dietro le nostre radici”. Guardando avanti, i progetti non mancano: “Stiamo lavorando molto sul catering e vorremmo aprire un’altra sede, per permettere a tutta Milano di mangiare pesce buono, semplice e veloce, a un prezzo accessibile”. E infine un sorriso: “Ora aspettiamo anche una bella ondata di marchigiani che vengono a trovarci!”. Insomma, tra panko, lime e tanta determinazione marchigiana, i fratelli Torresi hanno conquistato Milano… e pure Joe Bastianich. E a questo punto, possiamo dirlo senza timore: Lato Mare? Ufficialmente “approved by Bastianich”.

04/12/2025 19:59
Daniele Ferretti, gol al volo e il Montefano vola: "A 39 anni mi diverto ancora. Non ci poniamo limiti"

Daniele Ferretti, gol al volo e il Montefano vola: "A 39 anni mi diverto ancora. Non ci poniamo limiti"

Daniele Ferretti continua a stupire. A 39 anni, il fantastista con una lunga carriera in Serie C guida il Montefano verso le zone alte della classifica, a un punto dalla Fermana, sua ex squadra, che affronterà domenica al Recchioni. Tra prodezze al volo da antologia e gol decisivi, Ferretti sta vivendo una stagione da protagonista, portando esperienza e carisma in un gruppo giovane e ambizioso. Abbiamo intervistato Daniele per parlare di questa stagione, del gol "alla Di Natale" e della sfida in arrivo contro i canarini. Daniele, 39 anni e non sentirli: stai trascinando il Montefano in una stagione straordinaria. Te l'aspettavi?«Trentanove anni e sentirli tutti direi (ride). Scherzo, ancora mi diverto e quindi sono contento. Un pochino devo dire che me l’aspettavo, perchè fin da subito ho trovato un allenatore e una squadra giovani, ma con grande ambizione. Soprattutto in questa categoria, dove magari tutti costruiscono squadre per lo più composte da giocatori esperti, sono valori difficili da trovare. Proprio questa linfa giovane mi ha fatto ben sperare fin da subito e secondo me i compagni più giovani non hanno ancora espresso il loro massimo potenziale. Questo sicuramente è un bel segnale per proseguire a divertirci. Una sorpresa, ma fino a un certo punto». Siete a un punto dalla Fermana, che tra l’altro è la tua ex squadra. Quanto pesa questo match? Che sensazioni ti porta questo ritorno al Recchioni?«La Fermana e Fermo hanno una storia che parla da sola e non c’entrano nulla con questa categoria. Sarà per noi motivo d’orgoglio giocare al Recchioni in una partita che vale, in cui ci sono sempre 3 punti in palio, ma in questo momento la classifica dice che è uno scontro al vertice. Ripeto: sarà un motivo d’orgoglio, soprattutto per i tanti giovani che abbiamo, perché si confrontano con una realtà e uno stadio che ti fanno sentire giocatore. Sarà una bella domenica per tutti, così come questa settimana che ci porta alla partita. Abbiamo creato un bell’entusiasmo nell’ambiente e vogliamo portarlo avanti il più possibile». Parliamo del gol alla Fermignanese: un sinistro al volo da posizione impossibile. Un gol “alla Di Natale”. Che cosa ti è passato per la testa?«Ci avevo provato diverse volte anche nel primo tempo ma senza trovare il bersaglio. Lì invece sono andato quasi di prepotenza, vincendo il rimpallo e poi, quando ho visto la palla scendere, mi è venuto in mente di calciare di prima al volo e mi è andata bene. In effetti ricorda un po’ i gol di Di Natale e mi fa molto piacere l’accostamento visto che ero un grandissimo fan». Non è la prima prodezza volante della stagione: anche contro la Sangiustese hai segnato al volo, stavolta di destro. Come ti spieghi questa vena realizzativa “acrobata”?«Un po’ ce li ho sempre avuti questi gol così. È ora che inizio a segnare anche quelli facili» (ride). A 39 anni continui ad avere un rendimento da top player. Qual è il segreto?«Grossi segreti non ce ne sono: lavoro, perseveranza e costanza. Questi elementi sono alla base, altrimenti non potresti continuare a giocare, a prescindere dalla categoria. È vero che l’Eccellenza è un campionato dilettantistico, ma a livello di impegno e sacrifici comporta parecchio. Poi lo spogliatoio, il mister e la società che ho trovato a Montefano aiutano. Sono tutte persone competenti, ognuno svolge il proprio ruolo e questo fa sì che ognuno riesca a svolgere il proprio lavoro al meglio. Una cosa non affatto scontata in questa categoria». Dove può arrivare questo Montefano?«Fino ad ora ci siamo tolti delle belle soddisfazioni, ma dobbiamo continuare così perché, come dicevo, per me ci sono ancora grossi margini di miglioramento. I ragazzi che abbiamo meritano di mettersi in evidenza e quindi dobbiamo far leva su di loro senza porci limiti». (Foto Pier Marino Simonetti | S.S.D. Montefano Calcio)

26/11/2025 16:50
Quel 5 giugno 1998: quando la grazia delle Kessler entrò nella storia di Montecosaro (FOTO e VIDEO)

Quel 5 giugno 1998: quando la grazia delle Kessler entrò nella storia di Montecosaro (FOTO e VIDEO)

