di Alessandro Vallese
Torna a splendere lo storico Liolà: la famiglia Raffaeli raddoppia dopo il successo del "Ciao Ciao" (FOTO e VIDEO)
La famiglia Raffaeli continua a far ballare il territorio maceratese. Ad affiancare il successo intramontabile del Dancing Ciao Ciao, che proprio quest’anno ha festeggiato i suoi quarant’anni di attività, è arrivata una nuova, importante avventura: la riapertura dello storico Dancing Liolà. Un locale simbolo per generazioni di appassionati del ballo e del divertimento, acquistato, completamente rinnovato e valorizzato per tornare a essere un punto di riferimento della movida marchigiana. La grande apertura, andata in scena mercoledì 5 novembre, ha registrato un entusiasmo straordinario. Già dalle 21 il parcheggio esterno era gremito di auto e un lungo serpentone di persone attendeva di poter entrare per scoprire la nuova struttura. Clienti provenienti da tutta la provincia maceratese e anconetana. L'atmosfera era elettrica e carica di curiosità, con la famiglia Raffaeli pronta a vivere un momento che resterà nella memoria. Quando è iniziato il conto alla rovescia per il taglio del nastro, in quei dieci secondi è passato davanti agli occhi di tutti il lavoro, la dedizione e l’impegno che hanno reso possibile la rinascita del locale. Al termine del countdown, il taglio simbolico è stato accolto da un boato e da un lungo applauso, mentre i fuochi d’artificio illuminavano il cielo di Montecassiano in un’atmosfera di festa. Al fianco della famiglia Raffaeli erano presenti anche il vicepresidente della Provincia di Macerata, Luca Buldorini, e il vicesindaco di Montecassiano, Katia Acciarresi, che hanno voluto testimoniare con la loro presenza l’importanza di un’iniziativa capace di dare nuova linfa alla vita sociale del territorio. Una volta entrati, gli ospiti hanno potuto ammirare un ambiente completamente rinnovato, moderno e raffinato, che conserva però il calore e la familiarità tipici dei locali firmati Raffaeli. Il nuovo Liolà si distingue per la varietà della sua proposta: tre sale, tre atmosfere diverse, tre modi di vivere la musica. C’è lo spazio dedicato al latino, dove il ritmo e la libertà diventano protagonisti; la sala disco, pensata per chi ama le notti danzanti e la musica che attraversa le generazioni; e infine l’area dedicata al liscio, con orchestra dal vivo e con l’esibizione inaugurale del maestro Matteo Tarantino, che ha fatto ballare centinaia di persone fino a tarda notte. Tra sorrisi, applausi e tanta emozione, Mary e Monica Raffaeli hanno espresso la loro soddisfazione per l’inizio di questa nuova avventura: "La nostra famiglia ormai da anni fa con passione questo lavoro - hanno raccontato - e ci aspettiamo di continuare a far divertire le persone, di ogni età, in un ambiente sano che favorisce il ritrovo e dove la musica sarà sempre la protagonista". Dopo l’inaugurazione, il Dancing Liolà si prepara ora ad accendere le sue luci ogni venerdì e ogni domenica. Il venerdì sera sarà dedicato a tre ritmi in un’unica serata: il liscio con le grandi orchestre dal vivo, la disco con la “Notte Replay” e il latino con “Ritmo Libre”, per un mix irresistibile di musica e divertimento. La domenica, invece, il locale aprirà le porte dalle 16:30 fino a mezzanotte con tre piste tutte da ballare: dal liscio ai balli di gruppo, fino al tango argentino, in un’atmosfera spensierata che invita a iniziare la settimana con il sorriso. Già venerdì 7 novembre il Liolà tornerà ad accendersi con una nuova serata “Ritmo Libre”, animata da Gigio Alpini DJ e lo staff Liolà, mentre la musica dal vivo sarà affidata alla grande orchestra di Andrea Bianchini. Nella sala disco, invece, la “Notte Replay” farà rivivere le sonorità di ieri e di oggi con Mr_Raccy alla voce e Mr_Q DJ in consolle. Domenica 9 novembre sarà la volta dell’orchestra Marakaibo, accompagnata dai balli di gruppo a cura della Vida Dance del maestro Danilo Vissani, e dalla Milonga Liolà con il tango argentino di TDj Ricky Rany. Con la riapertura del Dancing Liolà, la famiglia Raffaeli non solo restituisce vita a uno storico punto d’incontro, ma riafferma una visione chiara: quella di una musica che unisce, di un divertimento autentico e di una tradizione che guarda al futuro. In un’epoca in cui tutto corre veloce, il Liolà torna a essere un luogo dove il tempo si ferma per lasciare spazio alla gioia, al ballo e alle emozioni condivise. Un nuovo inizio che profuma di passione e appartenenza. Perché, quando la musica riparte, il cuore del territorio torna a battere più forte.
Da Zemanlandia all'Eccellenza Marche, Sansovini risolleva la Sangiustese: "Ecco il mio credo calcistico"
C’era una volta Zemanlandia: un regno dove il calcio era poesia in corsa, attacchi vertiginosi, difese sempre in apnea. Una terra in cui il Pescara incantava l’Italia, segnando 90 gol in una stagione e conquistando la Serie A a suon di vittorie. In quella squadra che faceva sognare, non c’erano solo i giovani talenti destinati alla Nazionale – Immobile, Insigne, Verratti – ma c’era lui, Marco Sansovini, "il Sindaco". Terzo miglior marcatore della storia biancoazzurra, autore di 16 gol in quella stagione memorabile, Sansovini era capitano e guida carismatica della squadra. E qualche anno dopo, insieme a Lapadula e Caprari, avrebbe festeggiato un’altra promozione in Serie A, confermando la sua capacità di fare la differenza nei momenti decisivi. Dopo oltre 400 presenze e più di 100 gol tra i professionisti, Sansovini ha intrapreso la carriera da allenatore, maturando esperienze nelle giovanili di Pescara, Spal, Pineto e Modena. Oggi siede sulla panchina della Sangiustese, nel campionato di Eccellenza Marche, e ha già dimostrato di saper trasmettere la sua leadership anche fuori dal campo. Subentrato alla quarta giornata al posto di Giandomenico, l'ex attaccante ha trovato una squadra reduce da tre sconfitte consecutive. La svolta è arrivata rapidamente: dopo il pareggio all’esordio contro la Jesina (2-2), la Sangiustese ha collezionato quattro vittorie consecutive contro Chiesanuova, Fermignanese, Civitanovese e Montegranaro, risalendo immediatamente la classifica e portandosi a soli tre punti dalla vetta. "Non credo di aver fatto niente di particolare – ha dichiarato Sansovini a Picchio News – se non essermi messo a disposizione dei ragazzi. Ho trovato una grande voglia di lavorare da parte loro e tutto è andato in maniera molto naturale. Trovare i risultati poi aiuta a farne altri". Alla sua prima esperienza da allenatore in terra marchigiana, il tecnico si è detto colpito dal livello del campionato di Eccellenza: "Un campionato difficile e molto livellato, con tante squadre di valore, fisiche e organizzate. La classifica, ad oggi molto corta, parla chiaro". Una Sangiustese che alle vittorie ha saputo coniugare anche un bel gioco. Abbiamo chiesto a mister Sansovini se nelle sue idee c'è l'influenza del maestro boemo: "Zeman mi ha aiutato sicuramente a crescere, così come tanti altri allenatori che ho avuto e da cui cerco di apprendere. Voglio però metterci anche del mio, soprattutto come persona. Questo è un po' il mio credo". Nell'ultima vittoria contro il Montegranaro, la sua squadra è riuscita a ribaltare il risultato vincendo 3-1 dopo lo svantaggio iniziale. Segno di crescita anche sotto il punta di vista caratteriale. "Era la prima volta, sotto la mia gestione, che andavamo in svantaggio. Non abbiamo perso la testa, abbiamo continuato a giocare e siamo riusciti a vincere meritatamente". Da ex bomber gli chiediamo un commento sui suoi due attaccanti Perpepaj e Grassi, punti di riferimento della squadra. "Sono ragazzi che si applicano molto e che si sacrificano per la squadra, una delle prime cose che gli chiedo. Come per loro due, posso dire la stessa cosa degli altri: tutti stanno dando il loro contributo, dai più giovani ai subentrati". La Sangiustese in estate ha fatto un mercato importante e ora sta risalendo la classifica. Sansovini però mantiene i piedi per terra: "Non mi pongo obiettivi a lungo termine, è ancora presto. Mi piace lavorare esclusivamente sulla settimana corrente. L’unico obiettivo è preparare al meglio la partita che affronteremo domenica a Urbino". Dopo una carriera da calciatore ai massimi livelli, gli chiediamo cosa si aspetta dal suo futuro in panchina: "Sicuramente l’ambizione c’è, è un lavoro che mi piace e mi gratifica molto. Ora sono molto felice di essere qui alla Sangiustese perché ho trovato un ambiente ottimo che mi permette di lavorare con tranquillità e con tutti gli strumenti a disposizione. Per il momento questo presente mi soddisfa appieno". Da Zemanlandia all’Eccellenza Marche: l'avventura di Sansovini alla guida della Sangiustese è solo all’inizio, ma già promette grandi soddisfazioni.
