
di Alessandro Vallese

I big del calcio marchigiano tornano in campo: l’Arena dei Comuni debutta a Trodica il 13 giugno
Torna uno degli appuntamenti più attesi dell’estate calcistica del territorio maceratese: l’Arena dei Comuni è ai blocchi di partenza. Da venerdì 13 giugno, il campo “San Francesco” di Trodica ospiterà l'edizione 2025 di un torneo che promette grande spettacolo, coinvolgendo dodici Comuni della provincia, suddivisi in tre gironi. Tra giovani promesse, veterani di categoria e volti noti del panorama dilettantistico, si preannuncia una competizione ad alto tasso di emozione. Nel Girone A, si profila una sfida avvincente tra formazioni solide e ben assortite. Montelupone si affiderà al talento di Paolucci e Nanapere, mentre San Severino Marche scenderà in campo con giocatori di qualità come Mengani, Dolciotti e Farroni. A contendere il passaggio del turno, un Monte San Giusto compatto e ricco di esperienza, guidato da elementi del calibro di Iommi, Dell’Aquila e Ulivello. Completa il girone Corridonia, che punterà sull'affidabilità e l’esperienza di un veterano come Lorenzo Perfetti. Nel secondo raggruppamento, il Girone B, le attenzioni saranno puntate su Roman Chornopyshchuk, bomber del Trodica e trascinatore designato del Pollenza. La squadra di Potenza Picena potrà contare tra i pali su Pierpaolo Boccanera, capitano del Giulianova, e su un centrocampo solido con Tortelli, mentre in attacco schiererà il bomber Allegretti. Non sarà da meno Recanati: in campo il capocannoniere dell’Eccellenza Grassi, il centrocampista Alla e l’inossidabile Patrizi. La squadra padrona di casa, Morrovalle, punterà invece su un gruppo giovane ma affiatato, con Ciccarelli, Fatone, Stefoni e Marini, guidati dalla leadership di Romagnoli e Castellano. Il Girone C è quello che più stuzzica la curiosità di appassionati e osservatori. Civitanova Alta si presenta con Spagna, Passalacqua e Domizi, vincitori dell'Eccellenza Marche 2023/24. Macerata punterà invece sulla classe di Carlo Mongiello, mentre Civitanova Porto farà affidamento sulle qualità tecniche di Strupceki. Chiude il gruppo Tolentino, che potrà invece contare su un autentico faro in campo: Tizi, capitano e colonna portante del Tolentino Calcio. “Siamo entusiasti di lanciare questa prima edizione dell’Arena dei Comuni – commentano gli organizzatori – Il livello dei partecipanti è altissimo e siamo certi che, fin dal debutto, questo torneo diventerà un appuntamento fisso dell’estate calcistica provinciale. Sarà una vera festa di sport, passione e comunità”. L'appuntamento è fissato per venerdì 13 giugno: fischio d’inizio della competizione e apertura ufficiale di un torneo destinato a lasciare il segno.

Andrea Belfiori, l’Agape del rock: il cantautore marchigiano aprirà il concerto di Vasco a Firenze
“Ti immagini” un palco immenso, un pubblico sconfinato e un momento unico, “come nelle favole?”. È quello che vivrà Andrea Belfiori il 5 giugno alla Visarno Arena di Firenze, quando il cantautore e musicista marchigiano aprirà la data fiorentina del tour 2025 di Vasco Rossi. “È una grande emozione e un motivo d’orgoglio – racconta – perché salire sul palco di Vasco vuol dire confrontarsi con il più grande evento live che abbiamo in Italia. Ho già avuto la fortuna di suonare all’Olimpico nel 2016, ma questa volta è diverso: c’è una fanbase fedelissima, che pretende energia vera. Sarà una responsabilità importante”. Cantautore polistrumentista nato a Osimo, Belfiori ha alle spalle una lunga carriera: dagli esordi con la Pressing di Lucio Dalla, alle collaborazioni con artisti del calibro di Gianluca Grignani, la PFM e Cristiano De André. Vincitore del Sanremo Music Awards nel 2016 con il brano Non è possibile, ha calcato palchi prestigiosi, dal Premio Tenco all’Olimpico di Roma, cantando anche con Eric Burdon degli Animals e Mogol, e condividendo la scena con musicisti come Alberto Radius, Federico Poggipollini e Steff Burns. Nel suo percorso artistico è seguito dal personal manager Leo Giunta. La selezione per il concerto di Vasco è avvenuta a Zocca, il paese del Kom: “C’erano più di 2000 iscrizioni, 180 selezionati e poi 16 finalisti da cui sono stati scelti i 12 vincitori. Una selezione molto ambita, ma si respirava un bello spirito di condivisione. Poi è chiaro che quando sali sul palco dai il massimo, sempre”. Tra Bologna, Milano e continui spostamenti, Belfiori non ha mai dimenticato le sue radici: “Nella mia musica c’è molto delle Marche, che porto sempre con me. Quando vieni da un posto e ti esibisci fuori, in qualche modo lo rappresenti: diventi un ambasciatore del luogo da cui provieni. Il progetto Agapè nasce anche da questo”. Proprio Agapè Vol I è il nuovo album su cui sta lavorando, in uscita entro settembro 2025, in tandem con un progetto imprenditoriale che unisce musica e vino. “Il termine Agapé – spiega – deriva dal greco, è la forma più alta di amore, ma io lo associo a un amore spassionato, altissimo. L’accento in più rappresenta la stortura dell’uomo, un’umanizzazione del concetto”. Il progetto si completerà con Agapè Vino, realizzato insieme a Giampaolo Carli – noto come “il tatuatore delle sneakers” – autore dell’artwork delle etichette e delle texture dell’album, e con il supporto delle Cantine Moroder. “Sarà un modo per creare un network e aprire le Marche verso l’esterno. Il vino uscirà parallelamente all’album, a settembre. Una parte del ricavato sarà devoluta a un’associazione che si occupa di autismo”. Oltre a cantare, Belfiori è polistrumentista, arrangiatore e talent scout per diverse etichette. “Mi sento a mio agio sia sul palco che dietro le quinte – dice – Un artista, per me, è chi lavora in libertà creativa. Il professionista segue il mercato, l’artista prova a scardinarlo. Quando faccio la mia musica mi sento libero, veramente artista. Lavorare nel settore comporta dei paletti, delle regole di mercato, mentre quando scrivo per me stesso cerco di abbattere ogni barriera”. "Il 5 giugno – anticipa – presenterò in anteprima alcuni brani del nuovo album e proporrò anche alcuni brani già pubblicati. Sarà l’inizio di un viaggio molto importante". Ora tocca a lui "andare al massimo" davanti al popolo di Vasco. Andrea Belfiori salirà su quel palco con la sua musica, la sua storia e la sua visione, pronto a “spaccare” con l’energia di chi ha fatto della musica una missione e una ragione di vita. “Sarà un’esperienza sconvolgente”, dice. E allora che il volume salga, le luci si accendano e parta il suono: il 5 giugno a Firenze, il rock parlerà anche marchigiano.

