
di Fabrizio Scoccia

Alla mamma…e oltre: come vivere bene e a lungo nella terza età, intervista al dottor Mancini
In occasione della Festa della Mamma mi è venuto quasi spontaneo riproporre un articolo realizzato in collaborazione con il dottor Giorgio Mancini geriatra, che ben evidenzia le problematiche delle persone che si avviano verso l’anzianità o che la stanno vivendo. Tante sono le mamme, un grande augurio per loro. L’attuale speranza di vita, molto più lunga rispetto al passato, crea nuove aspettative ed opportunità anche per chi è entrato nella cosiddetta "terza età" il cui limite gli studiosi e i geriatri tendono ad innalzare sempre di più oltre i 65 anni convenzionali. Negli ultimi decenni, le stagioni sono cambiate, le condizioni atmosferiche e climatiche sono mutate a causa di un impercettibile ma continuo riscaldamento del pianeta che ha prodotto inverni miti, estati torride, autunno e primavera sempre meno spesso connotati dalle loro tipiche caratteristiche. Al pari delle stagioni dell’anno solare, anche quelle della vita umana stanno mutando con un continuo allungamento della vita stessa e significativi elementi di assoluta novità, impensabili fino a non più di 50 anni fa. Che ci siano connessioni nell’evolversi dei due fenomeni può essere un’idea suggestiva, benché mancante di un reale fondamento scientifico. Piace però evidenziare il continuo mutamento di tutte le cose, il "Panta rei" dei filosofi greci, che ha avuto la sua riprova nella storia, nei fenomeni fisici tangibili come nello spirito, nella vita nel suo complesso, i cui meccanismi non sono e forse non saranno mai svelati fino in fondo. Dopo questa premessa speculativa, la nostra pagina vuole occuparsi dell’evolversi delle stagioni dell’esistenza umana, di come si può allungare la vita e, soprattutto, di come viverla bene e con soddisfazione fino alla fine. L’aumento della speranza di vita dipende da numerosi fattori: l’avanzamento della tecnologia che, tra le altre cose, ha permesso di tutelare l’igiene di un elemento essenziale come l’acqua; la conseguente diminuzione delle infezioni e i grandi progressi strumentali e farmacologici della medicina; le regolamentazioni sociali nel lavoro, la diffusione della cultura della prevenzione nella salute. La vita media che si allunga, non per tutti ma per molti, pone oggi il problema di individuare il fattore capace di amalgamare tutte le sue stagioni per colmarla di benessere e appagamento in tutte le sue fasi, che renda ogni momento degno e piacevole da vivere sia da giovani che da anziani, ovviamente con le dovute proporzioni. L’elemento capace di lenire i logorii fisici, psicologici e spirituali può essere anche l’amore. È questo un concetto che racchiude in sé tante immagini, ma, volendo trovare una definizione seppur incompleta e riduttiva, possiamo dire che l’amore è l’insieme di sensazioni in grado di stimolare al massimo le nostre risorse fisiche e mentali, coinvolgendoci in un’attrazione viscerale verso qualcuno o qualcosa. Durante l’infanzia impariamo a riconoscere l’amore percependo quello che gli altri nutrono nei nostri confronti; chi non ne ha ricevuto da bambino fatica ad elargirne una volta cresciuto. Adolescenza e giovinezza segnano la scoperta dell’attrazione fisica, che ad un certo punto si trasforma in amore verso qualcuno e l’aspetto carnale del sentimento ci scuote fino a rapire e totalizzare la nostra mente. Poi crescendo l’amore può continuare a rivolgersi ad una persona in particolare ma si espande, in forme diversificate, verso i figli, le persone care, il lavoro, i nostri interessi… In tarda età solitamente figli e nipoti sono oggetto di amore, o meglio, per restare alla definizione, sono ciò che stimolano le capacità vitali. Ma, parlando dell’allungamento della vita e dei suoi risvolti, una considerazione particolare merita anche l’aspetto sessuale dell’amore. Esso si basa sullo stimolo ormonale innescato dalla natura per indurre la riproduzione della specie. Tale stimolo va decrescendo nell’uomo, ma può protrarsi fino alla tarda età, anche se l’atto in sé diviene sempre più difficoltoso per questioni “tecniche” dovute all’invecchiamento del sistema circolatorio. Nella donna, invece, l’impulso sessuale subisce un improvviso calo con l’arrivo della menopausa. Questo almeno era lo schema storicamente accettato, ma già da qualche tempo le cose hanno preso una piega ben diversa. Per l’uomo la farmacologia ha individuato il modo per superare le difficoltà circolatorie garantendo un deciso incremento della vita sessualmente attiva. Nella donna il meccanismo è decisamente più sottile e sofisticato: una donna in menopausa può sperare di vivere ancora molti anni e ciò la spinge ad attivare una serie di interventi a livello psicologico e comportamentale per piacersi, per piacere, per essere desiderata sempre più a lungo. Un mix di sensazioni e desideri che va a compensare lo stimolo ormonale venuto a mancare. Anche per la donna comunque la farmacologia sta muovendo i suoi passi per permettere una vita sessuale ancora appagante. Tuttavia, la possibilità di vivere bene e a lungo la propria silver age è influenzata sia per l’uomo che per la donna da diversi altri fattori che possono essere quelli genetici, le occasioni sentimentali, la conservazione di un buono stato di salute con stili di vita appropriati. Ne parliamo con il dott. Giorgio Mancini, già direttore dell’U.O. di Geriatria dell’Ospedale di Macerata, oggi consulente del centro medico "Associati Fisiomed" e sempre molto impegnato nella ricerca dei migliori modi per la preservazione della salute degli anziani. Dott. Mancini, come tutelare la salute delle persone nella terza età ed oltre? "Bisogna affidarsi anzitutto a quanto la scienza e la medicina hanno messo in campo negli ultimi anni. Da sempre comunque l’attività fisica è la miglior forma di prevenzione e, in alcuni casi di cura. Svolta in forma lieve e moderata, non teme controindicazioni e apporta benefici a tutti gli organi. L’Active Aging è un messaggio molto positivo, eppure solo il 10-15% degli anziani pratica regolarmente attività fisica". Che tipo di attività fisica consiglia? "Basta camminare per stimolare tante funzioni vitali, ma vanno bene anche il nuoto, la bicicletta, il giardinaggio, il ballo. Siamo nati per muoverci e, assecondando questa nostra predisposizione in tutte le fasi della vita, possiamo sperare di vivere più a lungo senza disabilità". E l’attività intellettiva? "Il Premio Nobel Rita Levi Montalcini diceva 'il cervello non va mai in pensione'. Ogni giorno perdiamo circa cinquantamila cellule nervose, ma ne possediamo miliardi. Quelle che restano mantengono la loro connessione ed efficienza se coltiviamo interessi che ci piacciono: lettura, musica, radio, televisione, computer, teatro, cinema, vita sociale, volontariato. È bellissimo donare agli altri un po’ di ciò di cui abbiamo usufruito. È importante che gli anziani poi continuino ad interfacciarsi con i giovani, per esempio per trasmettere loro i segreti di tanti mestieri, per consegnare alle nuove generazioni le chiavi per realizzare il loro futuro tra passato e presente, tra esperienza e tecnologia". E l’amore? È davvero possibile aspirare ad una vita sessualmente attiva anche nell’anzianità? "Attualmente ci sono molte condizioni che possono dare una risposta affermativa: miglioramento delle condizioni generali degli uomini e delle donne, gli ausili farmacologici sempre e comunque da utilizzare sotto controllo medico, una più grande possibilità di vita sociale ed individuale soddisfacente. Naturalmente l’approccio di ogni persona all’attività più intima della condizione umana è alla base di questa frontiera che non ha preclusioni per l’età". L’alimentazione è importante? "Certamente e non solo per gli anziani. Cibi e prodotti semplici e genuini influiscono positivamente sul processo di invecchiamento e sulla prevenzione di gravi patologie come i tumori. La dieta mediterranea, quella autentica dei nostri nonni, è di gran lunga preferibile ad altri regimi, mode e tendenze alimentari. Per vivere più a lungo e bene dovremmo limitare le quantità per non appesantire l’organismo. Cereali, latte, pesce, poca carne, frutta e verdura a volontà e, di tanto in tanto, un buon bicchiere di vino rosso: non serve altro". Per concludere, dott. Mancini? "Occorre raggiungere e conquistare un equilibrio interiore, stare in pace con se stessi e con gli altri, realizzare una sintesi di tutte le potenzialità fisiche, psichiche, affettive, intellettive proprie della persona. Quando poi subentrano malattie serie non dobbiamo accanirci su quanto perso, ma piuttosto ricercare le cure più appropriate per sostenere il corpo e le funzioni ancora valide. Un mio convincimento, che cerco anche per quanto possibile di applicare nella mia vita professionale, è la possibilità che l’organizzazione sanitaria pubblica dia un’assistenza domiciliare quando l’anziano è piuttosto fragile e viene colpito da malanni non tanto gravi. La tendenza è sempre quella di ricorrere all’ospedalizzazione; si rischia di peggiorare sia lo stato fisico che psicologico del paziente. Se il medico lo ritiene opportuno l’assistenza a domicilio è sicuramente molto preferita ed apprezzata dalla persona fragile. Per gli organizzatori della nostra sanità sia un punto su cui riflettere".

