
Sanità

Occhi sotto controllo: nuove terapie e diagnosi avanzate per glaucoma e maculopatia
La salute dei nostri occhi e la buona conservazione della vista sono argomenti molto importanti per una buona gestione ed una buona qualità della nostra vita. Anche nella comunicazione ed informazione per una cultura generale della salute sono abbastanza le difficoltà di trattazione dell’argomento con la consapevolezza che le fonti di buona informazione devono essere ben verificate. Noi abbiamo l’opportunità di consultare uno specialista oculista di grande esperienza, il dottor Cristian Pollio, direttore di un centro oculistico di riferimento nazionale a Chieti e consulente del centro medico del nostro territorio Associati Fisiomed. Dott Pollio ci parli della sua specialità: l’oculistica "Ovviamente il medico oculista si occupa dell’occhio e del senso della vista. Spesso si ritiene non necessario un controllo perché si ha la percezione di una buona vista, invece bisogna comunicare che alcune patologie di cui vorrei parlare come il glaucoma e la maculopatia possono essere individuate ancora prima che ci siano dei sintomi negativi evidenti. Quindi una visita oculistica dopo i 50 anni è consigliabile a tutti, ancor più se ci sono episodi di familiarità riscontrabili". Dr. Pollio l’invecchiamento della popolazione, siamo alla media di attesa di vita di circa 86 anni per le donne e 82 per gli uomini, comporta un aumento dell’incidenza di queste patologie dell’occhio? "Sicuramente sì. Nei nostri paesi industrializzati il glaucoma e la maculopatia rappresentano circa il 70% delle patologie oculari riscontrate. La cataratta, che invece è la prima patologia riscontrata nei paesi non industrializzati, ha avuto da noi una particolare attenzione per cui possiamo dire che con un semplice intervento chirurgico è risolvibile. In quei paesi invece è ancora un gravissimo problema per mancanza di strutture sanitarie adeguate per interventi generalizzati. Per noi il problema è la prevenzione del glaucoma e della maculopatia. Lo ripeto ma penso sia utile: è indispensabile una visita oculistica almeno annuale a partire dai 50 anni". Quali sono le ultime indicazioni terapeutiche per il trattamento della maculopatia e del glaucoma? "La maculopatia nella forma secca rappresenta circa il 70% della causa di abbassamento della vista, determina un deterioramento dello spessore della retina che diventa sempre più sottile. Una volta si faceva uso essenzialmente di una simil vitamina, la luteina; oggi abbiamo a disposizione tecniche molto più efficaci come la fotobiomodulazione e la iontoretina, armi che riescono a rallentare o addirittura a fermare il deterioramento dello spessore retinico. I pazienti trattati devono essere già però consapevoli insieme allo specialista che li segue della malattia. Per il glaucoma si utilizza il laser sotto soglia, una sorta di laser freddo che non comporta ustioni e ritarda l’uso di colliri abbassando la pressione oculare preservando il campo visivo. Infine possiamo dire che il protocollo, l’iter per il trattamento di maculopatia inizia con un accertamento tramite OCT, sorta di tac dell’occhio ed angio-OCT. Questi hanno sostituito la fluoroangiografia che utilizzava coloranti in vena. Se l’accertamento rivela una maculopatia secca abbiamo già descritto il protocollo terapeutico, se umida bisogna ricorrere alla sala operatoria con iniezioni intravitreali che hanno anch’esse approfittato di una ricerca che le rendono meno frequenti". Dr. Pollio lei a Chieti è Direttore di un importante centro dove tutto quello che ci ha descritto è possibile. Qui nel nostro territorio lei è consulente di Associati Fisiomed. Siamo nelle stesse condizioni? "A livello diagnostico sicuramente sì, a livello terapeutico stiamo completando la disponibilità delle tecniche citate in attesa che si abbia a disposizione anche il blocco operatorio. Permetterebbe a quel punto di completare tutta l’offerta, siamo davvero a buon punto. La sanità privata deve fare investimenti importanti perché quello che era vero 3 anni fa, spesso in tecnologia sanitaria non è vero oggi. Fortunatamente la ricerca è in continua evoluzione, propone sempre nuove e più efficaci soluzioni. Sono soddisfatto della collaborazione con Associati Fisiomed perché ho la percezione che gli investimenti e l’innovazione vadano di pari passo. Sono anche molto propenso ad aiutare Associati Fisiomed nel loro grande impegno nell’informazione e comunicazione medico-scientifica. Nel nostro colloquio abbiamo sottolineato di quanto sia importante la prevenzione che può essere stimolata da una cultura della salute rivolta a tutti e che deve essere alla base di tutto il servizio sanitario. Ad Associati Fisiomed anche in questo ambito c’è grande impegno".

Dieta ideale: ridurre i grassi o i carboidrati? Studi, differenze e falsi miti
Quando si decide di intraprendere una dieta per perdere peso, ci si trova spesso di fronte a un dilemma: è meglio ridurre i carboidrati o limitare i grassi? Da un lato c'è chi sostiene con convinzione l’efficacia delle diete low carb, che promettono rapide perdite di peso e un miglior controllo della fame; dall’altro c'è chi difende i benefici di una dieta low fat, più in linea con le raccomandazioni nutrizionali tradizionali. Entrambe le correnti possono vantare studi scientifici, testimonianze di successo e logiche convincenti. Tuttavia, quando si analizzano con attenzione le evidenze scientifiche nel loro complesso, emerge un quadro molto più sfumato: difficilmente esiste un’unica risposta valida per tutti, e la realtà, come spesso accade in campo nutrizionale, è fatta di molte variabili individuali. Le diete low carb, che riducono drasticamente pane, pasta, riso e zuccheri, hanno guadagnato popolarità negli ultimi anni anche grazie a promesse di risultati rapidi. D’altro canto, le diete low fat, nate negli anni ’80 e focalizzate sulla riduzione dei grassi, restano un pilastro di molte linee guida ufficiali. Negli ultimi anni, diversi studi clinici di grande rilevanza hanno messo a confronto questi due approcci dietetici. Nella fase iniziale, spesso i regimi low carb sembrano portare a una perdita di peso più rapida, probabilmente per l’effetto combinato di una riduzione della ritenzione idrica e di un maggiore senso di sazietà indotto dalle proteine e dai grassi. Tuttavia, quando si osservano i risultati sul lungo periodo, in particolare dopo 12 mesi, le differenze tra i due gruppi tendono progressivamente ad attenuarsi, fino a risultare spesso minime o addirittura sovrapponibili. È il caso, ad esempio, di alcuni studi ampi e ben controllati che mostrano come, indipendentemente dal tipo di macronutriente prevalente, il fattore determinante resti la capacità di mantenere il deficit calorico e di aderire al piano alimentare nel tempo. Proprio questa osservazione introduce un aspetto fondamentale spesso trascurato: la personalizzazione. Ogni persona ha una risposta metabolica diversa agli alimenti, influenzata da fattori genetici, ormonali, psicologici e perfino dal microbiota intestinale. Una dieta low carb può funzionare bene per qualcuno che ha una forte resistenza insulinica o tendenza alla fame nervosa, mentre un approccio low fat potrebbe essere più sostenibile per chi ama frutta, legumi e cereali integrali. In entrambi i casi, è importante evitare scelte estreme: né grassi né carboidrati sono nemici da demonizzare, ma elementi da scegliere con attenzione. Esistono grassi buoni – come quelli dell’olio extravergine, della frutta secca o del pesce azzurro – così come carboidrati complessi e ricchi di fibre, che contribuiscono a una dieta equilibrata. In definitiva, ciò che conta davvero è trovare un approccio alimentare che possa diventare parte della propria quotidianità, che si adatti alle esigenze individuali e che consenta di mantenere il benessere senza sacrificare il piacere di mangiare. Perché il vero successo non è seguire una dieta perfetta, ma costruire abitudini sane che durino nel tempo.

