"Sogni d’oro e che Dio ti benedica". In una frase, l’intimità di un mondo familiare che inconsapevolmente si perpetua per generazioni. Ogni sera, da bambina, sotto le coperte attendevo impaziente quella promessa, sicura che non sarebbe mai stata disattesa.
In una manciata di secondi si consumava un gesto d’amore che racchiudeva in sé un senso di eterno. Nel buio silente, che precedeva il sonno, la luce soffusa che filtrava dal corridoio portava con sé la voce calda e rassicurante di mia madre che, affacciata sull’uscio della porta della camera, mi avvolgeva come un mantello magico per condurmi nel mondo dei sogni.
Un rituale che negli anni non ci ha mai lasciato, è stato sempre lì ogni giorno, assumendo forme diverse, accompagnando così la mia crescita. Un patto d’amore rinnovato ogni sera, lei non era una donna dai grandi abbracci, non li aveva mai ricevuti, così provava una sorta di pudore nel lasciarsi andare alle smancerie, ma in quelle poche parole mi svelava il suo universo intero.
Ogni volta era come se mi dicesse: "dormi serena e sogna ...sogna caldi soli e cieli azzurri, fiori gialli e romantici tramonti...lasciati andare al sonno con dolci pensieri, io sarò sempre al tuo fianco e ti proteggerò". E così è stato finché ha potuto, poi un giorno non ce l’ha fatta e quella sera c’è stato il silenzio.
Un silenzio assordante, nessuna parola, il vuoto, un buio freddo. Ho supplicato che quella porta si aprisse, che quella luce morbida arrivasse a me come miele per il cuore, ma non successe, in quel momento il mio mondo si spense.
Ora sono una mamma e non c’è sera in cui non mi avvicini a mia figlia per sussurrarle all’orecchio: "Sogni d’oro amore mio e che Dio ti benedica". Ogni volta in cui pronuncio questa frase, sento la voce di mia madre che me la ripete dolcemente e nel pronunciarla io mi riconosco mamma e ritorno ad essere figlia.
Sento la forza di un bene che prende intensità nel suo replicarsi e trasmettersi di generazione in generazione e comprendo che l’amore è un’energia che non conosce tempo e spazio. In questa nuova consapevolezza la sera, prima di abbandonarmi al sonno, lascio che la luce torni a riscaldarmi.
La connessione che attraversa le generazioni è un sottile filo rosso invisibile che si tramanda di padre in figlio attraverso i secoli, intessuto nei gesti, nelle parole, nei rituali quotidiani, in ogni piega di una vecchia tovaglia stirata esattamente in quel modo.
Un legame che contribuisce a delineare le dinamiche psicologiche che ci porteranno a ripercorrere gli stessi binari già tracciati moltissimo tempo prima di noi.
Siamo un tutt’uno con il passato e conoscere la storia di chi ci ha preceduto ci può far ritrovare un senso di completezza ed un’armonia che nasce dal riconoscere il nostro posto in una trama senza fine.
(Credit foto: Steve Allen / Shutterstock.com)
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