Diagnosi e cura delle malattie reumatiche: gli orizzonti. Intervista con il prof. Walter Grassi
La reumatologia è una delle specialità più complesse della scienza medica, tante sono le patologie riconducibili in più comparti fisiologici del nostro corpo. Alcune patologie sono alquanto frequenti, qualcuna rara, parecchie hanno un percorso già molto definito e sicuro di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, altre ancora oggetto di una profonda ricerca per raggiungerlo. Ne parliamo con il Prof. Walter Grassi, già direttore della Clinica Reumatologica dell’Università Politecnica delle Marche con sede nell’Ospedale “Carlo Urbani” di Jesi. Il Prof. Grassi clinico, ricercatore, docente universitario rispettato ed autorevole nella comunità scientifica nazionale ed internazionale ha messo a disposizione la sua cultura e la sua esperienza del centro medico “Associati Fisiomed” nella nuova sede del gruppo a Sforzacosta di Macerata. Con a disposizione la migliore tecnologia diagnostica e gli ambulatori riabilitativi di ultimo aggiornamento il Prof. Grassi effettua il suo lavoro di consulto ambulatoriale, ma non solo, è anche consulente per le strategie organizzative, referente per l’aggiornamento degli operatori sanitari interni e del territorio, infine partecipa alla comunicazione medico-scientifica sicura ed autorevole per i cittadini che vogliono approfittare dei nuovi progetti di "Associati Fisiomed" che non sono solo attenti alla diagnosi e cura ma anche alla prevenzione. La sanità privata del futuro che ambisce e lavora per un ruolo attivo di valenza sociale nella protezione della salute della comunità. Prof. Grassi cosa sono esattamente le malattie reumatiche? "La definizione non è facile in quanto con il termine 'reumatico' si definisce in modo molto generico una moltitudine di patologie molto diverse per sintomatologia e gravità. Formicolii, tumefazione dolorosa di un tendine o di una articolazione, cefalea, lesioni cutanee, stanchezza estrema, difficoltà respiratorie, problemi intestinali, occhio secco, dolore lombare, problemi cardiaci, perdita della vista, gravi problemi renali sono solo alcune delle manifestazioni che possono caratterizzare le diverse malattie reumatiche. Anche decorso e gravità sono molto variabili. Si va da condizioni di dolore meccanico intermittente a malattie croniche progressive che causano danni irreversibili non solo a livello muscolo-scheletrico ma anche cardiovascolare, renale e polmonare, con drammatica compromissione non solo della qualità ma anche della aspettativa di vita". Perché non dovremmo sottovalutare le malattie reumatiche? "Le malattie reumatiche non dovrebbero essere sottovalutate perché possono determinare una progressiva e irreversibile compromissione della integrità anatomica dei tessuti colpiti dai processi infiammatori o degenerativi, che sono alla base di queste malattie. Purtroppo nella cultura popolare l’aggettivo “reumatico” non suscita una reazione spontanea di ansia/allarme comparabile con quella di termini quali “oncologico”, “neurologico” o “cardiovascolare”. Il dolore “reumatico” viene considerato erroneamente come una sorta di inevitabile processo legato alla senescenza. Purtroppo questa comune tendenza a considerare le malattie reumatiche come i “dolori della nonna” è alla base di pericolosi ritardi diagnostici, con potenziali gravissime ripercussioni sullo stato di salute. Uno strano mal di schiena, manifestazione di esordio della spondilite anchilosante, può essere banalizzato per molti anni fino a quando ci si accorge che la malattia ha bloccato irreversibilmente i movimenti di flessione e estensione della colonna vertebrale, determinando così uno stato di grave invalidità, che avrebbe potuto essere efficacemente prevenuto se il sintomo iniziale non fosse stato sottovalutato". Quali sono le sfide più difficili nella diagnosi delle malattie reumatiche? "La sfida principale per ogni medico per il reumatologo in particolare, è quella della diagnosi precoce. 'Nell’Arte della Guerra', celeberrima opera di Sun Tzu (VI-V secolo a.C.) viene sottolineato che 'La rapidità è l’essenza della guerra'. Questo antico motto riportato nel più antico testo esistente di arte militare ha un valore fondamentale in Medicina. Il modo più efficace per combattere un nemico è individuarlo precocemente e conoscerne la pericolosità e le intenzioni. Si tratta di una sfida non facile, dal momento che le manifestazioni iniziali delle malattie reumatiche più gravi possono essere alquanto insidiose e possono sfuggire all’attenzione, specie in presenza di una concomitante polipatologia, di un panorama di sintomi molto variegato o in soggetti che assumono farmaci capaci di interferire con le manifestazioni cliniche della malattia reumatica dominante. Il laboratorio e la diagnostica per immagini sono un più che valido aiuto nello sciogliere le riserve di ordine diagnostico-differenziale, anche se paradossalmente, in uno scenario di diagnostica ipertecnologica, viene sempre più valorizzato il ruolo della cosiddetta 'Medicina Narrativa' che non è altro che il risultato del dialogo medico-paziente volto a definire le caratteristiche dei sintomi in termini di intensità e decorso. Si può guarire da una malattia reumatica? "Come in guerra o nello sport, a volte si vince, a volte si perde e spesso si pareggia. Fra le malattie reumatiche nelle quali possiamo aspirare a una piena vittoria figurano la gotta e la polimialgia reumatica. Si tratta di malattie caratterizzate da una devastante intensità di sofferenza. Il dolore di un attacco acuto di gotta è tra i più intensi che un essere umano possa sopportare, mentre una polimialgia reumatica in fase di conclamata espressività clinica porta chi ne è colpito a una condizione di devastante disperazione, con impossibilità a muoversi e a compiere le normali attività della vita quotidiana. Se prontamente riconosciute e adeguatamente trattate queste due malattie guariscono rapidamente e completamente! Grazie ai progressi della terapia farmacologica anche le temute artriti croniche (artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondilite anchilosante) possono essere efficacemente contrastate e bloccate, rallentando o evitando le gravi deformità articolari che si manifestavano inesorabilmente nel recente passato. Fra le condizioni più difficili da trattare figurano alcune malattie autoimmuni come la sclerosi sistemica, le vasculiti e il lupus eritematoso sistemico e, non ultima, la fibromialgia, che determina una drammatica compromissione della qualità della vita e nei confronti della quale non disponiamo ancora di un trattamento sistematicamente efficace". Quali sono i suoi obiettivi per l’immediato futuro? "Partecipare con sempre maggiore impegno ad una buona divulgazione medico-scientifica per la prevenzione, un servizio ad Associati Fisiomed molto ben organizzato con supporto anche ad iniziative di comunicazione di alto livello. La fibromialgia, patologia sempre più frequente alla mia attenzione, merita un particolare impegno ed uno stimolo per studi sempre più efficaci con ricerca di soluzioni che possano essere utili per riconquistare una buona qualità della vita".

Papa Francesco: i suoi sentimenti hanno distribuito tanto benessere
Anche una rubrica come "Sano a sapersi" non può esimersi dal raccontare quanto l’amore espresso e fatto percepire da un personaggio, che prima di essere Papa è stato un grande uomo, sia stato importante per la salute di tanti uomini e tante donne. Io sono un credente a fasi alterne, o meglio la ragione mi esclude l’esistenza di un Dio antropomorfo come spesso lo si immagina, il cuore mi suggerisce la necessità dell’esistenza di Dio che sappia rappresentare i migliori sentimenti umani: la solidarietà, la tolleranza, l’amore per una vita vissuta nella serenità, nel benessere e progresso per tutti. I sentimenti vitali di un Dio immanente in ognuno di noi, storicamente rappresentato da Gesù Cristo e nei nostri tempi interpretato al meglio da Papa Francesco. Non ho mai avuto modo di essere sempre e completamente d’accordo con le azioni e le parole di Papa Francesco. Grande tristezza la mia per la sua morte, si spera che chi verrà dopo di lui ne dovrà seguire la strada per un continuo riscatto e benessere delle donne e degli uomini. Io non ho avuto occasioni di incontri diretti con Papa Francesco, tranne uno, casuale ed inaspettato ma che è rimasto nei miei ricordi. Ero a Roma per partecipare all’assemblea dell’ASMI (Associazione Stampa Medica Italiana), che si svolgeva nella sua sede nazionale all’Ospedale Santo Spirito, adiacente al Vaticano, mi pare fosse nel giugno 2018. Sceso dalla metropolitana stavo distrattamente attraversando Piazza S. Pietro per raggiungere l’ospedale Santo Spirito, quando mi accorgo che era in corso poco più in là, davanti alla basilica l’udienza generale del mercoledì all’aperto. Papa Francesco stava impartendo la sua benedizione finale, mi fermai e spontaneamente feci il segno della croce, ripresi il mio cammino per arrivare alla riunione. Allora non ci feci nemmeno tanto caso, quel ricordo però mi è rimasto dentro, mi è anche capitato di pensare a quel fuggente e casuale momento come ad una benedizione al mio lavoro di divulgazione medico-scientifica per la prevenzione. Un motivo in più per non scordare mai un Papa che a sentire le testimonianze di questi giorni ha avuto anche il grande merito di consolare, aiutare e donare un po’ di benessere a tanta gente, forse il modo migliore per preservare una buona salute.

