"Bankitalia non ha saputo valutare la situazione di Banca Marche": in arrivo la relazione della Commissione di indagine
Le cause che hanno portato Banca Marche allo stato di insolvenza sono ''molteplici e diffuse'', ma una delle criticità ''è stata rappresentata dalle filiere di controllo istituzionale, vale a dire l'attività svolta sia dalla Banca d'Italia che dalla Consob, rispetto alla quale non può non rilevarsi uno scarto fra risultanze istruttorie e la realtà che si è poi drammaticamente verificata''. Lo scrive la Commissione di indagine istituita dal Consiglio regionale il 18 febbraio, e presieduta da Mirco Carloni, nella sua Relazione finale. Un testo di 67 pagine, con grafici e tabelle, che non risparmia nessuno, a partire dai vertici del sistema bancario italiano, passando per le Fondazioni ex proprietarie di BM e gli ex dirigenti. Molti dei quali, a cominciare dal vecchio Dg Massimo Bianconi, sono indagati a vario titolo dalla procura della Repubblica di Ancona. La relazione, approvata il 24 maggio scorso, verrà presentata ufficialmente il 3 giugno e discussa in Aula il 7 giugno. L'Ansa ne ha potuto prendere visione in anticipo: il quadro che ne emerge offre molti spunti di riflessione.
Banca Marche, prima commissariata per 28 mesi, poi quasi 'salvata' da Fonspa se la Commissione Ue non si fosse messa di traverso, infine messa in liquidazione coatta dal Governo Renzi nel novembre 2015, è una ferita aperta per il territorio: con la risoluzione dell'istituto si sono persi 1,5 miliardi di investimenti, ricorda la Commissione, ''di cui circa 400 milioni per le Fondazioni di Pesaro, Macerata e Jesi, una perdita di risparmi per circa 43 mila piccoli azionisti che ammonta a più di mezzo miliardo di euro, e un altro mezzo miliardo per un migliaio di obbligazionisti subordinati''. Le responsabilità penali verranno accertate, ma ci sono defaillance sistemiche, carenze di visione strategica, su cui la Commissione punta il dito. Ad esempio la questione Fonspa, che, sostiene la relazione, ''ha contribuito ad aggravare la situazione di Banca Marche''. La vicenda Fonspa ha costretto BM ''a corrispondere gli interessi: si è concentrato il rischio verso una sola controparte, e nel momento in cui il credito Fonspa non è stato rimborsato'', si sono verificati ''danni reputazionali ingenti, provocando una perdita di liquidità molto rilevante''. I commissari di Bankitalia ''avrebbero dovuto piuttosto provvedere per tempo a far fronte alla scadenza dei pronti contro termine relativi al prestito Fonspa''. Ma c'è di più. Banca d'Italia forse ''non è stata in grado di valutare pienamente la situazione tecnica di BM, pur avendola ispezionata in molteplici occasioni''.
Già nell'esercizio 2011 di BM (che si era chiuso con un utile netto di 135 milioni), i crediti deteriorati erano schizzati a 1.708 milioni (+28,9%). Il 28 dicembre 2011 Banca d'Italia attesta però una situazione tecnica adeguata, e ''non solleva alcun elemento di allarme oggettivo'', né ritiene di dover ''bloccare l'azione della Consob'', che sta preparando il prospetto informativo sull'aumento di capitale da 180 milioni di euro, che si concluderà nei primi mesi del 2012. Eppure nelle sue ispezioni, a partire dal 2010, l'organo di Vigilanza aveva a più riprese individuato carenze nella governance di BM, rischi creditizi elevati, scarsa incisività del collegio sindacale, tanto da arrivare a sanzionare 17 amministratori e sindaci di BM: ciononostante, all'epoca valuta che non ci sono ragioni per stoppare l'aumento di capitale. Un passaggio delle Considerazioni finali la Commissione lo riserva poi ad un presunto ''eccesso di accantonamenti'', che avrebbe creato le condizioni per il commissariamento di BM. Bacchettate infine alle Fondazioni che controllavano il 56% di Banca Marche. Nel 2008 dissero no alle offerte vincolati di Credit Agricole e Banca Popolare dell'Emilia Romagna, che volevano acquisire il controllo di BM. Credit aveva messo sul piatto 2,3 miliardi, la banca emiliana 2,6 miliardi. Soldi 'cash' che le Fondazioni rifiutarono, per proseguire ''da sole''.
(Ansa)
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