di Elettra Bernacchini
Recanati, trovati in casa i corpi senza vita di due sorelle di cui non si avevano più notizie: mistero sulle cause (FOTO)
Trovate morte nella loro casa di Recanati le sorelle Luisa (69 anni) e Luigia Stortini (71 anni). La drammatica scoperta nella tarda mattinata di oggi quando, stando alle prime indiscrezioni, gli agenti della polizia locale di Recanati si sono presentati alla porta di un'abitazione, sita in corso Persiani, per una grossa perdita d'acqua proveniente dall'immobile. Non ricevendo risposta, gli agenti hanno acquisito informazioni dai vicini che hanno riferito di due sorelle molto riservate di cui, tuttavia, non si avevano notizie da tempo. Quindi, temendo il peggio, hanno allertato i vigili del fuoco per aprire il portone, arrivando alla macabra scoperta. Sempre dalle prime indiscrezioni sembrerebbe che il decesso sia risalente a diverse settimane fa. I corpi sono stati trovati in camera da letto, la polizia locale intervenuta sul posto ha riferito che avevano addosso vestiti invernali ma a una prima ispezione il medico legale non ha saputo indicare da quanto tempo fossero morte. Presenti in corso Persiani gli uomini della polizia locale, i carabinieri, il 118 e i vigili del fuoco di Macerata. Da tempo le sorelle non rispondevano alle telefonate dei parenti e non si vedevano più in giro per la città. Poi, una grossa perdita d'acqua in una cantina sottostante l'abitazione ha fatto scattare l'intervento dei vigili del fuoco che, non ricevendo risposta, hanno buttato giù la porta e rinvenuto i cadaveri. "Ulteriori dettagli si sapranno più avanti", ha detto il comandante della polizia locale Gabriella Luconi, all'uscita dall'abitazione. La Procura indaga sull'accaduto. Il fatto, nella sua drammaticità, ricorda molto da vicino quanto accaduto a Macerata con la famiglia Canullo (leggi qui). Sembrerebbe, infatti, che entrambe le donne soffrissero di problemi motori e, l'impossibilità di potersi aiutare l'un l'altra oltre che adempiere alla spesa quotidiana, potrebbe averle condotte a un lento decesso per inedia. "Erano persone piuttosto schive, non avevamo molti contatti" racconta un vicino di casa, che non incontrava la sorella maggiore, Luisa, da questa estate, dopo che era stata ricoverata in ospedale per un infortunio che probabilmente l'aveva costretta a letto. Luigia, invece, era stata avvistata in giro circa un mese e mezzo fa all'altezza di Porta Marina. (Foto di Elettra Bernacchini)
"C'è ancora domani? Servono mille euro": slitta la visione del film di Paola Cortellesi alla Sala Gigli di Recanati
A Recanati "C'è ancora domani" di Paola Cortellesi, uscito il 26 ottobre, si vedrà molto più in là. La gestione della Sala Gigli - che ha riaperto i battenti lo scorso 20 ottobre dopo 10 anni di totale assenza di cinema in città - ha cercato di appagare le aspettative dei numerosi cittadini che chiedevano a gran voce la proiezione del film attualmente numero uno in Italia, ma il 29 novembre un comunicato diffuso via social ha gelato gli animi. "Cari spettatori - si legge - ci dispiace informarvi che, contrariamente a quanto comunicatovi nei giorni scorsi anche con trailer specifici, a causa delle ulteriori condizioni poste dalla casa distributrice siamo stati scoraggiati alla proiezione del film". Il problema è sorto al momento della contrattazione con l'azienda distributrice della pellicola nelle Marche, la SAM srl di base a Bologna. "Dato il successo che il film ha avuto fin da subito - spiegano dal Circolo del cinema locale, che insieme all'Alfa Studio di Stefano Carella e al Comune si sono impegnati per la riapertura della sala - abbiamo aspettato fine novembre per richiederlo, sperando di avere delle condizioni per noi accessibili. Quando abbiamo chiamato, ci hanno chiesto 1000 euro d'anticipo, più una percentuale sull'incasso". Per una sala da 100 posti aperta solo nel weekend, avrebbe significato proiettare solo il film della Cortellesi per almeno due settimane di seguito, facendo saltare il resto della programmazione. Altri piccoli cinema della zona sono stati più fortunati, riuscendo forse a rispettare i criteri di distribuzione imposti: il Cinema Teatro Astra di Castelfidardo, ad esempio, ha avuto in programma solo "C'è ancora domani" per tre settimane di seguito. La rinuncia è stata un peccato in particolar modo per gli istituti scolastici che, come scritto anche nel comunicato, "avrebbero gradito partire dalla visione di questa pellicola" per sviluppare un dibattito con gli studenti sui temi del rispetto della donna e dell'affettività. "A un secondo tentativo, abbiamo spiegato anche il progetto di coinvolgimento delle scuole: in questo caso il distributore voleva imporre un ingresso a 5 euro, invece dei 3 euro da noi proposti", ha aggiunto la gestione dal Circolo del cinema di Recanati. Insomma, muro su tutta la linea, e nulla da fare per il momento: "Cè ancora domani" prima o poi verrà proiettato anche alla Sala Gigli, ma più in là. Per tutta risposta, su impulso anche della Spi-Cgil, a breve partirà un ciclo di proiezioni, ogni giovedì, incentrato sul tema della donna: prima pellicola in programma, "Nessuno mi può giudicare" (2011) del regista Massimiliano Bruno e con protagonista proprio Paola Cortellesi.