Tumore della prostata: prevenzione, diagnosi e terapia. L'intervista al dottor Fabrizio Fioretti
La prostata è un organo dell’apparato urinario maschile sensibile all’avanzamento dell’età con problematiche e patologie che possono andare dalla semplice ipertrofia, infiammazione fino alla possibile insorgenza e sviluppo di un tumore. Proprio di questa grave patologia dell’organo oggi vogliamo parlarne con lo specialista urologo Fabrizio Fioretti che svolge la sua attività nel territorio, consulente presso il centro medico Associati Fisiomed. Dr. Fioretti, tra le patologie di cui si occupa l’urologo, una di particolare interesse è sicuramente il tumore della prostata, cos’è e quanto è diffuso? "Esattamente, il tumore della prostata è la neoplasia più comune nell’uomo e ha origine dalle cellule presenti all’interno di questa ghiandola, che appartiene all’apparato riproduttivo maschile. Il rischio di sviluppare il tumore è direttamente correlato all’età e se tra i 50-60 anni sino a 1 uomo su 4 può presentare aggregati di cellule neoplastiche a 80 anni questa condizione riguarda 1 uomo su 2. Solitamente ha una crescita lenta, ma esistono anche forme più aggressive, nelle quali le cellule malate possono invadere in tempi brevi i tessuti circostanti e diffondersi ad altri organi. Grazie all’ampia diffusione di esami quali il PSA ed alle visite urologiche di prevenzione, diagnosi precoci e terapie sempre più efficaci hanno contribuito ad abbassare il tasso di mortalità di questa patologia e attualmente la sopravvivenza a 5 anni si aggira intorno il 92%, un 15% in più rispetto a un decennio fa". Chi è maggiormente a rischio e come si manifesta? "Come abbiamo già detto il primo fattore determinante è l’età con il rischio che aumenta progressivamente dopo i 45-50 anni. Il secondo fattore di rischio è senz’altro la familiarità, si ha circa il doppio delle possibilità di sviluppare la malattia in caso di parenti (padre, fratello etc) che hanno o hanno avuto diagnosi di tumore alla prostata rispetto a chi non ha o non ha avuto nessun caso in famiglia. Altri fattori di rischio comprendono alcuni tipi di mutazioni genetiche ma non meno importanti sono i fattori di rischio legati allo stile di vita, come dieta ricca di grassi saturi e obesità. Nelle fasi iniziali della malattia non si hanno sintomi e solo nelle fasi tardive e avanzate compaiono disturbi quali difficoltà a urinare, dolore, necessità di urinare spesso, presenza di sangue nelle urine o nello sperma. Una visita urologica eseguita nei giusti tempi può evitare che la malattia venga scoperta dopo la sua diffusione ma serve anche a diagnosticare problemi prostatici di tipo benigno che possono presentarsi con sintomi urinari simili". Si può fare prevenzione? E come si arriva alla diagnosi? "Proprio perché nelle sue fasi iniziali si presenta in genere totalmente asintomatico, l’arma principale contro il tumore della prostata è la diagnosi precoce. Il dosaggio del Psa, la visita urologica con esplorazione rettale, l’ecografia ed in casi selezionati la risonanza magnetica multiparametrica permettono una diagnosi adeguata nella pressoché totalità dei pazienti. In particolare dosaggio del Psa e visita urologica vanno eseguiti per la prima volta intorno ai 50 anni, ma nei pazienti che presentano familiarità l’età scende intorno ai 40. Molto importante è intervenire sui possibili fattori di rischio riguardanti lo stile di vita prima descritti e quindi limitare l’assunzione di grassi saturi, alcool e carni processate, favorendo invece alimenti ad azione antiossidante e antinfiammatoria ed una attività fisica moderata ma costante". Come si cura? "Una volta confermata la diagnosi di tumore della prostata e stabilito il grado di aggressività della malattia lo specialista urologo, dopo un’attenta analisi del paziente, consiglierà la strategia più adatta. Coloro che presentano una malattia a basso rischio possono beneficiare di opzioni terapeutiche che consentono di posticipare il trattamento al momento in cui la malattia diventa "clinicamente significativa". Eseguendo determinazioni del PSA, visite urologiche e biopsia prostatica in precisi momenti dopo la diagnosi si può controllare l'evoluzione della malattia e verificare la comparsa di eventuali cambiamenti tali da rendere indispensabile un intervento ("sorveglianza attiva"). Nei pazienti con adeguata aspettativa di vita la chirurgia è oggi il trattamento più diffuso ed efficace per trattare il cancro circoscritto alla ghiandola e la rimozione della stessa e dei linfonodi circostanti è da considerarsi un intervento curativo in una grandissima percentuale di casi. Trattamenti alternativi e tuttavia molto efficaci nel controllo della malattia, da scegliere sempre in base alle caratteristiche del paziente, comprendono la radioterapia e l’ormonoterapia".