Il mare in una stanza: a Macerata apre la Clinica del Sale (VIDEO)
"Il cielo in una stanza", cantava Gino Paoli. A Macerata, invece, arriva il mare in una stanza. Merito dell’haloterapia, una pratica semplice e completamente naturale che riproduce, in un ambiente controllato, gli effetti benefici di una lunga permanenza al mare. Sabato scorso, in via Ghino Valenti 47, è stata inaugurata la Clinica del Sale, uno spazio pensato per offrire ai cittadini un’opportunità di benessere attraverso il sale, elemento prezioso e millenario. Alla guida del progetto ci sono Andrea Maraviglia e la moglie Tania, che hanno scelto di portare anche nel capoluogo questa terapia. “Il trattamento dura 30 minuti ed equivale a stare tre giorni al mare”, ci racconta Andrea. “Siamo aperti tutto l’anno e quindi rispetto al mare si può godere del sale in qualsiasi stagione”. L’haloterapia, il cui nome deriva dal greco halos, cioè sale, si basa su un principio semplice: respirare aerosol salini a secco e favorire il contatto del sale con la pelle, all’interno di stanze appositamente allestite. La seduta si svolge in maniera molto naturale: si indossano un copricapo e dei copriscarpe, si entra nella stanza e si respira. Non occorrono maschere o dispositivi particolari: il sale micronizzato viene diffuso nell’aria in modo controllato, mentre l’ambiente aiuta a rilassarsi anche grazie alla cromoterapia, presente in entrambe le stanze della clinica. Il trattamento è adatto a tutti, compresi i bambini, che sono spesso i più esposti a problematiche respiratorie. Proprio per la sua natura non invasiva, l’haloterapia rappresenta un valido supporto al benessere quotidiano. È però importante sottolineare che non si tratta di una terapia sostitutiva, ma di un’integrazione naturale e dolce, da affiancare – se necessario – alle cure tradizionali. Respirare sale significa portare benefici alle vie respiratorie, alla pelle e al sistema immunitario. Chi ha trascorso del tempo al mare lo sa bene: nei primi giorni si avverte un miglioramento della respirazione, il naso si libera, i polmoni si ossigenano meglio. Questo avviene grazie all’azione del sale e dello iodio, che hanno proprietà antisettiche e antibatteriche. I vantaggi dell’haloterapia si riscontrano anche in presenza di condizioni come l’asma, la bronchite e le allergie stagionali. Inalare particelle saline contribuisce a ridurre l’infiammazione delle vie aeree, fluidificare il muco, calmare la tosse e rendere la respirazione più fluida. Anche chi soffre di sinusite può trovare sollievo grazie all’effetto decongestionante del sale. Non mancano poi i benefici per la pelle: in presenza di acne, eczema o dermatiti, l’ambiente salino ostacola la proliferazione batterica e crea una condizione favorevole al benessere cutaneo. La Clinica del Sale di Macerata rappresenta, quindi, una piccola oasi urbana dove ritrovare equilibrio, rilassarsi e respirare meglio. In un’epoca in cui la salute è spesso minacciata da stress, inquinamento e stili di vita frenetici, dedicare mezz’ora a se stessi, respirando aria arricchita di sale, può diventare un gesto di cura quotidiana. Con questa nuova apertura, Macerata aggiunge un prezioso tassello alla sua offerta di salute e benessere. Il mare, ora, è davvero a portata di respiro.

Benessere, bellezza e medicina: un evento al femminile promosso dall’Avis di Cingoli
La sezione Avis di Cingoli ha organizzato un’importante occasione di informazione e aggiornamento per domenica 22 giugno alle ore 17 nell’auditorium Santo Spirito di Cingoli. Si tratta di un incontro con la dottoressa Patrizia Sacchi, medico chirurgo dietologia e medicina estetica e anti-aging, fondatrice della FEME, Federazione Italiana Medici Estetici, rivolto a tutti ma in particolare alle donne. Il sottotitolo recita: “Un evento dedicato all’integrazione tra medicina estetica, arte e benessere per esplorare come la bellezza e l’armonia possano contribuire alla salute globale della persona” e in effetti lo scopo degli organizzatori è sottolineare come sia importante per ogni persona avere un’idea olistica del proprio benessere e quindi perseguire uno stile di vita che integri la salute con la ricerca della bellezza in tutte le sue manifestazioni. L’Avis intende sottolineare l’importanza della figura femminile come protagonista della cura degli altri e anche di sé stessa e non a caso sono tutte donne le protagoniste dell’evento, a partire dalla presidente Floriana Crescimbeni, che ha caratterizzato questi anni di presidenza con una costante azione di promozione dell’associazione, e dalla dottoressa Sacchi, da sempre vicina alle donne e alle loro esigenze; l’immagine della locandina è opera della professoressa Katia Gigli, l’accompagnamento musicale sarà di Ilde Maggiore, Micaela Chiariotti canterà l’inno dell’Avis composto da Rossella Maggiore. Un ruolo significativo avrà Sara Francucci, insegnante e scrittrice, che leggerà il suo testo “Ero, sono e…sarò donna”. Al termine dell’incontro, all’interno del quale sarà possibile per il pubblico confrontarsi con la dottoressa Sacchi, e al quale parteciperanno il sindaco di Cingoli Michele Vittori, il vicepresidente della Regione e assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini, verrà offerto un aperitivo a tutti i partecipanti.

