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Il prof. Gerardo Villanacci: "La pandemia devasterà l'economia. Per ripartire, la chiave è semplificare"

Il prof. Gerardo Villanacci: "La pandemia devasterà l'economia. Per ripartire, la chiave è semplificare"

Le previsioni fatte, nella giornata di ieri, dal Fondo Monetario Internazionale evidenziano come la pandemia di Covid-19 porterà un impatto devastante sull'economia globale. Per quanto riguarda il 2020, la produzione economica globale è prevista in calo del 3%

Si tratta, ovviamente, di previsioni che, in quanto tali, conservano un certo grado di incertezza ma questi dati offrono un primo riscontro su quanto ci attenderà nei mesi a venire. 

Gli unici due Paesi che si salveranno dal segno meno nel 2020 saranno l'India (+1,9%) e la Cina (+1,2%), mentre la contrazione dell'Italia assumerà contorni drammatici: il calo, secondo il Fondo Monetario, arriverà al - 9,1%. Un vero e proprio tracollo, ancor più preoccupante se confrontato con la media dell'Eurozona (-7,5%). Peggio dell'Italia, fa solo la Grecia (-10%). 

Abbiamo provato a ragionare delle difficoltà che ci troveremo a fronteggiare a seguito dell'emergenza coronavirus con il professor Gerardo Villanacci, ordinario di diritto privato all'Università Politecnica delle Marche, provando anche a ipotizzare delle possibili soluzioni per il rilancio. 

La crisi che stiamo vivendo può essere paragonata a quelle vissute in passato? 

"I confronti con il passato non reggono, nemmeno paragonando la situazione attuale con la Grande Depressione del secolo scorso. La crisi interessa tutti i Paesi, c'è poco da comparare.

Al momento, tutti siamo presi dalle cause della malattia. Siamo interessati, cioè, a trovare rapidamente le cure e un vaccino efficace. Tuttavia gli effetti sopravvivono alla cause, e noi li stiamo già vivendo. Piaccia o meno, inevitabilmente, tutto cambierà. Quello che possiamo fare è guidare questo cambiamento". 

In cosa consisterà il cambiamento? 

"Il cambiamento sarà anzittutto valoriale. Il valore salute, che si può declinare sia come diritto alla salute che come tutela dell'ambiente, diverrà prioritario e andrà coniugato con quello della libertà delle iniziative economiche e personali. Bisognerà ripensare il welfare state, ripristinando quello che già abbiamo: una legislazione all'avanguardia.

Un esempio su tutti è quello del principio di precauzione, che abbiamo formalmente attuato ma poi non applicato. Per principio di precauzione si intende l'insieme delle iniziative volte a preservare la nostra salute in situazioni emergenziali. Se lo avessimo applicato, certamente non avremmo inciso così pesantemente sulla riduzione per le spese della sanità pubblica e non ci saremmo trovati nella condizione di non avere neppure le mascherine e la disponibilità di posti letto". 

Riusciremo a venire fuori da questa situazione e come?

"Ne verremo fuori, ma ad alcune condizioni. Anzitutto scongiurando l'insidia del luogo comune, ovvero l'idea astratta che si fonda sulla fiducia. 'Ne usciremo perché ne siamo usciti fuori in passato, e siamo un gran popolo'. Non si va avanti con i luoghi comuni. Per venirne fuori bisogna lottare e combattere, e quindi partire da alcuni elementi centrali".

Quali sono gli elementi centrali su cui fondare la ripartenza? 

"Anzitutto occorre preservare lo stato sociale, ovvero quell'insieme di attività - prevalentemente pubbliche, ma anche di enti privati - che forniscono sostegno a chi si trova in condizione di bisogno.

Bisogna partire dalle cose di cui abbiamo effettivamente bisogno con poche, ma chiare, regole e leggi che siano prontamente applicabili. Tutto ciò, oggi, non sta accadendo. Da fine febbraio abbiamo assistito a una profusione di decreti legislativi, uno dietro l'altro. Documenti da 60 pagine che neanche un giurista esperto riesce a interpretare. Alle persone va detto chiaramente cosa devono fare, senza incertezze o contraddizioni".

Il secondo punto è quello di attuare, piccole, ma grandi riforme. In primo luogo, la riforma fiscale.

"Questa emergenza va colta come occasione per cercare di uscire dalla crisi istituzionale in cui ci troviamo da anni. Bisogna semplificare, non abbiamo più bisogno del surplus formalistico dello Stato. Da una situazione drammatica, bisogna fare in modo che se ne esca migliorati. 

La politica, più che nel passato, è chiamata a svolgere un ruolo importante: quello della semplificazione, non della complicazione. Partiamo, dall'offerta dei servizi essenziali, senza più fronzoli." 

Che fine farà, in tutto questo, l'Europa? 

"Tutti, a livello economico, si affidano all'azione della Banca Centrale Europea. E da questa, certamente, arriveranno aiuti. Per il resto, anche qui, si ha l'occasione di realizzare quell'Unione che non c'è mai stata, di fatto. Gli Stati non hanno mai avuto un elemento comune per divenire davvero un'Unione. L'elemento comune che avrebbero dovuto avere, una costituzione, non c'è mai stato. Ci si è limitati a costruire un'unione di titpo economico".  

 

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