MONTECOSARO – All’indomani della scomparsa di Alice ed Ellen Kessler, icone intramontabili dello spettacolo italiano, il Museo del Cinema a Pennello riapre il cassetto dei ricordi e torna a quel 5 giugno 1998, quando le celebri gemelle furono ospiti a Montecosaro per una tre giorni che il paese non ha mai dimenticato. A ripercorrere quei momenti è Paolo Marinozzi, anima del museo e organizzatore di quella giornata “popolare e gioiosa”, come lui stesso la definisce. «Coinvolgemmo tantissima gente – racconta – perché le Kessler erano famosissime, soprattutto per le trasmissioni Rai. E il paese rispose in massa». L’iniziativa, nata da un contatto con le artiste avviato già nel 1997 – dopo un incontro negli studi Rai con Paolo Limiti – prese il nome di “Quelli belli come noi”, una delle canzoni simbolo delle due sorelle. Non fu un semplice evento, ma un vero festival diffuso: una mostra dedicata alla loro carriera, spettacoli all’aperto, un balletto, la banda musicale e un gran finale con il lancio di un pallone aerostatico. «Le Kessler rimasero a Montecosaro per tre giorni – ricorda Marinozzi – vennero da Monaco di Baviera e si muovevano nel paese con una semplicità incredibile. Si fermavano a parlare con tutti, si facevano fotografare con anziani e curiosi, prendevano le persone sottobraccio. Era impossibile non voler loro bene». La mostra allestita per l’occasione includeva materiali rarissimi, presenti tutt'oggi nel museo: manifesti cinematografici, dischi, copertine e riviste d’epoca, oltre a opere storiche come il dipinto di Walter Molino per il Grand Hotel. «Ma la sorpresa più grande – racconta Marinozzi sorridendo – fu quando arrivarono con due buste della spesa. Dentro c’erano i costumi originali della loro prima trasmissione Rai, Giardino d’Inverno, del 1961. Li hanno voluti lasciare qui, allora non era nemmeno un museo vero e proprio. Un gesto che non dimenticherò mai». Tra le “chicche” conservate al Museo del Cinema a Pennello c’è anche un curioso divanetto decorato con un’immagine delle Kessler tratta dalla loro celebre copertina su Playboy. «Una fan di Fermo lo portò in dono – spiega – ma loro non potevano imbarcarlo in aereo. Così è rimasto qui per trent’anni: oggi è parte stabile del museo». Il ricordo di Marinozzi si fa più tenero quando parla della scelta delle Kessler di lasciare questo mondo insieme. «Loro erano una simbiosi – dice – sempre unite, sempre complici. Lo dicevamo scherzando: “Tanto voi resterete sempre qui, da qui all’eternità”. E in fondo è stato così. Il modo in cui se ne sono andate non mi ha stupito, anzi… l’ho trovato coerente con la loro vita». Durante l’intervista, l’emozione tradisce Marinozzi per un momento. «Mi fai emozionare – ammette – perché loro, nonostante venissero dalla Germania dell’Est e da un’infanzia difficile, non erano mai rigide. Erano solari, gentili, generose. Da Parigi al Lido hanno conquistato il mondo, poi la fortuna dell’incontro con Antonello Falqui le ha rese immortali in Rai». E mentre si guarda intorno nella sala del museo, Marinozzi indica un vecchio televisore in bianco e nero. «Il mio ricordo è lì dentro – conclude – i loro programmi Rai, la magia della TV dell’infanzia. E poi il fatto che siano state qui, a Montecosaro, rende tutto ancora più speciale. Per noi resteranno per sempre».

18/11/2025 17:30
Recupero dei Castagneti Bassi a Pioraco: in autunno il bosco torna vivo tra sentieri e castagne (VIDEO)

Recupero dei Castagneti Bassi a Pioraco: in autunno il bosco torna vivo tra sentieri e castagne (VIDEO)

Novembre è il mese dei frutti maturi e delle passeggiate tra boschi dai colori caldi. Siamo quindi stati sulle pendici del Monte Gualdo, a Pioraco, dove i Castagneti Bassi offrono un ultimo assaggio dell’autunno, la stagione tradizionalmente dedicato alle castagne.  A guidarci tra i sentieri è Luca Ciccola, guida ambientale escursionistica, che ci ha illustrato come i recenti lavori di riqualificazione ambientali hanno letteralmente "portato i loro frutti": “Questo è un castagneto recentemente riqualificato. Abbiamo lavorato sugli alberi ad alto fusto per stimolare una fruttificazione più abbondante, e durante l’autunno chi desiderava poteva raccogliere castagne, frutti commestibili e saporiti, anche se più piccoli rispetto ai marroni”. Il castagno qui è un simbolo storico: oltre al legno pregiato, le castagne hanno fornito per secoli nutrimento alle comunità locali. “Del castagno non si butta via niente – continua Ciccola – il legno è ottimo per costruzioni e, storicamente, il castagno era chiamato l’albero del pane. Nei secoli passati le sue castagne fornivano farina alle comunità locali, in aree dove i terreni coltivabili erano scarsi e poveri di sostanze nutritive". Le castagne, naturalmente, diventano protagoniste anche durante gli eventi: “Domenica scorsa abbiamo organizzato un incontro qui nei castagneti – racconta Ciccola – e le castagne sono state servite sia alla brace che come dolce tipico realizzato da una signora del posto. È un modo di unire natura, gusto e comunità”. Il progetto di recupero non si limita però alla valorizzazione della frutta: punta anche a promuovere il turismo sostenibile e il benessere nella natura. Grazie al bando regionale “Benessere e qualità della vita nelle foreste”, Pioraco è al secondo posto ex aequo con Montecavallo nel programma dedicato alla qualità della vita nelle foreste. L’obiettivo è rendere i sentieri più accessibili, con la collaborazione dell'Università di Camerino, associazioni locali e guide ambientali, attraverso segnaletica, eventi e iniziative educative. “L’obiettivo è valorizzare le foreste locali come luoghi di benessere, fruizione turistica sostenibile e tutela ambientale, promuovendo la qualità della vita dei cittadini e dei visitatori attraverso interventi mirati di manutenzione, educazione ambientale e riqualificazione dei sentieri". Il futuro dei Castagneti Bassi è dunque legato a una visione di turismo lento e sostenibile. “Speriamo che Pioraco diventi meta di chi vuole ritrovare la pace, evadere dal contesto urbano e riscoprire relazioni autentiche – conclude Ciccola – passeggiare qui significa riconnettersi con la natura e con gli altri".  In effetti l’autunno a Pioraco è un invito a immergersi nei colori caldi dei boschi, a respirare l’aria fresca e a riscoprire tradizioni antiche che legano l’uomo alla natura. In un mondo sempre più frenetico, staccare dal contesto urbano e ritagliarsi momenti di calma e meraviglia tra castagni e sentieri è diventato più importante che mai: un’esperienza che nutre corpo e mente, e che ricorda quanto la bellezza semplice e autentica possa restituire equilibrio e serenità.    

14/11/2025 19:00
"Tanto tempo fa a Macerata": la città 'rivive' grazie all’intelligenza artificiale (VIDEO)

"Tanto tempo fa a Macerata": la città 'rivive' grazie all’intelligenza artificiale (VIDEO)

