ANCONA - È stata una notte di straordinaria intensità chirurgica quella tra il 5 e il 6 agosto all’Azienda Ospedaliero-Universitaria (AOU) delle Marche di Ancona, dove un uomo proveniente da Chieti è stato sottoposto a un intervento d’urgenza per salvare entrambe le mani dopo un gravissimo incidente con una motosega.
L’infortunio, avvenuto in Abruzzo, ha provocato la subamputazione e la perdita di vascolarizzazione di più dita, con esposizione ossea e gravi danni ai tessuti molli. Grazie al sistema regionale "hub & spoke", il paziente è stato trasferito in tempi rapidissimi al centro HUB per la Chirurgia della Mano dell’AOU delle Marche, diretto dal dottor Michele Riccio.
A guidare la complessa procedura microchirurgica di salvataggio sono stati il dottor Francesco De Francesco e la dottoressa Senesi, con il supporto anestesiologico della dottoressa Elisabetta Rosanò. Decisivo anche l’apporto dell’équipe infermieristica - la strumentista Elena Fraboni e gli infermieri Matteo Mancini e Luigi Migliozzi - che ha garantito assistenza coordinata e tempestiva in una situazione di altissima complessità.
Nonostante la gravità delle lesioni, i chirurghi sono riusciti a rivascolarizzare e ricostruire buona parte delle dita, preservando la funzionalità complessiva delle mani e scongiurando una disabilità permanente. “È grazie alla sinergia tra competenze specialistiche, tecnologie all’avanguardia e un’organizzazione efficiente – sottolinea il dottor Riccio – se possiamo ottenere risultati di questo livello, anche in emergenza”.
Quello di inizio agosto non è stato un caso isolato: pochi giorni prima, nella notte tra il 31 luglio e il 1° agosto, la stessa équipe aveva salvato la mano di un altro paziente abruzzese, colpito da un trauma transmetacarpale con devascolarizzazione completa di tutte le dita.
L’AOU delle Marche, e in particolare la Chirurgia Ricostruttiva e della Mano di Torrette, si conferma così un punto di riferimento regionale e interregionale per la gestione dei traumi più gravi, non solo in fase acuta ma anche nel trattamento dei postumi di lesioni complesse, grazie a tecniche avanzate come i lembi liberi microvascolari.
Ultima timbratura per la Dottoressa Maria Teresa Leoni, Direttore dell’Unità Operativa Ambienti Aperti e Confinati dell’Ast di Macerata che da domani sarà in pensione dopo oltre trenta anni di lavoro svolti nell’azienda sanitaria maceratese.
Laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Ancona con specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, è entrata in servizio nel 1992 come Assistente Medico presso il Servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’A.S.L. n°10 di Camerino, dove è rimasta fino al 2000. Dal 2000 al 2001 è stata Dirigente Medico di I livello del Servizio Igiene e Sanità Pubblica presso l’Asl 9 di Macerata, per poi essere assegnata dal 2001 al 2009 al Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione. Dal 2009 al 2021 ha ricoperto l’incarico di Dirigente di struttura semplice nell’Unità Operativa Igiene degli Alimenti e della Nutrizione dell’Area Vasta 3 e dal mese di settembre del 2021 è stata Direttore Medico di Struttura Complessa della U.O.C. ISP- Igiene Ambienti Aperti e Confinati.
Questa Unità Operativa Complessa nasce secondo la DGR ASUR Marche N. 742 del 2019 che ridefiniva l’assetto organizzativo aziendale nell'area sanitaria, istituendo una nuova unità operativa complessa, come stabilito dai Livelli Essenziali di Assistenza del Decreto del Presidente del Consiglio del gennaio 2017 per l’area d’intervento “Tutela della salute e della sicurezza negli ambienti aperti e confinati”.
Nell’ambito del Dipartimento di Prevenzione la struttura complessa guidata dalla Dr.ssa Leoni riveste un ruolo centrale nella tutela della salute della collettività dai rischi ambientali e climatici, garantendo un importante supporto nell’ambito della rete del Sistema Regionale Prevenzione Salute al raggiungimento dell'obiettivo salute.
"Tutto il Dipartimento di Prevenzione ringrazia la dott.ssa Maria Teresa Leoni per il fondamentale contributo che ha fornito con competenza, dedizione ed eccellente professionalità in Sanità Pubblica. Ci mancherà il suo valore aggiunto e rimangono indimenticabili i momenti superati brillantemente in gruppo durante l'epidemia di SARS CoV 2" – ha affermato il Direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Ast di Macerata, Dr. Alberto Tibaldi.
“Desidero ringraziare la Dr.ssa Maria Teresa Leoni per aver guidato con professionalità e abnegazione un Servizio strategico nell’ambito del Dipartimento di Prevenzione con i migliori auguri per il nuovo capitolo di vita che inizia" – ha dichiarato il Direttore Generale dell’Ast di Macerata Dr. Alessandro Marini.
Si chiama “Dissezione Endoscopica Sottomucosa” (ESD) la tecnica innovativa e mini-invasiva che permette di rimuovere lesioni precoci, quindi in stadio non avanzato, del tratto gastrointestinale introdotta alla Clinica di Gastroenterologia, Epatologia ed Endoscopia Digestiva d’urgenza dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche. L’intervento ha riguardato un paziente con una lesione displastica dello stomaco.
La tecnica ESD, importata dal Giappone, prevede l'utilizzo di uno strumento endoscopico flessibile, introdotto per via naturale che consente di accedere alla mucosa gastrointestinale. Dopo aver sollevato delicatamente la lesione con una soluzione iniettata sotto di essa, lo specialista procede a una dissezione precisa e completa, rimuovendola per intero.
La tecnica ESD evita incisioni chirurgiche esterne, riduce al minimo i rischi, consente, nella maggior parte dei casi, una dimissione in giornata, permette l’asportazione integrale della lesione che consente una lettura istologica più approfondita e quindi permette di stabilire l’adeguatezza del trattamento terapeutico.
Spiega il Prof. Antonio Benedetti – Direttore della Clinica di Gastroenterologia, Epatologia ed Endoscopia Digestiva d’urgenza dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche: “Rimuovere lesioni displastiche o tumorali in fase iniziale è fondamentale per prevenire l’evoluzione verso forme più gravi, evitando la necessità di ricorrere a interventi chirurgici maggiori. La diagnosi e il trattamento precoce consentono un approccio terapeutico più mirato, con migliori risultati clinici e minori complicanze. L’introduzione di tecnologie avanzate rappresenta un passaggio chiave verso una sanità moderna, centrata sulla prevenzione e sul benessere del paziente”.
L’intervento è stato eseguito con successo dal Dr. Michele Montori - Ricercatore della Clinica di Gastroenterologia, Epatologia ed Endoscopia Digestiva d’urgenza dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche - con il supporto di un’équipe multidisciplinare altamente qualificata.
Il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche , Armando Marco Gozzini, dichiara: “questa prima esecuzione dell’ESD alla Clinica di Gastroenterologia apre nuove possibilità terapeutiche tempestive, efficaci e meno invasive per i cittadini della regione. Come sempre l’unione di competenze specialistiche e l’innovazione tecnologica consentono oggi di affrontare patologie anche complesse nella loro fase iniziale, con trattamenti risolutivi e maggiore attenzione alla qualità di vita del paziente”.
Il dolore con la sua varia intensità e diffusione nel nostro organismo è il sintomo che rivela una condizione patologica ed influisce sulla qualità della vita. Trattarlo per ridurlo o eliminarlo è sicuramente una priorità terapeutica.