"Donne capelli argento", a Tolentino un evento per sfatare i tabù sulla menopausa
La salute non è solo assenza della malattia, guarigione dalla malattia, ma anche ricerca del benessere. La definizione di salute così declamata è dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il benessere è un concetto variabile, non esiste il benessere assoluto, esiste la ricerca di migliorare il proprio stato e di vivere al meglio le stagioni della vita. Questa visione allargata della buona salute richiede un impegno costante ed anche l’aiuto di figure professionali non necessariamente sanitarie, anzi, il buon risultato spesso ha bisogno del coinvolgimento di ulteriori competenze che sappiano aiutare a creare un’armonia tra il corpo e la mente. Laura Cavarischia è un’estetista che ha saputo integrare il suo lavoro con esperienze di ricerca e cultura fino a coordinare un gruppo che possiamo definire polispecialistico nel centro "La Creazione" di Tolentino. Venerdì 11 aprile si terrà al teatro Politeama di Tolentino una sintesi e saranno presentati i progetti per la ricerca del benessere in una stagione molto delicata della donna: la menopausa, evento in collaborazione con il centro medico Associati Fisiomed. Abbiamo rivolto a Laura Cavarischia alcune domande. Perché ha voluto questo evento? "Perché la menopausa è ancora un grande tabù, e troppo spesso viene affrontata come una fase di declino, come qualcosa da nascondere o sopportare. In realtà è un momento di grande trasformazione, un nuovo inizio pieno di opportunità che però vanno colte. Ho voluto creare uno spazio in cui parlarne apertamente, senza vergogna né imbarazzi, per aiutare le donne a vivere questo passaggio in modo più consapevole, informato e positivo. Vogliamo offrire strumenti concreti per migliorare il rapporto con il proprio corpo, ma anche nutrire un senso di sorellanza e vicinanza tra donne. Questo evento è nato per accogliere, per dare voce e per proporre un modo nuovo di prendersi cura di sé". Molti tabù ancora avvolgono il tema della menopausa. Come può un evento come questo contribuire a superarli? "I tabù sulla menopausa nascono da un modello culturale che ha a lungo ignorato, minimizzato o addirittura patologizzato questo momento fisiologico della vita femminile. Troppo spesso le donne si trovano sole ad affrontare cambiamenti importanti del corpo, della libido, dell'umore, senza strumenti, senza informazioni corrette e, soprattutto, senza uno spazio di confronto libero da giudizio. Noi lavoriamo soprattutto con donne in menopausa e sappiamo benissimo quanta pesantezza, non solo fisica, ma anche sociale, gravi sulla questione. Con questo evento vogliamo rompere il silenzio e aprire un dialogo sincero, informato e multidisciplinare. Il nostro obiettivo è restituire alla menopausa la sua dignità di passaggio trasformativo, offrendo strumenti concreti e una nuova visione: non una fine, ma un nuovo inizio, più consapevole, più libero, più autentico". Perché ha coinvolto il Gruppo Medico Fisiomed? "Perché nel nostro lavoro, come Fisiomed, cerchiamo di prenderci cura delle persone in modo globale, integrato e umano. Abbiamo scelto di collaborare con alcune delle loro professioniste perché ne condividiamo i valori, l’approccio multidisciplinare e il rispetto per ogni fase della vita. La menopausa è un passaggio che tocca ormoni, pelle, emozioni, intimità, postura, percezione di sé e, per questo, volevamo offrire alle nostre donne anche un approfondimento dal punto di vista medico. Insieme possiamo offrire un’esperienza completa, che mette al centro la persona e che dà risposte vere, concrete, accessibili. È una sinergia che rafforza la nostra missione e arricchisce profondamente questo evento dedicato alla menopausa". Qual è il programma? "Il programma si compone di sette interventi brevi, intensi e trasversali. Io parlerò della menopausa come viaggio, non come fine: come occasione per ricominciare ad ascoltarsi. Valeria Cantolacqua, da oltre dieci anni con me nel team, approfondirà cosa succede al nostro corpo e alla nostra silhouette. Angela Fiorelli, altra mia operatrice, ci guiderà nella metamorfosi del viso e della pelle. La dott.ssa Maria Cristina Magagnini, endocrinologa, ci aiuterà a capire come cambiano gli ormoni e cosa possiamo fare per ritrovare equilibrio. L’ostetrica Melissa Falistocco parlerà della salute vaginale e del benessere intimo. La psicoterapeuta e sessuologa dott.ssa Giuliana Proietti affronterà il tema della sessualità e del piacere dopo la menopausa. E infine, Isabella Tomassucci, educatrice teatrale e insegnante di yoga, ci proporrà un’esperienza che mette al centro il movimento e la creatività". Perché fare un evento? Forma nuova di comunicazione? Nuovo modello? "Non è una novità per noi. Ogni anno organizziamo eventi di questo tipo perché crediamo che fare divulgazione, offrire strumenti e diffondere informazione corretta sui temi legati alla salute e al benessere delle donne sia parte integrante della nostra identità. Negli anni abbiamo realizzato molte iniziative di questo tipo e anche una campagna di sensibilizzazione al benessere che è stata presentata anche a Parigi. Non è solo marketing, è responsabilità sociale. L’estetica, per noi, è solo un punto d’ingresso: il vero obiettivo è aiutare le donne a conoscersi meglio, ad ascoltarsi, a stare bene con sé stesse, il nostro è un lavoro a 360 gradi sulla persona e sul suo benessere. Inoltre, credo anche che fare impresa oggi significa creare valore per le persone. Per questo ogni nostra iniziativa punta anche ad aprire uno spazio di dialogo, condivisione e crescita collettiva". La sua concezione dell’estetica va ben oltre l’aspetto esteriore. Come intende il suo lavoro? "Per me, l’estetica è un canale privilegiato per lavorare sul benessere globale della persona. Il corpo non è un oggetto da correggere, ma un sistema sinergico che parla, che comunica. Il nostro compito non è inseguire la perfezione, ma aiutare ogni donna a riconnettersi con sé stessa, a ritrovare armonia, a sentirsi di nuovo a casa nel proprio corpo. Non è solo questione di pelle o centimetri: è una trasformazione interiore che parte dal corpo ma tocca anche le emozioni, il respiro, l’autostima. In questo senso, il mio lavoro è molto più vicino alla cura che all’estetica tradizionale. È un accompagnamento delicato, profondo, e sempre personalizzato". Che percorso di formazione ha fatto? "Dopo la formazione in estetica tradizionale, ho sentito subito il bisogno di andare oltre. Ho studiato per cinque anni in un’Accademia Ayurvedica, seguito un master in India, dove ho appreso un approccio olistico che ancora oggi guida il mio lavoro. Ho integrato tutto questo con corsi di estetica avanzata in Svizzera e a Milano, specializzandomi in massaggio miofasciale, connettivale, posturale e body modeling. Ho studiato anche naturopatia, cosmetologia, psicosomatica, e attualmente sto concludendo un master in Scienze Integrative Applicate. Ho scelto di formarmi a 360° perché credo che il nostro compito sia quello di leggere il corpo come un insieme complesso, e di lavorare su più livelli. Tutto il mio percorso, poi, è confluito in un programma di formazione rivolto al mio team: tutte le mie operatrici sono allineate per quanto riguarda competenze e obiettive e si aggiornano continuamente". Le persone sono sotto stress. Cosa possono fare per il loro benessere? "La prima cosa è smettere di pensare al benessere come un premio da conquistare, come un lusso da concedersi. È un bisogno, e va ascoltato ogni giorno. Servono piccoli gesti quotidiani: respirare meglio, dormire con più regolarità, imparare a dire qualche no, creare spazi per sé. In 'La Creazione' aiutiamo le donne a costruire una routine che non sia un dovere, ma un piacere. Lavoriamo sul corpo, ma anche sulle abitudini, sulle emozioni, sulla consapevolezza. Esiste un modo gentile per cambiare vita: non servono stravolgimenti, ma costanza, sostegno e strumenti giusti. Il nostro lavoro è anche questo: restituire fiducia, tempo, energia e autostima".

"I virus della nostra mente più letali di quelli naturali": come la società può guarirsi dalla violenza
Ogni volta che la cronaca ci propone tragedie immense come quella della guerra in Ucraina, in Israele, a Gaza e in tante altre parti del mondo, non ci resta che piegarci su noi stessi e, se ne siamo capaci, riflettere sulla nostra natura umana così piena di risorse, di continuo sviluppo tecnologico, economico e sociale, del pensiero, ma anche così fragile, intrisa di soprusi, odio e dolore. Sono passati millenni, ma ancora l’uomo non riesce a liberarsi della sua carica di aggressività, violenza, voglia di sopraffazione sugli altri. I virus della nostra mente che facciamo fatica ad estirpare o a controllare e che spesso prendono il sopravvento sia individualmente che collettivamente seminando disagi, sofferenze, terrore, morte. Quando la nostra riflessione si fa più attenta stimolata da quei fatti orrendi, non possiamo non rilevare che l’uomo, tra gli esseri viventi, è l’animale che da sempre ha la maggiore propensione ad eliminare fisicamente i suoi simili. La storia passata come quella recente è stracolma di omicidi: un uomo che per qualche motivo decide di uccidere un altro uomo. Le organizzazioni sociali, che siano quelle tribali della storia antica o che siano quelle organizzate per Stati e Nazioni della storia moderna, hanno sempre contemplato la possibilità di uccidere e non solo per legittima difesa, ma anche per una più generica difesa degli interessi delle comunità. Le guerre hanno fatto la storia, se ne sono combattute un numero illimitato nello svolgere dei tempi, con un numero ancora più illimitato di morti ammazzati. Tutt’ora nel mondo, oltre a quelle citate, sono decine le guerre che si combattono circoscritte magari in territori limitati, ma dove ogni giorno muoiono donne, uomini e bambini. Sono riscontrabili tante testimonianze della Prima Guerra Mondiale ed ancora testimoni viventi che hanno vissuto la Seconda Guerra Mondiale, le tragedie del secolo scorso che hanno interessato il mondo occidentale. Esse hanno procurato milioni di morti, la maggior parte giovani, deceduti in battaglia, sotto i bombardamenti e poi le deportazioni, i campi di sterminio, persino le bombe atomiche. Una lotta fratricida che percorre senza interruzioni la storia dell’uomo. Le guerre sono state anche regolamentate con varie convenzioni internazionali, una specie di codificazione del diritto di uccidere circoscritto con delle regole, visto che non siamo mai stati capaci di additare la guerra come un male assoluto da estirpare. L’umanità composta da miliardi di esseri pensanti, tra essi geni del pensiero, artisti capaci di esaltare la bellezza della natura umana e dell’universo intero, uomini capaci di altruismo, generosità, amore. L’umanità però è sempre piena di violenza e con una intrinseca voglia strisciante ma sempre presente del dominio sugli altri. L’idea di Dio che ogni uomo ricerca, immaginandolo come autore delle meraviglie dell’universo e come meta dopo il cammino terreno non è riuscita ad esorcizzare la parte oscura ed infetta della nostra mente. Nel nome di Dio anzi si sono combattute nella storia guerre definite sacre e giuste, senza pensare che portare morte non è mai giusto. A volte uccidere può essere necessario per legittima difesa, per difendere la libertà e l’integrità di una collettività, ma “giusto” vuol dire qualcosa di più. Procurare a tutti il necessario per vivere è giusto, fornire istruzione e cultura a tutti è giusto, procurare gli stessi diritti sociali a tutti è giusto, tutelare l’uguaglianza e la libertà delle donne è giusto. Perché la società umana sia giusta c’è bisogno che ognuno cerchi dentro di sé la sua parte migliore e si spenda per tutti quei principi che sono stati prima elencati. Chi organizza le guerre, chi specula sul commercio delle armi, chi indottrina e arma i giovani per spingerli al terrorismo non può mai essere giusto. Seminare morte tra la gente dell’Ucraina, d’Israele e di Gaza, fare esplodere una bomba in un aereo o in una piazza, non può essere definito umano se non nella consapevolezza del tanto che dobbiamo fare ancora per migliorarci, sia individualmente che nell’organizzazione delle comunità. Pensate agli sforzi che tanti uomini fanno per far evolvere la scienza medica, sforzi per cercare di far vivere meglio e più a lungo. Pensate a tutti quelli che fanno onestamente il loro lavoro per far crescere la società e dare buone opportunità a tutti, pensate a quelli che si occupano degli indigenti, dei bisognosi, dei disabili per dare un senso alla propria vita e a quella degli altri. Episodi drammatici di guerra e violenza non tolgono la vita a quelli che casualmente vi capitano, ma uccidono anche un po’ tutti gli uomini di buona volontà, chi non si rassegna a perdere la speranza che la nostra umanità può essere migliorata e guarita da quei virus virtuali che minano la nostra mente più di quanto facciano quelli naturali per il nostro corpo. I virus si chiamano arrivismo, egocentrismo, narcisismo, fame di potere e di denaro, prepotenza, disprezzo e sfruttamento dei più deboli. Gli anticorpi si chiamano generosità, altruismo, solidarietà, tolleranza, cultura, amore. La lotta è da sempre dura, ma gli anticorpi potrebbero sopraffare i virus, bisogna stimolare l’opera di bonifica in ognuno di noi con l’intento di raggiungere un Dio vero e buono per chi ci crede, o comunque elaborare un uomo sano e giusto.