'Da zona Cesarini a zona Orsolini', parata di campioni a Civitanova per la decima edizione del premio (FOTO e VIDEO)
Il Premio Renato Cesarini si è spostato a Civitanova Marche, celebrando la sua decima edizione in un Teatro Rossini gremito per l’occasione. Una vera e propria festa del calcio, sotto forma di talk show, che ha visto la partecipazione di grandi nomi dello sport e del giornalismo italiano. Sul palco si sono alternati campioni del passato e del presente come Franco Causio, Sebastiano Rossi, Roberto Pruzzo, gli allenatori Serse Cosmi, Fabrizio Castori, Giuseppe Iachini, oltre a Rossella Sensi, ex presidentessa della Roma e attuale sindaca di Visso. Presenti anche il coach della Lube Volley Giampaolo Medei, il dg Beppe Cormio e il direttore tecnico della Lube Academy Federico Giunti. A prendersi la scena è stato però Riccardo Orsolini, premiato per la sua straordinaria stagione con il Bologna: la vittoria della Coppa Italia e la recente convocazione in Nazionale, dopo un anno di assenza. “Torno in azzurro dopo la delusione per la mancata convocazione all’Europeo. Sono più voglioso e carico che mai. Credo sia il giusto riconoscimento dopo questa stagione”, ha dichiarato l’attaccante ascolano, che si è assolutamente meritato la chiamata del CT Spalletti dopo una stagione eccezionale, condita da 15 gol in campionato, di cui uno tanto bello quanto pesante contro l'Inter, in pena zona Cesarini. Nel corso della serata Orsolini ha parlato anche del legame speciale con Bologna: “Si è creato un connubio perfetto fra società, giocatori e tifosi. C’è una grande progettualità, non c’è posto migliore dove poter lavorare”. Sulla presenza di tanti giocatori internazionali in squadra ha ironizzato: “Impariamo l’inglese più facilmente”. Serse Cosmi ha ricordato la prima volta che lo vide in campo, durante Trapani-Ascoli: “Si procurò un rigore e dissi subito: questo è un fenomeno. Ha qualcosa in più, si vede che ha imparato per strada”. E proprio la strada è stata al centro del racconto di Orsolini, cresciuto a Rotella, piccolo paese in provincia di Ascoli Piceno: “Eravamo dieci ragazzini. Giocavamo per strada e ci sbucciavamo le ginocchia. Oggi, ai bambini, un po’ di quella strada non guasterebbe”. Parole di stima anche per gli allenatori avuti in carriera: “Thiago Motta è tra i più preparati, anche se con un carattere particolare. Con Italiano, invece, siamo diventati una macchina capace di bel gioco e verticalità”. Alla giornalista Simona Rolandi, che ha chiesto del ritorno in azzurro, ha risposto: “Mi ha chiamato il team manager della Nazionale. Con Spalletti avremo modo di parlarne. Il gesto del bussare alla telecamera dopo i gol? Non è una provocazione, ormai è diventato un meme”. A completare il ritratto del calciatore, altri aneddoti significativi Castori e Iachini. Il tecnico di San Severino Marche ha ricordato quando, da allenatore del Carpi, subì una doppietta di Orsolini: “A fine partita mi disse che quando allenavo l’Ascoli faceva il raccattapalle a bordo campo”. Il suo compaesano Iachini, invece, ha rievocato un Bologna-Fiorentina di cinque anni fa: “Segnò il gol dell’1-1 al 94’, in piena zona Cesarini, su punizione da posizione impossibile”. Al termine del talk, Orsolini ha ricevuto il Premio Renato Cesarini e si è trattenuto a lungo per foto e autografi, mostrando grande disponibilità con i tanti ragazzi presenti, visibilmente emozionati. Una serata ricca di emozioni e ricordi, che ha trasformato Civitanova in una vetrina nazionale per il calcio, celebrando un talento marchigiano che continua a scrivere nuove pagine della sua storia.

Cinque promozioni in otto anni, Vanzan: "Con la Maceratese la più intensa. La sesta? Piedi per terra"
Cinque promozioni in otto anni non si conquistano per caso. Quando c’è da salire di categoria, Nicola Vanzan è una garanzia. Terzino classe 1999, originario di Mestre, è arrivato alla Maceratese la scorsa estate con una missione chiara: riportare i biancorossi in Serie D. Missione compiuta. Anzi, portata a termine nel modo più emozionante possibile, dopo un campionato vissuto sul filo con il K Sport Montecchio Gallo, deciso ai rigori nello spareggio giocato ad Ancona. Con quella ottenuta al 'Del Conero', Vanzan ha messo in bacheca la quinta promozione della carriera. Due di queste – con Arzignano nel 2018/19 e Campobasso nel 2020/21 – sono state veri e propri salti nei professionisti, dalla Serie D alla Serie C. Le altre tre, invece, sono arrivate dall’Eccellenza alla D: con il Campobasso nel 2022/23, col Teramo nel 2023/24 e ora con la Maceratese. Un curriculum da specialista delle scalate, che il numero 3 biancorosso ha costruito a suon di corsa, grinta, assist e senso del gruppo. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare emozioni, bilanci e sogni futuri. Nicola, “missione compiuta” anche stavolta. Che sapore ha questa promozione?Ha un sapore diverso da tutte le altre. Il testa a testa infinito con il Montecchio, lo spareggio, i rigori… è stata un’esperienza nuova anche per me, e molto intensa. Forse la promozione più tirata delle cinque che ho ottenuto in carriera. È stata la più bella?La Serie D vinta col Campobasso resta la promozione più prestigiosa. Ma a livello di emozioni e intensità, metto questa sullo stesso piano. Diciamo che se la giocano: entrambe al primo posto. Cinque promozioni in otto anni: qual è il segreto?Un pizzico di fortuna ci vuole sempre: io ho avuto quella di trovarmi in squadre forti, costruite per vincere. Ma mi prendo anche i miei meriti: il lavoro quotidiano, i sacrifici, la voglia di crederci sempre, anche quando sembra tutto perduto. L’ultima giornata di quest’anno ne è un esempio perfetto. Nello spareggio sei andato per primo sul dischetto. Eri teso? Hai chiesto tu di tirare per primo?Un po’ di tensione c’era, inevitabile. Quando ti giochi una stagione su un rigore, il curriculum non conta più niente. Però mi sentivo pronto a prendermi quella responsabilità, e ho detto al mister che me la sentivo. Lui ha lasciato a noi la libertà di scegliere l’ordine, e parlando tra compagni abbiamo trovato l’intesa. Sono andato per primo e per fortuna abbiamo fatto 5 su 5. In stagione tanti assist decisivi, ma ti sono mancati i gol. Alla fine però hai scritto il tuo nome sul tabellino più importante.È vero, quest’anno mi è mancato qualche gol, ma preferisco non segnare e festeggiare a fine stagione, piuttosto che il contrario. Il rigore nello spareggio è stata una bella soddisfazione. Alla fine, è quello che conta. Tu sei mestrino, e con Macerata c’è un legame speciale tra tifoserie. Hai ricevuto messaggi in questi giorni?Sì, ho ricevuto qualche messaggio dopo la promozione. Quando i ragazzi da Mestre sono venuti in curva sono sempre andato a salutarli, come anche ad Ancona. Fa sempre piacere sentire quel legame con la propria terra, anche a tanti chilometri di distanza. Cinque promozioni… la sesta vien da sé? Magari proprio con la Maceratese?Magari! Sarebbe un capolavoro fare il doppio salto e tornare tra i professionisti. Ma bisogna restare con i piedi per terra. L’obiettivo è fare bene, senza fare il passo più lungo della gamba, che spesso può risultare controproducente. La società si è dimostrata solida e saprà sicuramente cosa fare. Personalmente, non ho ancora parlato con la dirigenza e non so se hanno già cominciato a programmare la prossima stagione. Però so che abbiamo seguito il mister fin dall’inizio e lavorato molto bene con lui. Tanti in questo gruppo si sono meritati la riconferma, e spero che il blocco vincente possa essere mantenuto. (Foto di Francesco Tartari)