Il dolore cronico è un problema che affligge milioni di persone, ma non bisogna mai arrendersi, esistono soluzioni efficaci, personalizzate e accessibili a tutti. Ne parliamo con il dottor Luigi Filippo Nardi specialista in Anestesia e Riabilitazione, terapia del dolore e cure palliative, già Direttore UOC terapia del dolore e cure palliative all’Ospedale di Macerata, dal 2018 libero professionista, consulente presso il centro medico Associati Fisiomed.
Dr. Nardi, che cos’è la terapia del dolore?
"La terapia del dolore è una disciplina medica che si occupa della diagnosi e del trattamento del dolore persistente, spesso slegato da un evento acuto. Non si tratta solo di prescrivere farmaci, ma di costruire un percorso che può includere terapie fisiche, tecniche infiltrative, approcci alternativi come l’ozonoterapia e anche il supporto psicologico. L’obiettivo è ridurre la sofferenza e restituire una vita dignitosa ai pazienti".
Quali tipi di dolore si possono curare?
"La gamma di disturbi trattabili è molto ampia. Si possono affrontare dolori alla schiena come lombalgie o sciatalgie, dolori articolari, nevralgie, cervicalgie, dolori legati alla malattia oncologica, dolori post-chirurgici e quelli legati a malattie croniche come artrosi, diabete o fibromialgia. Ogni dolore ha una causa e richiede una strategia mirata, personalizzata in base al paziente".
L’ozonoterapia è una soluzione concreta?
"Negli ultimi anni, l’ozonoterapia si è affermata come trattamento efficace e ben tollerato. Utilizziamo una miscela di ossigeno e ozono che ha proprietà antinfiammatorie, antidolorifiche e rigenerative. È utile per ernie discali, artrosi, infiammazioni muscolari e persino per malattie reumatologiche fuori terapia, disturbi post-Covid e sindromi croniche come la fibromialgia. Se eseguita da medici esperti, è una terapia sicura e naturale, che consente spesso di evitare l’uso continuativo di farmaci".
Che risultati si possono aspettare?
"I benefici possono variare da persona a persona, ma in molti casi i miglioramenti sono rapidi e duraturi. Dopo poche sedute, molti pazienti avvertono una significativa riduzione del dolore e un miglioramento nella mobilità. Tuttavia, è importante seguire un percorso personalizzato, stabilito dopo una valutazione medica approfondita".
È sicura la terapia del dolore?
"Sì, se effettuata da Medici esperti in farmacologia, nell’utilizzo delle tecniche antalgiche di base ed avanzate, e con una buona padronanza di strumenti come l’ecografo, che permette di visualizzare in tempo reale muscoli, tendini, nervi, articolazioni e altre strutture anatomiche. Grazie a questa guida, le infiltrazioni (sia farmacologiche sia a base di ozono) possono essere eseguite con estrema accuratezza, andando a colpire direttamente il punto infiammato o dolente, senza danneggiare i tessuti circostanti".
È sempre necessario operarsi quando il dolore è forte?
"No, nella maggior parte dei casi si può evitare l’intervento chirurgico. Con tecniche come infiltrazioni mirate, radiofrequenza o trattamenti come l’ozonoterapia, è possibile ottenere un grande miglioramento. L’importante è agire in tempo, senza rassegnarsi al dolore. Anche chi soffre da anni può trovare sollievo con un percorso corretto. La medicina del dolore ha fatto grandi progressi. Nessuno dovrebbe vivere con la sofferenza senza cercare una soluzione".
Negli ultimi anni, i “farmaci anti-obesità” – in particolare gli analoghi del GLP-1 – sono diventati protagonisti di una nuova fase nella gestione del peso e nella riduzione del rischio di malattie associate all’obesità. Nati inizialmente come terapie per il diabete di tipo 2, questi farmaci agiscono mimando l’azione di un ormone intestinale, il GLP-1, che regola l’appetito, il senso di sazietà e i livelli di zucchero nel sangue. Il risultato? Una riduzione significativa dell’introito calorico, senza dover contare solo sulla forza di volontà.
Molte persone che vivono con l’obesità sanno quanto sia complesso perdere peso e, soprattutto, mantenerlo nel tempo. Per questo l’arrivo di molecole come semaglutide e tirzepatide ha aperto nuove e promettenti prospettive terapeutiche. Gli studi clinici parlano chiaro: l’uso di questi farmaci può portare a una perdita di peso superiore al 10-15% del peso corporeo iniziale, un risultato che fino a pochi anni fa si osservava quasi esclusivamente con la chirurgia bariatrica.
Tuttavia, è fondamentale chiarire un punto: non si tratta di soluzioni miracolose. L’effetto di questi farmaci è massimo quando vengono inseriti in un percorso che comprende un’alimentazione equilibrata, attività fisica regolare e, quando necessario, supporto psicologico o comportamentale. Un importante studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha confrontato l’uso della semaglutide rispetto al placebo in adulti con obesità. Chi assumeva il farmaco ha perso in media il 15% del proprio peso corporeo. Ma è importante sottolineare che tutti i partecipanti seguivano anche un programma strutturato, con una dieta controllata e attività fisica.
Risultati ancora più significativi sono emersi in altri studi, in cui il trattamento farmacologico è stato affiancato da un percorso intensivo e personalizzato: dieta ipocalorica, movimento programmato, consulenza comportamentale. In questi casi, il dimagrimento medio ha superato il 16-20%, dimostrando quanto lo stile di vita sia fondamentale per potenziare l’efficacia della terapia.
È quindi importante non considerare questi farmaci come una scorciatoia o una soluzione rapida al problema del peso. Oltre a richiedere un’assunzione continuativa nel tempo per mantenere i risultati, la loro efficacia può variare molto da persona a persona. Alcuni ottengono grandi benefici, altri solo una riduzione modesta. Inoltre, è stato osservato che, dopo l’interruzione del trattamento, è possibile andare incontro a un recupero del peso perso.
In altre parole, questi farmaci non sostituiscono la dieta, ma possono renderla più efficace, aiutando a controllare l’appetito e a migliorare l’aderenza nel lungo periodo. Sono uno strumento in più, non un’alternativa. Affidarsi solo a un’iniezione settimanale senza modificare le proprie abitudini alimentari e lo stile di vita è un po’ come voler curare l’ipertensione con una pillola, continuando però a consumare troppo sale e a non muoversi mai.
È fondamentale ricordare che l’obesità è una malattia cronica e multifattoriale, non una questione di mancanza di volontà. I nuovi farmaci rappresentano un passo avanti nella sua gestione, perché ci permettono di trattarla in modo moderno, scientifico e meno stigmatizzante. Ma la chiave resta sempre un approccio integrato, costruito su misura per la persona. Non esiste un percorso identico per tutti: esiste invece una strategia personalizzata, in cui il farmaco può facilitare il cammino — ma non può sostituire il viaggio.
L'Unità operativa complessa di Anestesia Rianimazione dell'ospedale Murri di Fermo ha un nuovo direttore, Daniele Elisei, 49 anni, di Recanati. "Sono davvero orgoglioso di poter prendere servizio (dal primo settembre prossimo) alla guida della Uoc Anestesia-Rianimazione dell'ospedale di Fermo - ha detto il dottor Elisei, durante la presentazione alla Sala della Memoria, nel palazzo della direzione generale Ast Fermo -. Il reparto sarà al servizio dei grandi professionisti dell'area chirurgica, di quella medica e di tutti i Dipartimenti che fanno parte dell'organizzazione sanitaria, e che il Murri e la sanità fermana vantano. Voglio metterli nelle migliori condizioni possibili per operare al meglio a garanzia della massima sicurezza dei pazienti e degli operatori. Ringrazio il direttore generale Roberto Grinta, e quello sanitario, Elisa Draghi".
Nei progetti di Elisei anche alta formazione con corsi teorico-pratici, il potenziamento del centro di simulazione per corsi di rianimazione cardio-polmonare avanzata e la creazione di team di accessi vascolari per migliorare la terapia in ospedale e sul territorio. "Potenzieremo anche la terapia del dolore. Sono qui per aiutare e provare a far crescere ulteriormente l'ospedale di Fermo".
