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Il nove novembre di Diego Fusaro a Macerata -VIDEO

Il nove novembre di Diego Fusaro a Macerata -VIDEO

Diego Fusaro, 32 anni, ricercatore di Filosofia della Storia all’Università San Raffaele di Milano, è frequentemente ospite di talk show televisivi che ne hanno reso il volto e il pensiero famosi in tutta Italia. Fusaro, che si definisce "un allievo di Marx e di Hegel, ma anche di Gramsci", non usa mezzi termini quando dice che "il capitalismo è violenza".

E nel panorama del conformismo e del pensiero unico, è oggi uno dei pochissimi intellettuali ad andare controcorrente. Il suo progetto è interpretare la storia e quindi anche la realtà politica di ogni giorno, secondo parametri squisitamente anti-capitalistici: "Il capitale è interessato all’immigrazione per abbassare il costo del lavoro in Europa".

Il 9 novembre, una data non casuale che coincide con la caduta del Muro di Berlino nel 1989, Diego Fusaro lo ha trascorso a Macerata, dove ha incontrato la redazione di Picchio News parlando di euro, della nuova aggregazione del centrodestra e del centrosinistra, di Pasolini, del Muro e di tanto altro ancora.

https://www.youtube.com/watch?v=UIaFJ0hODaQ

Definisce la neonata coalizione Salvini-Meloni-Berlusconi una "coalizione improbabile". Dell'area sinistra, invece, nota "una cosa positiva, e cioè che finalmente inizino a parlare criticamente dell'euro e dell'Unione Europea, dopo che per mesi si è stati supinamente dalla parte dell'Europa e della sua moneta. Pare che ci si stia rendendo davvero conto che qualcosa non funziona. Che dire? Benvenuti a bordo!"

Sei un tipo molto "social", ed è forse grazie a questo che riesci a raccogliere intorno a te una vasta schiera di gente che ti segue. Abbiamo tenuto d'occhio il tuo profilo Twitter, che aggiorni quotidianamente con riflessioni, pensieri e citazioni: proprio riguardo all'Euro, pochi giorni fa hai twittato: "L'euro non è una moneta, ma un metodo di governo e un programma di sottomissione. Ha cancellato 150 anni di diritti sociali". Parafrasando i 140 caratteri, cosa vorresti dire?

Più che social, mi definisco aristotelicamente politikòn. Aristotele utilizzava questa espressione per dire, in sostanza, tre cose: politico, socievole, comunitario. Questo tweet compendia in poche battute ciò che è spiegato in un intero capitolo del mio libro "Il futuro è nostro", scritto a proposito dell'euro e dell'Unione Europea: in altre parole, l'euro è molto di più di una semplice moneta ma, se vogliamo dirla in maniera radicale, un metodo di governo. E questo in virtù di varie ragioni: in primis, è una moneta privata e transnazionale - privata perché non appartiene allo Stato, come avveniva con la vecchia lira in Italia o con il franco in Francia, bensì alla Banca Centrale Europea, e transnazionale perché non ha una sede nazionale ed è appunto l'emblema del superamento degli stati sovrani nazionali - e ha come portato evidente il fatto che stanno sparendo i diritti sociali e dei lavoratori, in nome dell'austerità depressiva e del fiscal compact: tutte quelle conquiste sociali che venicvano chiamate "welfare state" che vengono rimosse in nome della competitività, del pareggio di bilancio. Per tutte queste ragioni, io dico che l'euro è un preciso metodo di governo neoliberale.

Il 16 aprile pubblicavi un tweet che hai ripostato qualche giorno fa e che oggi 9 novembre sembra più che mai attuale: "Peggio del mondo diviso dal muro di Berlino poteva esserci solo ciò che è venuto dopo". Hai definito quelli che vivono al di qua del muro "disoccupati, senza casa e senza diritti sociali". Spiegati meglio.

Ho scritto questo tweet durante la celebrazione della caduta del muro di Berlino, celebrata in maniera univoca come se fosse una grande epoca di liberazione. Se però si va a vedere al di là del muro di Berlino, ti accorgi di come si sta: è cresciuta la disoccupazione, sono stati tolti i servizi di cui disponevano e quindi non è stato per nulla un miglioramento - a meno che per miglioramento non si intenda il fatto che coloro che stavano al di là del muro possono venire di qua a fare le badanti se donne e gli operai sottopagati se uomini. Il mio post si è collocato in polemica con un giornalista de Il Corriere della Sera che celebrava e magnificava la libertà scaturita dal crollo del muro di Berlino e mi invitava ad andare a vivere in Unione Sovietica per rendermi davvero conto di cosa volesse dire. Io gli risposi: "Benissimo, a patto che Lei provi a vivere come disoccupato precario al di quadel muro di Berlino, senza diritti sociali, e poi vedremo chi sta peggio tra i due. Scherzi a parte, non c'è nulla di nostalgico verso l'Unione Sovietica, dico solo che peggio di quel mondo diviso in due blocchi poteva esserci solo quello in un blocco unico, e ce ne stiamo accorgendo tutti.

Il 2 novembre è ricorso l'anniversario della morte di Pasolini: tutti ne hanno parlato e si è scatenata una forte polemica soprattutto sul web. Hai detto che Pasolini è stato ucciso due volte: da chi e come, secondo te?

La prima volta è stato ucciso dal potere. Sicuramente, il giovanotto che è stato in carcere ed è stato accusato, non era il vero responsabile o, se lo era, agiva per conto di terzi. Una seconda volta è stato ucciso da queste celebrazioni stomachevoli che hanno esaltato Pasolini nell'atto stesso in cui lo neutralizzavano e lo normalizzavano, ora presentandolo come un giocatore stralunato di pallone - e mi riferisco a Rai3 -, ora semplicemente celebrandolo come poeta e artista e rimuovendo la sua critica radicale della civiltà dei consumi e del potere, il suo odio - perché di odio parlava - verso il mondo del capitalismo.

Hai scritto: "Un popolo di schiavi che amano le loro stesse catene. Ecco la globalizzazione". In che senso?

La globalizzazione, che viene sempre celebrata come se fosse il non plus ultra della libertà, in realtà produce libertà solo per il mercato e per il capitale, per i flussi delle merci e per la circolazione della finanza, non certo per gli esseri umani che si vedono ridotta la libertà e, paradossalmente, vivono tutto ciò come se fosse naturale. Il vero paradosso che riscontro è nella totale indisponibiltà degli offesi e degli "schiavi", che non hanno più nemmeno la consapevolezza delle loro catene.

 

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