Da Civitanova al Ghisallo: in bici per Andrea Micucci, un viaggio d’amore e speranza nel nome della donazione
Dal dolore più profondo può nascere un gesto di immenso valore. È il caso della famiglia di Andrea Micucci, morto tragicamente due anni fa in un infortunio sul lavoro, la cui morte è diventata simbolo di rinascita per almeno cinque persone salvate grazie alla donazione dei suoi organi. Ieri mattina, nel "Giardino della Donazione" davanti all’ospedale regionale di Torrette, si è tenuta una cerimonia sobria ma carica di emozione, punto di partenza di un’iniziativa speciale voluta dalla moglie di Andrea, Laura Carota. Partita in bicicletta da Civitanova Marche, città natale della famiglia, Laura ha scelto come prima tappa simbolica l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche di Ancona, dove due anni fa, il 9 giugno 2023, fu eseguito il prelievo degli organi del marito, reso possibile dopo una caduta sul lavoro che gli fu fatale. Il suo viaggio continuerà fino al Santuario della Madonna del Ghisallo, sul lago di Como, protettrice dei ciclisti: un tributo all’uomo che era, al ciclista appassionato, al compagno di una vita. "Due anni fa ho perso il mio compagno di vita, di avventure, un ciclista, un uomo forte e bello come un dio - ha raccontato Laura Carota durante la cerimonia -. In questo ospedale gli sono stati espiantati gli organi e questo ha ridato vita a cinque persone e la vista ad altre due. La cultura del dono deve radicarsi in ognuno di noi: donare fa bene non solo a chi riceve, ma anche a chi compie il gesto. Se non avessi potuto aggrapparmi a questo atto, non avrei superato il mio dolore. Adesso, Andrea è con noi ogni giorno". Parole commosse che hanno trovato pieno sostegno da parte delle istituzioni sanitarie presenti. Claudio Martini, direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, ha sottolineato: "Un atto di profonda generosità nato da una tragedia. Complimenti a Laura per questa iniziativa che rafforza la cultura della donazione. Il nostro centro, con il Centro Regionale Trapianti, è da sempre in prima linea su questo fronte". Presente anche il dottor Benedetto Marini, direttore del Centro: "Dietro ogni donazione c’è una storia di altruismo. Proprio lo scorso fine settimana abbiamo portato avanti un’altra donazione da parte di una giovane paziente: i suoi organi sono ora speranza concreta per chi è in attesa. Il nostro impegno prosegue senza sosta". Con il suo viaggio, Laura Carota non solo onora la memoria di Andrea, ma accende i riflettori su una tematica fondamentale, quella della donazione degli organi, che trasforma il dolore privato in bene collettivo. Una pedalata dopo l’altra, con il cuore colmo d’amore, perché - come ha detto lei stessa - "Andrea è ancora qui, in ogni vita che ha aiutato a rinascere".

Macerata, quando il parto sorprende fuori dall’ospedale: il reparto di Ostetricia spiega come agire
Alla luce dell'evento straordinario che ha visto un bambino nascere in auto lungo la strada tra Sforzacosta e Macerata, a seguito di un imprevisto che ha impedito ai genitori di raggiungere l'ospedale in tempo (leggi qui), il dottor Francesco Magliacano, vicedirettore del reparto di Ostetricia e Ginecologia di Macerata, ha fornito indicazioni preziose su come comportarsi quando il parto non può attendere l'arrivo in una struttura sanitaria. La vicenda, che ha avuto un lieto fine con mamma e figlio in ottima salute, ha messo in luce l'importanza di una preparazione anche per le situazioni più inattese. Il dottor Magliacano ha raccontato come la donna sia arrivata in reparto dopo aver già partorito in auto, elogiando la prontezza del padre nell'allertare il 118 e la sua saggia decisione di non tagliare il cordone ombelicale. Questa scelta si è rivelata determinante per il benessere sia del neonato che della madre, arrivati in ottime condizioni in ospedale, dove è stata poi seguita la naturale conclusione del parto. "Mentre il 118 stava arrivando, la donna ha partorito in macchina- racconta il dottor Magliacano - . Successivamente, la donna è stata trasferita nel nostro reparto. Al suo arrivo, si presentava in buone condizioni generali e ostetriche; anche il neonato è stato prontamente assistito e risultava in ottimo stato di salute. Infine, abbiamo praticato l'assecondamento fisiologico, attendendo che la placenta si staccasse. Il padre è stato molto intelligente a non tagliare il cordone". (Nella foto:dott.ssa Gloria Pierucci, dott. Francesco Magliacano, ostetrica Alessandra Petillo. Al momento del parto era presente l'ostetrica Michela Mennecozzi) Il primo e più importante consiglio del dottor Magliacano è di chiamare immediatamente i soccorsi e mantenere la calma. Spiega che, nella maggior parte dei casi, c'è tempo sufficiente per un parto sicuro. "La prima cosa da fare è chiamare immediatamente i soccorsi, cercando allo stesso tempo di mantenere la calma", ha spiegato. "Salvo situazioni di particolare urgenza, c’è tutto il tempo per partorire in sicurezza. La placenta, infatti, non si stacca subito: in genere occorrono 15-20 minuti. Per questo è importante non recidere il cordone ombelicale. Finché c’è battito, il flusso di sangue tra mamma e bambino continua, è bene mantenerlo. Solo quando l’arteria smette di pulsare si può procedere al taglio". Una volta nato il bambino, sempre in condizioni in cui si è impossibilitati a raggiungere l’ospedale, è essenziale che la mamma si distenda, si svesti e pratichi il contatto "pelle a pelle", noto anche come bonding. Questa pratica è vitale per evitare un distacco improvviso tra il bambino e la madre, favorendo in questo modo un legame immediato. "Il contatto ‘pelle a pelle’- prosegue il dottor Magliacano- viene esteso anche al papà. Ad esempio, durante un cesareo, una volta che il bambino nasce e viene preso in carico dal pediatra, attiviamo subito questa pratica anche con il padre, mentre l’intervento chirurgico prosegue. È una procedura che fa parte dei nostri protocolli e riflette la nostra filosofia di umanizzazione del parto: l’intervento degli operatori è ridotto al minimo indispensabile, per permettere al neonato di restare fin da subito a stretto contatto con entrambi i genitori". Il reparto di Ostetricia e Ginecologia di Macerata, guidato dal primario Mauro Pelagalli, è all'avanguardia nell'applicazione di metodologie che rendono l'esperienza del parto il più naturale e rispettosa possibile, come il "cesareo dolce", dove il bambino emerge autonomamente, coinvolgendo attivamente anche il padre.