Per Elisei è un ritorno a Fermo. Il neo-direttore arriva dall'ospedale di Macerata dove dal 2020 ha ricoperto l'incarico di responsabile del Blocco Operatorio. Nel corso della sua carriera è stato anche dirigente medico (dal 2007 al 2009) proprio alla Uoc di Anestesia e Rianimazione di Fermo.
"L'Anestesia Rianimazione - le dichiarazioni del dg Grinta - è in continua evoluzione ed è associata alla chirurgia robotica per la quale è in corso la formazione dei nostri professionisti. Sono certo che con Elisei e la sua alta professionalità avremo un valore aggiunto. Sul fronte personale abbiamo avviato la procedura concorsuale per anestesisti: abbiamo ricevuto ben 27 domande".
Nel mese in cui gran parte del Paese si prende una pausa, il Gruppo Medico Associati Fisiomed conferma il proprio impegno verso i pazienti mantenendo attive tutte le sedi anche durante il mese di agosto. Una scelta coerente con la filosofia che guida l’intera struttura sanitaria sin dal 2017, quando fu deciso per la prima volta di non chiudere nemmeno un giorno in quello che tradizionalmente è il mese delle ferie.
Grazie a una pianificazione accurata e a un grande senso di responsabilità da parte di oltre 300 medici specialisti, le ferie vengono distribuite nel corso dell’anno. Questo consente di garantire continuità assistenziale senza sacrificare la qualità dei servizi offerti, dimostrando come la tutela della salute venga considerata prioritaria rispetto a ogni altra esigenza.
Anche quest’estate Fisiomed sarà pienamente operativa nelle sedi di Tolentino, Corridonia, Civitanova e nei due poli di Sforzacosta. Particolare attenzione è riservata alla sede di via Giovanni XXIII, definita un vero gioiello tecnologico per la presenza di macchinari all’avanguardia e per l’area bar pensata per offrire comfort e ristoro ai pazienti in attesa.
Saranno regolarmente attivi anche i Laboratori Analisi di Tolentino e Civitanova, così come i punti prelievo di Sforzacosta, Morrovalle, Montelupone e Caldarola.
A questo si aggiunge una novità importante: il Centro Fisiomed San Michele, recentemente inaugurato a Casette d’Ete, in Corso Garibaldi 109. Con questa struttura moderna e funzionale, dotata di sei ambulatori e professionisti stimati anche da fuori regione, Fisiomed amplia la sua presenza anche oltre i confini della provincia di Macerata, continuando a crescere nel segno dell’eccellenza.
Fisiomed dimostra così che prendersi cura delle persone non conosce stagioni. Ad agosto, come in ogni altro periodo dell’anno, essere vicini ai pazienti resta la missione più importante.
La gestione della salute a qualsiasi età e ancor più nell’età adolescenziale, per i riflessi che può avere nel resto della vita, ha bisogno di strutture e progetti anche originali nella loro programmazione per venire incontro alle esigenze sempre più nuove e alle dinamiche di vita sempre più veloci che riscontriamo.
Sono iniziative che possono diventare anche modelli per una generale tutela della salute nel servizio pubblico. Oggi vogliamo analizzare un progetto denominato “Teen Pit-Stop” rivolto agli adolescenti ideato dalla dott.ssa Mirella Staffolani, già dirigente medico pediatra all’ospedale di Civitanova Marche e poi a quello di Macerata, oggi consulente del centro medico Associati Fisiomed.
- Perché un nuovo servizio dedicato agli adolescenti?
"Come pediatra sento urgente il bisogno che i ragazzi possano trovare in uno spazio loro dedicato la risposta ai molti problemi che spesso, in un'età così vulnerabile e critica per la loro crescita e la costruzione della loro identità, possono essere risolti. Lavorando, ormai in pensione, presso il Centro Fisiomed, ho avuto la possibilità di rapportarmi con diversi specialisti, con i quali ho condiviso questa idea, subito da tutti accolta con entusiasmo".
- Quali saranno gli specialisti coinvolti?
"L'Equipe sarà composta da me come Pediatra, da una Nutrizionista, la drssa Elisa Pelati, da una Psicologa, da una Neuropsichiatra, la drssa Nelia Zamponi, da diversi Ginecologi (Drssa Claudia Curzi, drssa Gemma Lucarini, Dr Francesco Maiacano), dalle Ostetriche drssa Melissa Falistocco e drssa Eleonora Foglia".
- Come si articola il percorso?
"Dopo un'accurata anamnesi e visita medica effettuata dal Pediatra, l'adolescente, in base alle problematiche rilevate, sarà indirizzato allo specialista di competenza, per poi essere reinviato al Pediatra (o al proprio medico curante). Questo progetto nasce infatti dalla consapevolezza che, in un periodo storico critico per la Sanità, dovuto alla carenza di personale, è necessario creare alternative valide. Gli adolescenti necessitano di ascolto e quindi di molto tempo dedicato, che non sempre il pediatra di libera scelta o il medico di famiglia può ritagliarsi.
Vorrei che il Centro Fisiomed diventasse per loro uno spazio dedicato ai loro bisogni, dove avranno anche la possibilità di sperimentarsi, essere protagonisti e proporre a noi specialisti temi di loro interesse su cui discutere. Penso ad esempio al grande problema delle malattie sessualmente trasmissibili (che da diversi anni insieme ad altri colleghi trattiamo in molti ambiti scolastici della nostra Regione), che costituiscono, come dichiarato dall'Oms, un problema emergente con conseguenze gravi, spesso sconosciute ai ragazzi. Informare i ragazzi di oggi affinché diventino adulti consapevoli e possano vivere la loro sessualità in modo sano e completo. Educare all'affettività ed alla sessualità consapevole.
Faremo degli incontri a tema su problematiche da loro suggerite e di loro interesse, avendo a disposizione presso il Centro Fisiomed uno spazio adeguato. Alcuni incontri, ad esempio su temi di educazione alimentare o delle dipendenze patologiche, saranno aperti anche ai genitori, perché il coinvolgimento della famiglia è necessario ed insostituibile per cercare di risolvere i problemi dei nostri figli.
- Come si chiama questo progetto?
"Teen Pit Stop :uno spazio per fermarsi e riflettere su un'età che, come le macchine di formula uno, a volte va troppo in fretta con tutti i rischi connessi alla velocità.
Partirà a settembre 2025, proprio per dare possibilità ai ragazzi di fare un check-up in un periodo di minore impegno scolastico. Veicoleremo così il messaggio che loro stessi sono i primi artefici della propria salute e del proprio benessere".
Un grande passo in avanti per la sanità pubblica e per l’intero sistema chirurgico nazionale. È stato presentato ufficialmente dalla Direzione Generale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche il nuovo Progetto Multidisciplinare di Chirurgia Robotica, un’iniziativa strategica che mira a fare dell’AOU uno dei centri di riferimento nazionale e internazionale nella chirurgia robotica di ultima generazione.
Ideato dal dottor Giuseppe Miranda, responsabile della SOS Chirurgia Robotica, insieme al professor Mario Guerrieri, direttore della Clinica Chirurgica Generale e d’Urgenza, il progetto si fonda su un modello integrato che unisce innovazione clinica, formazione specialistica, ricerca accademica e sostenibilità operativa. Il tutto in stretta collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, che svolgerà un ruolo attivo nella didattica, nella ricerca e nella formazione dei nuovi specialisti.