Medicina dello sport, il Maceratese è all'avanguardia: intervista alla dottoressa Laura Pecilli
La medicina dello sport è sicuramente la specialità medica che ha maggiore aderenza con la prevenzione e la sicurezza dei suoi assistiti nello svolgimento dell’attività fisico-sportiva. Atleti professionisti, dilettanti, amatoriali, ma anche semplici frequentatori più o meno occasionali di strutture sportive e della attività fisica come per esempio piscine, campi da tennis, palestre, devono avere un pass sanitario, diversificato magari nell’approfondimento a seconda dell’intensità dell’impegno fisico, ma comunque sempre tenendo conto della verifica di parametri fisiologici per una serena e sicura attività. È un esempio di grande efficienza, modernità e civiltà della nostra cultura della salute che coinvolge il servizio sanitario pubblico e tante strutture sanitarie private per ottemperare ad un dovere legislativo per la tutela della salute dei cittadini. Per meglio conoscere il Servizio ne parliamo con la dottoressa Laura Pecilli, specializzata in Medicina dello Sport presso l’Università di Chieti fondata dal prof. Vecchiet e da poco tempo alla direzione del servizio di Medicina dello Sport delle Terme Santa Lucia di Tolentino già diretto dal dott. Danilo Compagnucci arrivato alla pensione. Il territorio del maceratese è ben coperto da ottimi servizi della medicina dello sport. Un altro esempio è quello di Associati Fisiomed che sta sviluppando un inedito modello di cooperazione con diverse società ed associazioni sportive. Dottoressa Pecilli, come nasce la medicina sportiva? "Si potrebbe risalire addirittura alla Grecia classica, se già Ippocrate sosteneva che l’esercizio di un organo o di una funzione potenzia il loro rendimento e ne ritarda il naturale invecchiamento, ma lo sviluppo della medicina sportiva si ha solo nei tempi moderni, quando, con la sostituzione della macchina al lavoro manuale, nasce la società del tempo libero (leisure society) e masse crescenti di popolazione si riversano nelle attività fisiche e sportive. In Italia la Federazione medico-sportiva, affiliata al CONI, nasce nel 1929 sotto la direzione di Augusto Turati (da non confondere con Filippo Turati), il gerarca fascista che interpretava così, per la gioventù italiana, il nuovo clima attivistico-sportivo del fascismo. Nel dopoguerra la FMSI (Federazione Medicina dello Sport Italiana) viene confermata come federazione del CONI e, intorno agli anni ‘80, viene regolamentata la legislazione medico-sportiva, con l’obbligo delle certificazioni di idoneità, particolarmente rigorose per le attività agonistiche, come volle Leonardo Vecchiet. Nel 1957 nasce la prima Scuola di specializzazione in medicina dello sport presso l’Università di Milano". Qual è l’attività del medico dello sport? "L’attività fisica mette in movimento diversi apparati fisiologici, che vengono particolarmente sollecitati nell’attività sportiva: sistema respiratorio, cardio-circolatorio, muscolo scheletrico ecc. Al medico dello sport si richiede di conseguenza una competenza per così dire multidisciplinare, riferibile alle diverse specializzazioni della medicina. Se in passato al medico si richiedeva sostanzialmente di migliorare le prestazioni atletiche degli sportivi, anche attraverso l’uso di farmaci, oggi il medico dello sport deve essere in grado di effettuare una valutazione clinico-strumentale complessiva dello sportivo, sia a riposo che sotto sforzo, anche sotto l’aspetto psicologico e motivazionale, specie nel periodo dell’età evolutiva. In sostanza la medicina sportiva è oggi rivolta a tutelare e a promuovere il benessere dello sportivo, sia sotto l’aspetto fisico, che sotto l’aspetto psicologico". Cosa si intende per certificazione medico-sportiva? "La certificazione di idoneità sanitaria in Italia è obbligatoria per qualsiasi attività fisico-sportiva, agonistica e non agonistica. Praticamente restano escluse dall’obbligo unicamente le attività fisiche scolastiche e quelle svolte in forma privata e individuale. C’è tuttavia una differenza fra le attività sportive non agonistiche e quelle agonistiche. Per queste ultime, svolte in società affiliate o riconosciute dal CONI, la certificazione di idoneità richiede accertamenti più complessi e mirati, in considerazione del maggiore impegno fisico e psicologico che la prova agonistica comporta. Per essa si richiede quindi la raccolta dei dati antropometrici, la misurazione della pressione arteriosa, l’ECG da sforzo, la spirometria, l’esame delle urine e gli accertamenti ritenuti utili dal medico, che in questo caso è il medico sportivo". Qual è la situazione e ruolo della medicina dello sport in Italia? "L’Italia è l’unico Paese europeo che richiede la certificazione medica obbligatoria (e ne precisa gli esami da eseguire) per lo svolgimento dell’attività sportiva agonistica. Negli altri paesi ci si affida alle dichiarazioni liberatorie degli atleti o al massimo ci si accontenta di una assicurazione contro gli infortuni. Il sistema italiano dello screening obbligatorio, introdotto intorno agli anni ’80, ha dimostrato la sua validità riducendo il numero dei decessi per cause sportive dal 3,6 allo 0,4 per 100.000 atleti. In Italia sono attualmente operanti circa 4.000 medici dello sport, riuniti nella FMSI, che operano per lo più in centri e strutture organizzate generalmente dotate di strumentazioni moderne e adeguate". Ringraziamo la dott.ssa Pecilli per il suo contributo e ci ripromettiamo di approfondire alcuni aspetti della materia con lei stessa, con il dott. Danilo Compagnucci, medico sociale della Lube Volley e con specialisti ed organizzatori del servizio di medicina dello sport del centro medico Associati Fisiomed.

La tac cardiaca. Conversazione con il dr. Umberto Negro
La moderna tecnologia medica propone degli esami innovativi, meno invasivi ed anche più sicuri e veloci nella rilevazione di anomalie tissutali e strutturali dei vari organi. A questo virtuoso sviluppo di indagine è interessato il cuore, un organo essenziale per il buon funzionamento dell’intero organismo. Nella osservazione della variegata tecnologia di diagnosi della funzione del cuore merita una particolare attenzione la TAC cardiaca (Cardio-TC) per i vantaggi che può apportare nell’ambito di una ricerca che ha sempre bisogno di approfondimenti con una velocità di rilevazione di minuscoli elementi che possono essere propedeutici ad una seria malattia. Ne parliamo con il Dott. Umberto Negro, specialista in radiodiagnostica, consulente del centro medico Associati Fisiomed dove dispone di specifiche apparecchiature di ultima generazione. Dottor Negro, perché conviene fare una Tac cardiaca? La Cardio-TC è un esame non invasivo che permette di valutare con estrema precisione le arterie coronarie, identificando eventuali stenosi o placche aterosclerotiche. È utile per la diagnosi precoce di malattie cardiovascolari, evitando procedure più invasive come la coronarografia. Quando è indicata la Cardio-TC? L’esame è consigliato nei pazienti con dolore toracico atipico, fattori di rischio cardiovascolare (fumo, ipertensione, diabete, colesterolo alto) o familiarità per malattia coronarica. Inoltre, viene spesso utilizzato per la valutazione preoperatoria in pazienti candidati ad interventi cardiaci. Quanto è importante l’esperienza del medico radiologo? L’interpretazione delle immagini della Cardio-TC richiede grande esperienza e competenza. Un radiologo esperto sa distinguere tra vari tipi di placche coronariche, valutare la severità delle stenosi e correlare i risultati con i sintomi del paziente, riducendo il rischio di diagnosi errate. La Cardio-TC può sostituire altri esami cardiologici? In alcuni casi sì, specialmente nei pazienti a basso-moderato rischio cardiovascolare, nei quali può evitare esami invasivi come la coronarografia. Tuttavia, non sostituisce test funzionali come la prova da sforzo o la risonanza cardiaca, che valutano la risposta del cuore in condizioni di stress.