C’è un modo nuovo di guardare al passato, un modo che unisce nostalgia e tecnologia, poesia e pixel. A mostrarcelo è Officina Fotografica, l’associazione culturale fondata da Daniele Simoni, fotografo di Porto San Giorgio che ha deciso di riportare in vita le immagini storiche di Macerata grazie all’intelligenza artificiale. Nel video pubblicato, chiamato "Tanto tempo fa a Macerata", scorrono luoghi che ogni maceratese riconosce subito: piazza della Libertà, corso della Repubblica, piazza Nazario Sauro e lo Sferisterio, i cancelli e il monumento a Garibaldi, con corso Cavour sullo sfondo, fino alla Chiesa di Santa Croce. Poi, come in un sogno, ecco viale Trieste, attraversato da auto d’epoca che sembrano muoversi di nuovo, lente, leggere, come fantasmi gentili del Novecento. In ogni scorcio si percepisce la frizzantezza della città, con piazze e strade che, pur nei toni pacati del passato, trasmettono la vita, i passi, le chiacchiere e il ritmo delle giornate di allora. «Noi di Officina Fotografica – racconta Daniele Simoni – ci occupiamo un po’ di tutto: eventi, reportage, produzioni video. Ma in questo periodo il pubblico è affascinato da ciò che riguarda le ricostruzioni storiche e l’intelligenza artificiale. È un linguaggio che cattura, emoziona, e che se usato bene può diventare una risorsa preziosa per la memoria collettiva». Un punto, quello dell’equilibrio, che per Simoni resta fondamentale: «L’AI può essere uno strumento straordinario, ma anche pericoloso se finisce in mani sbagliate. Io stesso, restaurando una vecchia foto di mia nonna del 1945, mi sono accorto che l’intelligenza artificiale aveva “creato” un volto maschile dove c’era una donna. Serve attenzione, perché la tecnologia può confondere la realtà con la finzione». Dietro ogni fotogramma del video su Macerata c’è un lavoro paziente di restauro digitale: «Le immagini che utilizzo sono tutte vere, autentiche, comprese tra il 1920 e il 1960. Prima le restauro con un software tradizionale, non basato su AI, per eliminare pieghe e graffi della carta. Solo dopo affido il materiale all’intelligenza artificiale, che “ricostruisce” ciò che manca e ridà respiro ai dettagli». Il risultato è sorprendente: la città torna a vivere come in un vecchio film in bianco e nero, ma con una luce nuova. «Macerata si presta magnificamente a questo tipo di lavoro – spiega Simoni – perché custodisce una grande storia e un ricco archivio fotografico. Dal punto di vista paesaggistico, è davvero eccezionale: ogni scorcio, ogni collina, ogni vicolo racconta bellezza». E guardando al futuro, Daniele Simoni non ha dubbi: «Siamo solo agli inizi. L’intelligenza artificiale sta crescendo, si evolve ogni giorno. Se usata con coscienza, può diventare un mezzo per educare, per far rivivere luoghi, volti, emozioni che il tempo aveva sepolto. È come restituire voce ai ricordi». Così, in un gioco sottile tra memoria e innovazione, “Tanto tempo fa a Macerata” non è solo un viaggio nel passato, ma un atto d’amore verso la città. Un modo per dire che la storia, se guardata con occhi nuovi, può ancora parlarci — e incantarci. E non a caso, molte persone hanno contattato Simoni chiedendogli di realizzare lavori simili per le loro città, per far rivivere scorci e memorie di luoghi che appartengono al cuore di ciascuno.

12/11/2025 14:39
Dal Cile di Pinochet alle macerie di Sarajevo, Andrea Angeli: "Non siamo lì per fare le star, ma per aiutare" (VIDEO)

Dal Cile di Pinochet alle macerie di Sarajevo, Andrea Angeli: "Non siamo lì per fare le star, ma per aiutare" (VIDEO)

C’è una vita che attraversa mezzo secolo di storia, fatta di frontiere, convogli umanitari, città bombardate e volti di speranza. È la vita di Andrea Angeli, maceratese, funzionario delle Nazioni Unite, testimone diretto di alcuni dei conflitti più sanguinosi del Novecento e del nuovo millennio. Dal Cile di Pinochet all’Iraq, dalla Namibia alla Cambogia, fino alla Sarajevo assediata, Angeli ha vissuto la guerra con il compito più difficile di tutti: servire la pace. Una vita spesa tra diplomazia e umanità, tra coraggio e paura, tra silenzi e scelte impossibili. Nel nuovo episodio del Picchio Podcast, racconta la sua storia con lucidità e passione, ma soprattutto con quella modestia tipica di chi, davvero, ha fatto la differenza. “Ho sempre ricordato che la strada l’ha aperta Giorgio Pagnanelli, il primo funzionario italiano dell’ONU nel 1957,” racconta Angeli. “Quando entrai io, nel 1987, non feci nulla di nuovo: la via era già stata tracciata”. Un ragazzo curioso, attratto dal mondo e dalle persone. “Molti cercavano sedi comode come New York o Ginevra,” prosegue, “io invece accettai missioni difficili: Cile, Iraq, Namibia, Sarajevo. Luoghi dove si rischiava, ma dove serviva davvero esserci”. Dal Cile sotto dittatura alle sabbie dell’Iraq, Angeli ha attraversato decenni di crisi. “C’è un filo che lega tutte queste esperienze: la sofferenza delle persone comuni,” spiega. “In Cile si respirava ancora paura, in Iraq la gente cercava solo di sopravvivere. Ogni guerra è diversa, ma la disperazione ha sempre lo stesso volto”. Quando arrivò a Sarajevo, nell’inverno del 1993, la guerra era al secondo anno. “Le istruzioni da New York furono chiare: non abbiamo nulla da offrire ai sarajevesi, tenete le posizioni e buona fortuna. Era una missione quasi impossibile". In mezzo a quella tragedia, una storia spicca per umanità e coraggio: il salvataggio di Rosaria Bartoletti, 69 anni, l’ultima italiana rimasta a Sarajevo. “Un giorno mi trovai tra le mani una busta con mille marchi tedeschi,” racconta. “Era un contributo d’emergenza destinato a lei. Sapere che una connazionale era là, sola e in pericolo, e non fare nulla… era impensabile”. Rintracciarla fu un’impresa. “Mi aiutò un gruppo cattolico, i Beati Costruttori di Pace, che facevano un servizio postale umanitario. Dopo giorni di ricerche scoprii dov’era: viveva in uno scantinato sulla linea del fronte”. Quando finalmente la trovò, “mi abbracciò e mi disse: sei mio figlio. Fu un’emozione fortissima”. Grazie all’aiuto dell’Alto Commissariato ONU e di una famiglia siciliana pronta ad accoglierla, Rosaria riuscì a tornare in Italia nel febbraio del 1994. “Riuscire a identificarne la casa non è stato facile,” ricorda Angeli. “Ma alla fine ce l’abbiamo fatta. È tornata a casa, e per me quella fu la vittoria più bella”. “La paura c’è sempre, ma diventa abitudine,” confessa Angeli. “Io non avevo moglie né figli, quindi spesso mi esponevo più degli altri. Ma ogni parola sbagliata, in quei contesti, può costare vite”. Durante la missione, subì anche un rapimento, di cui parla con discrezione. “Fa parte del mestiere. Noi non siamo lì per fare le star, ma per aiutare. Il silenzio, a volte, è l’unica protezione”. Nel libro J’accuse l’Onu di Zlatko Dizdarević e Gigi Riva, Angeli viene citato come “uno dei pochi che hanno fatto la differenza”. “Era così,” conferma. “L’ONU nei palazzi di New York era paralizzata. Ma sul campo c’erano pochi di noi, rimasti anni in mezzo alle bombe. E la gente del posto lo capiva. Ci rispettavano perché rischiavamo con loro”. Un ricordo che lo segna ancora oggi: “La messa di Natale a Sarajevo. Cinque posti riservati in prima fila, due civili e tre militari. La gente ci guardava come a dire: questi o sono pazzi, o sono venuti a rischiare con noi. Forse avevano ragione”. Per il suo impegno, Angeli ha ricevuto numerosi riconoscimenti: dal Premio San Tommaso Apostolo al Premio Antonio Russo, fino alla nomina a Commendatore dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana. Nel 2019 è stato onorato nel Giardino Virtuale del Monte Stella, a Milano, per le sue azioni di coraggio a Sarajevo. L’ultima tappa del suo percorso è il libro “Fede, ultima speranza” (prefazione del cardinale Camillo Ruini), un racconto intenso e corale che esplora la dimensione spirituale nei luoghi di guerra. Nel libro, Angeli ripercorre gli incontri con religiosi di ogni credo: intrepidi missionari, suore-rambo, cappellani militari, vescovi trascinatori, monsignori fuori dal coro, archimandriti sotto assedio e rabbini erranti. Figure straordinarie, conosciute sul campo “dal Cile all’Iraq, dalla Cambogia a Timor Est, dai Balcani all’Afghanistan”, che hanno scelto di restare accanto ai più deboli anche sotto le bombe. Un riconoscimento prestigioso è arrivato proprio per quest’opera: Andrea Angeli si è aggiudicato la sesta edizione del Premio Letterario degli Ambasciatori presso la Santa Sede (LEGGI QUI). A consegnarglielo è stato il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, che ha voluto rendere omaggio al valore umano e narrativo del volume, definendolo “un caleidoscopio di storie di presenza di religiosi in aree di conflitto”. Sull’attualità, Angeli resta lucido ma critico. “La crisi in Medio Oriente va avanti dal 1948. L’Ucraina è diversa: è la prima volta che un paese membro del Consiglio di Sicurezza è parte in causa. Questo complica tutto.” Eppure non rinuncia alla speranza. “Dobbiamo restare con i piedi per terra, ma credere che la pace, prima o poi, vincerà. Perché ogni guerra, prima o poi, finisce”. Qualche rimpianto sul suo operato? Angeli risponde così: “Forse, a Sarajevo, avrei potuto fare di più,” riflette. “Ma chi ha spinto troppo spesso è stato allontanato o peggio. Bisogna trovare un equilibrio: aiutare quanto si può, senza diventare un bersaglio”. Dalla Macerata dei suoi studi al fango di Sarajevo, dalla quiete dei palazzi dell’ONU al fragore delle bombe, Angeli ha costruito una testimonianza che non appartiene solo al passato: è un monito per il presente. Perché la pace, prima di essere firmata nei trattati, nasce nei gesti di chi non si arrende all’indifferenza.