Il tempio del Rolex a Macerata, i fratelli Privitera: "E-commerce e mercato estero, così riscriviamo le regole dell'orologeria" (FOTO e VIDEO)
Nel cuore di Macerata, in Corso Cairoli, due fratelli hanno deciso di dare un volto nuovo all’orologeria, unendo la tradizione di famiglia a un’idea tutta contemporanea di impresa. Giuseppe (30 anni) e Riccardo (23 anni) Privitera sono le menti dietro Privitera Orologi, un progetto che nasce da una lunga eredità artigianale ma guarda al futuro con occhi giovani, che brillano del riflesso di un Rolex. “Abbiamo ancora il negozio storico a Treia, dove nostro nonno faceva l’orologiaio,” raccontano. “Da lì abbiamo preso tutto: la passione, la precisione e il rispetto per un mestiere che richiede tempo e dedizione”. Oggi il mondo dell’orologeria non è più fatto solo di botteghe e passaparola. La crescita passa attraverso internet e i social, strumenti che i fratelli hanno saputo trasformare in un canale di fiducia e credibilità. “Prima contava solo il passaparola, oggi tutto si muove online”, spiega Giuseppe. “Per questo puntiamo a costruire fiducia con trasparenza e recensioni: è come scegliere un ristorante, guardi le esperienze degli altri e decidi se fidarti”. Il mercato è vasto e trasversale, con clienti che arrivano da tutta la regione e vendite online anche all'estero. “Vendiamo a tutti: operai, imprenditori, clienti all’estero. Gli orologi vanno dai 10 fino ai 30 mila euro, a volte di più. Il più costoso che abbiamo venduto è stato un Rolex Daytona da 35 mila euro”. Il Rolex, simbolo di lusso, precisione e investimento, è per loro la misura perfetta tra tradizione e valore nel tempo. “Quel Daytona che un tempo costava 8 milioni di lire, circa 4 mila euro, oggi ne vale 18 mila”, aggiungono. “È la prova che un orologio non è solo un accessorio, ma un bene che cresce nel tempo”. Dietro ogni vetrina digitale e ogni Rolex esposto, resta la sostanza di un mestiere antico: precisione, calma e mano ferma. “Ci vuole tranquillità, mano ferma, non bisogna essere agitati. E serve passione”, racconta Riccardo. “Non è un lavoro facile, ma se ce l’hai dentro diventa naturale”. Il futuro dei fratelli Privitera è chiaro: ampliare la collezione, continuare a costruire fiducia con i clienti e rafforzare il loro ruolo come punto di riferimento nell'universo dell’orologeria. In un mondo che corre veloce, Privitera Orologi sceglie di restare al passo con il tempo, senza mai perdere il ritmo delle lancette e l’arte che hanno ereditato dal nonno.
"Sono le partite a fare i telecronisti, non il contrario": Pierluigi Pardo al Picchio Podcast tra leggerezza e passione
MACERATA – Voce calda, battuta pronta, ironia naturale. Pierluigi Pardo è così anche fuori dallo schermo: diretto, appassionato, capace di passare da un aneddoto a una riflessione profonda con la stessa disinvoltura con cui racconta un gol al novantesimo. Ospite del nuovo episodio del Picchio Podcast, registrato durante il Festival Overtime 2025 nel centro di Macerata, Pardo ha conquistato tutti con il suo modo di essere: leggero ma mai superficiale, professionale ma sempre umano. “Macerata mi è sempre rimasta nel cuore – racconta –. Mio padre era di stanza qui durante il servizio militare e me ne parlava come di un posto magico, quasi da romanzo. E oggi, grazie a Overtime, torno spesso. È un festival bellissimo, e per me è ormai un appuntamento fisso”. Il tema del festival di quest’anno erano proprio le scelte, e Pardo ha raccontato la più importante della sua vita: quella che lo ha portato a diventare la voce che tutti conoscono. “Lavoravo nel marketing di una multinazionale americana, ma il mio sogno era la telecronaca. Avevo iniziato a collaborare con Tele+, facevo qualche partita di Serie B, Ancona, Perugia… Poi nacque Stream, e dovetti decidere se restare nel mondo del marketing o buttarmi nello sport. Mio padre era contrario, voleva che continuassi la carriera ‘sicura’, ma non ci ho pensato un attimo. Ho scelto la telecronaca”. Da quel momento, una vita in prima linea tra microfoni e grandi emozioni. Tele+, Stream, Sky, poi la lunga avventura a Mediaset e oggi DAZN: “Sono stati vent’anni intensi. Ogni esperienza mi ha lasciato qualcosa, anche se le esclusive a volte complicano le cose. Io vorrei lavorare con tutti, ma capisco che ci siano strategie aziendali”. Nell’intervista, Pardo ha raccontato anche la sua filosofia di telecronista, tra tecnica e passione: “Il racconto della telecronaca è la cosa più bella del mondo. A volte perdo un po’ il controllo, ma è perché mi emoziono. La leggerezza è importante: non si può ridurre tutto a ‘ha segnato questo, ha sbagliato quello’. Devi trasmettere ritmo, vita, sentimento. Come dice Mourinho: chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”. Indimenticabile il ricordo di Barcellona–PSG 6-1, una delle sue partite simbolo: “Lì forse ho perso davvero il controllo”, ammette ridendo. “Ma dimostra una cosa: sono le partite a fare i telecronisti, non il contrario”. Tra i derby più emozionanti raccontati, Pardo cita Milano, Roma e Genova: “I derby di Milano sono spesso belli da commentare e vengono spesso fuori grandi partite. A Roma invece la tensione è altissima, le squadre si bloccano, diventa quasi una questione di vita o di morte. Marassi invece, nel derby di Genova, è pura adrenalina”. Infine, uno sguardo al futuro e un sogno ancora aperto: “Non voglio sembrare autoreferenziale, ma se mi chiedi cosa mi manca, direi commentare la Nazionale. È il sogno di tutti i telecronisti”. Alla fine, Pierluigi Pardo resta quel ragazzo che sognava di raccontare il calcio, e oggi lo fa con la stessa leggerezza e curiosità, trasformando ogni partita in un piccolo spettacolo. Tra un gol e un’esultanza, ci ricorda che, anche nel mestiere più serio, un sorriso non guasta mai.