L'amore è prevenzione e cura: un'esplosione di sostanze biologiche che alza la qualità della vita
Il tempo che passa, il nostro corpo che muta nelle forme e nelle funzioni, gli ambienti che cambiano suggeriscono a noi attempatelli, ma anche ai più giovani, che forse per evitare o mitigare disagi, tristezza e malattia bisogna attingere e distribuire l’unico antidoto che riesce a coinvolgere nel suo sorgere e nella sua diffusione sia il corpo che lo spirito con coinvolgimento del cuore e della mente: l’amore. Nei giorni degli innamorati con la festa di S. Valentino il 14 è doveroso riconoscere a questo caldo sentimento che avvolge e coinvolge come nessun altro un valore terapeutico per le negatività che ci affliggono, ma anche un sicuro viatico per raggiungere un benessere a volte insperato. L'amore di testa e fisico tra innamorati procura l’esplosione di quelle sostanze biologiche che innalzano la qualità della vita percepita. Le endorfine, la dopamina, la serotonina creano uno stato di benessere, persino la soglia del dolore è più in alto, può aggiungersi di riflesso l’adrenalina, l’ormone che stimola energia vitale forti e pronti ad affrontare fatiche ed ostacoli. Che meravigliosa medicina l'amore! E se anche liberiamo il sentimento dal prorompente stimolo sessuale è sempre l’amore che riceviamo con il rispetto verso il nostro essere e pensare e con l’aiuto per superare precarietà e debolezze che incide direttamente sulla nostra salute. E quando non siamo solo oggetto d’amore, ma anche soggetto che lo distribuisce è ancora più evidente la soddisfazione che ci pervade. Ma che cos’è questo Amore? È la sublimazione di un agglomerato di azioni e reazioni razionali ed istintive come il rispetto, la generosità, la tolleranza, l’ammirazione per il bello e il buono, la comprensione e l’aiuto per superare il brutto e il cattivo, per se stessi e per gli altri. Tutto questo lo possiamo concentrare in una esperienza di Beatrice che con i suoi amici di "Africa Mission" proprio nel giorno di S. Valentino hanno aperto ed inaugurato in una zona poverissima dell’Uganda, in Africa, un pozzo d’acqua fondamentale per la vita di quelle popolazioni. Il messaggio di Beatrice: "Abbiamo inaugurato il pozzo nel giorno di S. Valentino, è stato un caso ma quale giorno migliore? L’amore per la vita, l’amore è anche amicizia vera, fratellanza, l’aiutarsi l’uno con l’altro per il bene collettivo". Dovrebbe essere tutto questo concentrato in pillole da prendere almeno una al giorno come per l’ipertensione, il colesterolo, il diabete...L'augurio più sentito a tutti gli innamorati dell'amore!

La sessualità nell'età anziana: conversazione con la dottoressa Giuliana Proietti
Il sesso ha sempre avuto una cortina nebulosa per proteggere le intime azioni e reazioni di tutti. Di sicuro un limite per la ricerca e divulgazione delle indicazioni specifiche. Quando poi l’argomento viene confrontato con gli anziani, la fascia sociale più debole ed esposta alle problematiche anche se il concetto di anziano si sta sempre più spostando avanti nel tempo, è più difficile fare una valutazione su quanto la sessualità intervenga nella loro vita e nella sua qualità. La scienza però non può trascurare un elemento così essenziale che può restare tale a qualsiasi età. Ne parliamo con la dottoressa Giuliana Proietti, psicoterapeuta sessuologa consulente presso Associati Fisiomed. Dottoressa Proietti, in genere si pensa che le donne in menopausa perdano interesse per la sessualità. È così o si tratta di un pregiudizio nei confronti delle donne non più giovani?" "È del tutto normale che la menopausa comporti qualche cambiamento nel desiderio sessuale e nelle sensazioni corporee, a causa delle variazioni ormonali. Molte donne, è vero, sperimentano una riduzione della lubrificazione e una diminuzione della libido, ma non è così per tutte: vi sono anche donne che vivono questa fase come un’opportunità per riscoprire forme diverse di intimità, anche perché a questo stadio della vita non temono più di restare incinte, i figli sono ormai grandi e dunque si sentono molto più libere. Con l’età il sesso cambia e non sempre il sesso penetrativo è la migliore opzione per l’età matura, sia per lei, sia per lui". Cosa può fare un uomo per far ritrovare alla sua compagna in menopausa un maggiore interesse verso la sessualità? "Occorre pensare che la menopausa è una fase di transizione che interessa non solo la donna, ma anche le dinamiche di coppia. È importante che i due partner comunichino con empatia e senza pregiudizi, riconoscendo che i loro bisogni, anche sessuali possono essere cambiati. Il segreto che ogni uomo dovrebbe conoscere per mantenere viva la parte sessuale nella coppia è quello di non abbandonare i momenti di tenerezza, gli abbracci e il contatto fisico e non pensare che ogni volta essi debbano per forza sfociare in un rapporto sessuale vero e proprio". In che modo una vita sessuale attiva, anche fra anziani, può migliorare il rapporto di coppia? "Una coppia anziana che continua a vivere una vita sessuale attiva per forza di cose tende anche ad avere una maggiore cura del proprio corpo e della propria salute, e questo contribuisce a migliorare la qualità della vita. È importante tuttavia informarsi bene sui cambiamenti fisiologici legati all’età, evitando di avere aspettative irrealistiche e conoscere anche le possibili soluzioni (ad esempio, l’uso di lubrificanti, trattamenti ormonali, farmaci vasoattivi per la tenuta dell’erezione, uso dei sex toys e terapie psicosessuologiche)". La società sembra spesso ignorare o minimizzare la sessualità degli anziani, relegandola a un tabù. Perché persiste questo stigma e come possiamo combatterlo? "Lo stigma sociale sulla sessualità in età avanzata nasce da stereotipi che associano il desiderio sessuale solo alla giovinezza e alla riproduzione e negano agli anziani il diritto di esprimere la propria intimità. Questa visione limitata porta a pregiudizi che possono far sentire le persone anziane inibite o inadeguate. Per combattere il tabù è fondamentale promuovere un’informazione corretta e inclusiva, valorizzando testimonianze e studi che evidenziano come l’intimità sia essenziale per il benessere psicofisico in ogni fase della vita".