09/11/2025 13:50
Treia celebra Scirea e Giglio: emozione durante la conferenza con la telefonata di Mariella Scirea (VIDEO)

Treia celebra Scirea e Giglio: emozione durante la conferenza con la telefonata di Mariella Scirea (VIDEO)

Un tributo alla memoria, ai valori e alle emozioni del calcio vero. Dall’11 al 16 novembre, nel cuore del centro storico di Treia, presso i locali dell’ex Trea (orario 17-19.30), andrà in scena una mostra dedicata a Gaetano Scirea e al grande fotografo Salvatore Giglio. Un viaggio nella storia della Juventus e nello spirito di due uomini che hanno lasciato un segno profondo nel mondo dello sport: il primo per la sua eleganza e lealtà in campo, il secondo per la capacità di raccontare con le immagini la magia del calcio. Lo Juventus Club Treia ha presentato oggi in Provincia l’iniziativa che metterà in mostra maglie da calcio d’epoca, palloni, tanti cimeli, e soprattutto gli scatti di Giglio. Va infatti ricordato come il fotografo palermitano, venuto a mancare il 20 luglio scorso, è stato l’unico italiano ad essere stato inserito nella squadra dei 14 “Uefa World’s Best Soccer Photographers” e a stabilire nel 1998 il record di 1000 gare ufficiali a seguito della squadra. Immagini che, per quanto riguarda la mostra di Treia, pongono ancora una volta al centro dell’obiettivo Scirea e i campioni che hanno calcato il campo insieme a lui in Serie A e in ambito internazionale. Presenti in sala insieme a Nazzareno Romagnoli, il referente dello Juventus Club Treia Sergio Calamante con il socio e curatore della mostra Andrea Mozzoni, il presidente dello Juventus Club Jesi Paolo Paoloni e il vice sindaco di Treia David Buschittari. Ad aprire la conferenza stampa i saluti del presidente della Provincia Sandro Parcaroli. A seguire Nazzareno Romagnoli ha reso la conferenza stampa ancora più speciale, chiamando in diretta la signora Scirea, che ha risposto con grande disponibilità alle domande dei giornalisti, regalando anche un ricordo personale e toccante della sua vita familiare con Gaetano, tra cui un simpatico episodio domestico che ha fatto sorridere e commosso i presenti. "Una volta sola mi sono arrabbiata davvero, quando lui e nostro figlio giocando in casa ruppero un vaso cinese di valore. Li mandai fuori di casa, ma dopo qualche ora tornarono con un grande mazzo di rose rosse e il piccolo Riccardo che mi chiedeva scusa. In quel momento non potei che sorridere: avevo capito di aver forse esagerato. È la dimostrazione di come era Gaetano in famiglia: un vero papà, sempre presente e pieno d’amore". La signora Mariella ha ricordato le tante testimonianze di affetto ricevute negli anni e i valori del marito espressi sul rettangolo di gioco e non solo. Doti umane e calcistiche riconosciute unanimemente e che ancora oggi rendono Scirea uno dei campioni più amati dai tifosi juventini. «Sono molto legato a Scirea come uomo e come campione – ha spiegato Romagnoli –, con lui e la signora Mariella era nata una bellissima amicizia che è proseguita anche dopo il termine della sua carriera. È stata una persona meravigliosa, ho potuto conoscere personalmente tutti i calciatori di quegli anni ma un uomo come Gaetano non aveva eguali». A collaborare alla realizzazione della mostra è stato Paoloni: «Scirea è stato un campione universale e trasversale – ha ribadito Paoloni –, anche sua moglie Mariella ha ricoperto un ruolo molto importante per i club che seguono la Juventus: l’idea della mostra è nata quest’estate insieme a Nazzareno e c’è stata subito una grande risposta dal nostro mondo, così come avvenuto a Treia». Le ragioni dell’iniziativa sono state illustrate da Calamante: «La mostra celebra la nostra amicizia con Salvatore Giglio e l’ammirazione, oltre che la gratitudine che tutti noi juventini abbiamo ancora oggi per Gaetano Scirea – ha detto Calamante –, non solo, quest’anno ricorrono i 15 anni dalla fondazione del club e per questo voglio ringraziare Nazzareno Romagnoli per aver messo a disposizione la sua collezione per la mostra. Il nostro grazie va all’Amministrazione comunale per la disponibilità dimostrata e la collaborazione alla realizzazione dell’evento, così come a quella Provinciale per averlo patrocinato. Grazie poi agli amici del Fotocineclub per aver contributo in modo imprescindibile all’allestimento». Oltre all’esposizione, venerdì 14 novembre il club treiese ha in programma la propria cena sociale al ristorante Antica Fornace per tesserati e simpatizzanti proprio per festeggiare l’anniversario in compagnia di due ospiti speciali e già compagni di squadra di Scirea: Massimo Bonini e Ivano Bonetti. «L’invito è rivolto a tutti i club delle Marche e a tutti i simpatizzanti – ha concluso Calamante –, sarà una grande festa bianconera». A curare l’allestimento insieme a Romagnoli e Paoloni è Mozzoni: «Si tratta di un’occasione speciale da non perdere – ha aggiunto Mozzoni –, anzi, invitiamo tutti a visitarla partecipando all’allestimento della mostra portando con sé le proprie foto fatte allo Stadium o in trasferta, che potranno arricchirla e far parte di una memoria ancora più condivisa del tifo bianconero a Treia. Pensiamo che in questo modo ognuno di noi potrà rendere il proprio personale omaggio alla memoria di Gaetano Scirea e di Salvatore Giglio». Soddisfatto per l’iniziativa il vice sindaco Buschittari, anch’egli tifoso juventino: «La città di Treia è orgogliosa di ospitare la mostra su Gaetano Scirea, esempio di calciatore da seguire per tutti; non solo uomo e campione dalle forti tinte bianconere ma anche campione del Mondo 82 con la storica vittoria del team Bearzot – ha concluso –, Juventus Club, al Presidente Sergio Calamante e tutti i suoi collaboratori, un sincero ringraziamento per l'organizzazione e i migliori auguri per i festeggiamenti dei 15 anni di vita del club treiese». L’esposizione ha il patrocinio della città di Treia, della Provincia di Macerata e del Fotocineclub “Il Mulino”, che nel 2025 festeggia i 50 anni dalla sua fondazione.