Maceratese, Possanzini: "Ecco cosa ho detto prima dei rigori, noi più forti delle difficoltà. Nel calcio bisogna saper rallentare"
Mister Matteo Possanzini ripercorre l’incredibile stagione che ha portato la Maceratese alla conquista del campionato di Eccellenza, culminata con la vittoria ai calci di rigore nello spareggio contro il K Sport Montecchio Gallo. Un’annata fatta di grandi vittorie, emozioni forti e gol spettacolari, ma anche di momenti difficili, infortuni e critiche, a volte ingenerose. Al centro del dibattito sin dalle prime giornate c’è stato lo stile di gioco: un mix raffinato di coraggio, controllo e creatività, fondato su un possesso palla ragionato, una costruzione elaborata e posizionale, e grande libertà negli ultimi metri. Un calcio pensato, non solo "di corsa": per chi ama il pallone come linguaggio e non solo come sport. Non tutti però lo hanno apprezzato, definendolo talvolta troppo lento. Ma proprio quella capacità di rallentare e controllare il ritmo è stata, secondo Possanzini, la vera forza della sua squadra. “La nostra squadra è andata sempre alla velocità che richiedeva la partita. Molto spesso, quando rallentavamo, sentivo qualche mugugno allo stadio. Ma la nostra idea di calcio non è quella di andare a 100mila all’ora per 34 partite: non ho mai visto una squadra vincere così. A volte bisogna saper gestire i momenti. La capacità di controllare la partita rallentando appartiene solo alle grandi squadre. Se avevamo una qualità in più, era proprio questa”. Una scelta coraggiosa, ma alla fine vincente. La Maceratese può festeggiare il ritorno in Serie D dopo dieci anni. Una promozione arrivata ai calci di rigore, vissuti da Possanzini con un mix di lucidità e cuore. “Il momento in cui mi sono sentito davvero favorito è stato proprio ai rigori. A livello di portiere c’era una differenza evidente tra il nostro e il loro, lì mi sono sentito più forte. Ai tiratori cosa ho detto? Prima ho raccontato di un libro in cui un giocatore di pallanuoto, che lavora anche nello staff di Guardiola, diceva di immaginare la rete che si gonfia mentre vai al dischetto. Aiuta a segnare. Poi ho detto che li avremmo scelti insieme, con serenità. Chi parla dopo conta zero nel calcio. Non credo nell’inserire qualcuno solo per calciare: si dà fiducia a uno e la si toglie a un altro. Conta il cuore. Chi se la sente tira, chi no non va giudicato. Ho detto: ‘Giratevi verso la curva, guardate quanta gente ci crede. Fate quello che sentite’. Alla fine si sono messi d’accordo tra loro. Qualcuno non l’avevo mai visto tirare un rigore nemmeno in allenamento, ma lo hanno fatto con una freddezza incredibile”. Tra i momenti più duri, lo scontro diretto perso a due giornate dalla fine, che sembrava aver consegnato il titolo al Montecchio. E invece… “È stata l’unica partita della mia carriera in cui ho parlato alla squadra già nel viaggio di ritorno in pullman. Mai mi ero sentito così orgoglioso. Abbiamo dominato per 90 minuti nella metà campo avversaria. Abbiamo mostrato la nostra vera identità e di essere più forti di loror, più che nello spareggio. Magari altri nella società la pensavano diversamente, ma la nostra forza è stata proprio il confronto aperto. In quel momento però sentivo il dovere, da allenatore, di trasmettere orgoglio. La prestazione viene prima del risultato. Dovevamo continuare a crederci: se il Montecchio perdeva a Urbino, lo spareggio sarebbe stato tutto nostro. Non mi sento un veggente, ma sapevo che dovevo essere il primo a crederci. La sosta dopo quella sconfitta ci ha aiutato a ricaricare. E allenarci pensando allo spareggio, non ai playoff. Se noi avevamo perso a Urbino, anche loro potevano farlo”. Difficili anche il pareggio beffa di Osimo e la sconfitta proprio a Urbino, dopo 16 risultati utili consecutivi e oltre un girone d’imbattibilità. Una battuta d’arresto che ha pesato anche dal punto di vista emotivo. “Dopo 16 partite da imbattuti perderne una era quasi fisiologico. E poi era successa una cosa molto più importante: il nostro capitano aveva perso il padre. Cogngini ha giocato anche col dolore al ginocchio e ha voluto esserci lo stesso. In quella settimana ho sentito tante critiche, dimenticando che questa squadra è sempre stata in testa. In quei momenti serve stare vicini. E la curva, anche ad Urbino, ci ha fatto sentire tutto il suo affetto. Anche la società si è ricompattata: ci siamo detti le cose in faccia, come doveva essere. È stato un momento chiave”. Tanto si è detto anche del “vantaggio dilapidato”, dopo il +7 sul Montecchio maturato alla penultima dell’andata. Possanzini tiene a fare chiarezza. “Dopo la vittoria sul Montecchio, pareggiammo a Monturano: andammo sotto e pareggiammo con Nasic. Quella partita fu molto criticata, ma su quel campo avevano perso sia Chiesanuova che Montecchio. Lo vedo come un punto guadagnato. A +5 si è chiuso il girone, e quello è il vero distacco. Poi la federazione ha inspiegabilmente anticipato la partita del Montecchio col Fano, squadra che sarebbe scomparsa tre settimane dopo. Lo sapevamo tutti. Grazie a quella vittoria si portarono a -2 e poterono gestire la sosta in modo diverso. Una scelta vergognosa, in un campionato con investimenti e piazze importanti. Ma siamo stati superiori anche a questo”. E proprio il Monturano, un girone dopo, ha dato alla Maceratese la possibilità dello spareggio, in virtù della sconfitta del Montecchio a Urbino. La Maceratese, però, ha fatto prima il suo dovere. “Avevo detto ai ragazzi che dovevamo pensare solo a noi. Niente playoff, niente calcoli. Dovevamo vincere e basta. Dopo 10 minuti era già 2-0. Quando l’Urbino ha pareggiato, ho visto la tribuna svuotarsi verso il bar con la tv. I ragazzi guardavano i telefoni del direttore. Quando è arrivato il gol dell’Urbino, lo stadio è esploso. Un’emozione fortissima, quasi come ad Ancona. Un’iniezione di forza incredibile”. Uno spareggio che però è stato clamorosamente rinviato a due giorni dalla gara. Un’altra situazione non facile da gestire. “Quella sera abbiamo organizzato un asado al campo con gli argentini. Non si può avere fretta di vincere. Però mi ha dato fastidio leggere l’intervista di un dirigente del Montecchio che diceva: ‘Avevamo bisogno di questa sosta’. Forse in quel caso era meglio evitare una frase del genere. Non penso che qualcuno abbia forzato il rinvio, ci mancherebbe. Sono certo che è stato dovuto a un motivo di sicurezza e di ordine pubblico. Le scorie che derivano dalla partita precedente però incidono, lì qualcosa è stato falsato. Lo dico anche e soprattutto dopo una vittoria. Se avessi perso sarebbe un alibi, ma non è possibile giocarsi una stagione in una data diversa rispetto a quella programmata all’inizio dell’anno. Non è un fatto di favorire o sfavorire, ma di alterare il naturale corso degli eventi”. Alla fine si gioca al Del Conero, ma non bastano nemmeno i 120 munuti. Si va ai rigori. E quando Lucero ha trasformato il penalty decisivo? “È stata una liberazione. Un momento sognato a lungo. Perché la nostra è stata una stagione di continuità, a differenza delle altre. Chi ci ha inseguito o ha condiviso la vetta con noi ha avuto fasi di rodaggio o calo. Noi abbiamo fatto 34 punti all’andata e 31 al ritorno. Si è parlato di punti persi e di acquisti che ci hanno fatto cambiare passo. Per me la chiave è stata un’altra: la continuità, il tirar fuori il meglio da ogni giocatore. Per questo sento che la vittoria è meritata”. Ora finalmente la Serie D: una rivincita personale, ma anche il giusto premio per Mister Possanzini, che ha saputo rimettersi in gioco e riconquistarsi quello che gli era stato tolto. "Spero di poter disputare da protagonista la prossima Serie D. L’ho fatta da allenatore per una giornata a Pesaro e per 17 a Recanati e sono stato esonerato in entrambe le volte. Dopo Recanati, in seguito ad alcune dinamiche di gruppo vissute male, avevo perso un po’ di voglia di allenare e sono ritornato a Porto Recanati, dove avevo vinto la Promozione, per ritrovarla. Lì ho rivinto un campionato di Promozione e mi son detto: se son bravo ci arrivo per merito, non con le scorciatoie. Adesso ho vinto l’Eccellenza e quindi penso di meritarmi questa Serie D". (Foto Francesco Tartari)