Il direttore generale dell’Azienda, Armando Marco Gozzini, ha sottolineato come questo progetto rappresenti "il primo vero modello italiano in cui una struttura pubblica riesce a coniugare alta tecnologia, multidisciplinarietà, accademia e formazione in un sistema coerente, dinamico e sostenibile". Un’iniziativa, ha ribadito, frutto di una strategia a lungo termine e di una visione condivisa che proietta l’Aou delle Marche verso una nuova dimensione di eccellenza.
Il progetto coinvolge attivamente otto unità operative chirurgiche dell’Azienda: dalla chirurgia generale e d’urgenza alla urologia, dalla cardiochirurgia alla ginecologia, passando per la chirurgia pediatrica, toracica, epatobiliare e ricostruttiva. Tutti i reparti lavoreranno in sinergia, condividendo protocolli, tecnologie e competenze in un’ottica realmente multidisciplinare.
Il professor Mario Guerrieri ha evidenziato come questa sia "la prima esperienza italiana di un modello robotico multidisciplinare validato scientificamente in ambito pubblico", aggiungendo che la chirurgia robotica rappresenta oggi la vera frontiera della professione medica. Il modello adottato nelle Marche, ha dichiarato, può diventare riferimento per l’intera scuola chirurgica italiana.
Tra i protagonisti del progetto anche il professor Marco Vivarelli, direttore della Chirurgia Epatobiliare e dei Trapianti, che ha sottolineato come la robotica stia rivoluzionando anche ambiti complessi come i trapianti di fegato da donatore vivente. Vivarelli ha da poco partecipato a uno stage formativo in Arabia Saudita proprio per esplorare le applicazioni più avanzate della tecnica.
Alla base del progetto c’è anche la volontà di costruire una filiera formativa completa: dalla simulazione robotica alla pratica clinica ad alta tecnologia. Il centro sarà infatti un polo per la didattica avanzata degli specializzandi dell’Università Politecnica delle Marche, con corsi teorico-pratici, attività cliniche integrate e formazione continua.
Un altro elemento distintivo è la costituzione di un Comitato Tecnico-Scientifico permanente, che garantirà la coerenza e l’evoluzione del modello. Ne faranno parte i direttori dei reparti coinvolti, un rappresentante dell’università, un esperto di Health Technology Assessment (HTA) e un rappresentante della Direzione Sanitaria.
Proprio il direttore sanitario, Claudio Martini, ha ricordato che il progetto è anche il risultato delle riflessioni emerse durante il workshop aziendale del gennaio 2024, e rappresenta ora la piena realizzazione di una visione strategica a lungo termine: quella di integrare clinica, innovazione e formazione in modo strutturato, efficiente e sostenibile.
Il progetto è perfettamente allineato con le linee guida del Ministero della Salute e con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), offrendo un modello concreto di utilizzo evoluto delle tecnologie robotiche in sanità pubblica.
"Non si tratta soltanto di acquistare tecnologia, ma di promuovere un nuovo paradigma culturale", ha spiegato il dottor Giuseppe Miranda, che ha ribadito come il cuore del progetto sia nella costruzione di percorsi integrati, nell’adozione di tecnologie avanzate e nella diffusione della cultura della formazione continua e della ricerca.
A oggi, l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche ha già eseguito numerosi interventi multidisciplinari con successo. Come conferma il professor Andrea Benedetto Galosi, direttore della Clinica Urologica, i risultati ottenuti finora incoraggiano ad ampliare ulteriormente l’ambito operativo, la complessità dei casi trattati e la collaborazione tra équipe specialistiche.
Con questo progetto, le Marche si candidano a essere non solo un polo d’eccellenza clinica, ma anche un punto di riferimento per la chirurgia robotica, la ricerca scientifica e la formazione medica del futuro.
Importante donazione al Reparto di Radioterapia Oncologica dell’ospedale di Macerata, diretto dal dottor Massimo Giannini. Grazie alla generosità della Onlus AMaRT e del Movimento dei Focolari di San Claudio, è stato acquistato e consegnato un moderno sistema di posizionamento e immobilizzazione per trattamenti stereotassici, destinato a migliorare ulteriormente la qualità delle cure offerte ai pazienti oncologici.
Il dispositivo, altamente tecnologico e di alto valore economico, consente di bloccare il corpo del paziente in modo preciso, delicato e ripetibile durante le fasi più delicate del trattamento radiante, come la TC-simulazione e le sedute all’acceleratore lineare. In questo modo si garantisce una minima esposizione dei tessuti sani circostanti alla zona da trattare, ottimizzando l’efficacia delle radiazioni e riducendo al minimo gli effetti collaterali.
“Si tratta di un immobilizzatore fondamentale per i trattamenti stereotassici – ha spiegato il Massimo Giannini – che consente di trattare volumi molto piccoli con dosi elevate di radiazioni in massima sicurezza, anche in zone ad alta criticità anatomica”.
Le tecniche di radioterapia stereotassica rappresentano oggi una delle frontiere più avanzate nel trattamento di tumori localizzati in singole sedi, e la possibilità di eseguirle in modo sempre più preciso aumenta sensibilmente le opportunità terapeutiche a disposizione dei pazienti.
Il direttore generale dell’AST di Macerata, Alessandro Marini, ha espresso un sentito ringraziamento a nome dell’intera azienda sanitaria: “Grazie a questa importante donazione, il nostro reparto di Radioterapia potrà ampliare ulteriormente l’offerta terapeutica ai pazienti oncologici. Ringraziamo sinceramente l’AMaRT e il Movimento dei Focolari per il concreto e prezioso sostegno”.
L’iniziativa è frutto anche della raccolta fondi realizzata durante una cena di solidarietà organizzata dal Movimento dei Focolari, a testimonianza di un territorio che continua a dimostrare vicinanza e sensibilità verso la sanità pubblica.
Nella notte tra il 16 e il 17 luglio, presso l'sspedale di Macerata, è stato eseguito un delicato e importante prelievo multiorgano su una donna di 65 anni, di cittadinanza non italiana, deceduta nella struttura sanitaria.
L’intervento, effettuato da un’equipe multidisciplinare con il coordinamento del Centro Regionale Trapianti e del NITp (Nord Italia Transplant Program), ha permesso di donare fegato, reni, cuore, polmoni e cornee, contribuendo concretamente a salvare la vita di più pazienti in attesa di trapianto.
A rendere possibile questo straordinario atto di solidarietà è stata la generosità della donatrice e la sensibilità dei suoi familiari, che hanno acconsentito al prelievo nonostante il momento di grande dolore.
Un ringraziamento sentito arriva dal direttore generale dell’Ast di Macerata, Alessandro Marini, che ha sottolineato l’importanza della cultura del dono: "È importante promuovere la cultura del dono perché permette di salvare vite umane. Desidero ringraziare per la sensibilità e disponibilità dimostrate i familiari della donatrice, la coordinatrice locale della donazione di organi e tessuti, dr.ssa Valeria Zompanti, insieme alla dr.ssa Giorgia Scaloni, responsabile della direzione sanitaria dell'spedale, e tutto il personale coinvolto nella buona riuscita dell’intervento.”
L’operazione è stata portata avanti con grande professionalità e spirito di collaborazione da parte di tutto il personale sanitario, confermando l’elevato livello delle competenze mediche e organizzative dell’ospedale di Macerata. Il gesto della donatrice e della sua famiglia rappresenta un esempio prezioso di altruismo e responsabilità civile, capace di donare speranza e futuro a chi lotta ogni giorno contro la malattia.
È iniziata la prima fase del progetto per il contrasto delle disuguaglianze sanitarie promosso dall’Inmp, l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà, in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Territoriale di Macerata. L’iniziativa, formalizzata attraverso un Protocollo d’Intesa, si concretizza in una campagna di visite odontoiatriche gratuite rivolte alle fasce più vulnerabili della popolazione e realizzate in diverse località della provincia.
