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Giovanna, uccisa dall'ex compagno che poi si suicida

Giovanna, uccisa dall'ex compagno che poi si suicida

Sono stati celebrati ieri mattina nella chiesa di San Giuseppe a Villabate (Palermo), i funerali di Giovanna Bonsignore, assassinata giovedì sera dal suo ex compagno Salvatore Patinella. Giovanna era una donna di 44 anni, madre di una ragazza di 15 anni, impegnata nel sociale: proprio le sue colleghe, volontarie dell'associazione Archè, con le quali la vittima svolgeva attività di cura ai bisognosi del paese, ieri l'hanno accompagnata per l'ultima volta, indossando una maglietta rossa per denunciare la violenza contro le donne.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Patinella si era recato a casa della donna intorno all’ora di cena e ha portato a compimento il suo proposito criminoso, annunciato poco prima con un post nella sua pagina Facebook. L’ex compagno di Giovanna, dopo essersi scagliato contro di lei colpendola con molteplici fendenti probabilmente al culmine dell'ennesima lite, si è suicidato con un unico colpo mortale alla giugulare, utilizzando lo stesso bisturi che aveva rivolto contro la vittima. 

Un amico dell'uomo, leggendo il post, aveva intuito la gravità della situazione ed ha allertato i carabinieri che sono giunti immediatamente sul posto: purtroppo il delitto si era già consumato. Secondo quanto raccontano alcuni conoscenti, Giovanna Bonsignore e Salvatore Patinella si erano lasciati, ma l’uomo, 41 anni, non aveva accettato la separazione.

Nel messaggio lasciato al social, l’assassino, con parole terribilmente lucide, ha preannunciato il gesto che stava per compiere. Un messaggio espressione di un soggetto che come ultimo gesto di controllo sulla partner ha scelto di ucciderla: il messaggio fa pensare alla sua frustrazione per la perdita del possesso su qualcosa che gli apparteneva.(..) “Per tutto ciò che probabilmente hai già fatto o avresti potuto fare, le stesse cose che hai fatto con me, con un altro uomo, mi hai fatto letteralmente squilibrare”(..).

Un amore finito provoca dolore, fa male lasciare andare. Quando però subentrano esplosioni di rabbia, ritorsioni, minacce, violenza verbale o fisica, sino al gesto estremo di uccidere, queste emozioni parlano al massimo di amore (patologico) verso se stessi, più che di amore verso l’altra/o. In questi casi sono l’incapacità di affrontare il rifiuto, la frustrazione che povocano “dolore”.

Dipendenza, immaturità, scarsa autostima sono alla base di questi omicidi. L’amore degno di essere chiamato tale non conosce violenza, costrizione e sopraffazione. Impariamo a non chiamare "amore" ciò che non lo è.

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