Da Urbania ad Ancona, il cammino da batticuore della Maceratese verso la Serie D (FOTO e VIDEO)
Un campionato incredibile, una stagione vissuta col fiato sospeso fino all’ultimo rigore. La Maceratese ha conquistato la Serie D dopo uno dei finali più emozionanti degli ultimi anni: la vittoria ai calci di rigore nello spareggio contro il K Sport Montecchio Gallo, andato in scena al Del Conero, è stata la degna conclusione di un’annata da batticuore. Una montagna russa di emozioni, tra sorpassi e controsorpassi continui con i pesaresi, chiusa in modo clamoroso: all’ultima giornata, con la sconfitta del Montecchio a Urbino e la vittoria della Rata in casa contro il Monturano, le due squadre hanno chiuso a pari punti, rendendo necessario uno spareggio. Un finale thriller per una squadra che ha chiuso la stagione con numeri importanti: 31 partite (considerando anche quelle con il Fano e lo spareggio), 20 vittorie, 8 pareggi e appena 3 sconfitte. In tutto, 54 gol fatti e 26 subiti. I punti totali sarebbero stati 65, ridotti poi a 59 per la vicenda legata all'esclusione del Fano. Tutto è ripartito l’8 giugno, quando la Maceratese ha voltato pagina dopo due campionati deludenti in Eccellenza. Quel giorno è stato presentato il nuovo corso biancorosso: il presidente Alberto Crocioni ha affidato il rilancio della Rata a una dirigenza giovane, motivata e con le idee chiare. Stefano Serangeli come direttore generale, Nicolò De Cesare ds, Matteo Siroti a guidare lo scouting e Matteo Possanzini in panchina. Una squadra costruita con cura, dove alle conferme dei 'senatori' Gagliardini e Nicolosi e dei giovani locali Ruani e Cirulli si sono aggiunti giocatori importanti come Albanesi, Lucero, Nasic, Bracciatelli, Vanzan e soprattutto il colpo dell’estate: Luca Cognigni, arrivato il 19 luglio. A completare il gruppo, tanti giovani del territorio, alcuni inizialmente sottotraccia ma decisivi nel corso della stagione: Bongelli, Vrioni e Ciattaglia su tutti. La preparazione è iniziata il 24 luglio a Montecassiano, in attesa del completamento dei lavori all’Helvia Recina, mentre la presentazione ufficiale in Piazza della Libertà ha acceso l’entusiasmo della città. Le prime amichevoli e il successo in Coppa Italia contro il Montefano avevano già lasciato intravedere qualcosa. Il campionato è iniziato a Urbania con una battaglia decisa da un gioiello di Cognigni. Poi due vittorie nette contro Fano e Atletico Mariner hanno portato la Rata in vetta a punteggio pieno. Tra fine settembre e inizio ottobre, però, sono arrivate le prime difficoltà: il pareggio nel finale in dieci contro il Montegranaro, la sconfitta beffa al 98’ contro la Sangiustese, l’eliminazione dalla Coppa Italia per mano del Chiesanuova. Ma anche la prima rimonta da urlo, firmata da Cognigni a Matelica, e soprattutto l'audace vittoria nel derby a Tolentino, con quasi 800 tifosi al seguito e i cambi decisivi di Ruani e Cirulli. I pareggi contro Urbino e Fabriano hanno rallentato la corsa, poi un lutto ha colpito tutta la tifoseria: la scomparsa di Stefano Tognetti, storico ultras, ha lasciato un vuoto, ma anche una forza nuova. La vittoria contro il Montefano è stata un inno alla bellezza e alla commozione: la rovesciata di Ruani e il destro a giro di Cirulli hanno steso gli avversari e scaldato la Curva Just, con la dedica a “Lu Vekkiu”. Da lì in poi, cinque vittorie consecutive senza subire gol, un gioco brillante e una difesa di ferro. Cirulli, nel suo momento magico, chiude i conti al Del Conero con i Portuali, poi decide nel finale la sfida con l’Osimana. I due argentini Lucero e Oses fanno impazzire Villa San Filippo nello scontro diretto con il Chiesanuova. A dicembre, in un Helvia Recina in versione natalizia, Vrioni veste i panni di Cognigni, squalificato, segna una doppietta e regala la vittoria nel big match col Montecchio all’Helvia Recina. La Maceratese è campione d’inverno. A Monturano Nasic evita la sconfitta. Il Montecchio anticipa la gara col Fano e chiude il girone di andata a -2. Nel girone di ritorno, a causa del lungo infortunio di Albanesi, la società interviene e ingaggia Marras, subito decisivo. Contro l’Urbania la Rata ribalta lo svantaggio, ma si fa raggiungere nel finale. A Fermignano, contro un Fano in undici giocatori contati, basta un colpo di testa di Cognigni su pennellata di Marras. Col Mariner la Rata perde anche Nasic per infortunio: crociato ko, stagione finita. Ma la squadra risponde: 2-0 con gol di Cognigni e rigore di Ruani. A Montegranaro finisce 0-0 grazie a un grande Gagliardini, mentre Lucero di testa batte il Matelica. Il match in trasferta contro la Sangiustese è un'altra prova di forza: Marras e Vrioni ribaltano il risultato. Il ritorno del derby con il Tolentino è un’altra battaglia, con la Rata che rimonta due volte, ma cede il primo posto al Montecchio. Dopo 18 giornate, la Maceratese perde a Urbino. Il Montecchio pareggia col rigore contestato all’Osimana e allunga a +2. I biancorossi reagiscono: 3-1 al Fabriano con reti di Mastrippolito, Cirulli e Marras. Il Montecchio si ferma ancora: vetta di nuovo condivisa. Contro il Montefano, un altro capolavoro: Cognigni inventa due giocate decisive, trasformate da Marras, prima con un sinistro fatato all'incrocio e poi su rigore. L'ex Ancona e Fermana dedica la vittoria al padre scomparso qualche settimana prima: l'ennesimo momento difficile della stagione, col gruppo che si è stretto attorno al suo capitano. Con i Portuali è battaglia vera, risolta nel finale da Ruani. A Osimo Gagliardini para un rigore ma si infortuna: entra l'esordiente Marchegiani. Vrioni segna una perla su punizione al 90’, ma al 94’ arriva il pareggio. A Chiesanuova il Montecchio non va oltre lo 0-0, e il testa a testa continua. A tre giornate dal termine arriva il Chiesanuova, ancora in corsa. Primo tempo spettacolare, chiuso sul 2-0 con la doppietta di Cognigni. Tempestilli accorcia, Marras inventa su punizione, poi ancora Tempestilli per un finale da brividi. Il Montecchio vince col Monturano su rigore al 92’: sarà resa dei conti allo Spadoni. Solo 400 tifosi ammessi, ma l’intera tifoseria biancorossa parte comunque per Montecchio, restando fuori dallo stadio. Il K Sport chiude il primo tempo avanti di un gol e con un uomo in più, dopo la controversa espulsione di Mastrippolito. Il raddoppio arriva a inizio ripresa. Chiunque avrebbe ceduto, ma non la Maceratese: in dieci, pareggia con uno-due da urlo di Bongelli e Cirulli. Il Montecchio torna avanti su calcio d’angolo, nella mischia. A una giornata dalla fine, la squadra di Magi sembra aver chiuso il discorso promozione. Il campionato osserva 3 settimane di stop tra Pasqua e torneo delle regioni. Si riprende con la Maceratese che ospita il Monturano, in cerca di punti per disputare il playout in casa, e il Montecchio che fa visita all’Urbino, che può ancora sperare nei playoff. La Rata parte fortissimo e chiude in vantaggio 2-0 il primo tempo con Vrioni-Marras. Al termine dei primi 45 anche il Montecchio però è avanti 1-0 sull’Urbino. All’Helvia Recina, mentre la Maceratese porta a spasso il Monturano, inizia ad arieggiare un clima di rassegnazione. La speranza viene però riaccesa dal gol del pareggio dell’Urbino. Tutti i presenti sono con la testa al Montefeltro: la tribuna si svuota e va a seguire l’altra partita dalla tv del bar dello stadio. Intanto la Rata va sul 3-0 con Oses. Poco dopo arriva il sorpasso dell’Urbino, accolto con un boato incredibile da parte di tutto lo stadio. Marras fa doppietta e cala il poker. L’arbitro decreta la fine e tutti aspettano solo il fischio finale da Urbino. I giocatori sono raccolti in cerchio in mezzo al campo, la notizia arriva: l’Urbino ha vinto 2-1. Maceratese e K Sport Montecchio chiudono il campionato a pari punti. Sarà spareggio. Pochi giorni dopo la federazione ufficializza il Bianchelli di Senigallia come sede per ospitare lo spareggio. I maceratesi sono pronti a partire in massa e attendono solo news sulle prevendite, ma all’improvviso la Questura di Ancona boccia Senigallia per questioni di ordine pubblico. Il club biancorosso si attiva per trovare un’altra soluzione: viene sondata addirittura anche l’ipotesi Gubbio, mentre sembra fatta per il Recchioni di Fermo. Per la Questura però ancora niente da fare. La Curva Just scende in piazza per protesta. A due giorni dalla partita, dopo una settimana infuocata da polemiche, la federazione comunica lo slittamento dello spareggio di una settimana allo stadio del Conero di Ancona. Il popolo biancorosso viene ancora tenuto in attesa per quanto riguarda i biglietti, con la prevendita che scatta il giovedì. Viene eletto il nuovo Papa: Leone XIV. Nello stesso momento il club biancorosso comunica un’altra fumata bianca: il sold out dei 2.000 biglietti messi a disposizione in sole 3 ore. La società ne richiede altri e ne riceve ulteriori 500, polverizzati subito anche quelli. In un clima di incredibile entusiasmo la Maceratese va ad Ancona a contendersi la Serie D. 11 maggio 2025: una data destinata a restare nella storia biancorossa. Prima del fischio di inizio, la Curva Just espone una meravigliosa coreografia coi colori biancorossi e il simbolo di Macerata al centro. Sotto la scritta che recita: “HINC A TE NATI CIVITAS MACERATENSIS”. La partita inizia al meglio per la Rata, che la sblocca subito al 9’ col colpo di testa di Lucero. Dopo un primo tempo equilibrato si va a riposo con questo punteggio. Nella ripresa il K Sport Montecchio trova il gol del pari con Micchi, anche lui di testa. Torelli entra scomposto su Marras e si becca il secondo giallo, lasciando i suoi in dieci. La Maceratese prova a sfruttare l’uomo in più, ma i pesaresi si difendono bene. Si va ai supplementari, con la Rata che preme ma col Montecchio che regge. Non sono bastate 30 partite, non sono bastati 120 minuti: l’Eccellenza Marche 2024/25 si decide ai rigori. Si calcia dalla parte opposta alla Curva Sud dove ci sono i tifosi maceratesi. Vanzan e Gomez non sbagliano, ma Micchi, Magnanelli fanno lo stesso. Cognigni segna, ma non Gurini, che si fa ipnotizzare da un eroico Gagliardini. Cirulli mantiene i nervi saldi e batte Cerretani. Fa lo stesso Kalombo e assegna dunque a Lucero la responsabilità dell’ultimo rigore. L’argentino va sicuro sul pallone, spiazza il portiere e spedisce la Maceratese in Serie D, a dieci anni dall’ultima volta, a otto dall’esclusione dalla Serie C e dal fallimento. Il secondo campionato vinto dal presidente Crocioni, emozionatissimo nei festeggiamenti finali. La stagione 2024/2025 resterà scolpita nella memoria dei tifosi come una delle più emozionanti della storia biancorossa. Un’annata da batticuore, vissuta al ritmo dei cori della Curva Just, del carisma di capitan Cognigni, del talento dei giovani, della tenacia di Mister Possanzini. Una squadra costruita con amore per la maglia, che ha saputo emozionare e, alla fine, vincere. La Serie D torna a essere realtà. La Rata è tornata. (Foto di Francesco Tartari)