Il sole è un amico, basta sapere come prenderlo: i consigli del dermatologo Massimo Cioccolini
Non siamo ancora giunti alla data che certifica nel calendario l’entrata ufficiale dell’estate, ma le temperature e il sole di questi giorni ci danno la sensazione che l’estate sia già nel suo pieno. C’è chi sta molto all’aria aperta per lavoro, chi lo fa per praticare sport, chi ama passeggiare nella natura, chi si dedica alla cura di orti e giardini e poi ci sono loro, gli appassionati della tintarella, che non perdono tempo a infilare il costume e godere della tranquillità della spiaggia. Qualunque sia il vostro modo di rapportarvi a lui, è sempre bene ricordare che il sole può essere un grande alleato della salute, purché si mettano in pratica già da ora tutte le regole valide per una corretta esposizione solare. Regole ormai note, certo, ma vale la pena di ricordarle per evitare pericolose scottature. È infatti il caso di ribadire che le ustioni solari non provocano solo un semplice fastidio passeggero: la pelle ha buona memoria e, prima o poi, presenta il conto con antiestetiche rughe o macchie (nella migliore delle ipotesi), o sviluppando patologie ben più serie. Cosa fare, quindi? Innanzitutto possiamo iniziare dalla tavola, predisponendo la cute alla stagione estiva, idratandola e fornendole le sostanze necessarie per difendersi dalle aggressioni dei raggi UV. È dunque importante bere molta acqua e consumare quotidianamente alimenti ricchi di vitamine, sali minerali e sostanze antiossidanti. Tra questi spiccano sicuramente gli ortaggi, in particolare quelli ricchi di betacarotene, che stimolano la formazione della melanina: carote, zucca, pesche, albicocche, melone e, in generale, frutta e verdura di colore giallo o arancio. Ma anche il rosso e il verde devono andare di moda nei nostri piatti: consumiamo kiwi e agrumi per il loro contenuto di vitamina C e facciamo il pieno di rucola, pomodori, peperoni, fragole, ciliegie e anguria. Infine, è sempre bene assumere la giusta quantità di grassi “buoni”, dalle spiccate proprietà antiossidanti, mangiando regolarmente pesce azzurro, frutta secca e privilegiando come condimento olio extravergine di oliva di qualità. Qualora non sia possibile introdurre regolarmente queste sostanze attraverso l’alimentazione, il medico potrà consigliare uno specifico integratore (ne esistono molti in commercio) da iniziare ad assumere prima dell’esposizione solare. Seguire i suddetti consigli alimentari non è però sufficiente a preservare l’integrità della pelle quando l’azione dei raggi UV è particolarmente intensa. Ce lo conferma il dottor Massimo Cioccolini, specialista in dermatologia, consulente a Macerata del gruppo medico “Associati Fisiomed”: Dottor Cioccolini, come e perché proteggere la pelle dal sole? I raggi ultravioletti provocano danni quali disidratazione, invecchiamento precoce, eritemi, ustioni e, soprattutto, possono essere causa di fenomeni degenerativi che producono lesioni precancerose e tumori cutanei veri e propri. È pertanto molto importante adottare delle misure di protezione se ci si vuole esporre al sole in maniera adeguata: è bene esporsi nelle prime ore del mattino o del tardo pomeriggio, evitando le ore centrali della giornata, in cui i raggi UV sono più aggressivi. Un ulteriore accorgimento è la protezione attraverso filtri solari di adeguata gradazione, tenendo conto del proprio fototipo (colore di pelle, occhi e capelli). Per legge vengono considerati prodotti solari tutti quelli in grado di fornire una protezione dai raggi UVB e UVA superiore a 6, ma in estate anche chi ha la pelle tendenzialmente scura dovrebbe adottare un fattore di protezione tra 20 e 30, mentre per gli incarnati chiari l’SPF più adeguato non si colloca sotto 50. Va inoltre ricordato che la protezione solare va applicata generosamente dopo ogni bagno o doccia e anche in caso di cielo lievemente coperto o se si staziona prevalentemente all’ombra, poiché tali condizioni non annullano totalmente l’azione dei raggi solari. Ci parli dei nei. Quando va eseguito il controllo? Per i nei va fatto un discorso a parte. Sono lesioni estremamente delicate, in quanto la radiazione solare può innescare importanti fenomeni degenerativi ed essere una delle cause della trasformazione dei nei in tumori estremamente aggressivi: i melanomi. È pertanto consigliabile una visita dermatologica di controllo dei nei, in cui lo specialista li prende in esame singolarmente con il dermoscopio, uno strumento in grado di valutare con buona precisione caratteristiche ed eventuale pericolosità di ciascun neo. Sarà poi il dermatologo a stabilire la periodicità dei successivi controlli: in genere una volta l’anno, o più frequentemente – ogni 3/6 mesi – se il paziente presenta nei a rischio di degenerazione.