Serse Cosmi al Picchio Podcast: “Dal bar del paese alla Serie A, la mia vita tra salite e discese” (VIDEO)
In occasione dell’Overtime Festival, la rassegna maceratese dedicata al racconto, al giornalismo e all’etica sportiva, il Picchio Podcast ha accolto un ospite d’eccezione: Serse Cosmi, uno degli allenatori più iconici e passionali del calcio italiano. A Macerata per portare in scena lo spettacolo “Solo Coppi Temo”, Cosmi si è raccontato a cuore aperto in un’intervista intensa e piena di aneddoti, tra calcio, vita e musica. Cosmi ha spiegato come la scelta di salire su un palco sia nata quasi per gioco, ma si sia presto trasformata in un bisogno profondo: “Da un anno a questa parte ho avuto la voglia di cimentarmi in qualcosa di diverso. Il teatro mi ha sempre appassionato, e con l’aiuto di Alessandro Ricci e del jazzista Giovanni Guidi è nato questo spettacolo". Il titolo “Solo Coppi Temo” nasce proprio da una scritta che il padre di Cosmi aveva lasciato sull’Ape di famiglia: “Mio padre era un fanatico di Coppi. Quando l’ho perso avevo solo 15 anni, e non ho mai avuto la possibilità di raccontargli ciò che è successo dopo. Il teatro è diventato il modo per farlo, per dirgli quello che non ho mai detto”. Una storia familiare che diventa metafora di vita: “Quel motto, Solo Coppi temo, è rimasto un modo di vivere. Ho affrontato salite, discese, e tanta fatica. Ma vivere, come pedalare, resta bellissimo”. Il racconto di Cosmi torna poi agli inizi, quando da insegnante di educazione fisica si ritrovò, quasi per caso, a fare l’allenatore della squadra del bar del paese: “Non potevo giocare perché ero tesserato, così mi fecero allenare gli amici. Non vincevamo mai, finché una volta vincemmo… e da lì è iniziato tutto.” Una carriera che lo ha portato fino alla Serie A, ma che lui descrive più come una discesa che come una fatica: “Dai dilettanti ai professionisti mi sembrava tutto naturale. La vera salita è venuta dopo, quando devi restare ai vertici. All’inizio, invece, era solo entusiasmo”. Nel 2000, dopo 5 promozioni in 10 anni con Pontevecchio e Arezzo, la grande occasione in Serie A con il Perugia. Impossibile non parlare del suo legame con il Grifo, la squadra della sua città e della sua vita: “Allenare il Perugia è stato come realizzare il sogno di un bambino. Da tifoso in curva a mister in panchina. Non potevo chiedere di più”. Cosmi ricorda anche il suo rapporto con Luciano Gaucci, presidente vulcanico e visionario: “Di lui si è detto tanto, spesso senza conoscerlo davvero. Era un uomo generoso, di intuito incredibile. Con lui c’era un rapporto diretto, umano. Oggi nel calcio questo manca: i fondi, le società moderne, hanno tolto il contatto personale”. Durante l’intervista, Cosmi rivendica con orgoglio quella che considera la sua vera abilità: “La mia più grande qualità è stata valorizzare talenti sconosciuti, farli crescere e far guadagnare tanti soldi ai presidenti. Ma questa è una cosa che non mi è mai stata riconosciuta fino in fondo”. Tra i nomi che emergono, Marco Materazzi, Fabrizio Miccoli e Luis Muriel, tre esempi di talento e carattere cresciuti anche grazie alla sua guida: “Miccoli era il più forte che abbia mai visto. In allenamento faceva cose incredibili. Materazzi era ingestibile, ma se capiva che poteva fidarsi di te, ti avrebbe seguito ovunque”. Ma il ricordo più emozionante è legato al Lecce: “Retrocedemmo, ma con la curva che applaudiva. Quella scena vale quanto una vittoria. Gente straordinaria, cuore vero del Sud”. Fuori dal campo, Serse Cosmi rivela un’altra delle sue passioni: la musica. “Mi piace la house, ma anche i cantautori: D’Andrea, Gaber, De Gregori. Non mi sento un DJ, piuttosto un selezionatore musicale. Ma se devo mettere un disco, lo metto con gusto”. Tra parole, aneddoti e riflessioni, Serse Cosmi si conferma per ciò che è sempre stato: un uomo diretto, passionale, autentico.Al Picchio Podcast ha mostrato ancora una volta la parte più vera di sé — quella di chi non ha mai cercato di piacere, ma di essere sé stesso. Oggi, con “Solo Coppi Temo”, porta la sua storia dal campo al palcoscenico, con la stessa grinta e la stessa sincerità che lo hanno reso unico. Perché la vita di Serse Cosmi è stata davvero come una tappa di montagna: partita tra i tornanti dei campi dilettantistici e arrivata, a forza di cuore e coraggio, sul traguardo della Serie A. Ha affrontato discese vertiginose e salite interminabili, ma non ha mai smesso di pedalare. E forse è proprio questo il segreto del suo viaggio.
"Il cambiamento spaventa, ma bisogna ribellarsi": Adani, Ventola e Cassano ribaltano il pallone a Overtime (FOTO e VIDEO)
Visione, provocazione e libertà di pensiero. È questo il calcio raccontato da Lele Adani, Nicola Ventola e Antonio Cassano, protagonisti al Teatro Lauro Rossi di Macerata con lo spettacolo “Viva il futbol on the road”, evento di chiusura della seconda giornata di Overtime Festival 2025. Un dialogo sincero, senza filtri, dove i tre ex calciatori hanno proposto la loro idea di calcio schietta e in controtendenza, lontana dalle convenzioni e dalle retoriche del pallone moderno. Il pubblico maceratese, ancora una volta, ha risposto con un tutto esaurito, confermando il successo del format che unisce competenza, ironia e passione. «Questa sera si parlerà solo ed esclusivamente di calcio», aveva chiarito in apertura il conduttore Rai Marco Ardemagni, e così è stato.Con Cassano collegato da casa, Adani e Ventola sul palco hanno dialogato per quasi due ore sui temi più attuali del calcio italiano e internazionale, tra analisi tecniche, battute e stoccate che non hanno risparmiato nessuno. «Ardemagni ma sei quello dell’anno scorso?», ha esordito in collegamento da casa Cassano, rompendo subito il ghiaccio con il pubblico e richiamando il siparietto della passata edizione. Adani, invece, ha voluto sottolineare il legame con il festival e il teatro: «Mi piace questo luogo, questa energia e questo teatro bellissimo». L’incontro si è aperto con l’analisi dello 0-0 tra Milan e Juventus, una delle partite più attese ma anche più deludenti della scorsa settimana. «Il cambiamento spaventa e spesso ti porta a tornare indietro», ha spiegato Adani. «Poi però non ci si può lamentare se ci sono partite così. Oggi o ci si accontenta o ci si ribella. Di fronte a questo scempio bisogna ribellarsi». Nel mirino, inevitabilmente, Massimiliano Allegri, tornato sulla panchina rossonera dopo undici anni. Cassano non ha risparmiato giudizi: «Conte è un allenatore vero, a differenza di Allegri. Uno è un fenomeno, l’altro pensa solo al risultato e ai soldi in tasca». Dal grigio di San Siro, la discussione è passata alla luminosità di Napoli e Roma, le squadre che più hanno impressionato in questo avvio di stagione. Spazio anche al Como di Fabregas e Nico Paz, modello virtuoso per Adani: «È un progetto sano perché non è italiano. C’è una rete che sa cercare giocatori bravi, un allenatore visionario e una comunicazione condivisa con il club. Non si fanno mettere i piedi in testa dai canoni italiani». Inevitabile il tema calciomercato, tra arrivi eccellenti e trattative sfumate. Cassano ha commentato con ironia e amarezza gli arrivi di De Bruyne e Modric in Serie A: «Una volta i migliori giocavano da noi. Oggi arrivano a fine carriera, ma almeno ringraziamoli. Il problema è che in Italia si pensa ancora come trent’anni fa: ai vertici ci sono persone di 70 o 80 anni». Ventola ha invece analizzato i retroscena di mercato: «La Juve, non vendendo Vlahovic, non ha potuto prendere Kolo Mouani e ha ripiegato su Openda. È la squadra che ha pagato di più questa situazione». Ardemagni ha poi sollevato un tema culturale: l’Italia come “fucina di portieri e allenatori”, ma con pochi giovani protagonisti. Adani ha risposto senza mezzi termini: «In Italia la parola lavoro spaventa come la parola merito. È più importante che l’amico dell’amico stia lì, anziché un giovane talento. Non siamo più i numeri uno, e se vogliamo tornare a esserlo dobbiamo meritarcelo». Non poteva mancare un passaggio sulla Nazionale Italiana, reduce dal folle 4-5 con Israele, ribattezzato da Adani in telecronaca «partita da pranzo al sacco». «È stata difficile da commentare — ha ammesso — ma per fortuna non è stato un pranzo al sacco indigesto». Ventola ha espresso fiducia: «Gattuso è l’allenatore giusto, tira fuori il meglio da quello che abbiamo». Cassano ha rincarato: «Sono convinto che ci porterà al Mondiale, magari attraverso i playoff. Ma oggi abbiamo pochi veri fenomeni: l’unico è il portiere. E se hai il portiere più forte del mondo al massimo fai 0-0, mentre con un attaccante forte vinci 3-2». Adani ha poi riservato una stoccata al presidente FIGC Gravina: «Non rispetta i bambini che non hanno mai visto un Mondiale, comunicando i risultati con superficialità e presunzione». In platea anche Patrizia Panico, icona del calcio femminile, e la giornalista Monica Bertini, che ha definito i tre protagonisti «belle persone oltre che grandi professionisti». Dopo le domande del pubblico e gli immancabili selfie finali, il trio ha lasciato il palco tra gli applausi. “Viva il futbol” si conferma così un contenitore di idee, a volte divisive ma sempre autentiche, dove si parla di calcio con libertà e senza filtri. Un linguaggio diretto e genuino che continua a conquistare teatri e web, celebrando quel gioco che, più di ogni altro, sa ancora unire e far discutere.
