Pare che finalmente - Deo gratias - la guerra d'Ucraina stia finendo, grazie alla volontà congiunta di Vladimir Putin, presidente della federazione Russa, e di Donald Trump, il codino biondo che fa impazzire il mondo. Quest'ultimo, non certo per bontà intrinseca, ma per semplice comprensione sobria dei rapporti di forza, ha deciso di scendere a patti con la Russia, ben sapendo che non la si può sconfiggere.
E mentre le destre e le sinistre neoliberali europee starnazzano scompostamente, desiderando stoltamente la continuazione della guerra, ci punge vaghezza di rammemorare alcuni passaggi epocali dei sermoni della montagna dell'euroinomane delle brume di Bruxelles, Mario Draghi, l'unto dai mercati. Il quale non solo aveva a suo tempo dichiarato che, grazie all'infame tessera verde, si sarebbero prodotti ambienti sicuri dai contagi.
Oltre a questa favola priva di fondamento, l'euroinomane di Bruxelles, l'austerico dei mercati cosmopoliti, si era anche bellamente sbilanciato in dichiarazioni relative alla guerra d'Ucraina, come quando aveva comicamente detto agli italiani che si trattava di scegliere tra il condizionatore e la pace.
Ecco allora, proposte sparsamente, alcune delle memorabili dichiarazioni dell’unto dai mercati: "Kiev sembra avere un vantaggio sul campo"; "le sanzioni hanno avuto un effetto dirompente"; "la Russia fatica a fabbricare armamenti"; "l'economia Russa si contrarrà del 10%".
Avevamo da subito messo in discussione dichiarazioni come queste, a cui pure gran parte degli italiani prestava fede come se provenissero da un oracolo infallibile e tale in effetti era per il discorso dominante l'euroinomane Mario Draghi. Ora possiamo dire senza tema di smentita che eravamo nel vero e che quei sermoni erano del tutto privi di fondamento, frutto di mera propaganda volta a giustificare la guerra e a far credere che la Russia fosse sul punto di crollare.
La realtà, si sa, ha la testa dura e si incarica quasi sempre di smentire le narrazioni ideologiche, come nel caso specifico quelle proposte dall'unto dai mercati Mario Draghi. La cosa più incredibile è che, nonostante questa dura smentita, l'austerico di Bruxelles continui a essere serenamente considerato alla stregua di un oracolo infallibile, quando in realtà egli è soltanto una delle tante voci organiche al discorso neoliberale oggi egemonico.
Discorso che oltretutto ha mostrato tutta la propria carica ideologica quando ha solennemente dichiarato l'esigenza di salvare l'euro a ogni costo (whatever it takes), con ciò lasciando apertamente intendere che tutto e tutti possono essere sacrificati sull'altare della moneta unica e dell'economia capitalistica connessa. Come se non bastasse, in questi giorni bui come non mai per l'Unione Europea, la signora von der Leyen, vestale del neoliberismo di Bruxelles, ha annunciato candidamente che entro marzo verranno inviati altri 3,5 miliardi di euro di sostegno all'Ucraina.
E l'euroinomane Kallas ha serenamente domandato se gli europei siano pronti a inviare le proprie truppe a Kiev, per portare sostegno all'Ucraina ormai abbandonata da tutti. L'aveva proposto tempo addietro Macron, prodotto in vitro dei Rothschild, e adesso il progetto sciagurato sembra sempre più destinato a concretizzarsi.
Non intendo ragionare ulteriormente sulla bancarotta dell'Unione Europea, che sta ora dolorosamente prendendo consapevolezza della propria irrilevanza e della propria integrale subalternità a Washington, che peraltro da sempre la tratta come una colonia priva di dignità.
Desidero invece richiamare l'attenzione sul mutamento di paradigma che sta prendendo forma in queste settimane: le sinistre padronali e neoliberali, che sembrano ormai avere del tutto scavalcato le destre stesse nella difesa dell'ordine dominante, si stanno strappando le vesti in tutta Europa perché insoddisfatte della ormai imminente fine della guerra, sancita dall'accordo tra Vladimir Putin, presidente della federazione Russa, e Donald Trump, il codino biondo che fa impazzire il mondo.
Anziché giubilare per la fine dei supplizi inflitti al popolo ucraino, le sinistre arcobaleno, forse ancora più delle destre neoliberali, vogliono che la guerra continui. E hanno già apertamente ammesso che continueranno a votare per il sostegno a oltranza a Kiev. Il mutamento di paradigma a cui facevo riferimento si lascia così cristallizzare: nel 1999, per la prima volta i partiti europei della sinistra comunista ormai ridefinita come avamposto di diffusione del verbo capitalistico scesero in piazza per supportare la guerra imperialistica della NATO contro la Serbia.
Se realmente il comunismo era morto nel 1989, simbolicamente moriva nel 1999, con la sinistra schierata apertamente dalla parte dell'imperialismo della NATO, come peraltro avrebbe seguitato a fare anche negli anni seguenti. Ora, nel 2025, ci troviamo in una situazione ancor più radicale e ancor più grottesca: le sinistre continuano a sostenere le ragioni dell'imperialismo della NATO, quand'anche esse siano provvisoriamente accantonate da Washington.
Figurano come più realiste del re nel propugnare le ragioni irragionevoli dell'imperialismo dell'Occidente, anzi dell'uccidente liberal-atlantista. L'abbiamo già sottolineato: Trump ha deciso di porre fine alla guerra non per una sua intrinseca bontà e per un suo innato amore per la pace, ma semplicemente per il fatto che ha ragionevolmente compreso che la guerra contro la Russia non può portare ad alcun risultato concreto e dunque conviene farla cessare il prima possibile, capitalizzando la decisione e facendo la bella figura di chi vuole la pace (e in realtà fa di necessità virtù).
Le sinistre europee invece, alla stregua delle destre, vogliono la continuazione del conflitto: per la prima volta in forma radicale la sinistra diventa il partito della guerra e dell'imperialismo. Non si limita a supportarlo, come era ancora nel 1999, ma apertamente lo promuove e si fa vettore delle sue istanze. La situazione è tragica, senza riuscire a essere seria.
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