Sparatoria a Cingoli: ai domiciliari un pastore 45enne di origini sarde, da anni residente a Staffolo. È accusato di tentato omicidio e porto illegale di armi congiuntamente a un cittadino di nazionalità tunisina, che lavorava nell'azienda agricola dell'uomo. La misura della custodia cautelare è stata emessa dal Gip del Tribunale di Macerata lo scorso sabato, 29 giugno, ed è stata eseguita dai carabinieri della sezione operativa della Compagnia di Macerata e della stazione di Cingoli, supportati da quelli della stazione di Staffolo. L'uomo, però, nega tutto e dice di non aver mai fatto male a nessuno.
I FATTI - L’attività investigativa ha avuto origine il 25 novembre dello scorso anno a seguito di un intervento in pronto soccorso di una pattuglia dell'Arma a causa del ricovero di un uomo per ferite di arma da fuoco. I militari giunti in ospedale hanno appreso che la vittima, un cittadino tunisino irregolare sul territorio nazionale, mentre viaggiava in auto insieme ad altri quattro connazionali - nella zona di Cingoli - sarebbe stato ferito da uno dei due colpi di fucile sparati da un furgoncino che si è dileguato subito dopo l'assalto.
Le successive indagini hanno consentito di individuare quali autori dell'azione criminale due soggetti: un imprenditore agricolo e un cittadino di origine tunisina che, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri, nel tentativo di colpire un determinato passeggero, ne avrebbero invece colpito un altro.
I militari hanno, quindi, ricercato i due responsabili nelle rispettive abitazioni, sebbene il nordafricano avesse già fatto perdere le sue tracce, dileguandosi. Nell'abitazione in cui viveva, però, sono stati ritrovati un fucile da caccia calibro 12 e 22 cartucce del medesimo calibro. Il pastore, invece, è stato trovato in possesso del furgoncino utilizzato nella sparatoria, risultato di sua proprietà. Il mezzo è stato sequestrato e affidato in custodia giudiziale per successive analisi scientifiche.
Le indagini che si sono protratte nel corso dei mesi passati - sotto la costante direzione della Procura della Repubblica di Macerata e svolte anche con attività tecniche quali intercettazioni telefoniche e analisi dei tabulati telefonici - hanno consentito di raccogliere numerosi elementi di prova sia in relazione alle modalità di esecuzione materiale dell’aggressione, sia in merito al movente, identificato in un debito di dubbia legittimità che l’imprenditore doveva alla vittima designata, che non voleva restituire.
Nello specifico, gli investigatori hanno acclarato come il debito fosse riconducibile all'attività lavorativa dell’agricoltore, che avrebbe effettuato assunzioni fittizie di stranieri per le esigenze della sua azienda agricola e di ovinicoltura al fine di ottenere la cassa agricola e le somme previste dai decreti-flussi.
Una di queste assunzioni false, richiesta dalla vittima per un parente e per cui aveva versato al presunto mandante dell'aggressione la somma di 3mila euro, mai restituita, non era andata a buon fine. A causa del debito, la vittima - anch'essa di origine tunisina - avrebbe danneggiato l'auto dell’agricoltore per ritorsione, scatenando la reazione degli indagati.
Al termine delle formalità di rito, il pastore 45enne - che ha dichiarato come a sparare sia stato il suo lavoratore - è stato riaccompagnato al proprio domicilio e posto in regime di arresti domiciliari. Sono tuttora in corso le ricerche dell’altro responsabile, al momento irreperibile, per assicurarlo alla giustizia.
Commenti