06/11/2025 19:55
Torna a splendere lo storico Liolà: la famiglia Raffaeli raddoppia dopo il successo del "Ciao Ciao" (FOTO e VIDEO)

Torna a splendere lo storico Liolà: la famiglia Raffaeli raddoppia dopo il successo del "Ciao Ciao" (FOTO e VIDEO)

La famiglia Raffaeli continua a far ballare il territorio maceratese. Ad affiancare il successo intramontabile del Dancing Ciao Ciao, che proprio quest’anno ha festeggiato i suoi quarant’anni di attività, è arrivata una nuova, importante avventura: la riapertura dello storico Dancing Liolà. Un locale simbolo per generazioni di appassionati del ballo e del divertimento, acquistato, completamente rinnovato e valorizzato per tornare a essere un punto di riferimento della movida marchigiana. La grande apertura, andata in scena mercoledì 5 novembre, ha registrato un entusiasmo straordinario. Già dalle 21 il parcheggio esterno era gremito di auto e un lungo serpentone di persone attendeva di poter entrare per scoprire la nuova struttura. Clienti provenienti da tutta la provincia maceratese e anconetana. L'atmosfera era elettrica e carica di curiosità, con la famiglia Raffaeli pronta a vivere un momento che resterà nella memoria. Quando è iniziato il conto alla rovescia per il taglio del nastro, in quei dieci secondi è passato davanti agli occhi di tutti il lavoro, la dedizione e l’impegno che hanno reso possibile la rinascita del locale. Al termine del countdown, il taglio simbolico è stato accolto da un boato e da un lungo applauso, mentre i fuochi d’artificio illuminavano il cielo di Montecassiano in un’atmosfera di festa. Al fianco della famiglia Raffaeli erano presenti anche il vicepresidente della Provincia di Macerata, Luca Buldorini, e il vicesindaco di Montecassiano, Katia Acciarresi, che hanno voluto testimoniare con la loro presenza l’importanza di un’iniziativa capace di dare nuova linfa alla vita sociale del territorio. Una volta entrati, gli ospiti hanno potuto ammirare un ambiente completamente rinnovato, moderno e raffinato, che conserva però il calore e la familiarità tipici dei locali firmati Raffaeli. Il nuovo Liolà si distingue per la varietà della sua proposta: tre sale, tre atmosfere diverse, tre modi di vivere la musica. C’è lo spazio dedicato al latino, dove il ritmo e la libertà diventano protagonisti; la sala disco, pensata per chi ama le notti danzanti e la musica che attraversa le generazioni; e infine l’area dedicata al liscio, con orchestra dal vivo e con l’esibizione inaugurale del maestro Matteo Tarantino, che ha fatto ballare centinaia di persone fino a tarda notte. Tra sorrisi, applausi e tanta emozione, Mary e Monica Raffaeli hanno espresso la loro soddisfazione per l’inizio di questa nuova avventura: "La nostra famiglia ormai da anni fa con passione questo lavoro - hanno raccontato - e ci aspettiamo di continuare a far divertire le persone, di ogni età, in un ambiente sano che favorisce il ritrovo e dove la musica sarà sempre la protagonista". Dopo l’inaugurazione, il Dancing Liolà si prepara ora ad accendere le sue luci ogni venerdì e ogni domenica. Il venerdì sera sarà dedicato a tre ritmi in un’unica serata: il liscio con le grandi orchestre dal vivo, la disco con la “Notte Replay” e il latino con “Ritmo Libre”, per un mix irresistibile di musica e divertimento. La domenica, invece, il locale aprirà le porte dalle 16:30 fino a mezzanotte con tre piste tutte da ballare: dal liscio ai balli di gruppo, fino al tango argentino, in un’atmosfera spensierata che invita a iniziare la settimana con il sorriso. Già venerdì 7 novembre il Liolà tornerà ad accendersi con una nuova serata “Ritmo Libre”, animata da Gigio Alpini DJ e lo staff Liolà, mentre la musica dal vivo sarà affidata alla grande orchestra di Andrea Bianchini. Nella sala disco, invece, la “Notte Replay” farà rivivere le sonorità di ieri e di oggi con Mr_Raccy alla voce e Mr_Q DJ in consolle. Domenica 9 novembre sarà la volta dell’orchestra Marakaibo, accompagnata dai balli di gruppo a cura della Vida Dance del maestro Danilo Vissani, e dalla Milonga Liolà con il tango argentino di TDj Ricky Rany. Con la riapertura del Dancing Liolà, la famiglia Raffaeli non solo restituisce vita a uno storico punto d’incontro, ma riafferma una visione chiara: quella di una musica che unisce, di un divertimento autentico e di una tradizione che guarda al futuro. In un’epoca in cui tutto corre veloce, il Liolà torna a essere un luogo dove il tempo si ferma per lasciare spazio alla gioia, al ballo e alle emozioni condivise. Un nuovo inizio che profuma di passione e appartenenza. Perché, quando la musica riparte, il cuore del territorio torna a battere più forte.