Nel territorio dell’AST di Macerata sono state individuate criticità legate allo svantaggio economico e sociale, accentuate da fattori strutturali come la bassa densità abitativa e le difficoltà di accesso ai servizi sanitari, soprattutto nelle aree interne. In risposta a questa situazione, il progetto prevede l’impiego di un camper attrezzato che si sposterà nei Comuni dell’entroterra per offrire visite odontoiatriche gratuite e attività di orientamento da parte del personale sanitario. A bordo sarà presente un odontoiatra per effettuare prime visite, affiancato da operatori dell’AST impegnati a fornire informazioni sui servizi territoriali disponibili.
Il progetto mira a raggiungere in particolare migranti, persone in condizione di povertà e residenti in zone colpite dal sisma del 2016. Durante la campagna saranno anche individuati i pazienti idonei a ricevere gratuitamente protesi mobili nella seconda fase dell’iniziativa.
Il direttore generale dell’AST di Macerata, Alessandro Marini, ha sottolineato come questo intervento rappresenti un concreto esempio di medicina di prossimità e di odontoiatria sociale, volto a garantire equità di accesso alla salute. Il vicepresidente della giunta e assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini, ha evidenziato il valore dell’iniziativa per il potenziamento della rete odontoiatrica regionale, in particolare a beneficio dei territori fragili.
Il camper con il servizio gratuito sarà presente in più tappe, a partire da Gagliole il 15 luglio, per poi proseguire a San Severino, Ripe San Ginesio, Monte San Martino, Camporotondo di Fiastrone, Tolentino, Corridonia e infine Treia, tra luglio e settembre.
Un anno intenso, ricco di attività, partecipazione e risultati concreti. L’Associazione Parkinson Marche (APM), attraverso lo Sportello di Macerata, traccia un bilancio estremamente positivo del percorso svolto tra maggio 2024 e giugno 2025, rivolto alle persone affette dal morbo di Parkinson e ai loro caregiver.
Grazie al sostegno di sponsor, donatori e istituzioni del territorio, lo sportello maceratese ha potuto offrire un programma strutturato e continuativo di attività fisico-terapeutiche e momenti informativi, che hanno riscontrato una forte adesione e un coinvolgimento crescente da parte degli iscritti. Al centro dell’intervento, l’obiettivo di migliorare la qualità della vita, favorire la socializzazione e fornire strumenti pratici per affrontare con maggiore consapevolezza e serenità la malattia.
Nel corso dell’anno, i partecipanti hanno potuto seguire regolarmente lezioni di yoga adattativo, sotto la guida del maestro Stefano Pagnanelli, percorsi di Tai Chi curati dal maestro Massimiliano Pallotti e sessioni di Nordic Walking coordinate dagli istruttori Danilo Tombesi e Alfredo Bocci. Ogni proposta è stata attentamente calibrata sulle specifiche esigenze motorie e fisiche dei pazienti, con grande attenzione anche alla partecipazione attiva dei caregiver, spesso coinvolti in prima persona nelle attività.
L’esperienza si è rivelata altamente positiva, tanto che molti soci hanno espresso il desiderio di proseguire il cammino intrapreso. Una richiesta che l’Associazione ha accolto con entusiasmo, annunciando per il nuovo anno l’introduzione di nuove discipline, tra cui acquagym, logopedia e la pratica della Dance Well, una forma di danza pensata appositamente per le persone con il Parkinson, capace di stimolare movimento, espressione e relazione.
Oltre alla dimensione fisica, l’APM ha dedicato grande attenzione anche all’aspetto informativo e formativo, promuovendo incontri con professionisti di alto profilo. Tra i momenti più apprezzati, l’appuntamento con la dottoressa Rosita Gabbianelli sul tema “Parkinson e alimentazione”, e l’incontro con la neurologa Chiara Sensi, incentrato sui benefici dell’attività fisica nel trattamento della malattia.
Il progetto è stato possibile grazie al contributo solidale e concreto di numerosi soggetti del territorio, tra cui la Fondazione Carima, la Ditta Eurosole, Nuova Simonelli, Fisiomed, la Palestra Robbys, la Piscina Comunale di Macerata, l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Macerata, la Consigliera regionale sulla disabilità e diversi privati cittadini. A tutti loro l’Associazione Parkinson Marche rivolge un sentito ringraziamento per aver creduto in un’iniziativa che ha saputo coniugare salute, comunità e dignità, offrendo ai malati di Parkinson e ai loro familiari un punto di riferimento stabile, umano e professionale.
"Dopo aver infastidito gli avventori di un bar, accompagnato al pronto soccorso dell'ospedale di Macerata, un cittadino egiziano di ventitré anni ha dato in escandescenze aggredendo violentemente un medico e una infermiera” riferisce in una nota Fabio Angeloro, segretario provinciale UGL Salute Macerata il quale aggiunge: “Si tratta dell'ennesimo episodio ai danni del personale sanitario costantemente a rischio nel complicato compito di garantire l'assistenza ai cittadini. Chi è impegnato in un lavoro al servizio della comunità non può rischiare di essere coinvolto in episodi di violenza. L’inasprimento delle sanzioni nei confronti di chi compie atti così deprecabili è certamente uno strumento deterrente per provare a porre un freno alle aggressioni, ma non sufficiente. I fatti dimostrano che un intervento rapido e l’arresto possono non essere sufficienti. Bisogna fare di più sul lato della prevenzione, garantendo l'incolumità dei professionisti della sanità con l’apertura del posto di pubblica sicurezza dell’Ospedale di Macerata, attualmente attivo solo la mattina, 24 ore su 24 .Crediamo che questa sia un dovere istituzionale inderogabile" conclude Angeloro.
L’Ast di Macerata anche quest’anno potenzia i servizi dell’emergenza territoriale nei mesi estivi di luglio e agosto nelle zone montane del territorio di riferimento, caratterizzate da un maggiore afflusso di turisti e residenti fuori Regione durante le vacanze.
Da questo fine settimana, sabato 5 luglio, e per i week end dei mesi di luglio e agosto, nelle località di maggior afflusso turistico delle aree interne sarà attiva una Potes turistica aggiuntiva rispetto agli attuali mezzi di soccorso, che sarà presente sia nei giorni festivi che pre festivi, con orario dalle ore 10 alle 18.
Nello specifico l’ambulanza infermieristica nella zona montana sarà itinerante e nel mese di luglio sarà collocata sabato 5 a Pieve Torina, domenica 6 a Montecavallo, sabato 12 a Pioraco e domenica 13 a Pintura di Bolognola, sabato 19 a Serravalle-Cesi e domenica 20 a Frontignano, sabato 26 a Pian Dell’Elmo e domenica 27 a Val Fornace.
I fine settimana del mese di agosto, invece, la Potes sarà posizionata sabato 2 a Pieve Torina e domenica 3 a Pintura, sabato 9 a Frontignano e domenica 10 a Val Fornace, venerdì 15 a Pintura, sabato 16 a Frontignano e domenica 17 a Pintura, mentre sabato 23 a Pian Dell’Elmo e domenica 24 a Pintura, infine sabato 30 a Pievetorina e domenica 31 agosto a Pioraco.
Una postazione infermieristica estiva sarà presente presso il Lago di Fiastra, mentre un’altra nel comune di Porto Potenza Picena.
“Vogliamo dare risposte immediate ai bisogni di salute dei cittadini e dei turisti che durante le vacanze soggiornano nelle nostre località montane, garantendo loro attraverso le Potes aggiuntive un’estate sicura, in particolare, nelle aree aree interne del nostro territorio” – ha dichiarato il direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini.
Muoversi con cautela nelle vie profonde del cervello. Questo hanno fatto i neurochirurghi e i neuropsichiatri dell'Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche trattando il caso di un bambino di appena due anni che, dalla nascita, presentava una epilessia con crisi farmaco resistenti anche di ultima generazione.