Dal tennis a Sportmediaset: "I 5 minuti prima della diretta come quelli prima di un match". Chiara Icardi a Overtime
“Il primo set l’ho perso al tie-break, ma ho appena fatto il break. Sono 2-1, ma la partita è ancora lunga”. Così Chiara Icardi, giornalista sportiva e volto di Sportmediaset, sintetizza con una metafora perfetta il momento della sua carriera. Una vita che ha avuto due tempi ben distinti: prima in campo, da tennista con punti WTA, poi davanti alle telecamere, ai microfoni e alle parole, come voce del racconto sportivo italiano. Per la prima volta ospite di Overtime Festival, Icardi si dice “emozionata e felice di essere qui, in un luogo che ho sempre ammirato da spettatrice. Ho sempre pensato che un giorno mi sarebbe piaciuto arrivare su questo palco, e oggi quel giorno è arrivato”. L’emozione è doppia: stasera, infatti, sarà lei a intervistare Pablo Trincia, giornalista e podcaster tra i più seguiti in Italia. “Mi sento onorata — racconta —. Trincia ha la capacità rara di catturarti, di farti entrare nel racconto come se fossi parte della storia. Quando parla, diventi personaggio anche tu. Penso che da questa serata imparerò molto, e questo mi rende davvero felice”. Icardi è una voce nuova, ma già matura, nel panorama della comunicazione sportiva. Dalla conduzione dei telegiornali di Sportmediaset al programma serale della TV ufficiale della Serie A, fino alla radio e al padel, la sua esperienza attraversa linguaggi e formati diversi.Eppure, il suo approccio resta sempre lo stesso: umano, empatico, profondo. “Per me il racconto sportivo è la capacità di emozionare. Spesso ci concentriamo solo sul risultato, ma la bellezza dello sport è nel percorso. È nel sacrificio, nella tensione, nella sconfitta che costruisce la persona. Anche quando non arrivi alla vittoria, tutto ciò che ti ha portato fin lì merita di essere raccontato”. Da ex atleta, Icardi conosce bene quel linguaggio del corpo e dell’anima che solo chi ha vissuto lo sport dall’interno può comprendere davvero. “Immedesimarmi in chi scende in campo mi viene naturale. So cosa significa la pressione, la paura, l’adrenalina. Anche se non sono mai arrivata ai livelli dei grandi campioni, certe emozioni sono uguali per tutti, dal numero uno al numero novecento del mondo”. Dal tennis all’informazione, il passaggio è stato una scelta di libertà. “Ho iniziato a giocare a tre anni — racconta —, mio padre era maestro di tennis. Ho amato lo sport, ma il mio carattere ‘fumantino’ mi ha fatto capire che l’agonismo non era la mia strada. Ho deciso di cambiare vita, di studiare le lingue, di scrivere. È stato il primo grande bivio, e sono felice di averlo preso". Oggi, Icardi alterna la serietà della conduzione televisiva alla leggerezza della radio: “La radio è stata una scoperta meravigliosa. Mi diverte, mi fa stare bene. In TV, invece, ritrovo quella tensione buona che mi fa sentire viva: i cinque minuti prima della diretta sono come i cinque minuti prima di un match. L’adrenalina è la stessa". Nel suo percorso ha incontrato tanti protagonisti della Serie A, dal campo agli spogliatoi: “Ricordo con affetto le interviste a Roberto Donadoni e Ivan Cordoba. Mi hanno trasmesso valori veri, visioni sincere del calcio. Ma anche Marco Giampaolo mi ha colpito tantissimo: una persona profonda, curiosa, appassionata, lontana dall’immagine fredda che a volte si percepisce dall’esterno”. E poi, con un sorriso: “Allegri? Un personaggio che fa bene al nostro mestiere. Una battuta sua può riempire una settimana di trasmissioni!” Quando le chiediamo a che punto della partita sente di essere oggi, la metafora sportiva torna a colorare il discorso: “Immagino una partita al meglio dei cinque set. Il primo l’ho perso al tie-break ma nel secondo ho appena fatto il break. Sono 2-1 e mi sento nel ritmo giusto. La partita è lunga, ma la sto giocando come voglio io”. Chiara Icardi sarà protagonista questa sera, alle 21, sul palco del Teatro Lauro Rossi di Macerata, insieme a Pablo Trincia per una conversazione dal titolo “Girare il mondo per raccontare storie: una scelta di vita”.
15 anni di Overtime: Michele Spagnuolo: "Si può ancora raccontare lo sport in maniera bella e corretta"
Picchio News apre un nuovo capitolo. Nasce "Picchio Podcast", un format che vuole andare "oltre la notizia", per raccontare storie, volti e idee del nostro territorio. Un luogo di parole e ascolto, dove le persone si raccontano e le esperienze diventano spunti per capire meglio il presente. E per inaugurarlo, un ospite speciale: Michele Spagnuolo, ideatore e presidente dell’Associazione culturale Pindaro, che proprio oggi inaugura la quindicesima edizione di Overtime Festival, la manifestazione nazionale dedicata al giornalismo e al racconto dell’etica sportiva. “È la quindicesima edizione, ma è sempre una prima volta – racconta Spagnuolo –. Ogni anno è una sfida diversa, uno stimolo nuovo". Un traguardo importante, costruito quest'anno attorno a un tema dal valore universale: le scelte. E allora gli abbiamo chiesto come 15 anni fa ha scelto di dare vita ad Overtime Festival. “Tutto è nato quindici anni fa da una grandissima passione per il mondo dello sport, mia e di mio fratello. Insieme a un gruppo di studenti universitari di Perugia decidemmo di creare un’associazione per restare uniti anche dopo il percorso di studi. Volevamo parlare di sport e di racconto sportivo. L’abbiamo chiamata Pindaro, in onore del primo nella storia a scrivere di sport. All’inizio facevamo piccoli eventi in giro per l’Italia – mostre di fotografia, di cinema o di fumetto – sempre legati al mondo dello sport e della cultura. Poi, nel 2011, con un po’ di pazzia, decidemmo di riunire tutto in un unico contenitore. Lo dico sempre ridendo: eravamo in un pub di Pesaro e, alla terza pinta di birra, nacque Overtime”. Da quella sera è iniziata un’avventura che non si è più fermata. In quindici anni, Overtime è cresciuto fino a diventare un punto di riferimento nazionale, portando a Macerata campioni, giornalisti, registi e appassionati da tutta Italia. “Negli anni è cambiato tanto il modo di raccontare lo sport – spiega Spagnuolo –. Oggi è tutto molto più veloce, anche la comunicazione in generale. Ma noi cerchiamo, con un taglio romantico – non nostalgico, romantico – di continuare a raccontare le storie belle, quelle fatte di valori ed etica sportiva. Se quindici anni fa siamo stati i primi a creare un festival solo sullo storytelling sportivo, oggi fortunatamente se ne parla molto di più. E anche se i media sono cambiati, credo che si possa ancora raccontare lo sport in maniera sana, bella e corretta”. Tantissimi i ricordi, ma due in particolare restano indelebili. “Ci sono stati centinaia di ospiti, ognuno ha lasciato un segno. Però due momenti li porto nel cuore: la storia di Gianni Maddaloni, che a Scampia con la sua palestra porta avanti un concetto di sport popolare per togliere i ragazzi dalla strada; e poi l’appuntamento con don Ciotti, davanti al quale chiesi a mia moglie di sposarmi. Quello resterà per sempre indimenticabile.” Nel tempo, è