Tod’s e inchiesta caporalato: decisione rinviata a febbraio mentre si allargano le indagini
Tod’s ha chiesto al giudice per le indagini preliminari di rinviare la decisione sulla richiesta della procura di Milano di sospendere per sei mesi le attività di pubblicità e marketing dell’azienda. Il procedimento coinvolge tre manager di vertice accusati di caporalato. Il gip ha accolto l’istanza del gruppo, sulla base dell’impegno dichiarato a intervenire lungo l’intera filiera dei subfornitori per rafforzare sicurezza e legalità. La nuova udienza è fissata per il 23 febbraio.
Parallelamente l’inchiesta coordinata dal pm Paolo Storari continua ad ampliarsi e ha raggiunto anche il distretto di Scandicci, dove sono emerse ulteriori e più gravi situazioni di sfruttamento, con opifici cinesi che impiegherebbero lavoratori pakistani.
Nel documento inviato al gip di Milano, Tod’s sottolinea di disporre già di una mappatura completa degli appaltatori e subappaltatori e di aver autonomamente rilevato la necessità di dotarsi di un sistema informatico per la gestione dell’albo. L’azienda ricorda inoltre che la società di certificazione Bureau Veritas effettua circa 30 ispezioni l’anno, comprese visite non annunciate presso appaltatori e subappaltatori.
Tod’s afferma di aver preso atto degli elementi emersi dalle verifiche della procura e ribadisce la ferma volontà di fare tutto il possibile per garantire sicurezza e dignità del lavoro, evidenziando come sia in corso una revisione complessiva della supply chain.
In una nota diffusa ieri, il gruppo invita il procuratore Storari a visitare l’azienda per conoscere direttamente la realtà produttiva e le condizioni dei lavoratori.
Tod’s sottolinea che esistono molte realtà virtuose e che sarà fondamentale un confronto nelle sedi opportune per affrontare un problema che, se gestito in modo inadeguato e senza una visione ampia, rischia di mettere in difficoltà una parte rilevante del mondo del lavoro italiano. Nella nota viene inoltre ribadito che i valori del Made in Italy e la sua reputazione internazionale rappresentano un patrimonio da difendere e valorizzare.
Secondo l’inchiesta, però, la filiera si reggerebbe anche sul lavoro, spesso irregolare, di manodopera straniera. Le indagini, partite dalla Lombardia e poi estese alle Marche, hanno ora raggiunto l’area di Scandicci, dove sono stati interessati sette laboratori di proprietà di cittadini cinesi. In uno di questi opifici sarebbero stati sfruttati anche lavoratori pakistani, delineando una catena di caporalato che colpisce i soggetti più vulnerabili.
Tra le testimonianze agli atti figura quella di un pakistano di 34 anni ascoltato dal Nucleo di tutela del lavoro di Milano il 18 novembre. L’uomo ha raccontato di essere arrivato a piedi passando da Trieste dopo aver pagato circa 8mila euro in Pakistan, di lavorare troppe ore al giorno e di essere costretto ad accettare quelle condizioni per poter vivere e inviare denaro alla famiglia.
L’opificio accusato di caporalato, che farebbe parte della filiera Tod’s, è la Bag Group di Carmignano, dove sono stati trovati lavoratori cinesi e pakistani impiegati per circa 12 ore al giorno, sabato compreso, per 1.300 euro mensili in nero. Gli straordinari non sarebbero retribuiti, la pausa pranzo durerebbe tra 10 e 20 minuti e non risulterebbero né formazione né controlli medici. Numerose deposizioni confermano un quadro di sfruttamento sostanzialmente identico.In questo quadro si inserisce anche l’ampliamento delle verifiche della procura di Milano su altri 13 grandi gruppi della moda, finiti a loro volta sotto la lente degli inquirenti.
Su mandato del pm Paolo Storari, i carabinieri del Nucleo tutela lavoro hanno acquisito nelle sedi aziendali la documentazione relativa ai controlli su sicurezza e legalità lungo le filieredi marchi come Missoni, Off White Operating, Adidas Italy, Yves Saint Laurent Manifatture, Givenchy Italia, Ferragamo, Versace, Gucci, Pinko, Prada, Coccinelle, Dolce&Gabbana e Alexander McQueen.
Dagli accertamenti è emerso in più casi l’uso di manodopera cinese in condizioni di grave sfruttamento, con lavoratori sottopagati, privi di tutele e spesso irregolari. Le società dovranno ora consegnare contratti, organigrammi, verbali societari, sistemi di controllo interno, elenchi fornitori e bilanci, sulla base dei quali la procura valuterà se chiedere un’amministrazione giudiziaria o contestare direttamente il reato di caporalato. Le indagini, che hanno già portato al commissariamento di alcuni brand in passato, confermano la volontà degli inquirenti di fare piena luce sulle filiere degli appalti e subappalti del settore moda.

cielo coperto (MC)
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