Aumento di peso senza mangiare di più? Il ruolo nascosto dello stress cronico
Può sorprendere, ma è possibile aumentare di peso anche senza mangiare di più, soprattutto durante periodi di forte stress. Questo accade perché lo stress attiva meccanismi fisiologici ben precisi, capaci di alterare il metabolismo, l’appetito e il modo in cui il corpo accumula energia. Quando siamo sotto stress – che sia di tipo emotivo, lavorativo o familiare – il nostro cervello attiva una risposta antica, ereditata dai nostri antenati: la cosiddetta risposta “lotta o fuggi” (fight or flight). In questo stato, le ghiandole surrenali (due piccole ghiandole poste sopra i reni) rilasciano ormoni come cortisolo e adrenalina, che preparano l’organismo ad affrontare un pericolo. Il paradosso è che oggi il pericolo non è più un predatore nella savana, ma il traffico del rientro, il parcheggio introvabile al supermercato alle 18:30 o le venti e-mail a cui rispondere prima di cena. Eppure, per il nostro cervello, è come se fossimo ancora in pericolo di vita. E quando lo stress diventa cronico – cioè si protrae per giorni, settimane o mesi – questo sistema inizia a lavorare contro di noi. Il cortisolo, in particolare, è al centro del legame tra stress e aumento di peso. Livelli elevati e prolungati di questo ormone aumentano l’appetito (soprattutto verso cibi ricchi di zuccheri e grassi, i cosiddetti “comfort food”), favoriscono l’accumulo di grasso viscerale – quello che si deposita attorno agli organi interni, più pericoloso per la salute – e riducono la massa muscolare e il metabolismo basale. In pratica, il corpo si comporta come se fosse in carestia, anche se siamo circondati dal cibo. Ma non è tutto: quando siamo cronicamente stressati, dormiamo peggio, ci muoviamo meno e il metabolismo rallenta. Lo stress continuo manda in tilt il sistema che regola la comunicazione tra cervello e ghiandole endocrine, rendendo l’organismo meno sensibile all’insulina. Questo squilibrio può portare a un aumento della glicemia e, nel tempo, elevare il rischio di diabete e sindrome metabolica. Anche l’intestino risente dello stress. Il cosiddetto “secondo cervello” – cioè il sistema nervoso enterico – comunica costantemente con il cervello centrale. In situazioni di stress prolungato, la flora intestinale (microbiota) si altera, si infiamma e diventa meno efficiente nell’assorbire i nutrienti. Il risultato? Gonfiore, stanchezza cronica e ulteriore aumento di peso. La buona notizia è che il legame tra stress e peso non è una condanna. Ridurre lo stress può migliorare sia il benessere psicologico che quello fisico. Anche una camminata quotidiana di mezz’ora può abbassare i livelli di cortisolo, così come tecniche di rilassamento come la meditazione e la respirazione consapevole aiutano a contenere la produzione degli ormoni dello stress. È importante anche seguire un’alimentazione equilibrata, evitando diete drastiche e preferendo cibi ricchi di fibre, vitamine e grassi “buoni”, come il pesce azzurro, la frutta secca e l’olio extravergine d’oliva. Infine, dormire almeno sette ore per notte è essenziale per regolare gli ormoni che controllano l’appetito, come leptina e grelina. Conoscere il legame tra stress e aumento di peso ci aiuta a guardare al nostro corpo con maggiore comprensione e meno giudizio. Non è solo una questione di forza di volontà: è il modo in cui l’organismo cerca di adattarsi a una vita che spesso corre troppo in fretta. Ma, con piccoli gesti quotidiani e un po’ di consapevolezza in più, possiamo ritrovare equilibrio, salute e benessere.

Ospedale di Macerata, al via il primo screening gratuito per il controllo dei nei
Un pomeriggio all’insegna della prevenzione, della solidarietà e dell’alta tecnologia quello andato in scena ieri presso l'Unità Operativa di Dermatologia dell'ospedale di Macerata. Grazie alla sinergia tra la Fondazione Girolamo Colonna, l'Azienda Sanitaria Territoriale e il Banco di Solidarietà di Macerata, si è tenuto un screening gratuito dei nei con videodermatoscopio digitale, rivolto a pazienti in condizioni di fragilità economica. L'iniziativa, voluta e promossa dal direttore della Dermatologia, Marco Sigona, ha rappresentato l’inizio di un percorso più ampio di prevenzione oncologica, che mira a diventare un appuntamento periodico: "Questa prima giornata è solo l’inizio. Vogliamo replicare l’iniziativa nei prossimi mesi – ha dichiarato Sigona – per offrire a sempre più persone la possibilità di una diagnosi precoce, fondamentale nella lotta al melanoma". Lo screening ha coinvolto 12 pazienti selezionati secondo i criteri della Fondazione Colonna, con particolare attenzione a chi, per motivi economici o sociali, ha maggiore difficoltà ad accedere a cure specialistiche. Centrale in questo progetto, la recente donazione del videodermatoscopio digitale al reparto da parte della Fondazione, rappresentata dalla presidente Gabriela Contigiani. "Desidero ringraziare la Fondazione per questo contributo significativo - ha sottolineato il Direttore Generale dell’Ast di Macerata, Alessandro Marini -. Questa tecnologia d’avanguardia ci consente diagnosi sempre più accurate e precoci, aumentando le possibilità di cura e guarigione per i nostri cittadini". Il melanoma cutaneo, tra i tumori maligni più insidiosi, è in costante aumento negli ultimi anni. Tuttavia, come ricordato dallo stesso Sigona, una diagnosi precoce può garantire una sopravvivenza prossima al 100%. Da qui l’importanza di sottoporsi, specialmente dopo i 40 anni, a visite dermatologiche periodiche con mappatura dei nei. "Il videodermatoscopio digitale permette di analizzare nei sospetti con altissima precisione – ha spiegato il primario – e di monitorarli nel tempo, confrontando immagini salvate in un database dedicato, per cogliere eventuali cambiamenti". Un ringraziamento particolare è stato rivolto anche ai dottori Daniele Dusi e Paolo Lupetti, che hanno contribuito attivamente alla giornata di screening. L'ambulatorio di Prevenzione e Dermatologia Oncologica di Macerata è da tempo riconosciuto a livello regionale come centro di eccellenza, anche per l’applicazione della biopsia del linfonodo sentinella nei casi di melanoma ad alto spessore. L'evento di ieri segna un nuovo importante passo per una sanità sempre più attenta, accessibile e tecnologicamente avanzata, capace di coniugare prevenzione, equità e innovazione.

