di Lisa Grelloni

Pioraco, il Palazzetto dello Sport torna a nuova luce dopo il terremoto: "Auspichiamo altre di queste giornate"

Pioraco, il Palazzetto dello Sport torna a nuova luce dopo il terremoto: "Auspichiamo altre di queste giornate"

Festa grande a Pioraco, in località Piè di Gualdo: la palestra scolastica, fulcro della “Cittadella dello Sport”, torna aes sere pienamente fruibile. Quest'ultima è costata circa 1 milione di euro, in parte ottenuti mediante un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e in parte con i fondi dell’amministrazione comunale. Il palazzetto dello sport, intitolato a Vito Onesta, per tutti “Giorgione”, scomparso a 65 anni nel 2017, va a inserirsi in un contesto che ha vissuto una vera e propria evoluzione in questi anni; attualmente è in grado di offrire servizi sportivi a 360°, per gli appassionati di qualunque sport. La palestra, dunque, rivede la luce tornando a disposizione degli studenti e dei cittadini, trattandosi di un impianto sicuramente centrale per una comunità come quella piorachese.  È stato lo stesso sindaco Matteo Cicconi a sottolinearlo: “Come iniziare al meglio questa giornata, se non con un inno allo sport, quale elemento per fare comunità, la nostra specialmente è stata distrutta anche dal terremoto del 2016. Auspichiamo che di queste giornate per Pioraco ce ne siano ancora delle altre”.  Da qualche anno un massiccio restyling sta interessando gli impianti sportivi di Pioraco e, pertanto, ora è possibile giocare a tennis, a padel, a bocce, a beach volley, a basket, a calcio e a calcetto. Si può inoltre svolgere ginnastica all’aperto, nell’area fitness, accanto al campetto di calcio A5.  Pubblico delle grandi occasioni presente al taglio del nastro insieme ai sindaci delle comunità limitrofe e al Corpo Bandistico “Alta Valle del Potenza” che ha allietato il pomeriggio. Sul palco, oltre al padrone di casa, il vice presidente del consiglio regionale Marche Gianluca Pasqui, il consigliere regionale Renzo Marinelli, il presidente della Provincia di Macerata Sandro Parcaroli, il presidente del CONI Marche Giovanni Battista Torresi ed il presidente del CUS Camerino Stefano Belardinelli che hanno evidenziato l’importante valore sociale dello sport anche per quanto concerne i cittadini dell’entroterra maceratese. Cicconi ha conferito il riconoscimento di “Gambero d’Oro” all’imprenditore Claudio Cioli, il quale è stato inoltre premiato dall’assemblea legislativa, nella persona di Pasqui, con un quaderno simbolico delle Marche. Al termine della cerimonia inaugurale festa in maschera con ricco buffet a disposizione di tutti i presenti.

01/03/2025 20:00
Meschini e i vini della Fattoria Colmone della Marca: "Vi racconto quando l' ‘1,618’ finì sulle tavole del G20”

Meschini e i vini della Fattoria Colmone della Marca: "Vi racconto quando l' ‘1,618’ finì sulle tavole del G20”