"Ci avete rotto il calcio": disorganizzazione e scelte discutibili, esplode la rabbia dei tifosi
La sede dello spareggio promozione tra Maceratese e Montecchio? Cambiata all’ultimo. La data? Spostata di una settimana. I biglietti? Ancora non si sa nulla. Il calcio regionale, quello che dovrebbe rappresentare la passione e l’identità dei territori, negli ultimi giorni sta vivendo uno dei momenti più confusi della sua storia. E a pagare, come sempre, sono società, tifosi e chi lavora con serietà per rendere dignitosi questi campionati. La vicenda di Maceratese–Montecchio è stata emblematica. A due giorni dalla sfida, inizialmente prevista per il 4 maggio, la Lega ha comunicato il rinvio dell’incontro, che ora si disputerà l'11 maggio allo stadio Del Conero di Ancona. Una decisione arrivata a ridosso del weekend, senza motivazioni ufficiali né indicazioni operative, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei biglietti. A oggi, a soli cinque giorni dal match, non si conoscono ancora modalità e tempi per l’acquisto, nonostante l’importanza dell’evento e la forte affluenza attesa. A subire le conseguenze di questa incertezza non sono solo le due squadre coinvolte, ma anche le formazioni del playoff: il Tolentino, che ha vinto la semifinale contro il Chiesanuova, dovrà restare fermo due settimane prima di scendere di nuovo in campo contro la perdente dello spareggio. Una pausa lunga e forzata, che rischia di spezzare il ritmo e alterare l’equilibrio sportivo. Anche la semifinale stessa, giocata domenica scorsa, ha risentito delle difficoltà organizzative. Il match si è disputato davanti a un numero ridotto di spettatori, nonostante gli investimenti del Chiesanuova e dell’amministrazione comunale per adeguare l’impianto e renderlo conforme ai parametri richiesti fino alla Serie D. Ma la settimana è proseguita con un’altra scelta che ha sollevato polemiche. La finale per il titolo regionale di Promozione tra Jesina e Trodica si giocherà domenica 11 maggio, alle 16:30, allo stadio Carotti di Jesi. Stesso orario e stessa provincia dello spareggio Maceratese–Montecchio, e soprattutto in concomitanza con il Palio di San Floriano, evento che ogni anno richiama molte persone in città. Una sovrapposizione che ha suscitato perplessità sia per motivi di ordine pubblico che per la fruizione da parte del pubblico. Le due società avevano espresso la volontà di disputare la gara al San Francesco di Trodica, una proposta che sembrava trovare consenso, ma che non è stata accolta. Da qui lo sfogo della tifoseria biancoazzurra, le Teste Matte 1991, in un comunicato molto duro: “Le Teste Matte esprimono dissenso per l’ennesima gestione vergognosa da parte della Federazione e degli organi decisionali regionali. Con la prossima, giocheremo due finali consecutive - Coppa Italia e Titolo Regionale - affrontando trasferte per quasi 350 km totali. Spese pesanti, per chi, come noi, mette il cuore prima del portafoglio. Pensavamo che per la finale contro la Jesina si usasse un minimo di buonsenso, ascoltando la nostra società nella richiesta di giocare di sabato. Invece no: ancora una decisione senza senso e distante dalla realtà, aggravata dal voltafaccia dei responsabili della Jesina, al momento del sorteggio a noi sfavorevole. Forse nel capoluogo non siamo simpatici, o forse la nostra matricola non ha lo stesso fascino di quella dei nostri avversari. Critichiamo l’uso strumentale del concetto di ‘ordine pubblico’ invocato solo quando fa comodo. Stavolta non vale, perché non conviene a qualcuno. State distruggendo il bello di queste categorie: passione, tifo, senso di appartenenza. La distanza non è una scusa per chi vive questi ideali, ma non possiamo tacere davanti all’ennesima mancanza di rispetto”. Il punto è che il livello del calcio dilettantistico si è alzato. Le società investono, si organizzano, costruiscono strutture, coinvolgono le comunità. Sarebbe auspicabile che anche le istituzioni calcistiche rispondessero con pari serietà, affinché il sistema funzioni davvero. Perché il calcio non lo fa solo il pallone che rotola: lo fanno le persone che ci credono, ogni domenica. E quando queste vengono lasciate nell’incertezza o trattate con superficialità, qualcosa si rompe. E allora sì, con amarezza ma con voce chiara: ci avete rotto il calcio.