Ancona, intervento straordinario al midollo spinale su una bimba di 4 anni: "Ora sta bene, cammina e non cade più"
Un caso clinico di eccezionale complessità si è trasformato in una storia a lieto fine grazie all’intervento straordinario eseguito all'Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche. Protagonista una bambina di appena quattro anni, affetta da una rara e grave malformazione del midollo spinale che metteva a rischio la sua capacità di camminare e le funzioni fisiologiche di base. Dopo un delicatissimo intervento durato sei ore, Naira (nome di fantasia) è tornata a casa, sta bene, cammina con regolarità e non ha più bisogno del pannolino. Il caso, trattato presso il presidio materno-infantile Salesi, ha richiesto l’intervento di un team multidisciplinare composto da ortopedici, neurochirurghi, anestesisti, neuroradiologi e personale specializzato. Un lavoro sinergico che ha permesso di affrontare una doppia malformazione midollare con altissimo rischio neurologico, tra cui la possibilità di una paralisi permanente. DIAGNOSI - La bambina era affetta da diastematomielia, una rara malformazione congenita in cui il midollo spinale si presenta diviso in due da una formazione ossea anomala. In questo caso, lo sperone osseo divideva letteralmente il midollo spinale e lo ancorava verso il basso attraverso una sezione filamentosa, impedendone il normale sviluppo e causando una progressiva scoliosi. "Siamo intervenuti in una zona di conflitto tra la durezza dell’osso e la fragilità del tessuto midollare", spiegano la dottoressa Monia Martiniani della Clinica di Ortopedia dell’Adulto e Pediatrica - diretta dal Prof. Antonio Pompilio Gigante - e il dottor Roberto Trignani, della Divisione di Neurochirurgia con interesse pediatrico. "L’alternativa era non fare nulla e assistere a un peggioramento irreversibile delle condizioni della piccola". IL TEAM - In sala operatoria si sono alternate mani esperte: i chirurghi Martiniani e Leonard Meco per la parte ortopedica, Trignani e Michele Luzi per la neurochirurgia. "La natura aveva diviso ciò che doveva essere unito - racconta Trignani -. Abbiamo sezionato il filo che tirava il midollo verso il basso e rimosso lo sperone osseo. Era come liberare una corda in tensione: un gesto che comportava un rischio neurologico altissimo, ma inevitabile". Fondamentale anche il supporto del blocco operatorio del Salesi, del team anestesiologico, del neuropsicologo e degli infermieri specializzati. L’intervento è stato possibile anche grazie alle tecnologie d’avanguardia presenti nell’AOU delle Marche, una delle poche strutture in grado di eseguire operazioni così complesse in ambito pediatrico. IL FUTURO - Fino a pochi mesi fa, Naira inciampava spesso, cadeva, non camminava con stabilità e non era in grado di controllare i bisogni fisiologici. A causa della malformazione era costretta a portare ancora il pannolino a 4 anni. I genitori si sono trovati davanti a una scelta difficile: affrontare un’operazione ad altissimo rischio o lasciare che la patologia progredisse senza rimedio. Hanno scelto il coraggio, sostenuti da un’equipe medica che ha messo al centro la piccola paziente. Oggi, a due mesi dall’intervento, la bambina ha ricominciato a camminare normalmente, non perde più l’equilibrio e riesce a trattenere i bisogni. Resta sotto monitoraggio continuo, ma i risultati clinici sono straordinari. "Ora si può guardare al futuro – afferma Martiniani –. Continueremo a seguirla fino a quando sarà possibile intervenire anche sulla scoliosi. Ogni giorno guadagnato è un passo verso una crescita migliore". ECCELLENZA SANITARIA - L’intervento su Naira rappresenta un modello di eccellenza non solo per la Regione Marche, ma per l’intero Centro Italia. L’AOU delle Marche conferma così la propria vocazione nel trattamento delle patologie ad alto rischio in ambito pediatrico. "Questo tipo di chirurgia vertebrale infantile – sottolinea Martiniani – è uno dei fiori all’occhiello della nostra sanità: un unicum interregionale capace di offrire cure altamente specialistiche con esiti positivi". Un esempio concreto di come la collaborazione tra discipline, l’uso delle migliori tecnologie disponibili e la centralità del paziente possano trasformare un intervento ad altissimo rischio in una speranza concreta di guarigione.

Civitanova, trentamila euro in donazioni al reparto di oncologia: cittadini e imprese al fianco della cura
Quando i cittadini e le associazioni di volontariato elargiscono donazioni alle strutture pubbliche, come gli ospedali, significa che ne riconoscono l’eccellenza come centri di cura e il valore sociale per la salute collettiva e il gesto di generosità è finalizzato a promuoverne la crescita o elevare la qualità dell’assistenza sanitaria erogata alla popolazione. Così è stato per il reparto di oncologia dell’Ospedale di Civitanova, diretto dal dottor Giovanni Benedetti, che stamattina ha ringraziato ogni donatore con una conferenza stampa alla quale sono intervenuti il vice presidente della Giunta e assessore alla sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini, il vice sindaco di Civitanova Claudio Morresi, i consiglieri regionali Pierpaolo Borroni e Francesco Micucci, oltre al direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini e al direttore sanitario Daniela Corsi. Un’occasione toccante per ringraziare ogni associazione e privato cittadino per aver contribuito a migliorare l’assistenza ai pazienti oncologici del reparto, grazie alle donazioni di arredi e strumentazioni elettromedicali, tra le quali un ecografo e tre sonde, per un valore totale che ammonta a circa trentamila euro. Le elargizioni sono state offerte dalla Onlus Casa Accoglienza maceratese, dalla Fondazione Girolamo Colonna, dall’Unione Montana dei Monti Azzurri, dalla Galizio Torresi S.R.L. di Morrovalle, dalla Geoteam Associati Studio Tecnico e Fly Engineering di Tolentino, dalla Walk Active Camminata metabolica di Civitanova e dalle famiglie Gironelli e Feliziani. “Vorrei esprimere il mio più sincero ringraziamento per queste significative donazioni, ma in modo particolare vorrei sottolineare il valore di ogni persona che è dietro al bellissimo gesto di generosità di oggi, perché essere vicini a chi soffre ha un valore prezioso e profondo per la collettività", ha dichiarato il direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini. "Ringrazio i donatori, ma soprattutto i componenti della mia equipe, medici e personale sanitario e le volontarie del Reparto, perché è grazie alle loro professionalità e umanità, che abbiamo meritato il riscontro di generosità che celebriamo oggi", ha affermato il primario dell’Oncologia di Civitanova Giovanni Benedetti. "È una bella pagina quella che scriviamo oggi - ha esordito il vicepresidente della Giunta e assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini -. Vorrei ricordare come il Sistema Sanitario Regionale delle Marche ha investito, solo negli ultimi anni, oltre 27 milioni di euro in tecnologie avanzate, tuttavia è fondamentale questa integrazione tra privato e pubblico. Questa giornata avrebbe potuto intitolarsi 'La speranza che cresce con la carità, la solidarietà e la professionalità del sistema sanitario pubblico'. Un insegnamento prezioso per tutti noi, perché le patologie neoplastiche possono essere contrastate e i trattamenti possono anche portare alla guarigione, soprattutto quando c’è una rete di affetti, sensibilità umana e grandi professionalità".