In gergo tecnico l'intervento portato a termine con successo da medici e chirurghi dell’azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche è chiamato Emisferotomia Funzionale e consiste nell'isolare chirurgicamente uno dei due emisferi cerebrali, senza asportazione, per annullare le influenze negative di quello malato nei confronti di quello sano. Una sorta di "clic" per spegnere una fonte elettrica dannosa, renderla inerte e consentire all'altro emisfero cerebrale di funzionare senza interferenze. Non si tratta di un intervento rarissimo quello compiuto al materno-infantile "Salesi", la letteratura in materia lo prevede da anni, ma stiamo parlando di un complesso trattamento chirurgico nel campo dell'epilessia.
Il piccolo paziente è stato seguito e preso in carico dalla Neuropsichiatria Infantile di AOUM a cui poi si sono aggiunti i Neurochirurghi della Divisione Ospedaliera con interesse Pediatrico, senza dimenticare l'apporto decisivo della Anestesia e Rianimazione Pediatrica diretta dal dottor Alessandro Simonini: “Il percorso multidisciplinare è fondamentale per questo come per tutti gli altri casi trattati _ conferma la dottoressa Carla Marini, direttore della Neuropsichiatria Infantile dell'_, così come è straordinaria la rete operativa di professionisti con cui ci interfacciamo a livello regionale e nazionale. Nel caso specifico la famiglia (residente nel territorio marchigiano, ndr.) si è affidata a noi e i risultati post-operatori sono subito stati evidenti. È bastato il primo sorriso del bambino per capire che le cose erano cambiate e in effetti da allora non ha più avuto crisi epilettiche. È bene ricordare che non c'erano alternative all'intervento neurochirurgico in quanto il bambino era affetto da una encefalopatia epilettica resistente ai farmaci che stava compromettendo il suo sviluppo psicomotorio”.
Prima dell'intervento le crisi epilettiche erano molto frequenti e presenti tutti i giorni. L'origine era legata a una ischemia cerebrale verosimilmente perinatale che aveva creato una cavità nel cervello del bambino di due anni. Chiaramente il livello di qualità della vita del piccolo era deficitario e si rifletteva sui genitori che dopo la riunione con medici e chirurghi non hanno avuto dubbi sul da farsi, affidandosi completamente a loro. La preparazione, dopo diversi ricoveri precedenti, è andata avanti fino ad arrivare alla seconda metà di maggio, quando il bambino è stato operato: la prima settimana di giugno il piccolo è tornato a casa e da allora continua a essere seguito passo dopo passo dalle unità operative del "Salesi": “Si tratta di un intervento molto delicato perché si agisce dentro il cervello mettendo a rischio i centri vitali _ spiega il Direttore della Neurochirurgia Ospedaliera dell'AOU delle Marche, il dottor Roberto Trignani con cui hanno collaborato i neurochirurghi Michele Luzi e Alessandra Marini _. I due emisferi, divisi da un vallo d'acqua, sono stati separati sotto il profilo delle influenze evitando che quello patologicamente non sano (il destro, ndr.) compromettesse anche l'altro. Un tempo la soluzione chirurgica in campo consisteva nell'asportare l'emisfero malato, con tutta una serie di gravi conseguenze. Ora i due emisferi vengono disconnessi e quello dannoso semplicemente annullato. Ed è quello che è successo al bambino in questione che dal giorno dell'intervento non presenta più crisi e ha ripreso funzioni vitali mai attivate. Quando le conoscenze si uniscono in una grande alleanza per la salute e per il benessere, le sfide si possono affrontare. La sinergia tra competenze funziona sempre”.
In una conferenza stampa alla presenza del vicepresidente e assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini e del presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica Antonio Guarini, è stata presentata l’iniziativa 125 Miglia per un Respiro 2025, ideata da Alessandro Gattafoni e promossa dalla associazione di pazienti e famiglie nata per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla conoscenza della malattia.
“Questa è una bella pagina per le Marche, un’occasione importante per sensibilizzare l’opinione pubblica su una malattia complessa come la fibrosi cistica e per sostenere concretamente chi ne è colpito – ha detto il vicepresidente Saltamartini -. Nella nostra regione sono circa 220 le persone affette, e grazie all’impegno del Sistema Sanitario Regionale, i farmaci approvati da AIFA ed EMA – che, combinati, migliorano significativamente la capacità respiratoria – sono forniti gratuitamente. Si tratta di un segno tangibile di civiltà e attenzione verso i pazienti, frutto anche della costante sollecitazione da parte dell’Associazione, in un sistema sanitario che spesso è concentrato sulle emergenze e rischia di lasciare queste patologie in un cono d’ombra.
Quando Alessandro ha affrontato la sua prima sfida nel 2021, chiedeva l’accesso per tutti a quei farmaci che ancora non erano disponibili per molti. Oggi, finalmente, due terapie innovative migliorano sensibilmente la qualità della vita. Tuttavia, come ha ricordato anche il nostro campione, circa il 30% dei pazienti resta ancora senza una cura efficace: sono i cosiddetti "orfani terapeutici", per i quali è fondamentale continuare a investire nella ricerca. Le Marche, che si sono distinte a livello nazionale come una delle prime regioni ad introdurre gratuitamente questi trattamenti, continuano a guardare avanti, puntando sulla ricerca per migliorare la cura di tutti i pazienti”.
“Tornare in acqua per una nuova impresa con un solo pensiero nella mente: una sfida per la speranza di chi aspetta una cura”. Queste le parole di Alessandro, che anche quest’anno ha deciso di impegnarsi e tornare in acqua per proseguire il suo viaggio di sensibilizzazione sulla fibrosi cistica.
In particolare Alessandro, in questa nuova edizione 2025 di 125 Miglia per un Respiro, intende accendere un faro su tutte quelle persone con fibrosi cistica che oggi in Italia sono “orfane di cura”: sono i pazienti che non possono ancora accedere ai nuovi farmaci in commercio per la cura della fibrosi cistica, per via della loro mutazione genetica.
“È fondamentale focalizzare l’attenzione su questa tipologia di pazienti e combattere per riuscire a garantire loro un futuro migliore!! Proprio come me che ho la fortuna di poter usufruire di questi modulatori della CFTR, il gene responsabile della fibrosi cistica” dichiara Alessandro.
Determinato come sempre e carico di speranza per il bisogno di questi pazienti, Alessandro attraverserà a bordo del suo kayak il mar Adriatico, sfidando di nuovo sé stesso per promuovere la conoscenza della fibrosi cistica e l’importanza dell’attività fisica come terapia fondamentale per migliorare la funzionalità respiratoria dei pazienti con FC.
L’appuntamento è fissato per il 10 luglio: compatibilmente con le condizioni meteo, Alessandro partirà da Civitanova Marche per raggiungere le coste di Sebenico in Croazia. Il rientro è previsto per domenica 13 luglio dove ad aspettarlo ci sarà un evento finale di sensibilizzazione a Civitanova Marche.
«Il progetto 125 Miglia per un Respiro è ormai una iniziativa ben avviata, che siamo orgogliosi di continuare a sostenere - dichiara Antonio Guarini, presidente LIFC - Lo scopo è quello di aumentare la consapevolezza sulla fibrosi cistica, la malattia genetica grave più diffusa ma ancora troppo poco conosciuta. Iniziative come quella portata avanti da Alessandro sono fondamentali per far luce su questa patologia e per trasmettere forza ai più di 6.000 pazienti italiani affetti da fibrosi cistica, così come a tutte le persone che affrontano questa sfida trasformandola in una leva per guardare con fiducia al futuro”.
Il 13 luglio, in occasione del rientro di Alessandro Gattafoni a Civitanova Marche, sarà presente Elisa Isoardi, presentatrice Rai, come ospite d’onore dell’evento.