Marta Porrà, voce eclettica dal cuore teatrale: "Ogni palco è un incontro, ogni canzone una storia" (FOTO e VIDEO)
Non c’è un momento esatto in cui Marta Porrà, cantante civitanovese dalla voce vibrante e dall’anima teatrale, ha deciso che la musica sarebbe stata la sua vita. Ma a pensarci bene, forse è sempre stato scritto. Da bambina sognava di diventare ballerina o cantante famosa, e in fondo quel sogno è rimasto intatto, trasformandosi nel tempo in un progetto concreto, costruito giorno dopo giorno con passione, studio e coraggio. Nella splendida cornice di Otto Seaside a Civitanova, l’abbiamo incontrata per un’intervista che ci ha aperto le porte del suo mondo artistico e interiore. La sua avventura inizia a otto anni in un coro di voci bianche. È lì che, quasi senza accorgersene, scocca la scintilla. A dodici comincia a studiare canto, ma per lungo tempo la musica resta “solo” un hobby, fino a quando la determinazione prende il sopravvento. “Le difficoltà sono tante – racconta – ma se ci credi davvero, non ti fermi al primo ostacolo”. Nel suo percorso incontra il maestro Mogol, frequentando a diciott’anni il prestigioso CET. L’esperienza con il celebre paroliere è una tappa fondamentale: Marta è tra le più giovani, ma osserva, ascolta, impara. Fa tesoro delle esperienze degli altri e si lascia ispirare dal clima di confronto che si respira in quella tenuta immersa nel verde, dove autori, interpreti e musicisti condividono sogni e parole. Oltre alla voce, scopre presto il potere della presenza scenica. Ed è il teatro a completare la sua formazione. All’inizio, la recitazione arriva per caso, quasi per necessità: voleva migliorare nella dizione per affrontare le interviste con meno timidezza. Invece, si apre un mondo. Oggi il teatro è parte integrante della sua identità artistica. “Non potrei farne a meno – spiega – cerco di portarlo in ogni mia esibizione, nei gesti, nell’interpretazione. È qualcosa che mi ha arricchita profondamente”. Lo stile, per Marta, è un’estensione della sua espressività. L’amore per gli abiti eleganti nasce durante le sfilate di Miss Italia, dove ha cantato in passerella: un contesto che le ha lasciato in eredità una cura estetica che oggi fa parte del suo personaggio. La sua voce ha attraversato palchi importanti in Italia e nel mondo. Da oltre dieci anni collabora con il Nino Rota Ensemble, grazie al quale si è esibita in luoghi come il Vaticano, il Kazakistan, l’Iraq. Tra tutti, conserva nel cuore un concerto a Biskek, in Kirghizistan: un teatro da 800 posti gremito, un pubblico caloroso che cantava con lei. “Sono rimasta colpita da questo calore ricevuto dal pubblico, che per me è il regalo più grande che la musica ti può dare". Eclettica per natura, Marta non ama definirsi con un solo genere. Il suo percorso musicale è influenzato da voci e stili diversi: Elisa, Dolores O’Riordan dei Cranberries, i Nirvana, i Queen, Tracy Chapman. “Ho sempre ascoltato di tutto – spiega – ed è quello che consiglio anche ai miei allievi. Solo attraverso un ascolto ampio puoi costruire una personalità autentica”. La sua versatilità è stata un’arma vincente nel tempo, anche se talvolta si è scontrata con le logiche più rigide del mondo discografico. “Quando mi chiedevano che genere canto, andavo in crisi. Ma non mi sono mai voluta limitare. Oggi ho tante formazioni diverse e canto stili differenti. Forse perseguendo la carriera discografica avrei avuto successo comunque, questo rimane un mistero. Però la mia versatilità mi ha sicuramente aiutato tanto”. Tra i momenti più emozionanti della sua carriera, ricorda il duetto con Francesco Zampaglione dei Tiromancino, sulle note de L’odore del mare al teatro di Senigallia. E se dovesse scegliere un artista con cui condividere il palco, sogna Marco Mengoni. “Lo ammiro tantissimo, ha una voce incredibile e una grande umiltà". E poi c’è Broadway, il sogno che custodisce da tempo, spinto dalla sua passione per i musical. "Sicuramente il mio palco dei sogni.” Attualmente è impegnata in un progetto intimo e originale: “Canzoni al telefono”, in cui dedica brani alle persone attarverso la cornetta. Un modo per regalare emozione in modo diretto, senza filtri. “Non esiste una sola canzone che mi rappresenta – conclude – dipende dal contesto, dalla persona, dal momento. L’emozione non ha un titolo fisso.” Per l’estate, tanti gli impegni all’orizzonte: dalle sfilate ai matrimoni, passando per un evento speciale a Scicli, in Sicilia. Marta è tutto questo, e molto di più. Una voce che si muove libera tra i generi e le emozioni. Alla domanda “Quale versione di Marta preferisci?”, risponde senza esitazione: "Non ho una versione preferita. Mi piace cambiare, sperimentare, sorprendermi. Nella musica come nella vita, non mi lascio incasellare. Ogni giorno è una nota diversa, e io la canto come viene".

Maceratese, il sogno continua. Possanzini: "Ci abbiamo sempre creduto. Il calcio ti dà sempre una seconda possibilità" (VIDEO)
«Abbiamo sempre creduto nella possibilità di disputare lo spareggio e la squadra me lo ha dimostrato. Anche oggi, sia al primo che al secondo tempo, eravamo il primo campo pronto per giocare». Con queste parole Mister Matteo Possanzini ha commentato in conferenza stampa il clamoroso verdetto dell'ultima giornata di Eccellenza Marche. Grazie alla sconfitta del K Sport Montecchio Gallo sul campo dell'Urbino e alla vittoria della Maceratese contro il Monturano, i biancorossi hanno conquistato la possibilità di disputare lo spareggio finale proprio contro i pesaresi. In palio c’è il titolo di campione regionale e, soprattutto, la promozione diretta in Serie D. Chi perderà avrà un'ulteriore chance, affrontando la vincente della finale playoff fra Chiesanuova e Tolentino. A distanza di un mese dalla bruciante sconfitta allo Spadoni, la squadra di Possanzini si ritrova dunque di nuovo davanti il Montecchio. Dopo quella giornata amara, i biancorossi hanno saputo rialzarsi con pazienza, lavorando sodo durante il lungo stop di tre settimane. L’attesa è stata ripagata: all’Helvia Recina, al fischio finale, l’esplosione di gioia dei tifosi ha raccontato tutta la bellezza di un sogno che sembrava perduto e che ora torna a essere possibile. «Si allena e si fa questo sport per vivere queste emozioni – ha proseguito Possanzini –. Credo che questo sia il bello del calcio: ti dà sempre una seconda opportunità. Ancora non è fatto nulla, ma al di là del risultato è stato bellissimo vivere queste emozioni con i tifosi. Ci tengo a ringraziarli: dopo la sconfitta di Montecchio ci hanno aspettato per applaudirci. Dedichiamo questa vittoria a loro e a Leonardo Matano, giovane tifoso biancorosso di 18 anni che sta affrontando una dura battaglia contro la leucemia». Poi un passaggio deciso su alcuni giudizi letti negli ultimi tempi: «Ho letto tanti discorsi sui gol subiti, sui gol fatti e sui punti persi rispetto al girone d'andata. Ma nessuno parla dei 22 punti in più rispetto alla scorsa stagione, dell'unione creata tra pubblico, società e squadra. È vero, dal punto di vista dei risultati non abbiamo ancora conquistato nulla, ma il calcio non è solo numeri. Conta anche ciò che abbiamo vissuto e che ci teniamo stretto: festeggiamo questa vittoria e questa seconda possibilità, poi penseremo alla partita di domenica». Lo spareggio è fissato per domenica 4 maggio. Lo stadio "Bianchelli" di Senigallia è il candidato più probabile per ospitare la finale, stavolta senza limitazioni per i tifosi biancorossi, a differenza di quanto accaduto a Montecchio. La Maceratese ci arriva con entusiasmo e morale alle stelle, mentre il Montecchio dovrà rialzarsi dopo la bruciante sconfitta di Urbino. Possanzini, però, invita i suoi a non perdere la lucidità: «L’aspetto emotivo ci dà sicuramente qualche energia in più. Poteva essere una discriminante anche per noi sia oggi che dopo la batosta con l’Osimana. Ma al di fuori del campo si possono avere sensazioni diverse: in campo dobbiamo restare lucidi e pensare solo a quello che dobbiamo fare». La Maceratese, sospinta da un entusiasmo ritrovato, è pronta a giocarsi il tutto per tutto. (Foto Francesco Tartari)

Profumi come abiti dell’anima: a Civitanova Mauro Malatini crea fragranze su misura per ogni persona
Da Civitanova Marche al cuore delle persone: Mauro Malatini è molto più che un profumiere. È un artigiano dell’anima, un narratore invisibile che, attraverso l’olfatto, traduce l’identità in essenza. Tecnico erborista laureato all’Università di Perugia, esperto di fitoterapia, nel 2013 ha dato forma concreta alla sua visione: la Bottega Malatini, una realtà unica che oggi ha sede in Corso Umberto I, dove ha inaugurato lo scorso 29 marzo la nuova location. Ma il vero laboratorio è interiore, itinerante, in continuo movimento tra mente, cuore e pelle. "Ho capito che creare profumi era qualcosa che mi piaceva davvero — racconta — perché richiedeva introspezione, ascolto, connessione. Un profumo non è solo un odore, è una storia che parla di chi sei". Il processo creativo di Malatini parte da un gesto simbolico: "Metto la persona davanti a uno specchio, la interrogo, la ascolto". Da lì nasce un percorso condiviso, in cui il cliente sceglie le essenze che più lo rappresentano. "È come un abito sartoriale", spiega, "fino a definire la piramide olfattiva: note di testa, cuore e fondo. Quando racconto le scelte fatte, le collego agli aspetti più profondi della persona. È così che l’essenza diventa specchio dell’anima". Ogni profumo viene poi registrato con il nome del cliente, previa autorizzazione. "È unico, irripetibile. Non potrà mai essere usato da altri. E quando vedo l’espressione sul volto di chi lo prova, quando arriva quel “wow effect”, so che ho colto qualcosa di autentico. Spesso mi dicono: 'Non me lo sarei mai comprato in profumeria, ma mi piace tantissimo'. Ecco, quella è la magia". La scintilla per questo mestiere nasce da lontano, tra i ricordi e i gesti della nonna: "La passione per le essenze me l’ha tramandata mia nonna, una tipica contadina marchigiana, di quelle con la 'crocchia' in testa per intenderci. Era di una finezza d’animo grandissima e aveva questa passione per i profumi, che ha saputo trasmettere anche a me". Dalla farmacia ai corsi di profumeria naturale, Malatini ha poi fatto della sua formazione un percorso a più livelli, mescolando sapere tecnico e sensibilità spirituale. Per Malatini, il profumo non è solo una questione di chimica, ma di energia, spiritualità, connessione. "Il 50% di quello che faccio — forse anche di più — è spiritualità", afferma. Cattolico di origine, oggi si definisce “spirituale”. Ha attraversato mondi e religioni — cristianesimo, buddhismo tibetano, sciamanesimo, cabala, fino all’attuale avvicinamento al sufismo — e li ha fusi in una visione aperta e tollerante. "Siamo tutti connessi a qualcosa di più grande, che lo si chiami Cristo, Buddha, Geova o Allah. Le forme contano poco, conta la scintilla divina che portiamo dentro. E il mio lavoro cerca proprio quella: tirarla fuori, darle un profumo, raccontarla". Una persona a cui desidera realizzare un prfumo su misura? C’è un nome che insegue da anni: "Mi piacerebbe creare un profumo per Ferzan Özpetek. I suoi film mi hanno aiutato tanto. Riesce a descrivere il mondo con delicatezza, come cerco di fare io con l’olfatto». Ma le emozioni più forti, confessa, spesso arrivano da persone senza fama: "Il naso è democratico. Non ha bisogno di celebrità per provare qualcosa di vero". Il futuro della profumeria artigianale, secondo Malatini, è sempre più legato a esperienze sensoriali profonde e autentiche. "Le persone non vogliono solo un prodotto, cercano un’esperienza. Non dico che la profumeria commericale sia di Serie B. La profumeria commerciale segue l’immagine, quella artigianale la sensazione. Servono entrambe, ma l’importante è che il profumo sia costruito su misura. Come ho fatto con la mia Bottega: è addosso a me, è parte di me". In un mondo che spesso ci chiede di correre, il lavoro di Mauro Malatini invita a rallentare, ad ascoltare e a riconnettersi con ciò che siamo davvero. Perché ogni persona ha un profumo che le appartiene, una traccia invisibile che racconta molto più di mille parole. E forse è proprio lì, in quella scia sottile e personale, che si nasconde il senso più autentico della bellezza: non ciò che appare, ma ciò che resta.