Sanità, solo una Regione su tre in attivo: le Marche tra queste. Acquaroli: “Conti in ordine senza aumentare le tasse”
Solo una Regione su tre, in Italia, chiude i conti della sanità in attivo. Le Marche sono tra queste. A sottolinearlo è il presidente della Regione Francesco Acquaroli, che in un post pubblicato sui social ha commentato un articolo del Corriere della Sera dedicato al bilancio delle gestioni sanitarie regionali. «Abbiamo tenuto i conti in ordine senza aumentare le tasse per i cittadini marchigiani», ha scritto Acquaroli, rivendicando il risultato come frutto di una gestione attenta e responsabile. Il presidente ha evidenziato anche il quadro degli investimenti in corso sul territorio: «Stiamo costruendo numerosi nuovi ospedali e realizzando importanti investimenti in quelli esistenti, su tutto il territorio regionale». Un lavoro, secondo Acquaroli, che si affianca a un rafforzamento dell’assistenza di prossimità: «Abbiamo rafforzato i servizi sui territori, con oltre 30 Punti Salute già aperti, le farmacie dei servizi, le aggregazioni dei medici di medicina generale, le case e gli ospedali di comunità in realizzazione». Altro fronte su cui la Regione ha deciso di puntare è quello della formazione, con un sostegno costante alle nuove leve della sanità: «Abbiamo finanziato ogni anno con 3 milioni le borse di studio per medici di medicina generale e specialisti», ha ricordato il presidente. «I numeri confermano che la buona politica fa la differenza», ha concluso Acquaroli. La Corte dei Conti ha sottolineato, tuttavia, un ritardo nel recupero delle liste d’attesa: le risorse disponibili sono state utilizzate solo per circa il 30%. La spesa sanitaria pro capite resta nella media nazionale, anche leggermente inferiore (circa 2 160–2 190 € pro capite), mentre la sanità privata si attesta sotto la media italiana.

La salute delle vene: intervista al medico flebologo Daniele Travaglini
Qualche settimana fa ho accompagnato il mio amico Daniele Travaglini all’Università Federico II di Napoli, dove ha tenuto una lezione ai medici specializzandi in Chirurgia Vascolare, corso presieduto e gestito dal professore Gennaro Quarto. Egli ogni anno propone per i suoi studenti lezioni impartite dai professionisti del settore con più esperienza e che si distinguono per la loro attività clinica nei territori dove lavorano. Davvero un metodo molto inclusivo di conoscenze ed esperienze. Il professor Quarto correda il suo impegno didattico con una particolare attenzione all’informazione e comunicazione, ed ha concesso anche a me, giornalista medico, di integrare la lezione con considerazioni su come comunicare le nozioni scientifiche per inserirle in una generale cultura della salute aperta a tutti. Il dottor Travaglini fa parte di questo progetto virtuoso per la sua enorme esperienza di flebologo, per la stima che gode il suo lavoro nella regione Marche. Una settimana fa si è svolto a Pisa il congresso nazionale della SIF (Società Italiana di Flebologia), dove è stato ricordato il professor Roberto Bisacci, scomparso qualche anno fa. Docente di Chirurgia Vascolare all’Università di Perugia, marchigiano anche lui, di Montegranaro, era amico fraterno e maestro del dottor Travaglini. A Pisa, in suo onore, sono stati consegnati riconoscimenti a studi meritevoli svolti da giovani ricercatori e in questo ambito è stato premiato uno studio coordinato dal dottor Matteo Travaglini. Sono stati anche proposti progetti di collaborazione tra diversi presidi scientifici, alcuni da sviluppare nelle Marche. Per celebrare questi eventi, ed essendo arrivata la stagione calda particolarmente impegnativa per il nostro circolo sanguigno, mi piace riproporre una conversazione con il dottor Daniele Travaglini riguardante le nostre vene e su come prevenire i rischi e curare le patologie che possono compromettere il loro funzionamento. Dott. Travaglini, quali sono i fattori di rischio per lo sviluppo di flebopatie? "I fattori di rischio dovuti essenzialmente a stili di vita sono l’obesità, la sedentarietà, il fumo e l’uso eccessivo di sale. Altro fattore di rischio importante è connesso alla genetica; la familiarità nelle flebopatie è da tenere in gran conto essendoci un riscontro molto frequente. È da considerare, per osservazioni obiettive e studi epidemiologici, che le donne hanno una predisposizione maggiore per questo tipo di patologie. Si calcola che il rapporto donna/uomo sia di 3 a 1. Particolarmente frequenti soprattutto nelle donne in gravidanza e in quelle che fanno uso di contraccettivi orali". Come prevenire l’insorgenza di una flebopatia? "Esaminando i fattori di rischio, possono essere facilmente individuati gli elementi della prevenzione: una corretta alimentazione con uso moderato del sale, un’attività fisica misurata e costante, non fumare ed esaminare la casistica specifica nell’ambito familiare per sentirsi pronti ad ogni piccolo indizio sintomatico. L’eccessiva esposizione al sole nei mesi estivi con alta temperatura può essere un altro elemento aggravante". Come curare queste patologie e quali sono i rischi se vengono trascurate? "L’esame da effettuare per analizzare lo stato delle nostre vene e controllare l’evoluzione di eventuali stati della patologia e i risultati della terapia è l’ecocolordoppler. Il rischio maggiore è la formazione di trombi, che avviene soprattutto nelle flebopatie profonde. Quando è riscontrata una flebopatia è compito del medico flebologo ridurre sia il rischio suddetto, sia il peggioramento dello stato iniziale, che può riservare disagi funzionali ed anche estetici. La terapia per eliminare il trombo della vena è prevalentemente farmacologica, per mezzo di farmaci anticoagulanti. È inoltre indispensabile usare dei tutori (calze) elastici, che velocizzano il flusso sanguigno, supplendo all'ostruzione del vaso e ripristinando una corretta circolazione. Il farmaco di prima linea per combattere la Trombosi Venosa Profonda è l'eparina, con i suoi derivati di base e di uso comune. La moderna medicina ha sviluppato già da anni farmaci anticoagulanti comodamente assumibili per via orale, da prendersi però sotto stretto controllo medico. In ambito chirurgico, per le varici, ci sono trattamenti endovascolari, che mirano a chiudere i vasi senza eliminarli fisicamente. Essi si dividono in trattamento con radiofrequenza e trattamento laser. Entrambe le tecniche, termoablative, sono mirate all’occlusione del tronco safenico. Sono procedure mini-invasive, cioè non prevedono ferite chirurgiche. Possono essere eseguite in anestesia locale con/senza tumescenza, praticata dallo stesso operatore che esegue la termoablazione, risultando molto adatte a un trattamento realmente ambulatoriale". Quali sono le nuove frontiere della riabilitazione vascolare? "Una delle pratiche riabilitative vascolari e soprattutto flebologiche era ed è ancora la passeggiata lungo la riva del mare con acqua salata ed ondulata che arriva fino al bacino. Da sempre anche la terapia termale ha avuto attenzione al trattamento vascolare con camminamenti in acqua minerale. I principi riabilitativi sono gli stessi della passeggiata in riva al mare, ma in questo caso è tutto più mirato ed organizzato e l’acqua può offrire l’azione di più minerali. Negli ultimi anni un bel percorso di studio e ricerca è stato fatto tra la SIF (Società Italiana di Flebologia) e Federterme per arrivare a degli ulteriori protocolli sperimentali. Qui nelle Marche vi sono stati il primo confronto di collaborazione e la prima applicazione dei principi della ricerca".