06/11/2025 14:30
Da Zemanlandia all'Eccellenza Marche, Sansovini risolleva la Sangiustese: "Ecco il mio credo calcistico"

Da Zemanlandia all'Eccellenza Marche, Sansovini risolleva la Sangiustese: "Ecco il mio credo calcistico"

C’era una volta Zemanlandia: un regno dove il calcio era poesia in corsa, attacchi vertiginosi, difese sempre in apnea. Una terra in cui il Pescara incantava l’Italia, segnando 90 gol in una stagione e conquistando la Serie A a suon di vittorie. In quella squadra che faceva sognare, non c’erano solo i giovani talenti destinati alla Nazionale – Immobile, Insigne, Verratti – ma c’era lui, Marco Sansovini, "il Sindaco". Terzo miglior marcatore della storia biancoazzurra, autore di 16 gol in quella stagione memorabile, Sansovini era capitano e guida carismatica della squadra. E qualche anno dopo, insieme a Lapadula e Caprari, avrebbe festeggiato un’altra promozione in Serie A, confermando la sua capacità di fare la differenza nei momenti decisivi. Dopo oltre 400 presenze e più di 100 gol tra i professionisti, Sansovini ha intrapreso la carriera da allenatore, maturando esperienze nelle giovanili di Pescara, Spal, Pineto e Modena. Oggi siede sulla panchina della Sangiustese, nel campionato di Eccellenza Marche, e ha già dimostrato di saper trasmettere la sua leadership anche fuori dal campo. Subentrato alla quarta giornata al posto di Giandomenico, l'ex attaccante ha trovato una squadra reduce da tre sconfitte consecutive. La svolta è arrivata rapidamente: dopo il pareggio all’esordio contro la Jesina (2-2), la Sangiustese ha collezionato quattro vittorie consecutive contro Chiesanuova, Fermignanese, Civitanovese e Montegranaro, risalendo immediatamente la classifica e portandosi a soli tre punti dalla vetta. "Non credo di aver fatto niente di particolare – ha dichiarato Sansovini a Picchio News – se non essermi messo a disposizione dei ragazzi. Ho trovato una grande voglia di lavorare da parte loro e tutto è andato in maniera molto naturale. Trovare i risultati poi aiuta a farne altri". Alla sua prima esperienza da allenatore in terra marchigiana, il tecnico si è detto colpito dal livello del campionato di Eccellenza: "Un campionato difficile e molto livellato, con tante squadre di valore, fisiche e organizzate. La classifica, ad oggi molto corta, parla chiaro".  Una Sangiustese che alle vittorie ha saputo coniugare anche un bel gioco. Abbiamo chiesto a mister Sansovini se nelle sue idee c'è l'influenza del maestro boemo: "Zeman mi ha aiutato sicuramente a crescere, così come tanti altri allenatori che ho avuto e da cui cerco di apprendere. Voglio però metterci anche del mio, soprattutto come persona. Questo è un po' il mio credo".  Nell'ultima vittoria contro il Montegranaro, la sua squadra è riuscita a ribaltare il risultato vincendo 3-1 dopo lo svantaggio iniziale. Segno di crescita anche sotto il punta di vista caratteriale. "Era la prima volta, sotto la mia gestione, che andavamo in svantaggio. Non abbiamo perso la testa, abbiamo continuato a giocare e siamo riusciti a vincere meritatamente".  Da ex bomber gli chiediamo un commento sui suoi due attaccanti Perpepaj e Grassi, punti di riferimento della squadra. "Sono ragazzi che si applicano molto e che si sacrificano per la squadra, una delle prime cose che gli chiedo. Come per loro due, posso dire la stessa cosa degli altri: tutti stanno dando il loro contributo, dai più giovani ai subentrati".  La Sangiustese in estate ha fatto un mercato importante e ora sta risalendo la classifica. Sansovini però mantiene i piedi per terra: "Non mi pongo obiettivi a lungo termine, è ancora presto. Mi piace lavorare esclusivamente sulla settimana corrente. L’unico obiettivo è preparare al meglio la partita che affronteremo domenica a Urbino". Dopo una carriera da calciatore ai massimi livelli, gli chiediamo cosa si aspetta dal suo futuro in panchina: "Sicuramente l’ambizione c’è, è un lavoro che mi piace e mi gratifica molto. Ora sono molto felice di essere qui alla Sangiustese perché ho trovato un ambiente ottimo che mi permette di lavorare con tranquillità e con tutti gli strumenti a disposizione. Per il momento questo presente mi soddisfa appieno". Da Zemanlandia all’Eccellenza Marche: l'avventura di Sansovini alla guida della Sangiustese è solo all’inizio, ma già promette grandi soddisfazioni.  

28/10/2025 17:53
Il tempio del Rolex a Macerata, i fratelli Privitera: "E-commerce e mercato estero, così riscriviamo le regole dell'orologeria" (FOTO e VIDEO)

Il tempio del Rolex a Macerata, i fratelli Privitera: "E-commerce e mercato estero, così riscriviamo le regole dell'orologeria" (FOTO e VIDEO)

Nel cuore di Macerata, in Corso Cairoli, due fratelli hanno deciso di dare un volto nuovo all’orologeria, unendo la tradizione di famiglia a un’idea tutta contemporanea di impresa. Giuseppe (30 anni) e Riccardo (23 anni) Privitera sono le menti dietro Privitera Orologi, un progetto che nasce da una lunga eredità artigianale ma guarda al futuro con occhi giovani, che brillano del riflesso di un Rolex.  “Abbiamo ancora il negozio storico a Treia, dove nostro nonno faceva l’orologiaio,” raccontano. “Da lì abbiamo preso tutto: la passione, la precisione e il rispetto per un mestiere che richiede tempo e dedizione”. Oggi il mondo dell’orologeria non è più fatto solo di botteghe e passaparola. La crescita passa attraverso internet e i social, strumenti che i fratelli hanno saputo trasformare in un canale di fiducia e credibilità. “Prima contava solo il passaparola, oggi tutto si muove online”, spiega Giuseppe. “Per questo puntiamo a costruire fiducia con trasparenza e recensioni: è come scegliere un ristorante, guardi le esperienze degli altri e decidi se fidarti”. Il mercato è vasto e trasversale, con clienti che arrivano da tutta la regione e vendite online anche all'estero. “Vendiamo a tutti: operai, imprenditori, clienti all’estero. Gli orologi vanno dai 10 fino ai 30 mila euro, a volte di più. Il più costoso che abbiamo venduto è stato un Rolex Daytona da 35 mila euro”. Il Rolex, simbolo di lusso, precisione e investimento, è per loro la misura perfetta tra tradizione e valore nel tempo. “Quel Daytona che un tempo costava 8 milioni di lire, circa 4 mila euro, oggi ne vale 18 mila”, aggiungono. “È la prova che un orologio non è solo un accessorio, ma un bene che cresce nel tempo”. Dietro ogni vetrina digitale e ogni Rolex esposto, resta la sostanza di un mestiere antico: precisione, calma e mano ferma. “Ci vuole tranquillità, mano ferma, non bisogna essere agitati. E serve passione”, racconta Riccardo. “Non è un lavoro facile, ma se ce l’hai dentro diventa naturale”. Il futuro dei fratelli Privitera è chiaro: ampliare la collezione, continuare a costruire fiducia con i clienti e rafforzare il loro ruolo come punto di riferimento nell'universo dell’orologeria. In un mondo che corre veloce, Privitera Orologi sceglie di restare al passo con il tempo, senza mai perdere il ritmo delle lancette e l’arte che hanno ereditato dal nonno.