Giovanni Meschini è il titolare di Fattoria Colmone della Marca, unica azienda produttrice della Doc ‘I Terreni di San Severino Marche’, vino che ha avuto grandi riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale. La relazione del vino con la famiglia Meschini risale dagli anni ’60, quando Piero, il padre di Giovanni, appena sposato, era andato in Piemonte a lavorare come responsabile di un vigneto di Barolo e di Nebbiolo. Giovanni, la conoscenza ti è stata trasmessa da tuo padre. Quali sono i valori che ti ha lasciato? “Io sono nato lì, in Piemonte, tra i filari. Chiaramente questa regione era molti anni avanti in termini sia di gestione di vigneti che di lavorazione. A me piace definire la nostra cantina come una piccola realtà piemontese delocalizzata nelle Marche. Mio padre ha trasmesso alla nostra famiglia questa passione per il vino e ci ha trasferito i suoi valori: il rispetto della terra, la passione e la dedizione al vigneto per poter avere un prodotto di altissima qualità, poi da vinificare, in cantina”. Come mai hai fatto questa scelta di vita, di proseguire in questo settore? “Per me è stata una scelta coraggiosa perché ho lasciato molti anni fa, la Poltrona Frau, per dedicarmi alla cantina, e ho sempre vinificato dagli inizi degli anni 2000. La scelta di vita è stata facile perché il settore del vino è un mondo affascinante, ricco di creatività ma anche di tradizione, dà grandi soddisfazioni”.  Hai mai avuto dei dubbi? “Dubbi? Ne ho avuti a volte, ma la scelta di proseguire poi è stata naturale, ormai sono più di 20 anni che portiamo avanti Fattoria Colmone e le Marche in tutto il mondo”. Hai degli eredi a cui trasmettere l’impegno per questa attività di famiglia? “Ho due figli maschi, il maggiore sta facendo carriera all’estero, e quindi è uno dei ‘cervelli’ che è andato a lavorare lontano dall’Italia, mentre il minore è ancora un po’ piccolo, ma ho speranza che possa proseguire la storia di famiglia nel vino. Diciamo che tutti e due i miei figli si sono inseriti nella cantina, aiutano quando ho bisogno e questo è motivo di grande orgoglio e soddisfazione. È un po’ quello che ci hanno insegnato i nostri genitori, abbiamo sempre lavorato fin da piccoli nel ristorante di famiglia ed io sto cercando di far lavorare loro nella cantina in modo che questa passione possa crescere anche nei miei ragazzi”. Quale consiglio ti senti di dare ad un giovane che vorrebbe intraprendere questo percorso? “Il consiglio che posso dare ad un giovane è di fare le cose con passione, nel rispetto delle tradizioni, ma tenendo sempre un occhio aperto e diretto all’innovazione perché comunque sono stati fatti grandi passi in avanti e la qualità del vino è migliorata tantissimo”. San Severino Marche è tra i comuni colpiti dal sisma, quanto è stato difficile affrontarlo? Poi nel 2020 è arrivata anche la pandemia da Covid… “In quel momento ero anche vice sindaco, mi ricordo che sono stati momenti durissimi, San Severino Marche è stato uno tra i comuni con il più alto numero di sfollati, abbiamo avuto l’aiuto della protezione civile e dei vigili del fuoco. Molto spesso per supportare la popolazione abbiamo cercato di farli sentire a casa, più che in missione. Questi volontari venivano invitati anche dalle famiglie e dai ristoranti, questo creava uno spirito di squadra molto forte. La pandemia è stata micidiale, svegliarsi un giorno, a fine febbraio… con dei rumors relativi a questo virus e poi, a marzo, mese in cui clienti di tutto il mondo hanno chiuso. Vivevamo in una grande incertezza, non c’era idea di cosa sarebbe potuto capitare, l’azienda comunque è riuscita a sopravvivere a momenti davvero duri, ora stiamo ricostruendo. In realtà anche il mercato internazionale ha subito delle grosse trasformazioni, molti importatori e distributori hanno sofferto i danni della pandemia e non ce l’hanno fatta, questo ha richiesto una ricostruzione dell’organizzazione commerciale in giro per il mondo anche per noi” Qual è la specialità della Fattoria Colmone della Marca? “La specialità di Fattoria Colmone è sicuramente la DOC, è la più piccola d’Italia, ‘I Terreni di San Severino Marche’ con la denominazione Moro che noi produciamo ormai dal 2006, con la quale abbiamo portato in giro per il mondo il nome delle Marche e del nostro comune. È una DOC unica per le caratteristiche che il Monte Pulciano acquisisce alle nostre altitudini, quindi ci rende unici nel nostro genere, da qui prende vita anche l’1,618. Ma un’altra delle caratteristiche, quella che forse all’inizio ci ha fatti diventare famosi nel mondo, è stata la vinificazione del bianco delle uve di San Giovese e Merlot che produciamo ormai da 20 anni. Sono delle vinificazioni molto particolari che sono state apprezzate in molti ristoranti stellati, dal Canada agli Stati Uniti fino al Giappone”. Il tuo vino, il ‘1,618’ in edizione limitata, è finito sulle tavole del G20 a Roma, te l’aspettavi questo brillante traguardo? Puoi raccontarci questa esperienza? Perché questo nome? “La storia dell’1,618 è bellissima. Mi fu detto ‘Perché non partecipi e non mandi i vini per il G20?’, io risposi ‘Ma dai, con tutte le cantine importanti è difficile che scelgano una realtà piccola come la nostra’ ed invece con grandissima sorpresa, ricevetti una telefonata ‘Guardate, il Dott. Cernilli, uno dei fondatori del Gambero Rosso, è considerato dunque uno dei grandi esperti del vino italiano, vi ha scelto, devi mettere il vino in macchina e portarlo senza fermarti mai a Roma. Una grande emozione. Ho saputo che il vino è stato molto apprezzato, talmente tanto che il sommelier del primo ministro, che a quel tempo, era Mario Draghi. Egli si era interessato al vino e a prenderlo in considerazione per tenerlo nelle cantine del primo ministro. Il numero è interessante perché 1,618 è il numero aureo, o proporzione divina, rappresenta l’armonia in natura. Le piramidi sono state costruite con questa ratio, così come il Partenone o l’Uomo Vitruviano di Dante, le galassie sono regolate da questa ratio, così come le spirali delle chiocciole o il rapporto tra ape maschio e ape femmina all’interno di un’arnia, è dunque un numero magico. Il più grande complimento che si può fare ad un vino è dire che è armonico”.  Oltre alle visite guidate, la tua famiglia punta anche su iniziative di carattere didattico culturale e ricreativo, come la vendemmia didattica, puoi parlarcene? “Facciamo spesso visite guidate sia ai nostri clienti italiani che ai turisti, offriamo delle degustazioni, il posto è incantato, siamo in cima ad una delle più belle colline delle Marche, con una vista a 360° che lascia senza parole. Cerchiamo quindi di divulgare quello che facciamo, sicuramente le degustazioni sono il modo migliore per introdurre le persone alle caratteristiche ed ai dettagli che normalmente non riuscirebbero a percepire, almeno per la maggior parte degli enoappassionati. La vendemmia didattica invece è una novità, abbiamo appena aderito, sarà un’ulteriore opportunità per avere persone che possano comprendere meglio qual è la passione che ci anima e quanta cura mettiamo nella selezione dei nostri prodotti”. Progetti in cantiere? “Il vino offre la possibilità di esprimere la propria creatività, la nostra produzione è sotto molti punti di vista atipica, facciamo dei vini che quasi solo noi produciamo, o perlomeno la maggior parte di essi. L’ultimo nato è il Petit Vermut, un Vermut artigianale ottenuto dal nostro vino di Petit Verdot, ed abbiamo in cantiere un progetto per realizzare un metodo classico sempre ottenuto da Blanc De Noir, quindi da Petit Verdot, che in realtà non è altro che una vinificazione in bianco come fanno del resto con il Pinot Noir per lo Champagne”.