Montecassiano, inaugurato il Punto Salute: "Una risorsa per la comunità senza costi diretti per i cittadini"
L'inaugurazione del Punto Salute di Montecassiano segna un’importante risorsa per la comunità locale. Questa struttura rientra tra le 50 realtà regionali dedicate alla prevenzione e all’assistenza non emergenziale, con particolare attenzione ai pazienti cronici e alle fasce più fragili. Fatto molto importante è che per quanto riguarda la gestione e il funzionamento di questo presidio non è previsto alcun costo diretto per i contribuenti di Montecassiano. Questo è quanto dichiara il gruppo di Obiettivo Comune: "Abbiamo messo al primo posto il dialogo con tutti gli attori coinvolti, credendo che le esigenze dei cittadini siano le uniche che contano, al di là di qualsiasi appartenenza politica. Criticare un servizio prima che entri in funzione, o utilizzare carenze passate per non riconoscere un progresso, distoglie l'attenzione dai veri bisogni. Per questo, chiediamo all'amministrazione comunale di Montecassiano di mantenere un dialogo costante e costruttivo, affinché le promesse sulla sanità siano mantenute e il Punto Salute possa crescere a beneficio di tutti. La salute è un diritto e una priorità, non argomento di strumentalizzazione".

Quando il cibo parla ai nostri geni: la rivoluzione della nutrigenomica
Cosa succede nel nostro corpo quando mangiamo? La risposta può sembrare semplice: digeriamo il cibo, assorbiamo i nutrienti e li utilizziamo per produrre energia. Ma negli ultimi anni, la scienza ha scoperto che il legame tra alimentazione e salute è molto più profondo. Oggi sappiamo che ciò che mangiamo è in grado di comunicare con il nostro organismo, influenzando direttamente il modo in cui le nostre cellule si comportano. È questa l’idea alla base della nutrigenomica, una disciplina relativamente recente che studia come l’alimentazione possa modulare l’attività del nostro corpo, a partire dalle istruzioni contenute nel DNA. Per comprenderla meglio, possiamo immaginare i geni come una sorta di manuale operativo: sono loro a fornire le indicazioni su come ogni cellula deve funzionare. Il cibo, attraverso le sue componenti, può influenzare quando e quanto queste istruzioni vengono seguite. Non si tratta di cambiare il nostro patrimonio genetico – quello resta lo stesso per tutta la vita – ma di regolare il modo in cui i geni vengono attivati o “letti”, un po’ come si regola l’intensità della luce con un dimmer: la lampadina è sempre la stessa, ma possiamo decidere di aumentare o ridurre la luminosità. Tra i modelli alimentari più studiati al mondo, la dieta mediterranea emerge come una delle strategie più efficaci per trasmettere all’organismo i segnali giusti. Non è un caso che da decenni sia oggetto di attenzione scientifica: si basa su un equilibrio nutrizionale semplice ma ben radicato, che include cereali integrali, verdure fresche, legumi, frutta, olio extravergine di oliva, pesce e un consumo moderato di carne. Questa combinazione di alimenti non solo nutre, ma modula attivamente le funzioni cellulari. Studi condotti anche in Italia hanno dimostrato che chi segue uno stile alimentare ispirato alla dieta mediterranea tende ad avere un organismo più equilibrato, con minori livelli di infiammazione cronica e un metabolismo più efficiente. Si tratta di benefici misurabili anche a livello clinico: riduzione del rischio cardiovascolare, miglior controllo del peso, e una maggiore resistenza allo stress ossidativo. In pratica, alcune sostanze presenti negli alimenti tipici della dieta mediterranea – come i polifenoli dell’olio d’oliva, gli omega-3 del pesce e gli antiossidanti contenuti in frutta e verdura – agiscono come segnali che parlano direttamente alle nostre cellule. Questi segnali aiutano l’organismo a mantenere l’equilibrio, sostenendo le funzioni vitali senza innescare reazioni di stress o meccanismi di difesa non necessari. Questi effetti non si vedono solo a lungo termine, ma si riflettono anche nel benessere quotidiano: chi segue una dieta bilanciata riferisce più energia, sonno di qualità migliore e una maggiore capacità di affrontare lo stress. La nutrigenomica, insomma, non ci parla solo del futuro della medicina, ma soprattutto del presente delle nostre abitudini. Le scelte che facciamo ogni giorno – cosa mettiamo nel carrello della spesa, come cuciniamo, cosa portiamo in tavola – influenzano in modo profondo il nostro organismo, fino al livello cellulare. Una dieta ricca di alimenti ultra-processati, zuccheri aggiunti e grassi di bassa qualità tende ad attivare segnali di emergenza: infiammazione, accumulo di grasso, affaticamento cronico. Al contrario, un’alimentazione varia e ricca di alimenti vegetali e poco trasformati, invia segnali positivi: equilibrio, protezione, energia. In quest’ottica, la nutrigenomica ci invita a considerare il cibo non soltanto come fonte di energia, ma come un mezzo attraverso cui guidare e sostenere il buon funzionamento dell’organismo.