18/10/2025 11:00
"Sono le partite a fare i telecronisti, non il contrario": Pierluigi Pardo al Picchio Podcast tra leggerezza e passione

"Sono le partite a fare i telecronisti, non il contrario": Pierluigi Pardo al Picchio Podcast tra leggerezza e passione

MACERATA – Voce calda, battuta pronta, ironia naturale. Pierluigi Pardo è così anche fuori dallo schermo: diretto, appassionato, capace di passare da un aneddoto a una riflessione profonda con la stessa disinvoltura con cui racconta un gol al novantesimo. Ospite del nuovo episodio del Picchio Podcast, registrato durante il Festival Overtime 2025 nel centro di Macerata, Pardo ha conquistato tutti con il suo modo di essere: leggero ma mai superficiale, professionale ma sempre umano. “Macerata mi è sempre rimasta nel cuore – racconta –. Mio padre era di stanza qui durante il servizio militare e me ne parlava come di un posto magico, quasi da romanzo. E oggi, grazie a Overtime, torno spesso. È un festival bellissimo, e per me è ormai un appuntamento fisso”. Il tema del festival di quest’anno erano proprio le scelte, e Pardo ha raccontato la più importante della sua vita: quella che lo ha portato a diventare la voce che tutti conoscono. “Lavoravo nel marketing di una multinazionale americana, ma il mio sogno era la telecronaca. Avevo iniziato a collaborare con Tele+, facevo qualche partita di Serie B, Ancona, Perugia… Poi nacque Stream, e dovetti decidere se restare nel mondo del marketing o buttarmi nello sport. Mio padre era contrario, voleva che continuassi la carriera ‘sicura’, ma non ci ho pensato un attimo. Ho scelto la telecronaca”. Da quel momento, una vita in prima linea tra microfoni e grandi emozioni. Tele+, Stream, Sky, poi la lunga avventura a Mediaset e oggi DAZN: “Sono stati vent’anni intensi. Ogni esperienza mi ha lasciato qualcosa, anche se le esclusive a volte complicano le cose. Io vorrei lavorare con tutti, ma capisco che ci siano strategie aziendali”. Nell’intervista, Pardo ha raccontato anche la sua filosofia di telecronista, tra tecnica e passione: “Il racconto della telecronaca è la cosa più bella del mondo. A volte perdo un po’ il controllo, ma è perché mi emoziono. La leggerezza è importante: non si può ridurre tutto a ‘ha segnato questo, ha sbagliato quello’. Devi trasmettere ritmo, vita, sentimento. Come dice Mourinho: chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”. Indimenticabile il ricordo di Barcellona–PSG 6-1, una delle sue partite simbolo: “Lì forse ho perso davvero il controllo”, ammette ridendo. “Ma dimostra una cosa: sono le partite a fare i telecronisti, non il contrario”. Tra i derby più emozionanti raccontati, Pardo cita Milano, Roma e Genova: “I derby di Milano sono spesso belli da commentare e vengono spesso fuori grandi partite. A Roma invece la tensione è altissima, le squadre si bloccano, diventa quasi una questione di vita o di morte. Marassi invece, nel derby di Genova, è pura adrenalina”. Infine, uno sguardo al futuro e un sogno ancora aperto: “Non voglio sembrare autoreferenziale, ma se mi chiedi cosa mi manca, direi commentare la Nazionale. È il sogno di tutti i telecronisti”. Alla fine, Pierluigi Pardo resta quel ragazzo che sognava di raccontare il calcio, e oggi lo fa con la stessa leggerezza e curiosità, trasformando ogni partita in un piccolo spettacolo. Tra un gol e un’esultanza, ci ricorda che, anche nel mestiere più serio, un sorriso non guasta mai.

13/10/2025 14:45
Serse Cosmi al Picchio Podcast: “Dal bar del paese alla Serie A, la mia vita tra salite e discese” (VIDEO)

Serse Cosmi al Picchio Podcast: “Dal bar del paese alla Serie A, la mia vita tra salite e discese” (VIDEO)

In occasione dell’Overtime Festival, la rassegna maceratese dedicata al racconto, al giornalismo e all’etica sportiva, il Picchio Podcast ha accolto un ospite d’eccezione: Serse Cosmi, uno degli allenatori più iconici e passionali del calcio italiano. A Macerata per portare in scena lo spettacolo “Solo Coppi Temo”, Cosmi si è raccontato a cuore aperto in un’intervista intensa e piena di aneddoti, tra calcio, vita e musica. Cosmi ha spiegato come la scelta di salire su un palco sia nata quasi per gioco, ma si sia presto trasformata in un bisogno profondo: “Da un anno a questa parte ho avuto la voglia di cimentarmi in qualcosa di diverso. Il teatro mi ha sempre appassionato, e con l’aiuto di Alessandro Ricci e del jazzista Giovanni Guidi è nato questo spettacolo".  Il titolo “Solo Coppi Temo” nasce proprio da una scritta che il padre di Cosmi aveva lasciato sull’Ape di famiglia: “Mio padre era un fanatico di Coppi. Quando l’ho perso avevo solo 15 anni, e non ho mai avuto la possibilità di raccontargli ciò che è successo dopo. Il teatro è diventato il modo per farlo, per dirgli quello che non ho mai detto”. Una storia familiare che diventa metafora di vita: “Quel motto, Solo Coppi temo, è rimasto un modo di vivere. Ho affrontato salite, discese, e tanta fatica. Ma vivere, come pedalare, resta bellissimo”. Il racconto di Cosmi torna poi agli inizi, quando da insegnante di educazione fisica si ritrovò, quasi per caso, a fare l’allenatore della squadra del bar del paese: “Non potevo giocare perché ero tesserato, così mi fecero allenare gli amici. Non vincevamo mai, finché una volta vincemmo… e da lì è iniziato tutto.” Una carriera che lo ha portato fino alla Serie A, ma che lui descrive più come una discesa che come una fatica: “Dai dilettanti ai professionisti mi sembrava tutto naturale. La vera salita è venuta dopo, quando devi restare ai vertici. All’inizio, invece, era solo entusiasmo”. Nel 2000, dopo 5 promozioni in 10 anni con Pontevecchio e Arezzo, la grande occasione in Serie A con il Perugia. Impossibile non parlare del suo legame con il Grifo, la squadra della sua città e della sua vita: “Allenare il Perugia è stato come realizzare il sogno di un bambino. Da tifoso in curva a mister in panchina. Non potevo chiedere di più”. Cosmi ricorda anche il suo rapporto con Luciano Gaucci, presidente vulcanico e visionario: “Di lui si è detto tanto, spesso senza conoscerlo davvero. Era un uomo generoso, di intuito incredibile. Con lui c’era un rapporto diretto, umano. Oggi nel calcio questo manca: i fondi, le società moderne, hanno tolto il contatto personale”. Durante l’intervista, Cosmi rivendica con orgoglio quella che considera la sua vera abilità: “La mia più grande qualità è stata valorizzare talenti sconosciuti, farli crescere e far guadagnare tanti soldi ai presidenti. Ma questa è una cosa che non mi è mai stata riconosciuta fino in fondo”. Tra i nomi che emergono, Marco Materazzi, Fabrizio Miccoli e Luis Muriel, tre esempi di talento e carattere cresciuti anche grazie alla sua guida: “Miccoli era il più forte che abbia mai visto. In allenamento faceva cose incredibili. Materazzi era ingestibile, ma se capiva che poteva fidarsi di te, ti avrebbe seguito ovunque”. Ma il ricordo più emozionante è legato al Lecce: “Retrocedemmo, ma con la curva che applaudiva. Quella scena vale quanto una vittoria. Gente straordinaria, cuore vero del Sud”. Fuori dal campo, Serse Cosmi rivela un’altra delle sue passioni: la musica. “Mi piace la house, ma anche i cantautori: D’Andrea, Gaber, De Gregori. Non mi sento un DJ, piuttosto un selezionatore musicale. Ma se devo mettere un disco, lo metto con gusto”. Tra parole, aneddoti e riflessioni, Serse Cosmi si conferma per ciò che è sempre stato: un uomo diretto, passionale, autentico.Al Picchio Podcast ha mostrato ancora una volta la parte più vera di sé — quella di chi non ha mai cercato di piacere, ma di essere sé stesso. Oggi, con “Solo Coppi Temo”, porta la sua storia dal campo al palcoscenico, con la stessa grinta e la stessa sincerità che lo hanno reso unico. Perché la vita di Serse Cosmi è stata davvero come una tappa di montagna: partita tra i tornanti dei campi dilettantistici e arrivata, a forza di cuore e coraggio, sul traguardo della Serie A. Ha affrontato discese vertiginose e salite interminabili, ma non ha mai smesso di pedalare. E forse è proprio questo il segreto del suo viaggio.