cambiato anche il modo di organizzare un festival. “Oggi è più difficile, vuoi perché Overtime è cresciuto molto, vuoi perché la burocrazia è sempre più stringente. C’è da firmare qualche modulo e qualche carta in più rispetto a quindici anni fa. Però abbiamo sempre mantenuto un punto fermo: tutti gli eventi sono gratuiti. È una scelta precisa, perché pensiamo che la cultura dello sport debba essere accessibile a tutti. E ci piace entrare nelle scuole, parlare ai giovani, cercare di trasmettere messaggi positivi”. Dietro le quinte, una squadra che è una vera famiglia. “Scherzo sempre dicendo che io ci metto la barba, ma dietro c’è una squadra incredibile. Quest’anno siamo circa cinquanta persone, tutte volontarie. Ci sono i ragazzi più giovani, che portano entusiasmo, e il gruppo storico, quello con cui tutto è iniziato, che continua con la stessa passione di sempre”. L’edizione di quest’anno sarà come sempre densa di appuntamenti: convegni, talk, interviste, proiezioni, mostre, degustazioni. “Anche quest’anno, come mi dicono sempre, non ci siamo regolati – scherza Spagnuolo –. Ci saranno eventi da mattina a sera per cinque giorni, per tutti i gusti. Alcuni più mainstream, altri di nicchia, dedicati a sport o temi particolari. È bello vedere come ogni anno si crei una comunità di persone diverse ma unite dallo stesso spirito”. Un festival che ha fatto dell’etica sportiva la sua bandiera. “In alcuni sport parlare di etica è complicato, ma noi cerchiamo di tenerla viva. Penso che lo spirito di Overtime si veda nel momento del fine giornata: tutti insieme, ospiti e volontari, a cena, a ridere e parlare di sport davanti a un bicchiere di vino. È un po’ come il terzo tempo del rugby: è lì che ritroviamo la vera essenza dello sport”. E dopo quindici anni di racconti e incontri, la curiosità resta intatta. “Io sono una persona molto curiosa, mi piace ascoltare per imparare. E ti garantisco che da ogni ospite, da ogni storia, c’è sempre qualcosa da portare a casa. Il problema è che in quei giorni corro talmente tanto che non riesco a godermi tutto fino in fondo… ma ogni volta resto stupito dalla bellezza delle persone che incontro”. Alla fine, gli chiediamo chi gli piacerebbe avere un giorno sul palco di Overtime. “Un sogno? Roberto Baggio. Per ciò che rappresenta come sportivo e come uomo. Ma tra quelli che ho già conosciuto, Gianluca Vialli è uno che mi ha lasciato tanto. Un grande sportivo, ma soprattutto una grande persona”. L’appuntamento con la quindicesima edizione di Overtime Festival è da oggi a Macerata: cinque giorni di incontri, emozioni e storie di sport.Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito, con il programma completo disponibile sul sito e sui canali social del festival.
Da Gino Cecchettin a Domenico Iannacone: il Macerata Humanities Festival torna col tema "La forza del dialogo"
È stato presentato questa mattina, nei moderni spazi del Social@b, il programma ufficiale del Macerata Humanities Festival 2025, che dal 14 al 17 ottobre, con anteprime già dal 10 ottobre, trasformerà la città in un laboratorio diffuso di idee, arte e partecipazione. Quattro giornate dense di incontri, spettacoli, mostre, workshop e riflessioni per esplorare il tema di quest’anno, “La forza del dialogo. Saperi e pratiche per la vita comune”, un invito a riscoprire il valore del confronto come chiave per ricucire le fratture del nostro tempo. Tra i protagonisti di questa edizione figurano Stefano Fresi, Domenico Iannacone, Catherine Dunne, Rossella Miccio, Gino Cecchettin, Cristina Bellemo, Veronica Ruffato, Barbara Poggio, Elena Mil, Ado Hasanović e Azra Nuhefendić, in un programma che conta oltre cinquanta appuntamenti diffusi tra teatri, biblioteche, sedi universitarie e spazi pubblici della città. Il Festival, promosso dall’Università di Macerata con il patrocinio di Regione Marche, Comune di Macerata e Fondazione Marche Cultura, è sostenuto da iGuzzini, BCC Recanati e Colmurano, Fior di Grano, BPER Banca e Lube. Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti il rettore John McCourt, la delegata del rettore Fabiola Falappa, la presidente di Eum Simona Antolini e il direttore dell’Accademia di Belle Arti di Macerata Piergiorgio Capparucci, insieme ai rappresentanti dei partner economici Gerardo Pizzirusso e Davide Celani per la BCC e Massimiliano Frapiccini per BPER Banca. Nel suo intervento, il rettore John McCourt ha ricordato che «la forza del dialogo è al centro del nostro Festival delle Humanities proprio perché oggi abbiamo bisogno di imparare di nuovo ad ascoltarci. Viviamo in un tempo in cui tutti parlano e pochi ascoltano: per questo abbiamo costruito un programma di oltre cinquanta eventi dove l’ascolto e il confronto diventano una pratica viva, aperta a studenti, cittadini e visitatori, senza barriere d’ingresso». La delegata del rettore Fabiola Falappa ha sottolineato come «il dialogo rappresenti una via capace di aprire nuove possibilità in un’epoca segnata da individualismo e conflitti. Il Festival non si limita alla teoria, ma propone esperienze dirette: incontri, laboratori, mostre e spettacoli che mettono realmente in relazione persone e saperi». Le anteprime del Festival partiranno venerdì 10 ottobre con l’inaugurazione della mostra “Il soldatino pensò che era la pace” di Veronica Ruffato, ispirata al libro di Cristina Bellemo e curata dall’Accademia di Belle Arti e da Ars in Fabula presso Palazzo Lazzarini (ex Banca d’Italia). La sera, alle 21.15 al Teatro Lauro Rossi, sarà la volta di Stefano Fresi con “Dioggene”, spettacolo ironico e profondo che attraversa epoche e linguaggi per esplorare l’animo umano. Domenica 13 ottobre, al Teatro della Filarmonica, Roberta Biagiarelli porterà in scena “Figlie dell’epoca. Donne di pace in tempo di guerra”, dedicato al primo congresso internazionale femminile del 1915, simbolo di dialogo e riconciliazione. L’apertura ufficiale del Festival avverrà martedì 14 ottobre con un workshop alla Lube Academy dedicato al “Dialogo intergenerazionale e cultura del lavoro”, occasione per riflettere sulle nuove forme di collaborazione tra generazioni in azienda e sul valore del confronto come leva di innovazione. Nel pomeriggio, alle 18, all'Orto dei Pensatori, si terrà la cerimonia inaugurale che segnerà l’avvio delle quattro giornate di incontri e dibattiti. Da quel momento, Macerata si trasformerà in un grande spazio condiviso di partecipazione e confronto. Università, scuole, associazioni e istituzioni culturali animeranno la città con iniziative dedicate alla sostenibilità, alla giustizia, al cambiamento del lavoro e al ruolo del dialogo nelle scienze e nelle arti. Tra i tanti protagonisti, la scrittrice irlandese Catherine Dunne, la prorettrice dell’Università di Trento Barbara Poggio, il regista Ado Hasanović e la giornalista Azra Nuhefendić, con le loro testimonianze artistiche e civili sul dialogo tra memorie e culture. Uno dei momenti più attesi sarà l’incontro del 15 ottobre con Gino Cecchettin, che insieme al rettore McCourt e a Barbara Poggio, con intermezzi musicali di Elena