Pelli liscissime, labbra carnose, fisici scolpiti: realtà o finzione? Sono i "beauty filters", ossia delle “maschere digitali” che ciascun utente applica alla propria immagine per apparire sui social. Non solo teenagers, ma anche donne adulte che entrano in competizione con le loro coetanee e uomini di ogni età.
L’uso smodato dei filtri, iniziato nel 2010 con il lancio di Instagram, uno dei primi social media che li ha introdotti, non ha distinzione di sesso nè anagrafica.
Per ogni difetto, reale o supposto che sia, basta applicare a sé stessi un filtro e si cancella immediatamente ogni imperfezione. Per molti l’omologazione del proprio corpo ai “finti canoni” stabiliti dai social con Photoshop e altre applicazioni, è il normale strumento con cui presentarsi all’altro nel mondo virtuale.
Salvo poi il sopraggiungere dell’ansia da prestazione per somigliare il più possibile a quel "falso sé”" alterego social, e del senso di inadeguatezza per non poterci (ovviamente) riuscire.
Sociologi, psicologi e psichiatri già da tempo denunciano che l’uso del fotoritocco è diventato la nuova normalità, a scapito di gravi risvolti psicologici e disturbi della personalità. Utilizzare quotidianamente i filtri e le app di editing può portare a sviluppare la "selfie dismorfia", una condizione in cui non si è più in grado di distinguere la propria immagine reale da quella postata sui social network.
Chi soffre di questa condizione può arrivare a non riconoscere più il proprio volto allo specchio, tanto è abituato a quello ritoccato online. Da qui al vero e proprio "disturbo mentale da dismorfismo corporeo" inserito nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) nel capitolo dei "disturbi ossessivo compulsivi e correlati", la distanza è breve.
Si tratta di un disturbo che comporta eccessiva preoccupazione per un presunto difetto fisico (che in alcuni casi può essere del tutto inesistente) causando nel soggetto problemi nel funzionamento sociale, emotivo, relazionale e in altre importanti aree di vita.
La reazione a questo imperante quanto stressante stile di vita ha trovato voce in alcune giovani influencer che hanno scelto di mostrarsi sui social con i propri difetti: acne, smagliature e cellulite, e tutte quelle imperfezioni, ammesso che lo siano, con le quali nel quotidiano reale ciascuno si rapporta.
È di Faye Dickinson, influencer londinese, l’idea del tool su Instagram creato nel 2021, “Filter vs Reality”: uno strumento che applica il filtro di abbellimento solo su metà viso, lasciando naturale l’altra, con l’obiettivo di evidenziare la differenza tra l’immagine costruita sui social e quello che è nella realtà.
Lo strumento è stato creato per mettere in luce le problematiche connesse con la non accettazione del proprio vero sé. Siamo ancora lontani dall’abbandonare l'oramai standardizzata "falsa perfezione", ma i segnali che giungono in controtendenza, fanno sperare che tra tante “maschere” di pirandelliana memoria, i "pochi volti" diventino sempre più numerosi.
(Foto: Instagram goar_avetisyan)
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