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Il cinema anni ‘90: un periodo irripetibile per Hollywood?

Il cinema anni ‘90: un periodo irripetibile per Hollywood?

Per gli amanti di certo cinema gli anni Novanta sono stati a dir poco un periodo d’oro, una vera e propria stagione irripetibile.

Un decennio impossibile da etichettare: gli anni ‘90 dietro la macchina da presa

In quel decennio infatti sono riusciti a imporsi attori, registi e sceneggiatori che oggi sono considerati a tutti gli effetti dei maestri indiscussi della settima arte. Pensiamo ad esempio ad autori come Quentin Tarantino, Danny Boyle e David Fincher, senza dimenticare quei cineasti che pur avendo iniziato qualche tempo prima, sono letteralmente esplosi in quegli stessi anni. Qualche esempio? Kathryn Bigelow, James Cameron, Sam Raimi, Tim Burton, la lista sarebbe lunghissima e dispendiosa.

Dovendo scegliere però solo pochi titoli vediamo come almeno in una manciata di questi vi sarà una costante. La costante sono star del calibro di Bruce Willis (presente in Pulp Fiction, L’esercito delle 12 scimmie), Leonardo Di Caprio (Titanic, Pronti a morire, Ritorno dal nulla) Johnny Depp (Ed Wood, Edward mani di forbice, Paura e delirio a Las Vegas) e Brad Pitt.

Brad Pitt ironizza sulla propria carriera e sul dato anagrafico

Recentemente proprio l’attore di Seven ha rilasciato un’interessante intervista, dove fa un punto sulla sua carriera, senza rinunciare al suo fascino, dove afferma di essere invecchiato e di non ricordare la prima regola del Fight Club. Molti di voi avranno già colto la citazione relativa al cult movie diretto da David Fincher e basato sul romanzo omonimo di Chuck Palahniuk. Per la generazione degli anni Novanta, si tratta di un film indimenticabile, come potrebbe essere per altre opere come lo stesso Seven, Il grande Lebowski, I soliti sospetti, Il corvo, Clerks, Point Break o Cuore selvaggio di David Lynch.

Un cinema capace di riflettere e che è invecchiato bene in chiave retrospettiva

Diciamo pure che questo tipo di cinema non ha mai smesso di far parlare di sé, specialmente perché a differenza delle pellicole realizzate negli anni Ottanta, le storie avevano spesso una vena cinica, iperrealista e cruda, che ben si sposava con quello che sarebbe arrivato di lì a breve.

Molti autori dopo quel periodo hanno smesso di realizzare film così spregiudicati, liberi e un po’ polemici. Uno che non ha mai smesso di far parlare di sé è sicuramente Oliver Stone, autore tra le altre cose di Natural Born Killers, su soggetto scritto da Quentin Tarantino. Tarantino tuttavia non ha mai amato la lettura che diede il regista di Platoon alla sua storia, accusandolo di aver realizzato un pamphlet privo di quell’ironia che stava invece alla base dello script originario.

La brillante carriera di uno sceneggiatore: il caso Sorkin

Sempre durante gli anni Novanta inizia la fortunata carriera di un grande sceneggiatore, che in seguito sarebbe passato anche dietro la macchina da presa, ovvero Aaron Sorkin. Balzato alla ribalta per via delle sue sceneggiature come Codice d’onore, Il presidente – Una storia d’amore, L’arta di vincere e Steve Jobs (2015), una delle migliori storie scritte da Sorkin è senza dubbio quella di The Social Network, instant movie che tratta il tema di Facebook e della sua nascita da parte di Mark Zuckerberg, diretto da David Fincher e interpretato dal bravissimo Jesse Eisenberg.

La pellicola è considerata a distanza di oltre 10 anni come una delle migliori del suo periodo, godendo dell’approvazione e dell’endorsement di Quentin Tarantino, che in questi anni ci ha abituato a dichiarazioni insolite, non solo a tema cinematografico. Secondo Tarantino The Social Network si avvale di uno dei migliori dialoghisti di Hollywood, ovvero Aaron Sorkin, il quale ha saputo lavorare in sinergia con il cast e soprattutto con il regista, il talentuoso David Fincher.

Una questione discussa e risolta tra i protagonisti del cinema americano anni Novanta, insomma. Sorkin che ha scritto altri grandi script per il cinema, diventando un po’ quello che David Mamet e David Webb Peoples erano stati per il decennio precedente, è poi passato dietro la macchina da presa, dirigendo finora tre fortunati film: Il processo ai Chicago 7, Being the Ricardos e l’esordio con Molly’s Game nel 2017.  

Ad oggi proprio la sua pellicola d’esordio sembra essere la migliore, sia per via di come è stata scritta e diretta, ma anche perché si basa su una storia vera avvincente, cinica e sorprendente come la sua protagonista, Molly Bloom, interpretata da una valida Jessica Chastain.

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