Ansia, depressione e DSA in aumento: come cambiano le difficoltà dei giovani
L’infanzia e l’adolescenza sono da sempre le fasi della vita più sensibili all’ambiente e al contesto dove i bambini e i ragazzi vivono con riflessi nella loro psiche e nella formazione del loro carattere. La fragilità e la vulnerabilità di quelle età è stata sempre molto attenzionata dalle scienze sociali e mediche. L’adulto avrà delle caratteristiche che quasi sempre hanno radici proprio nei primi anni di vita. Tutto questo nelle varie fasi storiche tende a subire dei cambiamenti e delle evoluzioni che devono essere sempre molto ben evidenziate e studiate per far sì che i bambini e i giovani crescano nella maniera migliore. Nel periodo che stiamo vivendo le problematiche sembrano ancora più accentuate. Ne parliamo con la dottoressa Nelia Zamponi, specialista pediatra e neuropsichiatra infantile, già direttore Sod Neuropsichiatria Infantile e Centro Regionale Epilessia Infantile Ospedali Riuniti Ancona, oggi consulente presso Associati Fisiomed. - Dott.ssa Zamponi di che cosa si occupa il Neuropsichiatra Infantile? "La Neuropsichiatria Infantile o, più correttamente, la Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’ adolescenza, è una branca specialistica della Medicina che si occupa della diagnosi e del trattamento dei disturbi neurologici e neuropsichiatrici che insorgono nella fascia di età compresa fra 0-18 anni". - Quali sono le patologie neuropsichiatriche più frequenti in questa fascia di età? "Per quanto attiene la patologia neurologica, le epilessie e le cefalee rappresentano i disturbi che più frequentemente richiedono una consultazione specialistica a causa della loro prevalenza nella popolazione pediatrica e della peculiarità dei loro aspetti rispetto all’età adulta. Anche il disturbo da tIc, le lipotimie, le sincopi, le vertigini, i disturbi muscolari sono motivo piuttosto frequente di consultazione ambulatoriale. A livello ospedaliero accedono, invece, la patologia neurologica acuta e le patologie neurologiche / neuromuscolari di maggiore complessità (traumi cranici, tumori, epilessie gravi, ictus, paralisi cerebrali infantili, malattie degenerative…). Per quanto attiene la patologia neuropsichiatrica, i disturbi del neuro sviluppo e i disturbi psichiatrici sono i motivi di presa in carico diagnostica e terapeutica di maggiore rilevanza. I disturbi del neurosviluppo sono molteplici e di gravità variabile, richiedono una individuazione precoce e una tempestiva presa in carico multidisciplinare (ritardi di sviluppo psicomotorio, disturbo del linguaggio, disturbo di spettro autistico , disturbi specifici di apprendimento,disturbi comportamentali..) al fine di garantire una evoluzione neuropsichica positiva, un adeguato raggiungimento degli obiettivi accademici e una piena autonomia personale". - L’incidenza delle patologie neuropsichiatriche è stabile nel tempo? "No. Negli ultimi anni si è assistito a un sostanziale aumento della incidenza dei disturbi di neurosviluppo e dei disturbi psichiatrici in età adolescenziale. Sono soprattutto aumentate le diagnosi e le richieste di intervento per i disturbi specifici di apprendimento (DSA). Le stime epidemiologiche collocano i DSA tra il 5% e il 12% dei pazienti in età scolare. Si tratta di situazioni in cui si rilevano difficoltà nell'acquisizione e utilizzazione della lettura, della scrittura e del calcolo a fronte di una normale dotazione intellettiva. L’origine è di natura neurobiologica, il riconoscimento è indispensabile ai fini di mettere in atto tutte le misure compensative/dispensative previste dalla legge finalizzate al raggiungimento di adeguati livelli di apprendimento e di un armonico sviluppo della personalità. Sono altresì in aumento le diagnosi di Disturbo da Deficit di attenzione con iperattività (ADHD) e le diagnosi di Disturbo di Spettro Autistico (ASD). L’incremento riguarda anche e in maniera molto consistente i disturbi psichiatrici in età adolescenziale. Ansia, depressione, disturbi della condotta, dipendenze, disturbi del comportamento alimentare (DCA), sono purtroppo divenute motivo di consultazione molto frequente con enormi difficoltà di trattamento e presa in carico territoriale e ospedaliera". - Quali sono le cause della aumentata incidenza di disturbi psichiatrici e di disturbi del neurosviluppo? "Vengono chiamati in causa molti elementi interconnessi fra loro: la rapidità dei mutamenti sociali, il crollo di modelli e valori di riferimento, i social media, la rete, l’intelligenza artificiale, il lockdown pandemico hanno comportato un cambiamento rapido con conseguente enorme fatica a riconoscere l’autorità, a confrontarsi con i pari e con un’altissima ansia sociale. Il bullismo, il cyberbullismo, la dissociazione tra l’immagine sui social e l’immagine di sè reale rappresentano esperienze negative sempre più frequenti e precoci. Le amicizie virtuali vengono preferite alle più faticose relazioni amicali del mondo reale, tanto da determinare frequentemente un vero e proprio ritiro sociale. Anche per quanto riguarda le funzioni neuropsicologiche, l’esposizione precoce a smartphone e social media induce mutamenti importanti: questi ragazzi, fin da piccoli, mostrano tempi attentivi molto più brevi, sono molto più veloci, ma surfano sulle informazioni, non vanno in profondità. La realtà diviene quella della rete: tutto è veloce, le risposte arrivano subito, senza interesse di approfondimento, senza sforzo di memorizzazione, senza interiorizzazione. Alla lunga, queste modalità possono interferire notevolmente con le tecniche di insegnamento tradizionale e con le richieste della scuola generando disagio psicologico e difficoltà di apprendimento". (Credit foto dott.ssa Zamponi: Giusy Marinelli)

L'ovaio policistico: che cos'è e quali sono i rimedi
La salute delle donne merita una particolare attenzione perché oltre ad avere una rilevanza come tutti gli esseri umani, senza distinzione di genere sulla qualità della vita, ha anche una sua valenza sociale che si ripercuote nella possibilità e gestione della maternità, nella vita e gestione della famiglia, nel loro impegno nel lavoro. Tra le condizioni patologiche riconducibili alla donna l’ovaio policistico è sicuramente una delle sindromi femminili che hanno una maggiore incidenza. Ne parliamo con la dottoressa Maria Cristina Magagnini, medico specialista in endocrinologia e malattie del metabolismo con Master di II livello in andrologia, medicina della riproduzione e della sessualità, consulente presso il centro medico Associati Fisiomed. Dott.ssa Magagnini, oggi tra le giovani donne si sente parlare molto della sindrome dell'ovaio policistico (PCOS). Cos'è? "La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è il disturbo endocrinologico più diffuso tra le donne in età fertile, avendo una prevalenza dell'8-13%. È una condizione clinica caratterizzata da una variabilità di segni e sintomi. La diagnosi si basa sui criteri di Rotterdam e richiede almeno 2 di queste tre condizioni: irregolarità mestruali, iper androgenismo clinico (dosaggio degli androgeni tramite prelievo ematico al terzo giorno del ciclo mestruale) o biochimico (ad es irsutismo, acne e alopecia) e quadro ecografico compatibile con policistosi ovarica (che richiede dei parametri ben precisi). Nel complesso si tratta di un'importante disfunzione dell'apparato riproduttivo femminile che sfocia però in una complessa alterazione di tipo metabolico, estetico e riproduttivo". Quindi quali sono i sintomi che devono fare allarmare? "Solitamente l'oligoamenorrea (mancanza del ciclo mestruale) è il segno che più preoccupa le giovani donne. Altre volte si tratta di peluria in eccesso (irsutismo), acne o caduta di capelli, la cosiddetta alopecia androgenetica". Invece dal punto di vista metabolico, quali sono i problemi a cui si riferisce? "Le donne con PCOS, ad esempio, hanno un rischio maggiore di sviluppare il diabete mellito di tipo 2. La maggior parte è insulino-resistente e/o obesa, e ha difficoltà a perdere peso nonostante diete spesso rigide". Ha parlato di riproduzione. Può la PCOS incidere sulla fertilità? "Assolutamente sì, irregolarità mestruale significa anche alterata ovulazione, quindi a volte non si fa diagnosi in adolescenza, ma arrivano in ambulatorio giovani 30enni che da anni provano ad avere figli, senza successo". Esiste una cura? "Esistono dei trattamenti sintomatici. Sicuramente il primo consiglio rimane correggere lo stile di vita, inteso come alimentazione e attività fisica, soprattutto per le donne in sovrappeso o obese. Il resto dipende dalla problematica principale. Non esiste una cura univoca. Tutto va personalizzato e studiato in base alle necessità della paziente e in base al problema che presenta in quel preciso momento". Grazie Dottoressa Magagnini.

"Medico di medicina generale: figura chiave della nostra vita"
Incontrando un mio vecchio amico, compagno di liceo ai Salesiani di Macerata, abbiamo parlato del suo lavoro, della pensione raggiunta dopo quasi 40 anni di servizio, lui medico di base ad Ancona. Il medico di base o di famiglia, che dir si voglia, è da sempre la figura di riferimento quotidiana per la preservazione della salute dei cittadini. E’ medico, spesso confidente, a volte anche amico. E’ una visione allargata della tutela della salute coinvolgendo fiducia ed attenzione reciproca nella cura del corpo, ma anche valutazione della qualità della vita, persino esplorazione dei sentimenti. E’ il medico di famiglia, la figura storica di riferimento sempre presente e in ogni caso di aiuto. Il Dottor Luigi Fiordelmondo, quasi per 40 anni medico di medicina generale ad Ancona, ha voluto descrivere in un libro intitolato "Quando il medico non è solo di famiglia" la sua esperienza professionale, l’evoluzione del ruolo nel tempo e anche le frustrazioni sopraggiunte a deteriorare la missione. Il libro ha già ricevuto un riconoscimento in un concorso letterario. Voglio riportare l’introduzione perché penso possa aiutare tutti ad un proficuo rapporto con una figura fondamentale per la nostra vita. “Volevo fare il medico condotto come il dottor Manson del romanzo di Cronin. Ho finito per fare il medico di famiglia, il medico di base, il medico generico, il medico di medicina generale, il medico curante, ma non il medico condotto e il problema non fu non essere in Scozia ai tempi di Cronin, ma l’essere in Italia ai tempi della riforma sanitaria. Correva l’anno 1978 e il 23 dicembre di quell’anno nasceva il Servizio Sanitario Nazionale. La diversità degli appellativi denotava, fin d’allora, la varietà di interpretazioni che venivano attribuite a questa particolare figura di sanitario. Medico, ma anche psicologo, ma anche sociologo, ma anche soprattutto medico “prescrittore”, preferibilmente “appropriato” secondo le normative del Servizio Sanitario Pubblico. Quando mi si chiedeva che lavoro facessi dicevo il medico. Se la domanda richiedeva anche una distinzione precisa, per tagliar corto dicevo: 'il medico della Mutua' e tutti capivano anche se le Mutue non c’erano più. La cosiddetta “appropriatezza prescrittiva” è stata, insieme alla frequente difficoltà dei collegamenti Internet con il Ministero dell’Economia e Finanza (MEF), forse anche per mia responsabilità, il costante incubo nei 38 anni di attività. Oltre ovviamente a quello degli anni bui della pandemia da Covid 19. Si dirà in maniera ironica, ma non troppo, “facevi anche l’esperto contabile”? In effetti, come un bravo ragioniere, dovevo inviare ogni giorno e da ciò l’ansia per la linea Internet, tutte le ricette dematerializzate che effettuavo. In tempo reale venivano controllate dal MEF, sia nell’appropriatezza, sia per verificare se si fosse superato o meno il budget di spesa. In tutti questi anni, per ottenere un seppur minimo risparmio siamo passati dalla dotazione di un ricettario verde, di formato verticale, nel quale potevi scrivere diversi farmaci l’uno di seguito all’altro, ad un ricettario rosso, molto più contenuto, di formato orizzontale, nel quale potevi scrivere, anche perché non c’era spazio per altro, un numero massimo di due farmaci. Non più quindi collutori, lavande per l’igiene intima, saponi, creme o parafarmaci di qualsiasi genere. Avevamo scoperto la razionalizzazione e il contenimento della spesa! Con Internet poi nacque la ricetta senza materia detta appunto dematerializzata. Avevamo fatto un’ulteriore magia. La carta della Zecca dello Stato sulla quale incredibilmente si dovevano prescrivere i farmaci non c’era più. In effetti la carta c’era, ma non era quella nobile e costosa della Zecca, bensì un semplice formato A5 prodotto dalla stampante del tuo PC (personal computer) che diventò nel frattempo indispensabile in ambulatorio, come lo era il lettino per le visite se non di più. Dopo due anni di servizio in ospedale, quando scelsi il territorio e me ne andai, l’Aiuto del reparto mi disse: “Ottima scelta ragazzo, sarai libero e Primario di te stesso”. Non immaginava che sopra a me, in quella nuova avventura, avrei avuto il MEF e il Direttore generale dell’Azienda Sanitaria, non immaginava nemmeno che mi sarebbero accadute vicende e situazioni che andavano oltre la clinica e che comunque valevano la pena di essere vissute ed anche raccontate”.