11/10/2025 21:16
"Il cambiamento spaventa, ma bisogna ribellarsi": Adani, Ventola e Cassano ribaltano il pallone a Overtime (FOTO e VIDEO)

"Il cambiamento spaventa, ma bisogna ribellarsi": Adani, Ventola e Cassano ribaltano il pallone a Overtime (FOTO e VIDEO)

Visione, provocazione e libertà di pensiero. È questo il calcio raccontato da Lele Adani, Nicola Ventola e Antonio Cassano, protagonisti al Teatro Lauro Rossi di Macerata con lo spettacolo “Viva il futbol on the road”, evento di chiusura della seconda giornata di Overtime Festival 2025. Un dialogo sincero, senza filtri, dove i tre ex calciatori hanno proposto la loro idea di calcio schietta e in controtendenza, lontana dalle convenzioni e dalle retoriche del pallone moderno. Il pubblico maceratese, ancora una volta, ha risposto con un tutto esaurito, confermando il successo del format che unisce competenza, ironia e passione. «Questa sera si parlerà solo ed esclusivamente di calcio», aveva chiarito in apertura il conduttore Rai Marco Ardemagni, e così è stato.Con Cassano collegato da casa, Adani e Ventola sul palco hanno dialogato per quasi due ore sui temi più attuali del calcio italiano e internazionale, tra analisi tecniche, battute e stoccate che non hanno risparmiato nessuno. «Ardemagni ma sei quello dell’anno scorso?», ha esordito in collegamento da casa Cassano, rompendo subito il ghiaccio con il pubblico e richiamando il siparietto della passata edizione. Adani, invece, ha voluto sottolineare il legame con il festival e il teatro: «Mi piace questo luogo, questa energia e questo teatro bellissimo». L’incontro si è aperto con l’analisi dello 0-0 tra Milan e Juventus, una delle partite più attese ma anche più deludenti della scorsa settimana. «Il cambiamento spaventa e spesso ti porta a tornare indietro», ha spiegato Adani. «Poi però non ci si può lamentare se ci sono partite così. Oggi o ci si accontenta o ci si ribella. Di fronte a questo scempio bisogna ribellarsi». Nel mirino, inevitabilmente, Massimiliano Allegri, tornato sulla panchina rossonera dopo undici anni. Cassano non ha risparmiato giudizi: «Conte è un allenatore vero, a differenza di Allegri. Uno è un fenomeno, l’altro pensa solo al risultato e ai soldi in tasca». Dal grigio di San Siro, la discussione è passata alla luminosità di Napoli e Roma, le squadre che più hanno impressionato in questo avvio di stagione. Spazio anche al Como di Fabregas e Nico Paz, modello virtuoso per Adani: «È un progetto sano perché non è italiano. C’è una rete che sa cercare giocatori bravi, un allenatore visionario e una comunicazione condivisa con il club. Non si fanno mettere i piedi in testa dai canoni italiani». Inevitabile il tema calciomercato, tra arrivi eccellenti e trattative sfumate. Cassano ha commentato con ironia e amarezza gli arrivi di De Bruyne e Modric in Serie A: «Una volta i migliori giocavano da noi. Oggi arrivano a fine carriera, ma almeno ringraziamoli. Il problema è che in Italia si pensa ancora come trent’anni fa: ai vertici ci sono persone di 70 o 80 anni». Ventola ha invece analizzato i retroscena di mercato: «La Juve, non vendendo Vlahovic, non ha potuto prendere Kolo Mouani e ha ripiegato su Openda. È la squadra che ha pagato di più questa situazione». Ardemagni ha poi sollevato un tema culturale: l’Italia come “fucina di portieri e allenatori”, ma con pochi giovani protagonisti. Adani ha risposto senza mezzi termini: «In Italia la parola lavoro spaventa come la parola merito. È più importante che l’amico dell’amico stia lì, anziché un giovane talento. Non siamo più i numeri uno, e se vogliamo tornare a esserlo dobbiamo meritarcelo». Non poteva mancare un passaggio sulla Nazionale Italiana, reduce dal folle 4-5 con Israele, ribattezzato da Adani in telecronaca «partita da pranzo al sacco». «È stata difficile da commentare — ha ammesso — ma per fortuna non è stato un pranzo al sacco indigesto». Ventola ha espresso fiducia: «Gattuso è l’allenatore giusto, tira fuori il meglio da quello che abbiamo». Cassano ha rincarato: «Sono convinto che ci porterà al Mondiale, magari attraverso i playoff. Ma oggi abbiamo pochi veri fenomeni: l’unico è il portiere. E se hai il portiere più forte del mondo al massimo fai 0-0, mentre con un attaccante forte vinci 3-2». Adani ha poi riservato una stoccata al presidente FIGC Gravina: «Non rispetta i bambini che non hanno mai visto un Mondiale, comunicando i risultati con superficialità e presunzione». In platea anche Patrizia Panico, icona del calcio femminile, e la giornalista Monica Bertini, che ha definito i tre protagonisti «belle persone oltre che grandi professionisti». Dopo le domande del pubblico e gli immancabili selfie finali, il trio ha lasciato il palco tra gli applausi. “Viva il futbol” si conferma così un contenitore di idee, a volte divisive ma sempre autentiche, dove si parla di calcio con libertà e senza filtri. Un linguaggio diretto e genuino che continua a conquistare teatri e web, celebrando quel gioco che, più di ogni altro, sa ancora unire e far discutere.

10/10/2025 12:03
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