«Accogliere Alessandro all’arrivo di questa impresa straordinaria sarà, ancora una volta, un onore e una grande emozione - afferma Elisa Isoardi - La sua determinazione è un esempio di forza e di speranza per tutti, in particolare per chi ogni giorno affronta la fibrosi cistica e, ancora oggi, è in attesa di una cura. Iniziative come 125 Miglia per un Respiro hanno il potere di accendere i riflettori su chi troppo spesso resta invisibile. È fondamentale continuare far conoscere questa causa, affinché nessuno si senta più solo nella propria battaglia».
Il progetto di Alessandro e della Lega Italiana Fibrosi Cistica si può sostenere attraverso questa link: https://www.retedeldono.it/progetto/un-respiro-piu-0.
I NUOVI FARMACI PER LA FIBROSI CISTICA E I PAZIENTI “ORFANI DI CURA”
La fibrosi cistica negli ultimi anni è cambiata molto. Si è passati da una patologia pediatrica a una malattia che coinvolge pazienti in età adulta, perché per fortuna l’età media di un paziente oggi si aggira intorno ai cinquant’anni.
Se pensiamo a solo pochi anni addietro, è un traguardo eccezionale, che tutti sperano cresca ancora. Ci sono dei farmaci innovativi che hanno notevolmente migliorato la vita dei pazienti, ma che però alcuni malati non possono assumere, perché hanno una mutazione per la quale non esiste ancora un trattamento disponibile.
“Il 70% dei pazienti può usufruire dei nuovi farmaci, ma il restante 30% è ancora escluso – afferma il presidente LIFC Antonio Guarini – La battaglia importante che stiamo conducendo è che ci sia al più presto una reale equità nell’accesso alle terapie. Come Associazione, continueremo a lavorare con determinazione affinché le istanze dei pazienti e delle loro famiglie siano ascoltate e tradotte in azioni efficaci, orientate al miglioramento della qualità della vita. A questo proposito la recente nascita di un Intergruppo Parlamentare sulla Fibrosi Cistica rappresenta un ulteriore importante passo verso il riconoscimento concreto dei diritti delle persone affette da questa patologia. È un segnale forte che arriva dalle Istituzioni e che conferma quanto la fibrosi cistica debba essere considerata una priorità sanitaria e sociale”.
Kaftrio – nuovo farmaco per il trattamento della Fibrosi Cistica
Kaftrio® è una combinazione di 3 principi attivi (ivacaftor/tezacaftor/elexacaftor) modulatori della proteina CFTR che è difettosa e perciò responsabile dei sintomi della malattia. Il farmaco è mirato a correggere le alterazioni della proteina CFTR prodotte dalla mutazione F508del, la più comune tra le mutazioni che causano la fibrosi cistica. In regime di associazione con KALYDECO® (ivacaftor) è un farmaco sviluppato per il trattamento della fibrosi cistica in pazienti di età pari o superiore a 12 anni che presentano almeno una mutazione F508del.
La riduzione evidente del cloro sudorale, registrata durante la terapia con il Kaftrio®, ne ha dimostrato l’effetto diretto sulla proteina CFTR, presente anche nelle ghiandole del sudore. Kaftrio® si pone in prospettiva come un farmaco in grado di migliorare sostanzialmente lo sviluppo clinico della malattia, un risultato fortemente atteso dalle persone con FC, i loro familiari e dalla comunità scientifica.
Kaftrio® può cambiare radicalmente la vita di questi malati dando sollievo ai sintomi che limitano le relazioni sociali e la realizzazione delle proprie aspirazioni. Ne migliora lo stato nutrizionale e consente di ridurre il numero di infezioni polmonari acute che per i pazienti si traduce in una riduzione dei ricoveri. Questo miglioramento clinico evita per alcuni pazienti di sottoporsi al trapianto di polmoni, attualmente l’unica terapia nei casi di insufficienza respiratoria grave. Parliamo di ragazzi e ragazze giovanissimi che hanno il diritto di vivere una vita normale e che, oggi che il farmaco è disponibile, non devono aspettare ancora per poterlo assumere.
Il 7 aprile 2025, la casa farmaceutica produttrice del farmaco ha annunciato che la Commissione Europea ha approvato l’estensione dell’etichetta per KAFTRIO® in combinazione con Ivacaftor per tutte le persone con fibrosi cistica di età pari o superiore a 2 anni che presentano almeno una mutazione non di classe I nel gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator). Per i pazienti con due mutazioni di classe I (di stop) occorre aspettare ancora gli esiti di trials clinici che si basano sulla terapia genica.
L’impegno della Lega Italiana Fibrosi Cistica sarà ancora più concentrato sul prossimo passo cruciale: fare in modo che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) segua e attui le indicazioni anche in Italia nel minor tempo possibile. Saranno circa 4.000 le persone affette da fibrosi cistica nell’Unione Europea che per la prima volta saranno idonee a ricevere Kaftrio.
Due procedure di occlusione dell’auricola sinistra sono state eseguite con successo per la prima volta nel Reparto di Cardiologia Interventistica dell’Ospedale di Macerata, diretto dal Dr. Francesco Pellone. Nello specifico si tratta di un trattamento interventistico percutaneo rivolto a pazienti affetti da fibrillazione atriale, che ha lo scopo di escludere dal circolo ematico l’auricola atriale sinistra tramite il posizionamento di un dispositivo di chiusura.
“La fibrillazione atriale è l’aritmia più comune osservata nella pratica clinica e rappresenta un importante e riconosciuto fattore di rischio di ictus cerebrale - spiega il Dr. Francesco Pellone, Primario della Cardiologia Interventistica di Macerata -. Si tratta di una condizione in cui gli atri si contraggono così velocemente da provocare un ristagno di sangue all’interno degli stessi, ma soprattutto all’interno di un’appendice dell’atrio sinistro chiamata auricola, che può dar luogo alla formazione di un coagulo.
Tale coagulo potrebbe dislocarsi e prendere la via del circolo ematico andando ad ostruire le arterie nei distretti periferici, ad esempio arterie cerebrali, intestinali, coronariche e degli arti. I pazienti con fibrillazione atriale hanno un rischio cinque volte più alto di ictus, più dell’87%, infatti, di questi sono tromboembolici e di conseguenza la prevenzione di complicanze tromboemboliche è uno degli scopi principali del trattamento della fibrillazione atriale”.
Attualmente il trattamento più efficace per la prevenzione dell’ictus è la terapia anticoagulante a lungo termine, ma sebbene ne sia provata la sua efficacia, la terapia anticoagulante è associata al rischio di effetti collaterali, i più importanti dei quali sono certamente le emorragie, specie a livello cerebrale e/o gastrico. Molti pazienti, tuttavia, presentano controindicazioni assolute o relative alla terapia anticoagulante orale.
I due pazienti trattati nel Reparto di Cardiologia Interventistica di Macerata, un uomo di 85 anni e una donna di 84, affetti da fibrillazione atriale in trattamento con anticoagulanti orali, hanno manifestato episodi di emorragia gastrointestinale nell’uomo e cerebrale nella donna, quest’ultima recentemente colpita da infarto e sottoposta ad angioplastica primaria. L’insorgenza di questa complicanza ha imposto la sospensione della terapia anticoagulante, aumentando il rischio di ictus.
Dopo l’inquadramento diagnostico i due pazienti sono stati presi in carico e l’intervento di chiusura percutanea dell’auricola si è realizzato senza complicanze e con la dimissione degli stessi in seconda giornata. Questo intervento arricchisce il panorama delle procedure che vengono effettuate presso l’Unità Operativa di Cardiologia Interventistica di Macerata, rendendola, dopo l’Ospedale di Torrette, l’unica che vanta una così ampia molteplicità di attività interventistiche.