Macerata, viaggio nel pronto soccorso con medici e infermieri: in un anno oltre 33mila pazienti (FOTO e VIDEO)
«Da inizio anno a oggi abbiamo preso in carico oltre 33.500 pazienti, penso che chiuderemo il 31 dicembre arrivando a circa 36mila», ci dice Emanuele Rossi, primario del pronto soccorso dell'ospedale di Macerata. Lo incontriamo nel primo pomeriggio, cinque o sei persone attendono nella sala d'attesa del triage e altrettante sono distese sulle barelle, qualcuna con a fianco un familiare, lungo il corridoio da cui si accede agli ambulatori. Sono per la maggior parte anziani che attendono da più o meno tempo di essere ricoverati nei relativi reparti. Il fenomeno del "boarding", ovvero l'accumulo di persone in coda per essere assistite o dimesse dal pronto soccorso, è in cima alla lista dei problemi che affliggono i nosocomi su tutto il territorio nazionale, non solo a Macerata. Le cause sono diverse e tutte concatenate. «Siamo immersi in un periodo di cambiamento che definirei epocale», afferma il dottor Rossi. «Da un lato c'è l'invecchiamento generale della popolazione, e di conseguenza bisogni assistenziali diversi rispetto a quelli che potevano esserci negli Anni 80 o 90. Dall'altro, oggi scontiamo anche un'errata programmazione di esigenze di organico medico-sanitario: gli studenti delle facoltà di medicina hanno paura di specializzarsi in urgenza perché è un ambiente imprevedibile, dove si rischiano aggressioni e insulti quotidiani, si sacrificano domeniche e festività». Attualmente sono una decina i medici operativi nell'ospedale del capoluogo provinciale, due per ogni turno senza differenze tra giorno e notte, con il primario che durante la settimana aiuta a smaltire le dimissioni del mattino e prende in carico i casi Covid, che tuttora devono essere seguiti a parte. L'organico infermieristico è composto da una quarantina di unità. Mentre intervistiamo il dottor Rossi, il pronto soccorso ha in gestione 42 persone: i posti "normali" disponibili sarebbero 33. Dove non arriva l'organico assunto dal pubblico, sopperisce il personale delle cooperative: un medico con "contratto atipico" può arrivare a percepire anche 100 euro all'ora. «Allo stato attuale – dice il primario – le cooperative ci consentono di garantire la piena operatività. Le tariffe sono quelle di mercato. La regola fondamentale è rispettare gli standard di professionalità e aggiornamento in materia medica, chi non lo fa va a casa». Questa soluzione, come altre figlia dei ripetuti tagli lineari ai bilanci della sanità avvenuti negli ultimi 30 anni, da temporanea che doveva essere è nei fatti diventata strutturale. E se anche qualcosa cominciasse a muoversi in senso opposto: «Realisticamente – spiega ancora Rossi – le decisioni prese nel 2023 diventeranno operative nel 2035. Nel frattempo dobbiamo continuare a lavorare di concerto con la direzione dell'Ast e con l'amministrazione regionale per rispondere alle aspettative delle persone perché una grande democrazia occidentale non può prescindere dai fabbisogni sanitari dei propri cittadini». All'ospedale di Macerata, inoltre, vengono spesso portati anche i malati che ufficialmente dovrebbero essere presi in carico dalla struttura di Camerino: qui, però, mancano diversi reparti specialistici, per cui le persone non riceverebbero comunque le cure necessarie. Anche l'ospedale di San Severino, che dovrebbe far riferimento a Camerino, finisce per dirottare diversi pazienti su Macerata. A questo tipo di cortocircuito, si aggiunge la pratica ormai consolidata di rivolgersi al pronto soccorso anche per patologie non gravi che, di norma, dovrebbero essere seguite da un medico di base. Sotto questo profilo, per cercare di rendere più scorrevole le procedure di valutazione delle condizioni di un paziente e capire quali siano i gradi di urgenza in base ai quali intervenire, è stato introdotto un quinto codice azzurro, che si aggiunge ai quattro già esistenti (bianco, verde, giallo, rosso). Verso le 22, i pazienti ricoverati in pronto soccorso sono diventati 30 mentre sette sono in attesa. Ci affianchiamo a uno dei due medici di turno: ha attaccato alle 20, prendendo subito in carico 12 persone, e andrà avanti almeno fino alle 8 del mattino monitorando i presenti e aprendo le pratiche dei nuovi pazienti. C'è chi ha un femore rotto, chi è a rischio di embolia polmonare, chi lamenta un dolore cardiaco che potrebbe essere il preludio a un infarto, chi ha problemi psichiatrici e potrebbe mentire sul fatto di aver preso o meno i farmaci, chi è in osservazione prima di essere mandato a casa con la diagnosi di mononucleosi. Nel frattempo, è partita un'ambulanza. E domani si ricomincia da capo.