Serie D, Pierfederici entra e stende il Sora: colpo salvezza per la Recanatese
Nel pomeriggio infrasettimanale del Tubaldi, la Recanatese conquista una vittoria pesantissima contro il Sora, nel match valido per la 32ª giornata del girone F di Serie D. Finisce 1-0 per i giallorossi, che con questi tre punti salgono a quota 39, superano una diretta concorrente e si portano a +2 sulla zona playout. LA CRONACA. Partita vivace fin dalle prime battute. Al 5’ è il Sora a rendersi pericoloso con Rao, che calcia alto raccogliendo un calcio di punizione. Poco dopo i laziali perdono capitan Di Prisco per infortunio. La Recanatese cresce e costruisce tre buone occasioni tra l’11’ e il 13’, con Spagna, Ferrante e Zini, ma manca sempre il bersaglio. Al 17’ grande azione in velocità, con Spagna che fa da sponda e Alfieri che lancia Mordini: conclusione alta da buona posizione. Il Sora si affaccia con Seck, che insacca di testa ma in evidente fuorigioco. Al 21’ Del Bello è decisivo su un bel mancino di Rao, mentre Zini e D’Angelo sfiorano il gol dalla parte opposta. Il finale di tempo è tutto giallorosso, ma le punizioni dal limite di Zini non impensieriscono Simoncelli, e il primo tempo si chiude sullo 0-0. La ripresa è più bloccata. L’occasione più clamorosa capita al 10’ sui piedi di Spagna, che spreca a porta praticamente vuota dopo una corta respinta del portiere ospite. Mister Bilò prova a cambiare le carte in tavola, inserendo Giandonato e Pierfederici. Il Sora si chiude bene, ma la Recanatese continua a spingere con pazienza. Il gol che decide la partita arriva al 36’: Zini sfonda a destra e mette in mezzo, la difesa respinge corto e Pierfereici è il più rapido ad arrivare sul pallone e a firmare l’1-0. Cambio indovinato alla perfezione. Il Sora prova a reagire nel finale e va vicino al pareggio con Bauco, ma Del Bello è attento. Nei sei minuti di recupero, i leopardiani gestiscono con ordine il vantaggio e al triplice fischio possono finalmente esultare. Vittoria fondamentale, che avvicina la salvezza.

Da Pasqua al Primo Maggio, Civitanova si prepara al grande ponte: "Tutto sold out da settimane" (FOTO e VIDEO)
Un ponte lunghissimo da Pasqua al Primo Maggio. È questo lo scenario a cui si sta preparando la costa civitanovese, pronta ad accogliere ondate di visitatori tra vacanzieri, famiglie e giovani in cerca di svago e relax. Dopo l’inverno, Civitanova si risveglia più viva che mai, con gli stabilimenti balneari e i ristoranti del lungomare già operativi o in fase di lancio. E la parola d’ordine è una sola: sold out. Passeggiando lungo il litorale si respira entusiasmo e fermento. A confermarlo è Vittorio Rastelli, di Ristorante Officina e dello stabilimento Arturo Mare: «Siamo carichi e speranzosi di lavorare bene, sperando che il tempo sia dalla nostra parte. Officina è già operativo da un po’, mentre con Arturo Mare abbiamo riaperto il weekend scorso. Siamo pieni da tempo sia per Pasqua che per Pasquetta: Arturo ha fatto il sold out ancora prima dell’apertura. Civitanova è ormai una realtà consolidata, capace di offrire tanti servizi. Siamo felici di farne parte». Tra i volti noti della ristorazione civitanovese c’è Mauro Alberti, che dopo i successi di Maderia e Sottile si prepara a lanciare Muchacha, la novità dell’estate 2025. «Muchacha si appresta ad essere la novità dell'estate 2025 sul lungomare civitanovese, con un format rinnovato: dall’asaderia con piatti conviviali, alla pizzeria, passando per spettacoli e musica. Apriremo proprio nel weekend di Pasqua e Pasquetta, con il pranzo inaugurale. Abbiamo già un calendario ricco: live show il mercoledì, i Carioca Dance Ballet il giovedì e il sabato, serate firmate Eventi Divertenti il venerdì. Il Primo Maggio ospiteremo Lo Zoo di 105, da mezzogiorno a mezzanotte: sarà il grande evento di lancio. Vogliamo offrire qualità, musica e tanto divertimento». Anche da Cala Maretto, come ci spiega Alex Lattanzi, i motori sono caldi. «Per Pasquetta abbiamo già il tutto esaurito e sarà il nostro primo evento. Il 25 aprile avremo Dj Fargetta, un nome che mette d’accordo tre generazioni. Per il Primo Maggio stiamo preparando un altro grande evento, ma è ancora top secret. Poi l’11 maggio torna il nostro White Party, la festa in bianco che apre ufficialmente la stagione. Da lì in poi ripartiranno i sabati sera firmati CalaMore, con tante persone che arrivano anche da Umbria ed entroterra. Se il tempo ci assiste, sarà un’altra grande stagione». Chi non si è mai fermato è Mirco Ciavattini, de Il Veneziano, arrivo anche nei mesi più freddi. «È stato un buon inverno, nonostante i consumi ridotti a livello nazionale. Per Pasqua, Pasquetta e 25 aprile siamo già overbooking. In tanti, soprattutto dall’Umbria, hanno scelto Civitanova per queste giornate. L’unico appello che voglio fare è sui prezzi: stiamo trasmettendo un’immagine di città troppo cara, e questo rischia di allontanare visitatori verso località vicine. Civitanova deve essere popolare, con offerte per tutte le tasche, pur mantenendo le sue eccellenze. Spero sia una stagione positiva per tutti». La città è pronta, il calendario pure. Ora non resta che attendere il sole, l’ingrediente decisivo per un ponte lungo all’insegna del pienone.

