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Ricci e la sfida impossibile: nelle Marche si decide il futuro dei dem

Ricci e la sfida impossibile: nelle Marche si decide il futuro dei dem

Eravamo rimasti alle Marche “Ohio d’Italia”, oggi s'inizia a guardare alle Marche come la “piccola Waterloo del PD”. Quella che, dalle parti di Matteo Ricci, doveva rappresentare la regione start dell’ascesa del Campo Largo, rischia di rivelarsi fatale per gli equilibri interni di un partito che “galleggia” intorno al 20% dei consensi.

Benvenuti nelle Marche, assurte agli onori delle cronache nazionali per rappresentare il grimaldello con cui scassinare il centrodestra dell'epoca Meloni. Le eccezioni di Genova e dell’Umbria avevano illuso il partito della Schlein della felice intuizione dell’alleanza con Conte ed il duo degli inseparabili Bonelli-Fratoianni.

Ma nelle Marche si gioca un’altra partita, e questo non è stato colto dagli uffici romani di un PD che conferma la sua distanza dalle “cose di casa nostra”. A molti esponenti "centristi" è piaciuta di più la mossa di Calenda, scettico su un campo troppo largo per essere vero.

Ricci, dal canto suo, si è distinto per una campagna movimentista, dalla bici al marchigiano dietro la porta, fino ai comizi d’amore, dove però sono emersi più insulti che carezze, appena sufficienti a scaldare i cuori degli astanti. La battaglia si è trasferita nelle piazze, dove i due schieramenti hanno radunato le truppe di sostenitori per ingaggiare una disputa sui numeri.

Le mille persone in spiaggia per il Ricci agostano non sono state più bissate dagli eventi targati PD che si sono succeduti di lì a poco. Di contro, Acquaroli può vantare le 3mila persone a Pesaro e le oltre 2mila in piazza ad Ascoli, ma anche Baldelli non ha scherzato con le oltre mille in quel di Pergola. Bonaccini, Salis, Gori, Boschi, Serracchiani scaldano davvero poco, e non hanno conquistato la leadership tematica nelle faccende di casa nostra.

Da Bologna, Genova, Bergamo, Firenze e Udine è un po' difficile capire quali siano le questioni marchigiane più "calde" ed entrare nel merito di temi chiave come infrastrutture, sanità e sviluppo. Più facile tuffarsi nelle promesse tipo “soldi per le giovani coppie", “asili gratis per le mamme”, “pullman gratis per gli studenti”, e così via. Senza specificare poi chi dovrà pagare queste regalie e con quali risorse.

Eccoci dunque all’ultima settimana “santa” di campagna elettorale.

Ricci gira oggi in giacca e cravatta, stile proto-Governatore, bazzica anche i comuni più piccoli dell'entroterra per intascare qualche consenso in più, dando l'impressione però che abbia prodotto il massimo della spinta possibile per una rimonta al limite dell’impossibile. Di probabile, in caso di sconfitta, c’è il “redde rationem” in casa PD.

Mugugni su Bonaccini troppo appiattito sull’eccessivo baricentro della Schlein verso gli estremi; l’area centrista dei dem, con Gentiloni in testa, dubita che questo PD rappresenti una vera alternativa alla Meloni; lo stesso Franceschini, sembra quello che osserva il fiume dall’alto in attesa di veder passare il cadavere.

E Ricci? Con un'eventuale sconfitta il suo destino sembra segnato: parcheggio a Bruxelles e buona pace per la sua ambizione di scalare la vetta della segreteria nazionale.

In casa PD qualcuno è già pronto a voltare pagina. Anzi, a stracciare il libro di chi ha confuso il progressismo con l’estremismo, rivelandosi incapace di creare un’alternativa credibile al centrodestra. Mancano più o meno 100 ore all’esito nell’Ohio d’Italia, un'elezione che, a questo punto, potrebbe rivelarsi l'Ohio dell'attuale classe dirigente del PD.

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