Come smaltire dalle abbuffate natalizie: 3 risposte ai dubbi più frequenti
Le festività natalizie portano gioia e momenti conviviali. Nelle occasioni più importanti a tavola si registra un elevato consumo di calorie, che spesso però lasciano anche un carico di malesseri fisici: gonfiore, poca energia e un’insaziabile voglia di dolci. Cosa succede davvero al nostro corpo dopo gli eccessi alimentari? E come possiamo rimediare? Ne parliamo con il Dr. Roberto Talamonti, Nutrizionista Biologo, esperto in Combinazioni Alimentari, Bio-Terapia e Fitoterapia Naturale consulente del centro medico Associati Fisiomed. Perché Dr. Talamonti dopo gli eccessi natalizi non si riesce a smettere di desiderare dolci e cibo abbondante? I dolci e i carboidrati raffinati consumati durante le feste attivano un meccanismo di dipendenza. Quando mangiamo zuccheri in grandi quantità, il cervello rilascia dopamina, un neurotrasmettitore legato alla sensazione di piacere. Questo crea un circolo vizioso che alimenta il desiderio di cibi zuccherini e abbondanti. Come spezzare il ciclo? - Ridurre gradualmente gli zuccheri semplici e privilegia alimenti che stabilizzano la glicemia, come proteine (uova, pesce, legumi) e grassi sani (olio EVO, burro ghee, noci, mandorle e avocado). - Inserire sempre verdure nei pasti possibilmente da antipasto, fondamentali per dare sazietà e regolarità, andando a limitare l’assorbimento dei cibi inseriti successivamente - Sostituire i dolci con alternative più sane, come una macedonia di frutta fresca o tisane con un cucchiaino di miele. Cosa succede al corpo con gli eccessi e come riequilibrare glicemia e insulina? Durante le abbuffate, i picchi glicemici aumentano la produzione di insulina, l’ormone che regola lo zucchero nel sangue. Questo meccanismo può portare a: - Accumulo di grasso, soprattutto addominale. - Calate improvvise di energia, seguite da fame continua. - Alterazioni del bilancio ormonale, che rendono difficile riprendere il controllo. Come riequilibrarsi? - Inserire nei pasti una fonte di carboidrati complessi (riso integrale, quinoa, farro), proteine magre (pollo, tofu) e verdure abbondanti, come broccoli, finocchi o insalate miste (sempre in questo caso da antipasto). - Evitare i digiuni drastici, che stressano l’organismo e favoriscono nuovi squilibri. - Fare movimento: una passeggiata di 30 minuti al giorno è sufficiente per migliorare la sensibilità all’insulina e accelerare il metabolismo. Il detox post-festività funziona davvero? Il detox è spesso frainteso. Non si tratta di rinunce estreme o diete liquide, ma di aiutare il corpo a eliminare tossine accumulate e a ripristinare l’equilibrio intestinale. Durante le feste, fegato e intestino subiscono un carico extra a causa di zuccheri, grassi e alcol. Come fare un detox efficace? - Bere almeno 2 litri di acqua al giorno, magari arricchita con limone, zenzero o menta. - Aumentare il consumo di verdure a foglia verde, carciofi, cavoli e cetrioli, che favoriscono la depurazione. - Limitare alcol, zuccheri e alimenti processati per almeno una settimana. - Integrare cibi fermentati (kefir, crauti) per migliorare la salute intestinale. In conclusione recuperare dagli eccessi natalizi richiede costanza e un approccio equilibrato. Non servono privazioni drastiche, ma il ritorno a una dieta bilanciata con proteine, carboidrati complessi e tante verdure. Il benessere è un viaggio quotidiano: ascolta il tuo corpo e concedigli il tempo necessario per ritrovare il suo ritmo naturale. Auguri per un bellissimo 2025 di salute per tutti.

Divertirsi con amici e parenti e gustare la buona tavola fa bene ma...attenzione!
In questo fine settimana che cade in mezzo al Natale appena vissuto e al Capodanno che ci apprestiamo a festeggiare forse è opportuno qualche consiglio, perché le feste siano fino in fondo serene e piene di salute per lo spirito ed il corpo. Diciamo due cose banali ma importanti: in questi giorni non proprio festivi limitiamoci a tavola perché abbiamo dato abbastanza qualche giorno fa e dovremo dare forse ancora di più tra qualche giorno. Approfittiamo del ritornato bel tempo per qualche passeggiata all’aria aperta, l’attività fisica è sempre preziosa. Con l’Immacolata sono iniziate tradizionalmente le feste natalizie che si protrarranno fino all’Epifania del 6 gennaio. Naturalmente i giorni salienti sono la vigilia, il giorno di Natale, la sera del 31 dicembre e il giorno di Capodanno. Un mese insomma di feste inframezzate da giorni di apparente normalità, conditi però da incontri conviviali per ritrovarsi e farsi gli auguri con i colleghi di lavoro, gli amici del calcetto, gli iscritti ai circoli della vela, del tennis, del biliardo...i frequentatori di palestra, gli amici cacciatori, pescatori, persino quelli della scuola di ballo! Tutti gli interessi e le attività che riusciamo a coltivare, tutti a far festa, ritrovarsi per dei momenti di serenità ed augurarci un buon Natale e un buon anno. A questi riti con i parenti e gli amici non possiamo sottrarci, anzi, sarà un modo per esorcizzare e buttarci alle spalle per qualche ora le preoccupazioni e le ansie. Il rituale religioso della rievocazione della natività divina, che trasporta in una oasi di gioia e speranza i credenti, la percezione di amicizia, solidarietà ed amore che pervade tutti e che si manifesta con auguri, abbracci, regali sono iniezioni di fiducia ed allegria per tantissima gente. Persone di ogni condizione sociale, di ogni stato di salute usufruiscono di questa ventata calda e salutare. Dopo aver fatto una simile premessa, parlare di questo periodo andando a scovare quali sono i rischi per la nostra salute legati agli opulenti pranzi e cene sembra fuori luogo. Viene molto più spontaneo elencare i tanti benefici di una inevitabile trasgressione in compagnia delle persone care, in un periodo in cui il benessere dell’anima e della mente prende il sopravvento ed è prioritario. La soddisfazione del corpo, seppur con qualche rischio, è anch’essa un coadiuvante importante del processo virtuoso. Il cibo può diventare momento relazionale di aggregazione, allenta le tensioni e ritempra dallo stress. Le feste servono anche a questo. Per ottenere però gli effetti benefici desiderati la trasgressione mangereccia deve essere contemplata in una dimensione amorevole verso noi stessi, essa va quindi circoscritta e bilanciata con accorgimenti che ne compensino gli eventuali effetti indesiderati sulla linea del nostro corpo in particolare e sulla nostra salute in generale. Possiamo dire di poter ricambiare con un sorriso gli sguardi severi dei sensi di colpa che, facendo spesso capolino su di noi, ci richiamano all’ordine e alla disciplina. Gli “strappi alla regola” se nutriti di significati orientati alla ricerca di un benessere generale sono una “carezza” che ci doniamo con affetto. Mi scuso per la mia predica amorevole e porgo a tutti i migliori auguri per un felice 2025.