01/03/2025 15:04
I giovani che restano, la storia di Elisa: "Il terremoto mi ha fatto riscoprire il legame col mondo agricolo

I giovani che restano, la storia di Elisa: "Il terremoto mi ha fatto riscoprire il legame col mondo agricolo

Elisa Orpello, 28 anni, è un'imprenditrice agricola dell’entroterra maceratese, la sua attività si divide tra Camerino e Pieve Torina. Il suo è un giovane esempio, di chi non lascia la sua terra, nonostante le difficoltà, ma anzi punta su di essa con decisione, per rivitalizzarla. Orpello è inoltre la delegata provinciale di Coldiretti Giovani impresa Macerata.  Elisa, nel 2018 hai fatto una scelta di vita, iniziando a lavorare nell’azienda agricola di famiglia. Nei paesi dell’entroterra stiamo assistendo ad un forte spopolamento, ancora di più dopo il sisma del 2016, la tua scelta dunque è stata in controtendenza. Come mai hai optato per la permanenza e per un conseguente investimento nel tuo territorio di origine? "Proprio il terremoto mi ha fatto capire il forte legame che c’è tra me ed il mondo agricolo, in quanto ci siamo trovati costretti a restare, anche orgogliosamente, in questo territorio per curare e badare ai nostri animali. Da lì pian piano è maturata in me la decisione di aprire quel cassetto in cui tenevo chiuso il mio sogno per fargli prendere forma". Puoi raccontarci di che cosa ti occupi in particolare?  "Insieme a mio padre ci siamo divisi bene i compiti, ognuno ha il suo ruolo ben definito. Io mi occupo principalmente dell’agriturismo e del punto vendita, mio padre invece dell’allevamento dei bovini, dei suini e dei molteplici lavori necessari in campagna. L’azienda infatti nasce come allevamento di bovini di razza marchigiana, linea vacca vitello in biologico, poi l’ho incrementata con l’allevamento di suini, con l’annesso locale di trasformazione e con il punto vendita. Ed in seguito ho aperto l’agriturismo". Dal 2023 sei la nuova delegata di Giovani Impresa Macerata eletta dal movimento giovanile di Coldiretti. Come stai vivendo questa esperienza? "In ottobre per la categoria ‘Campagna Amica’ sono stata premiata all’Oscar Green Coldiretti". Lo scorso anno hai deciso ulteriormente di puntare sul territorio maceratese aprendo l’agriturismo ‘Raggio di Sole’. È un sogno realizzato? Ti sei prefissata degli obiettivi? "Il progetto è stato incrementato dal terremoto, esso mi ha aperto un altro ramo imprenditoriale a cui non avevo pensato in precedenza, che è quello dell’agriturismo. Il ‘Raggio di Sole’ mira ad accogliere i turisti che vengono nelle Marche perché oltre a far apprezzare i bei territori di cui ne è ricca, e ad assaporare le nostre tradizioni, vuole dare l’opportunità di far conoscere il mondo agricolo anche a chi vive in città, il quale a volte non ha la fortuna di vivere la tranquillità e la lentezza del naturale ritmo. Vedo infatti che ad oggi molti dei clienti che hanno avuto l’opportunità di soggiornare nel nostro agriturismo hanno apprezzato soprattutto lo stretto contatto con il mio mondo".  

