Cannabis light fuori legge, il titolare dello shop di Macerata: "Accanimento basato su pretesti antiscientifici"
Agosto ha portato con sé l'approvazione in commissione giustizia dell’emendamento che parifica la cannabis light a quella non light. Questo emendamento va a modificare il Ddl sicurezza, che verrà poi presentato in Camera dei Deputati e Senato. Se venisse approvato dal Parlamento, sarebbe vietata la produzione e la vendita della cannabis light, ovvero la cannabis con un contenuto di Thc inferiore allo 0,2%, resa legale e commerciabile dalla legge 242 del 2016.
L’obiettivo, viene detto, è quello di "evitare che l'assunzione di prodotti da infiorescenza della canapa possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che mettano a rischio l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale".
Dagli operatori del settore e dalle voci della minoranza sono arrivate le prime critiche a questo emendamento, colpevole, secondo le parti, di "bloccare un settore in espansione, ad alto tasso tecnologico e che dà lavoro a giovani". Il Ddl verrà votato a settembre.
Abbiamo però ascoltato la voce di un operatore del settore, Alessandro Luca Marconi, titolare del negozio CBweed Shop Macerata, per capire il suo punto di vista.
"La scorsa notte hanno inserito questo emendamento che inizialmente era stato sospeso. Per noi, come sempre, è un segnale negativo dal Governo, che non considera una filiera così grande come quella della cannabis industriale. È un settore in espansione, e per la stragrande maggioranza siamo under 35. Le aziende in Italia sono molte. Le stime di occupazione parlano di 15.000 lavoratori. Sono aziende italiane che lavorano in diversi campi, perché abbracciano dal settore agroalimentare a quello tessile passando per il cosmetico", spiega Alessandro.
"C’è un forte pregiudizio. È tutto basato su pretesti antiscientifici. Il Thc contenuto è ai più bassi livelli possibili. L'Oms stessa ha dichiarato che la cannabis light (o industriale) non ha capacità drogante. E qui si potrebbe aprire un discorso molto ampio. Questo mercato, anche secondo la corte europea, dovrebbe essere lasciato libero - continua Alessandro -. Tra l’altro in Italia, anche grazie al clima e ai terreni, ci sarebbe la possibilità di ampliare la produzione di Cannabis light per l’esportazione oltre che per il mercato interno. Questa filiera ha dimostrato che era possibile recuperare terreni in disuso, con una linea di produzione ecologica e che pulisce il terreno".
Concentrandosi poi sulla filiera made in Italy: "L'azienda per cui lavoro - ci dice Alessandro - opera tra il sud della Romagna e il nord delle Marche. Lavoriamo con aziende di Jesi, di Pesaro e di Urbino. Per noi è quindi preoccupante questo accanimento perché, come già successo, bloccherebbe un intero settore. Poi ovviamente il decreto non è legge. Dobbiamo aspettare e capire se passerà alle Camere".
"Le associazioni di settore si occuperanno di portare avanti tutti i ricorsi del caso - aggiunge -. Perché non è solo una questione interna, ma qualcosa che si va ad interfacciare con il quadro normativo europeo. Una delle cose che sta facendo Canapa Sativa Italia, un’associazione di settore, è infatti un ricorso a livello europeo, andando a lavorare sul principio di libera circolazione delle merci e sul rispetto dei criteri comunitari".
"Quando si parla di Canapa industriale si parla di un mondo vasto con una grande varietà di prodotti - conclude Alessandro -. Non capiamo perché ci dovrebbe essere questo accanimento".
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