Tra queste vanno annoverate le coronarografie ed angioplastiche in regime di DH, realtà sviluppata di recente, in elezione (ricovero ospedaliero) e in urgenza, la chiusura dei PFO, la valvuloplastica aortica, il cateterismo cardiaco destro e sinistro e non per ultimo l’impianto di Reducer. “Ringrazio il Dr. Francesco Pellone perché grazie a questo nuovo intervento di occlusione dell’auricola atriale abbiamo aumentato il ventaglio dell’offerta sanitaria erogata ai pazienti, in particolare quelli affetti da fibrillazione atriale e impossibilitati ad assumere terapia anticoagulante orale- dichiara il Direttore Generale dell’Ast di Macerata Dr. Alessandro Marini. - A dimostrazione di come sia elevato il livello di competenze professionali dei medici della nostra Azienda Sanitaria”.
“Ancora una volta con orgoglio desidero sottolineare il livello di eccellenza raggiunto dalla sanità maceratese e la grande preparazione che contraddistingue il personale sanitario che vi opera – dichiara il Vice Presidente della Giunta e Assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini. – L’impegno della Regione è quello a garantire le migliori cure ai cittadini e grazie alle nostre grandi professionalità l’offerta di trattamenti sanitari continua ad ampliarsi”.
La stagione è già molto calda e si prevede che lo sarà a lungo. Tra le condizioni patologiche che maggiormente possono essere aggravate dalle alte temperature c’è sicuramente il linfedema, gonfiore causato da un accumulo di linfa nei tessuti. In estate può essere più acuto a causa dell’aumento della temperatura e della vasodilatazione che ne consegue.
Proprio per questa possibilità pare opportuno oggi parlare di questa particolare patologia con l’operatore sanitario che si occupa del controllo e riduzione del linfedema: il fisioterapista. Ne parliamo con il Dr. Vincenzo Di Costanzo operatore presso il centro medico Associati Fisiomed.
Di Costanzo cos’è il linfedema e da cosa può essere causato?
"Il linfedema è un gonfiore anomalo e persistente, che si sviluppa quando il sistema linfatico non riesce più a drenare correttamente la linfa, cioè un liquido ricco di proteine e scorie. Questo provoca un ristagno nei tessuti, più spesso in un braccio o in una gamba. Può essere primario, cioè congenito, oppure secondario, ad esempio in seguito ad interventi chirurgici (come la mastectomia con rimozione di linfonodi), radioterapia o traumi. È una condizione cronica, ma se diagnosticata e trattata precocemente, può essere ben gestita."
Quali segnali possono far pensare a un linfedema e come si arriva alla diagnosi?
"I primi segni sono spesso un gonfiore localizzato, una sensazione di pesantezza o tensione nella pelle, e in alcuni casi una riduzione della mobilità dell’arto. All'inizio il gonfiore può comparire solo a fine giornata e migliorare con il riposo, ma col tempo diventa stabile. Per la diagnosi si parte dall’esame clinico e si può ricorrere all’ecografia oppure esami più avanzati come la linfoscintigrafia e la fluorescenza con ICG, che mostrano il funzionamento dei vasi linfatici."
In cosa consiste il trattamento e che ruolo ha il linfodrenaggio manuale?
"Il trattamento più efficace è la cosiddetta Terapia Decongestiva Complessa, che include: linfodrenaggio manuale, una tecnica eseguita da fisioterapisti specializzati, questo metodo prevede movimenti manuali lenti, ritmici e molto delicati, eseguiti in una sequenza precisa, con lo scopo di stimolare il deflusso della linfa nei vasi superficiali e favorirne il riassorbimento.
Il metodo Vodder è particolarmente indicato perché rispetta la fisiologia del sistema linfatico e aiuta a ridurre l'infiammazione e il dolore, migliorando nel tempo la qualità della vita del paziente. Bendaggi multistrato o tutori elastici, per mantenere la riduzione del volume.
Esercizi attivi mirati, che aiutano il ritorno linfatico sfruttando il movimento muscolare. Cura della pelle, per evitare infezioni. Concludo ricordando che il linfedema non deve essere ignorato. Una presa in carico precoce da parte di un fisioterapista specializzato può fare la differenza nel contenere l'evoluzione della patologia e nel migliorare la qualità della vita del paziente. Rivolgersi a professionisti qualificati è il primo passo verso una gestione efficace e sicura."
Con l’arrivo del caldo, è del tutto naturale che il gelato diventi uno dei protagonisti della nostra alimentazione quotidiana. Più che normale, è quasi fisiologico: le alte temperature stimolano il desiderio di alimenti freschi, dolci e appaganti, capaci di offrire un immediato sollievo e una piacevole pausa. Il gelato, in particolare, non appaga solo il gusto: ha anche una forte componente emotiva e relazionale. È spesso associato a ricordi d’infanzia, alle vacanze estive, alle passeggiate serali in compagnia. Non è solo un alimento, ma un piccolo rituale che unisce gusto, memoria e condivisione.
Proprio per questo motivo, quando arriva la bella stagione, è naturale chiedersi come includere il gelato nella propria alimentazione in modo equilibrato, senza rinunciare al piacere ma tenendo conto anche del benessere complessivo.
Oltre al gusto, c’è un aspetto spesso sottovalutato ma importante: la gratificazione sensoriale. Studi sul comportamento alimentare mostrano che il piacere derivante dal consumo di un alimento aumenta quando vengono coinvolti anche il tatto, la vista e la ritualità del gesto. È il caso del gelato nel cono: la croccantezza, la manualità, la lentezza nel mangiarlo rendono l’esperienza più appagante, contribuendo anche a una maggiore consapevolezza nel consumo e, in alcuni casi, a una minore quantità assunta.
Tuttavia, anche se si tratta di un piacere legittimo, è bene non trasformarlo in un’abitudine quotidiana. Il gelato, soprattutto nei gusti più elaborati – come quelli alla crema, con salse, biscotti o granelle – può contenere quantità elevate di zuccheri semplici e grassi saturi. Questo non significa che debba essere evitato, ma consumato con moderazione, scegliendo porzioni contenute, preferendo gusti semplici o alla frutta, e, quando possibile, optando per preparazioni artigianali.
Una domanda frequente, specie nei giorni di caldo intenso, è se il gelato possa sostituire un pasto. Sebbene occasionalmente possa rappresentare una soluzione pratica, non è un'alternativa nutrizionalmente completa. Il gelato fornisce energia, ma è povero di fibre, proteine, vitamine e sali minerali. Inoltre, il suo elevato indice glicemico può causare un rapido aumento della glicemia seguito da un altrettanto rapida sensazione di fame. Per questo motivo, se manca l’appetito, è preferibile orientarsi verso pasti leggeri e bilanciati, come un’insalata con una fonte proteica o uno yogurt con frutta fresca e frutta secca.
Particolare attenzione va riservata a chi sta seguendo un percorso di dimagrimento o convive con il diabete. In questi casi, il consumo di gelato richiede maggiore consapevolezza: è consigliabile limitare le porzioni, scegliere gelati alla frutta artigianali, e verificare sempre gli ingredienti in caso di gelati “senza zuccheri aggiunti”, per evitare dolcificanti che possano avere effetti indesiderati. Inserirlo nel piano alimentare in modo ragionato, può permettere di gestirne meglio l’impatto glicemico senza rinunce drastiche.
In definitiva, il gelato è uno dei piaceri più semplici e caratteristici dell’estate. Con qualche attenzione e una buona dose di consapevolezza, può tranquillamente far parte di un’alimentazione varia, equilibrata e soddisfacente. Proprio come una passeggiata al tramonto o una chiacchierata sotto le stelle, il gelato, se scelto e gustato con criterio, può essere uno dei piccoli piaceri che rendono l’estate più dolce.