Mil, rifletterà su come “trasformare il dolore per rinnovare la vita comune”. Parallelamente si svolgerà la Fiera dell’Editoria Universitaria BooksUp, curata da Eum – Edizioni Università di Macerata, punto di riferimento nazionale per le University Press. Come ha spiegato Simona Antolini, «BooksUp vuole riflettere sul ruolo dell’editoria accademica nell’università contemporanea e nel mondo dell’open access. Due tavole rotonde affronteranno il tema del dialogo e dell’impatto dell’accesso aperto nella ricerca e nella didattica, fino alla stesura di un Manifesto delle University Press italiane, sottoscritto da rettori e prorettori di numerosi atenei». Accanto agli incontri, non mancheranno le mostre e gli eventi artistici che accompagneranno l’intera manifestazione. La rassegna “Meru Tales” dell’artista keniota Anne Mwiti offrirà uno sguardo sull’Africa contemporanea intrecciando pittura e narrazione orale, mentre l’esposizione “Scrittori in dialogo” del Centro Bibliotecario di Ateneo esplorerà il ruolo della traduzione come pratica viva di mediazione tra culture. All’interno della Sala Sbriccoli, l’Expo Libri curato da La Bottega del Libro metterà in mostra le pubblicazioni delle University Press italiane e un’ampia selezione di opere in open access. Ogni sera, i teatri cittadini ospiteranno spettacoli e concerti pensati come esperienze collettive di riflessione e bellezza. Martedì 14 ottobre, il Toudion Ensemble proporrà “Dialogo con la comunità”, concerto per coro femminile, arpa e corni con musiche di Brahms e Britten. Il 15 ottobre, al Teatro della Filarmonica, andrà in scena “Critone”, riscrittura del celebre dialogo platonico sul senso della giustizia, seguita dall’incontro con Cecchettin e Poggio. Giovedì 16 ottobre sarà la volta della Premiazione del Concorso Letterario Humanities, dedicato allo studente e poeta Pietro Polverini, con la partecipazione di Catherine Dunne, Andrea Pierdicca e le musiche di Lorenzo Sbarbati. Il Festival si chiuderà venerdì 17 ottobre al Teatro Lauro Rossi con Domenico Iannacone e il suo toccante spettacolo “Che ci faccio qui in scena”, una riflessione profonda sulla forza della parola e dell’incontro come strumenti di verità. Tutti gli eventi del Festival sono a ingresso libero fino a esaurimento posti. Per lo spettacolo di Iannacone i biglietti gratuiti saranno disponibili presso la biglietteria dei teatri dal giorno precedente. Il programma completo con tutte le informazioni è disponibile sul sito www.unimc.it/mhf. Come ha ricordato in chiusura il rettore McCourt, «questo Festival appartiene a tutta la città e al territorio: è un invito al dialogo, alla partecipazione e all’ascolto reciproco. Solo insieme, attraverso la forza delle parole e delle idee, possiamo costruire una vita comune più giusta e consapevole».
Macerata, in centinaia in piazza per Gaza: “Non una battaglia ideologica, ma di civiltà”
Macerata si è svegliata questa mattina con Piazza della Libertà gremita da centinaia di persone, scese in piazza per partecipare allo sciopero generale indetto dalla CGIL in difesa della Flotilla, dei valori costituzionali e per Gaza. Bandiere rosse del sindacato e vessilli palestinesi hanno colorato la piazza, accompagnati dal coro collettivo “Palestina libera”. La Cgil, annunciando la mobilitazione nazionale di tutti i settori pubblici e privati per l’intera giornata di oggi, venerdì 3 ottobre, ha spiegato le ragioni della protesta: “L’aggressione contro navi civili che trasportavano cittadine e cittadini italiani rappresenta un fatto di gravità estrema. È un colpo inferto all’ordine costituzionale, che impedisce un’azione umanitaria e di solidarietà verso la popolazione palestinese sottoposta dal governo israeliano a una vera e propria operazione di genocidio. È grave che il governo italiano abbia abbandonato lavoratrici e lavoratori in acque internazionali, violando i nostri principi costituzionali”. Lo sciopero, come precisato dal sindacato, si è svolto “nel rispetto delle prestazioni indispensabili previste dalle regolamentazioni di settore”. Tra gli interventi più sentiti quello della professoressa e scrittrice Lucia Tancredi, a nome dei docenti del Liceo Scientifico: “Gaza è un campo di concentramento a cielo aperto e ancora ci chiedono perché scioperiamo. La scuola è in prima linea con i ragazzi e lo sarà sempre. Non possiamo restare indifferenti davanti a decine di migliaia di civili uccisi, tra cui moltissimi bambini. Il diritto internazionale umanitario sancisce che chi non combatte deve essere protetto. Educare significa insegnare il rifiuto di ogni violenza contro i civili, ovunque e da chiunque sia esercitata. Ribadiamo il valore della pace e del dialogo come obiettivi concreti, da coltivare quotidianamente”. Paola Prosperi, dell'Ast Macerata, reduce dal presidio della sera precedente a San Severino, ha sottolineato la partecipazione dei sanitari: “Difendere la salute significa difendere l’umanità. Siamo accanto agli uomini e le donne della Flotilla. Tra loro c’è anche Silvia Severini, 54 anni, di Ancona, ora detenuta a Gaza. Non possiamo voltarci dall’altra parte”. Forte e appassionato l’intervento di Romina Maccari, segretaria dello Spi CGIL: “Se una piccola nave può solcare il mare contro l’assedio, un grande popolo può solcare la storia contro il genocidio. La storia la si fa col diritto. Non siamo qui contro il popolo israeliano, ma per quello palestinese. La pace si conquista solo con la giustizia. Gaza è una prigione a cielo aperto. Come la Flotilla solca il mare per rompere l’assedio, così noi solchiamo le piazze per rompere il silenzio. Su quelle navi non ci sono governi, ma società civile: voce del mondo libero che non si arrende all’indifferenza. Il mare può fermare una barca, ma non un popolo. La paura può fermare un governo, ma non un’idea giusta. Due popoli, due Stati, un solo diritto: la pace. Un solo dovere: non tacere mai. Palestina libera”. Presente anche il mondo associativo, con la voce di Ruggero Orilia (ARCI): “Siamo in piazza per protestare contro l’attacco alla Flotilla e contro l’inazione del nostro governo. È inaccettabile che il diritto valga solo per alcuni. In questo caso la legge della coscienza coincide con il diritto internazionale e con la nostra Costituzione. Chiediamo la liberazione immediata e senza condizioni dei volontari e di tutti i prigionieri palestinesi. Non è una battaglia ideologica, ma di civiltà. Venendo qui sono passato davanti alla targa dedicata a Garibaldi e ho pensato alla sua frase: ‘L’internazionale è il sol dell’avvenire’. Ho pensato alle brigate Garibaldi della Resistenza e a chi, nel suo nome, ha lottato per la libertà non solo in Italia ma ovunque. Questo mi ha dato la conferma di essere dalla parte giusta”. La mobilitazione ha visto la partecipazione di studenti, docenti, sindacalisti, associazioni, rappresentanti della politica locale e cittadini comuni. Una piazza trasversale che ha voluto ribadire, con voci diverse ma unite dallo stesso obiettivo, che la pace passa attraverso il rispetto dei diritti e della dignità dei popoli.
