Ci sta per lasciare un 2020 da dimenti-ricordare.
Ne scrivo in anticipo rispetto ai tempi, e lo faccio solo per tutelarmi da un eventuale lockdown esteso ai commiati, oltre che ai congiunti di secondo grado. Il dimenticare sviluppa un processo mentale simile (e contrario) al ricordare, e non è un processo collettivo, bensì molto individuale: non tutti noi, infatti, vorremmo dimenticare o ricordare le stesse cose e allo stesso istante.
Ognuno ricordi o dimentichi ciò che vuole di questo 2020, trovando solo la forza per ricominciare un 2021 diverso, migliore, altro rispetto a ciò che, con grande fatica, tentiamo tutti - qui sì all’unanimità - di gettarci dietro a spalle molto indebolite. Provo a fare un esercizio semplice di separazione tra una cosa da gettare nel cassonetto nero del dimenticatoio e una da custodire in una teca illuminata, costruita per trarre dalla sola vista la propulsione utile ad affrontare le orbite incerte del futuro.
Cosa gettare? Il primato della tecnocrazia.
Virologi che fino a ieri mendicavano soldi per ricerche su malattie rare, adesso sono star di programmi di intrattenimento per esibire sullo sfondo l’ultimo instant book dal titolo ammiccante “Tutto sul Covid”. Prima ti correvano dietro col piattino delle elemosine in mano, oggi li cerchi per intervistarli, si fanno negare ma ti fanno contattare dalla PR di turno che ti snocciola tariffe in base al minutaggio della loro presenza in video o alle battute da scrivere nell’intervista (spazi inclusi).
“Scienziati” che fanno capo all’Organizzazione Mondiale della Sanità, che prima dicevano una cosa o poi un’altra ancora, meno uguale e più contraria: se il loro pensiero si evolvesse alla stessa velocità del Covid, ne saremmo volentieri ben contagiati fino a morirne. Il 2020, quindi, ci ha insegnato che fidarsi della scienza come maestra di vita, o meglio di governo della nostra di vita, è come credere sulla parola alla terra piatta o affidarci all’umore, all’egocentrismo, all’io e solo io e nessuno più di me, di chi sbarella in TV sulle chiusure dei bar e ristoranti considerati veicoli di contagio, sulle scuole a rotelle e sul lavoro mai stato così “a distanza” dalle reali esigenze dei cittadini.
Da ricordare, invece, il ruolo della politica, superiore a tutto e a tutti.
Questo ci è davvero mancato, a volte. Lo abbiamo visto: quando la politica è poco trasparente, incerta sulle scelte, contraddittoria, lenta, suddita dei Commissari boiardi di Stato e succube degli pseudo-scienziati dell’ultima ora, ne abbiamo pagato tutti le conseguenze, e non solo economiche.
Mai come in questo momento abbiamo bisogno della politica come indirizzo, governo, capacità di scelta: abbiamo bisogno di autorità.
Scrolliamoci di dosso questa sindrome da ventennio fascista per approdare ad una politica autoritaria nel senso di adottare scelte drastiche, univoche e chiare per migliorare la vita delle persone. L’autorevolezza verrà dopo, nessuna paura: la democrazia è molto resiliente, ma la maggior parte degli italiani ha bisogno del cane pastore per pascolare in sicurezza.
Lo dobbiamo ai giovani, a cui la politica con la “p” minuscola - complice di corpi intermedi fermi all’800 come i “sindacati” e quei governi che hanno pompato una Pubblica Amministrazione monstre - ha scippato lavoro, pensioni, educazione di livello, opportunità per far emergere il proprio unico talento.
Insomma: questa politica ha scippato il futuro di tutti noi, occupandosi solo di tutelare se stessa (autorefenzialità massima espressa plasticamente dai vitalizi) e dell’esistente sempre più fragile.
L’auspicio è che la politica del 2021, a tutti i livelli, ma soprattutto a quelli che scontano il contatto più diretto con i cittadini (Regioni e Comuni), si riappropri del suo ruolo di indirizzo e scelte, mettendo all’angolo i tecnocrati e i manager delle buonuscite milionarie e dei bonus Covid.
La festa è finita prima ancora di cominciare, soprattutto per chi non si convince che solo una politica libera da freni, lacci e pressing da lobbies può disegnare un futuro migliore per tutti noi.
PS: per chi considera tutto ciò pura demagogia, continui pure a credere alle favole degli scienziati e ai DPCM ad oltranza, senza ascoltare il borbottio delle pance vuote di un popolo via via sempre più incazzato.
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