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Sul marchio "Futura" interviene Ciarapica: "È una parola comune, non può essere di uso esclusivo del Comune di Civitanova"

Sul marchio "Futura" interviene Ciarapica: "È una parola comune, non può essere di uso esclusivo del Comune di Civitanova"

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa a firma del sindaco di Civitanova Marche, Fabrizio Ciarapica

Come sempre una certa sinistra guarda alla pagliuzza nell'occhio dell'altro senza vedere la trave nel proprio e ci accusa di non vigilare sul marchio “Futura” per l'uso che ne ha fatto un festival musicale di Viterbo, il quale però un logo e un dominio (futurafutura.it) ben diversi dal marchio “Futura”. 

A ben guardare e approfondendo tutto il contesto, sembra che gli organizzatori di Viterbo non si siano neppure ispirati a Civitanova, proponendo invece un format molto più simile al famoso “Futura Festival” di Crest in auge in Francia da moltissimi anni e molto prima della nascita del nostro di Futura.

Ma cosa ha fatto in tutti questi anni chi oggi dall'opposizione rivendica la chiamata alle armi? Perché non ha intrapreso azioni legali contro chi, durante il loro mandato, ha usato impropriamente il marchio “Futura”?

In Italia, nel tempo il marchio è stato usato più volte: ad esempio quello di Padova del 2016. Per non parlare di tutte le volte che la parola “Futura” viene associata a una manifestazione, a un evento oppure a una iniziativa; è il caso Futura Trento e Rimini Futura del 2016 oppure “Futura Cultura” dell'Università di Salerno evento tenutosi nel 2016 o della newsletter “Futura” del Corriere della sera, nata il 1 dicembre 2016. Ci tengo a ricordare loro che di Futura Festival nel mondo ce ne sono stati e ce ne sono tutt'ora a iosa (Germania, Francia, Spagna, Messico per citarne alcune).

Considerando poi che “Futura” è una parola di uso comune, impiegata in moltissimi contesti - visto che non costituisce un neologismo creato ad hoc per una specifica situazione - non può essere un termine di uso esclusivo del Comune di Civitanova Marche, contrariamente a quanto invece ha cercato di far credere la sinistra in questi anni. E anzi, l'amministrazione dell'epoca avrebbe dovuto scegliere in maniera più accorta il nome da depositare come marchio, seguendo proprio le linee guida per i “requisiti di validità del marchio” che nel punto “capacità distintiva” indicano: “buona regola preferire segni o parole di fantasia ad effetto”.

Vorrei invece riportare la discussione sul giusto piano che merita, sottolineando che un appuntamento culturale ha valore solo se viene fatto e non ha un valore in sè; non può mai prescindere da come, da dove viene fatto e dal successo che riscuote. Non è il marchio a determinare il successo di un festival, ma la qualità che esso è in grado di esprimere!

In risposta a Troli, pur sapendo qual è il suo attaccamento a Futura, l'Amministrazione sta valutando se riproporre l'appuntamento, in quale periodo della programmazione annuale, con quale format e con quale direzione artistica.

 

 

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