Pallavolo Macerata e Fisiomed, il binomio vincente continua: "Legame forte con città e territorio" (FOTO e VIDEO)
La Pallavolo Macerata e il Gruppo Medico Associati Fisiomed rinnovano e rafforzano la loro collaborazione: il centro medico si conferma medical partner ufficiale della società biancorossa e, per il secondo anno consecutivo, sarà anche title sponsor della squadra che affronterà il prossimo campionato di Serie A2 come Banca Macerata Fisiomed. L’annuncio è stato ufficializzato in occasione di una conferenza stampa ospitata presso la sede Fisiomed di Sforzacosta, in una settimana speciale per la pallavolo italiana, fresca campionessa del mondo dopo il successo contro la Bulgaria. Un risultato che si lega simbolicamente anche a Macerata: nelle fila della nazionale bulgara milita infatti Rusi Zhelev, nuovo acquisto della squadra biancorossa, attualmente nel suo Paese per impegni istituzionali con la selezione nazionale. All’incontro erano presenti l’amministratore unico di Fisiomed, Enrico Falistocco, il presidente della Pallavolo Macerata Gianluca Tittarelli, il direttore generale Italo Vullo, l’allenatore Romano Giannini, oltre a squadra, staff e sponsor. Enrico Falistocco ha espresso grande soddisfazione per il rinnovo dell’accordo, sottolineando il forte legame con la città e con la società sportiva: “Siamo veramente orgogliosi di far parte di questa squadra e di essere entrati anche come co-title sponsor. Con la Pallavolo Macerata condividiamo stima e amicizia, che ci hanno portato a crescere insieme. L’anno prossimo festeggeremo i 30 anni di attività e vogliamo continuare a portare i nostri servizi nelle case delle persone, perché non è solo un motto ma un modo di essere. Siamo nati a Macerata e proprio nel cuore della città avremo una nuova sede. La presenza in centro è per noi un segno di riconoscenza verso la comunità che ci sostiene e che vogliamo continuare a servire da vicino. La partnership con Pallavolo Macerata e Banca Macerata è un binomio che si rinnova con grande soddisfazione". Il presidente Gianluca Tittarelli ha evidenziato il ruolo fondamentale dei partner e il valore sociale del progetto sportivo: “Oggi presentiamo le novità e ringraziamo sponsor e partner che rendono possibile non solo l’attività della Serie A, ma anche tutto il settore giovanile e la Serie C regionale. Pallavolo Macerata è una piazza storica e vogliamo continuare a rappresentarla al massimo delle nostre possibilità. Offriremo al nostro pubblico uno spettacolo di livello, consapevoli che nello sport conta anche l’avversario, ma certi di poter dare sempre il massimo”. Il direttore generale Italo Vullo ha presentato la nuova rosa, costruita con equilibrio tra esperienza e gioventù, oltre alla volontà, a partire dall'allenatore, di puntare sul "Made in Marche": “È una squadra formata da giocatori motivati, con grande voglia di lavorare. Anche i nostri atleti più rappresentativi sono molto giovani: basti pensare ai due bulgari, di cui uno argento agli ultimi Mondiali, che non hanno ancora 24 anni. Ognuno ha motivazioni diverse, ma tutti hanno l’obiettivo di fare bene”. Coach Romano Giannini ha infine espresso l’entusiasmo dello staff e dei giocatori in vista della nuova stagione: “Abbiamo tanta voglia di iniziare e di metterci in gioco. Stiamo affrontando amichevoli e test, ma il vero banco di prova sarà dal 20 ottobre, quando inizierà un campionato di A2 molto competitivo e stimolante”. Il rinnovo della partnership tra Pallavolo Macerata e Fisiomed conferma la solidità di un progetto sportivo che unisce risultati, radici territoriali e valore sociale. Con una squadra giovane, motivata e rinforzata da talenti internazionali, la Banca Macerata Fisiomed si prepara a vivere da protagonista la nuova avventura in Serie A2, portando sul taraflex la passione di una città intera.
Motocross, stagione da incorniciare per Alessandro Valeri: secondo posto nel Campionato Italiano Fast MX2
Dopo la scalata raccontata nel nostro precedente articolo "La scalata di Alessandro Valeri: il pilota recanatese pronto al debutto nel Mondiale MXGP", la stagione 2025 si chiude con un sorriso per il giovane pilota recanatese, residente a Villa Potenza. Alessandro Valeri ha conquistato un prestigioso secondo posto nella classifica generale del Campionato Italiano Fast MX2, coronando un’annata intensa e ricca di soddisfazioni. L’ultimo atto si è svolto domenica ad Arco di Trento, dove Valeri ha confermato la propria costanza di rendimento. «Sono abbastanza soddisfatto di questo risultato – commenta – ho commesso alcuni errori durante la stagione che non mi hanno permesso di raggiungere la prima posizione, ma ho comunque lottato al massimo e questo risultato ci ripaga di tutti gli sforzi fatti durante l’anno». Un piazzamento che certifica la crescita del giovane talento marchigiano, capace di imporsi tra i protagonisti della categoria e di guadagnarsi la stima del paddock nazionale. Determinante il lavoro svolto insieme al team Pedica Racing, con cui Valeri ha già rinnovato l’accordo per la stagione 2026: «Ringrazio moltissimo tutto il team, proseguiremo insieme anche il prossimo anno – aggiunge –. Un grande grazie va anche a tutti gli sponsor, perché senza di loro nulla di questo sarebbe possibile». Per Valeri la stagione non è però ancora del tutto terminata: resta infatti un ultimo impegno nel campionato regionale, dove guida la classifica e punta a chiudere in bellezza con un altro successo. Il 2025, intanto, si archivia con la certezza di avere posto un tassello importante in un percorso di crescita che punta sempre più in alto, tra traguardi nazionali e nuove prospettive internazionali.
Da Recanati a Monaco: 908 km in bici per brindare all’Oktoberfest (FOTO)
Sette giorni in sella, 908 chilometri attraverso tre Paesi, tra fatica, pioggia, risate e la promessa di un brindisi memorabile. È l’avventura di quattro ciclisti recanatesi – Graziano Ricciardi, Alfredo Marconi, Maurizio Brandoni e Massimiliano Prenna – che, con il supporto tecnico dell’Asd Renzo Giuliodori, hanno pedalato da Recanati fino a Monaco di Baviera per coronare un sogno: festeggiare all’Oktoberfest. L’idea è nata alcuni anni fa durante le pedalate estive in notturna organizzate dal gruppo, che terminavano davanti a una birra e a uno spuntino. Quella tradizione, ribattezzata “La notturna dei merendari”, ha cementato amicizie e acceso la voglia di andare oltre. Così, all’interno dell’“Associazione Merendari delle Piane”, è maturata la decisione di trasformare un rito conviviale in un’impresa vera e propria: pedalare fino a Monaco per celebrare insieme la passione per la bicicletta e per la buona compagnia. La partenza è avvenuta mercoledì 24 settembre da piazza Leopardi. Ogni giorno tra i 100 e i 150 chilometri, con tappe già fissate e alberghi prenotati, per un itinerario che li ha condotti prima lungo le strade italiane e poi oltre confine. A Verona la prima sosta particolare: “Ci siamo fermati a una festa della birra, ci voleva proprio – raccontano – per ricaricare le energie e tornare in sella con più entusiasmo”. Paesaggi da cartolina li hanno accompagnati lungo tutto il percorso: le valli alpine, il Brennero con l’acqua che scorreva a fianco della strada, il grande fiume Inn di Innsbruck, le lunghe ciclabili austriache e tedesche. L’ultima giornata, però, è stata la più dura: “Ci siamo svegliati col sole, ma appena in bici è iniziata la pioggia battente. Non ci ha fermati, siamo andati avanti imperterriti”. Nel mezzo anche una gomma bucata, prontamente riparata. A Monaco l’emozione dell’arrivo, anche se con qualche sorpresa: “Non ci hanno fatto entrare con le bici nell’area della festa, ci sarebbe piaciuto fare la foto proprio sotto il monumento, ma l’abbiamo fatta da lontano”. Poco male: la birra, questa volta non come scusa per una pedalata serale ma come traguardo vero e proprio, ha avuto il sapore della vittoria. Proprio all’Oktoberfest hanno incontrato americani, italiani, un gruppo di Cupra Montana, un amico di Porto Recanati e persino un compagno delle pedalate notturne recanatesi che li aspettava lì. Momenti di convivialità che hanno trasformato la loro impresa sportiva in una festa di amicizia internazionale. Oggi, mentre i quattro facevano ritorno a casa, l’Oktoberfest è stata improvvisamente chiusa per un allarme bomba. Un episodio che ha fatto scattare l’allerta in tutta Monaco, con controlli serrati da parte della polizia. Fortunatamente la minaccia si è rivelata infondata e la festa è stata riaperta in sicurezza. Per i ciclisti recanatesi resta anche la consapevolezza di essere stati fortunati a vivere l’esperienza senza contraccolpi. “È andata benissimo – concludono – ci portiamo a casa paesaggi meravigliosi, la fatica della strada, le risate tra amici e quel brindisi che ha ripagato ogni chilometro percorso”. Un’avventura nata davanti a una birra e conclusa con un boccale in mano: il cerchio perfetto di un viaggio che unisce sport, amicizia e memoria condivisa.