23/02/2025 14:50
Sefro, Massimo Midei e la chiusura del bar 'La Piazzetta': "Ho visto crescere tre generazioni, ora i giovani se ne sono andati"

Sefro, Massimo Midei e la chiusura del bar 'La Piazzetta': "Ho visto crescere tre generazioni, ora i giovani se ne sono andati"

Massimo Midei dopo aver gestito per 25 anni il bar ‘La Piazzetta’, cuore pulsante della comunità e luogo di aggregazione nel centro storico di Sefro, ha recentemente abbassato la saracinesca lasciando un profondo vuoto in tutti i cittadini, a due anni dalla chiusura di un’altra storica attività, il forno della famiglia Biordi. Midei ha raccontato come iniziò la sua avventura in questo piccolo paese dell’entroterra maceratese: "Io abitavo a Santa Marinella, sono venuto a Sefro nel 1988, per una settimana, poi invece mi sono fermato una vita. Inizialmente ho preso un’attività tipo tabacchi davanti all’Hotel Ristorante Da Faustina, vendeva anche un po’ di giornali. Poi, il locale dove si trovava attualmente il bar ‘La Piazzetta’, venne ristrutturato. Negli anni ’90 dunque mi sono spostato lì, avevo sigarette, giornali e riviste. In seguito, ho pensato quindi di aprire anche il bar, era divenuta dunque un’attività completa. Nel 1995 l’ho venduta e questo nuovo proprietario c’è stato per 10 anni, in seguito l’ho ricomprata e nel 2006 l’ho riaperta, assestandola e l’ho chiusa domenica sera". Il gestore del bar ha inoltre spiegato i motivi che l’hanno portato a chiuderlo: "Ho 64 anni, tra due anni andrò in pensione, ho provato a venderlo, ho aspettato anche un mese in più, ed invece nessuno l’ha voluto comprare. Mi dispiace, ho ridato indietro le mie licenze personali. Entro lunedì-martedì, chiudo la porta e consegno le chiavi. Qui non abbiamo i giovani - ha aggiunto - per esigenze varie, sono andati altrove. Purtroppo lo spopolamento sta colpendo soprattutto l’Appennino, le persone o vanno verso l’Adriatico o verso il Tirreno".  "Tutti sono sempre venuti al bar - ha detto con orgoglio Massimo Midei -, il più bel ricordo di questi anni è quello del paese. Questo è stato un bar dove abbiamo litigato, dove ci siamo divertiti, era un centro di aggregazione. Ho visto crescere tre generazioni, neonati di due mesi che oggi sono uomini e hanno moglie e figli. Facevo anche da asilo nido, i genitori mi lasciavano i bambini da guardare, da pronto soccorso, perché ero sempre reperibile e poi ritiravo i pacchi dei corrieri, arrivavano tutti da me. C’era vita, ora la piazza è vuota, non c’è una macchina né nessuno in giro, purtroppo è finita, è stata un’avventura". Il proprietario del bar ‘La Piazzetta’ ha ricordato gli splendidi 25 anni di attività, per lui un divertimento: "Mio figlio Giorgio, nato nel 1992, l’ha cresciuto il paese, quelli erano anni d'oro, c'era molta più gente a Sefro. Ho sempre vissuto qui dentro al bar, mi è sempre piaciuto. Lo dico spesso a mia moglie, tra qualche anno potrei scrivere un libro su quante ne ho viste. Per me è stata un’esperienza di vita, ma oggi, negli ultimi tre anni in particolare, abbiamo perso parecchio come anche altri paesi limitrofi. Prima eravamo tutti una famiglia, un’unita comunità, erano altri tempi. A Sefro devi venire appositamente, non è di passaggio".   

20/02/2025 16:50
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