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Cronaca San Severino Marche

"Invece che affidarsi agli algoritmi, assumano storici dell’arte": Sgarbi cita Facebook per danni

"Invece che affidarsi agli algoritmi, assumano storici dell’arte": Sgarbi cita Facebook per danni

La richiesta del critico d’arte al noto social network è di un milione di euro di risarcimento per aver oscurato quattro post in cui veniva mostrate delle celebri opere. “Il 7 ottobre ci sarà il primo incontro di mediazione davanti all’avvocato Francesco Governatori al tribunale di Macerata – spiega il legale di Vittorio Sbargi, l’avvocato Giampaolo Cicconi -. Se Facebook non offrirà nulla o comunque declinerà l’udienza già prima di quella data procederemo con la causa civile. Se questo non dovesse accadere invece, Vittorio Sgarbi ha confermato la sua presenza all’incontro di mediazione.”

Quattro gli episodi contestati. Il primo fatto risale al giugno del 2015 quando il noto social network oscurò la pagina social del critico d’arte per 24 ore dopo che Sgarbi pubblicò una sua foto al Musée d’Orsay a Parigi davanti al dipinto di Gustave Coubert “L’origine du monde” che ritrae una donna nuda. Due anni dopo, Facebook oscurò il profilo social della Antonio Canova onlus, presieduta da Sgarbi, eliminando due post che mostravano la scultura di “Amore e Psiche”, relativi a due mostre a Gualdo Tadino. L’ultimo episodio riguarda invece la censura di una immagine contenente nudi maschili, quelli di Wilhelm Von Gloeden.”

Invece che affidarsi agli algoritmi, assumano storici dell’arte” aveva commentato Sgarbi lo scorso 31 agosto sulla sua pagina social. “Inaccettabile che social network popolari, danarosi e tecnologicamente avanzati come Facebook ed Instagram non siano riusciti ancora ad oggi a trovare una soluzione per distinguere una immagine porno da un’opera d’arte: per questa ragione, considerato che le censure si ripetono di continuo, ho deciso di promuovere un’azione legale per il danno che questa lacuna arreca al mondo dell’arte e a tutti gli operatori (artisti compresi) che vi lavorano. Sarà quella che in inglese definiscono una class action”.

“Il punto - spiega Sgarbi - è proprio l’algoritmo: società stracolme di soldi, come Facebook, non possono affidare il controllo delle inserzioni sull’arte a un algoritmo. L’algoritmo non pensa, esegue. L’algoritmo non possiede conoscenza, ma applica dei blocchi che prescindono da valutazioni di merito. Ecco perché una scultura del Canova viene paragonata al culo di una Valentina Nappi qualsiasi: un orrore estetico. È un oltraggio al nostro patrimonio artistico. Basterebbe assumere giovani storici dell’arte. Facebook farebbe un’opera meritoria, e potrebbe vantarsi di promuovere l’arte invece delle stronzate (per non dire delle bufale) pubblicate ogni giorno da milioni di utenti nulla facenti. Il paradosso dei social network è che bloccano le opere d’arte ma non le notizie false”.

 

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