Regionali, Catena unico maceratese all'opposizione: "Ricci miglior leader possibile. Il Pd riparta dai territori"
Con 3.996 preferenze, il sindaco di Montecassiano Leonardo Catena è stato eletto consigliere regionale, risultando il secondo candidato più votato della provincia di Macerata e superando l’ex consigliere Romano Carancini. Determinante il risultato nel suo comune, dove ha raccolto 1.109 voti e trascinato il Partito Democratico al 37,33%. Nonostante la sconfitta del candidato presidente Matteo Ricci e il risultato complessivamente deludente per il centrosinistra, Catena sarà l’unico rappresentante dell’opposizione maceratese nel nuovo consiglio regionale. Ecco l’intervista rilasciata a Picchio News. Ben 3.996 voti. Se li aspettava?«Speravo di far bene. È sicuramente un risultato molto importante, frutto dell’impegno delle tante persone, amiche e amici che mi hanno sostenuto in questi mesi di campagna elettorale. Il merito va a loro e li ringrazio molto. Speravo di far bene e certo sarei stato più contento se avessimo vinto le elezioni». Ha condiviso tutte le scelte di Matteo Ricci in questa campagna elettorale? Come vede il futuro del partito in provincia e in regione?«Matteo Ricci è stato bravissimo: ha fatto una grande campagna elettorale, con tanta energia, passione e coraggio. Non potevamo avere un leader migliore per guidarci. Bisogna però prendere atto che metà degli elettori marchigiani non è andata a votare: c’è molta sfiducia e molti pensano che sia inutile scegliere un partito piuttosto che un altro. Il primo partito è quello dell’astensione e da qui dobbiamo ripartire, ricostruendo un rapporto di fiducia e dimostrando che non siamo tutti uguali. Noi possiamo fare la differenza con le buone idee e l’impegno.Va dato anche merito al presidente Acquaroli, che è stato riconfermato: gli auguro buon lavoro. Noi saremo presenti in maniera costruttiva, con proposte, e quando servirà faremo opposizione alle scelte che non condivideremo». La provincia di Macerata è quella in cui il PD ha ottenuto il risultato più basso in termini di preferenze nella regione Marche. Come commenta questo dato?«Il PD non è andato come speravamo in tutta la regione, con differenze percentuali minime tra le province. Incidono molto anche i candidati delle liste civiche. Non mi focalizzerei solo sul dato maceratese: credo che vada ricostruito un partito più radicato nei territori. Non sarà facile, perché c’è un allontanamento evidente delle persone dalla politica. Sarà un lavoro da fare come PD ma anche come coalizione, intorno a un progetto chiaro e riconoscibile, che possa essere un punto di riferimento anche per chi oggi sceglie di non votare». Un comune di circa 7mila abitanti con un rappresentante in Regione è sicuramente un grande traguardo. Non c’è nessun candidato del capoluogo. Questo dato la sorprende? Come lo spiega?«Sono molto grato ai miei concittadini, che in questi anni mi hanno sempre rinnovato la fiducia a livello comunale e questa volta lo hanno fatto anche a livello regionale. Molti cittadini che non votano centrosinistra mi hanno sostenuto e questo è per me motivo di grande gratificazione.Ogni consigliere regionale rappresenta tutta la provincia e tutta la regione, non solo il proprio comune. Ma so che avrò una grande responsabilità: sarò l’unico eletto della coalizione di Matteo Ricci in provincia di Macerata. Mi aspetta un lavoro difficile, ma ho l’entusiasmo di ricostruire con l’obiettivo che fra cinque anni si possa tornare a competere per vincere». Cosa succederà ora nel comune di Montecassiano? Le dispiace dover lasciare l’incarico di sindaco?«È una pagina importante della mia vita che si chiude. Credo di aver dato tanto alla mia comunità e di aver ricevuto altrettanto. Essere eletti tre volte consecutive con percentuali importanti non è facile. Sono fiducioso che il progetto proseguirà: ho lavorato con un gruppo motivato, affiatato e appassionato che saprà andare avanti anche senza di me. La giunta e il consiglio comunale potranno proseguire almeno per un anno fino al primo turno elettorale utile, portando avanti i progetti in corso. Io sarò comunque al loro fianco, anche se non siederò più in consiglio comunale».
'Il Segreto di Pulcinella' ancora sul Gambero Rosso, è l'unica pizzeria nel Maceratese: “Tutta farina del nostro sacco”
Montecosaro si conferma ancora una volta nel gotha della pizza italiana. “Il Segreto di Pulcinella”, la pizzeria guidata dalla pizzaiola Valentina Clementoni insieme al compagno Mirko Loreti, è stata infatti inserita per la sesta volta nella prestigiosa guida Pizzerie d’Italia 2026 del Gambero Rosso. Un riconoscimento già ottenuto nel 2019, 2020, 2021, 2022 e 2025, che consacra nuovamente il locale come punto di riferimento per gli amanti della buona pizza. Non solo: la pizzeria di Montecosaro è anche l’unica della provincia di Macerata a essere stata selezionata nella tredicesima edizione della guida, che conta oltre 800 locali in tutta la penisola, scelti con criteri rigorosi legati a farine, impasti, lievitazioni e qualità dei condimenti. Dietro al successo, un binomio perfetto: Valentina, che si occupa della parte produttiva – impasto, stesura, condimento e cucina – e Mirko, che segue il forno e la gestione amministrativa. “Ogni volta fa piacere confermarsi, perché cerchiamo sempre qualcosa di nuovo per migliorarci, dall’aspetto alla ricerca di abbinamenti diversi. Questo è ciò che ci è sempre stato riconosciuto”, racconta Valentina. Il loro non è un percorso convenzionale. Nessuna scuola napoletana alle spalle, nessun concorso di settore. Solo tanta passione, studio e il desiderio di offrire un prodotto che fosse diverso, unico: “Fa molto piacere, soprattutto perché non veniamo dal mondo dei concorsi né da quello della pizza tradizionale. È tutta farina del nostro sacco, è proprio il caso di dirlo”. Il Gambero Rosso descrive così la pizzeria: “Un indirizzo consigliato a chi cerca semplicità, zero fronzoli o mode: qui si viene per mangiare una pizza napoletana di buona fattura, fatta con perizia e attenzione.” Valentina però ci racconta che in realtà la filosofia de Il Segreto di Pulcinella non ha mai inseguito la moda della pizza napoletana tout court, ma ha scelto un approccio personale. “Non siamo napoletani, e non abbiamo mai voluto proporre solo quel modello. Ci siamo ispirati alla pizza napoletana, ma puntando su altre caratteristiche come fragranza e condimenti di alta qualità. Insisto su quest’ultimo elemento perché spesso la pizza viene vista come un alimento povero e gli ingredienti vengono trascurati. Noi invece abbiamo puntato molto su quello e meno sull’apparenza. Una scelta coraggiosa, soprattutto in una regione come le Marche, dove la tradizione preferisce la pizza sottile. “È stata una scommessa: unire la cottura napoletana a ciò che piace di più al centro-nord, evitando il cornicione esagerato. Utilizziamo farine semi-integrali, per dare un sapore e un profumo diversi. Credo sia questo a rendere speciale la nostra pizza”. Quando le chiedono quale sia davvero il segreto de Il Segreto di Pulcienlla, Valentina risponde sorridendo: “Il segreto de Il Segreto di Pulcinella sono io, perché la pizzaiola donna si vede di rado. Scherzi a parte, credo che il vero segreto sia il mix tra la cottura napoletana e lo studio di panificazione che sta dietro al nostro prodotto”. Tra le pizze più amate spicca la Bufala, valorizzata da un pomodoro di qualità che conquista i clienti anche negli antipasti, come gli straccetti di pizza con salsa al pomodoro. Grande successo anche per le pizze speciali con il bordo ripieno, tra le prime introdotte in zona. E il futuro? La linea è chiara: “Continuare a crescere e a migliorarci, mantenendo sempre alta l’asticella della qualità”. Non inseguire mode, ma creare un’identità. Non fermarsi al cornicione, ma dare valore a ogni ingrediente. Non considerare la pizza un piatto povero, ma una tela su cui dipingere sapori. È questo il vero segreto de Il Segreto di Pulcinella: una pizza che parla di passione, di autenticità e di futuro.

poche nuvole (MC)