Il Camerino vola in Promozione: battuto il Potenza Picena, ducali campioni con due turni d’anticipo (VIDEO)
Missione compiuta per il Camerino Calcio, che conquista aritmeticamente il campionato di Prima Categoria – girone C con due turni d'anticipo. I ducali hanno superato 2-1 il Potenza Picena in trasferta, blindando il primo posto con 57 punti, frutto di 17 vittorie, 6 pareggi e 5 sconfitte. Un traguardo centrato grazie ai 7 punti di vantaggio sul Borgo Mogliano, sconfitto 1-0 nello scontro diretto di sabato scorso. La squadra allenata da mister Gianluca Giacometti disputerà dunque il prossimo anno il campionato di Promozione, al termine di una stagione intensa e combattuta fino all’ultimo. A trascinare i biancorossi nella sfida decisiva sono stati i due migliori marcatori della squadra, Alex Gubinelli e Luca Jachetta, entrambi a quota 7 reti stagionali. È stato proprio Gubinelli ad aprire le marcature al 22’ del primo tempo, trasformando con freddezza un calcio di rigore. Il raddoppio è arrivato al 52’, grazie a una prodezza su punizione di Jachetta, che ha infilato la porta con un missile dalla distanza. Il Potenza Picena, attualmente quarto in classifica e per diversi tartti capolista nel girone di andata, ha riaperto il match al 62’ con un colpo di testa di Moretti sugli sviluppi di un corner, ma si è dovuto arrendere a uno strepitoso Spitoni. Il portiere camerte ha infatti negato il 2-2 con almeno due interventi decisivi nel finale, blindando il successo e consegnando alla sua squadra la vittoria del campionato. A fine gara, mister Giacometti ha commentato così il trionfo: "È stato un campionato difficilissimo e la classifica attuale, con tante squadre ancora in bilico tra playoff e playout, ne è la testimonianza. Oggi abbiamo affrontato una grande squadra come il Potenza Picena, che nel finale avrebbe meritato il pareggio, se non fosse stato per le parate decisive del nostro portiere. Noi siamo stati più cinici nel primo tempo, ma ai punti loro avrebbero potuto pareggiarla". Il tecnico ha poi voluto ringraziare tutti gli artefici di questo successo: "Un grazie alla società che ci ha sempre messo nelle migliori condizioni per lavorare. Fin dalla prima telefonata del presidente Falzetti ho capito la serietà e l’ambizione di questo progetto. Ringrazio tutto lo staff e tutti i giocatori: chi è partito, chi è arrivato a stagione in corso e anche chi ha giocato di meno ma ci ha permesso di allenarci sempre al massimo". La rosa del Camerino Calcio 2024/25 campione del girone C di Prima Categoria: Portieri:Vincenzo Digifico, Andrea Petrelli, Stefano Sori, Filippo Spitoni Difensori:Mattia Di Luca, Matteo Francucci, Samuele Santamarianova, Alessandro Ferretti, Giovanni Corazzi, Nicola Bianchi, Riccardo Tomassini, Aurelio Barilaro Centrocampisti:Francesco Cottini, Marco Grasselli, Andrea Moriconi, Alex Gubinelli, Jacopo Scotini, Tommaso Gianfelici, Leonardo Crostelli Attaccanti:Juri Correnti, Luca Jachetta, Stefano Cesari Leale, Alessio Martellucci, Alessio Campagnacci, Giovanni Cesari Leale, Alessandro Frinconi, Lorenzo Maccioni Allenatore: Gianluca Giacometti

Pantofola d’Oro: la storia di un’icona del Made in Italy tra calcio e artigianato
Fondata nel 1886, Pantofola d’Oro è oggi una delle più autorevoli testimoni dell’eccellenza del Made in Italy applicata al mondo dello sport. Un’eccellenza che nasce nel cuore delle Marche, ad Ascoli Piceno, e che si traduce da sempre in una cura artigianale unica, nell’uso di materiali pregiati e in un design capace di fondere tradizione e innovazione. Ogni scarpa è il frutto di una lavorazione attenta e appassionata, che riflette la maestria tipica della migliore manifattura italiana. Oggi il brand continua a essere un punto di riferimento per chi cerca qualità e autenticità nelle calzature sportive, senza mai perdere il legame con le proprie radici. Con il modello CLASSIC, Pantofola d’Oro celebra ancora una volta la tradizione artigianale marchigiana, offrendo una scarpa che non solo risponde alle esigenze tecniche dei calciatori, ma si impone anche come oggetto di stile senza tempo. Il Classic riprende i codici stilistici storici del marchio, arricchiti da dettagli moderni. Il grande logo laterale, impresso sulla pelle con timbro a caldo e nastro oro, richiama l’heritage del brand, mentre la cucitura trasversale sulla tomaia evidenzia la leggera imbottitura del pellame, offrendo un comfort superiore. La morbida pelle italiana garantisce sostegno ottimale e controllo perfetto del pallone, con uno stile classico e raffinato. La storia di Pantofola d’Oro affonda le sue radici nella piccola bottega di via della Fortezza, nel cuore della città vecchia di Ascoli Piceno. Qui, negli anni Quaranta, Emidio Lazzarini – calzolaio e lottatore – si trova costretto a indossare scarpe da lotta rigide e scomode. Forte dell’esperienza trasmessagli dal padre e dal nonno, entrambi artigiani, decide di realizzarsele da sé: crea scarpe morbide, leggere, perfettamente aderenti al piede. Il risultato è sorprendente. Emidio capisce che quel tipo di scarpa può essere utile anche ad altri atleti e si rivolge alla squadra di calcio locale, l’Ascoli. Il successo è immediato. Col tempo le sue scarpe vengono perfezionate e iniziano a calzare i piedi di campioni del calibro di Müller, Puskás e Di Stéfano nel Real Madrid. Negli anni Sessanta, Pantofola d’Oro è su tutti i campi di gioco: Sivori, Rivera, Mazzola, Riva, Haller, Burgnich e Amarildo scelgono la scarpa marchigiana. Anche Lev Jašin, leggendario portiere sovietico, affida alle Pantofola i suoi celebri piedi taglia 47. Negli anni Settanta la calzano, tra gli altri, Capello, Conti, Morini, Pruzzo, Spinosi e soprattutto Roberto Bettega, protagonista di una carriera straordinaria con sette scudetti. Negli anni Ottanta tocca a Falcão, Cerezo, Dirceu e Roger Milla. Negli anni Novanta e Duemila, Pantofola d’Oro accompagna le vittorie di Roberto Mancini e si rilancia come simbolo di un calcio che non vuole dimenticare la propria anima: passione, qualità artigianale, attenzione ai materiali e rispetto per la tradizione. Pantofola d’Oro non è semplicemente un marchio di scarpe sportive. È una storia italiana che parte dalle Marche e arriva nel mondo, portando con sé i valori di un territorio che sa trasformare l’artigianato in arte. In un’epoca in cui l’industria punta tutto sulla produzione di massa, Pantofola d’Oro sceglie la via dell’eccellenza, quella che nasce tra le mani esperte dei maestri calzolai ascolani, nel segno di una tradizione che continua a brillare come l’oro del suo nome. Un nome che, ancora oggi, racconta il calcio di ieri, vive quello di oggi e sogna quello di domani.

Carnevali, una stagione da numero uno con il record di clean sheet: "Il Casette Verdini vuole i playoff"
Nel Girone B di Promozione, il Casette Verdini si è imposto con un importante 2-1 contro il Trodica, dando una spinta decisiva alla sua corsa verso i playoff. A dominare la scena è stato il portiere amaranto Gioele Carnevali, che con le sue parate decisive ha consentito alla squadra di Mister Lattanzi di mantenere vive le speranze di qualificazione. Un risultato che non solo ha inflitto la prima sconfitta del girone di ritorno al Trodica, ma ha anche permesso al Casette Verdini di giocarsi l'accesso alla fase finale del campionato nell'ultima partita della stagione contro il Porto Sant'Elpidio. La squadra del presidente Pasquali, infatti, deve vincere per agganciare in classifica gli adriatici, e in caso di parità, il Casette Verdini avrebbe il vantaggio degli scontri diretti, avendo vinto 1-0 all'andata. "Una vittoria fondamentale che ci permette di arrivare all'ultima partita con la possibilità di decidere il nostro destino senza dover dipendere dai risultati degli altri", ha dichiarato Carnevali. Il portiere non nasconde la consapevolezza che l'ultima gara sarà una vera "finale", ma la sua squadra è pronta a dare tutto. "Sarà un playoff anticipato, ma la mentalità è quella di affrontarlo come qualsiasi altra partita, senza pressioni. Abbiamo tanto da guadagnare e nulla da perdere". Il match contro il Trodica è stato difficile e sofferto. Nonostante le numerose defezioni nel corso della stagione, il Casette Verdini è riuscito a strappare i tre punti contro una squadra che, nel secondo tempo, ha schierato i suoi migliori giocatori per cercare di ribaltare il risultato. "Abbiamo giocato contro una squadra fortissima. La vittoria è stata sofferta ma ci dà la carica giusta per affrontare le prossime settimane, anche grazie alla pausa che ci permetterà di recuperare energie e giocatori infortunati", ha spiegato Carnevali. Arrivato in estate a vestire la maglia amaranto, il portiere classe '90 ha portato con sè tutta la sua esperienza e carisma all’interno di un gruppo da cui Mister Lattanzi ha saputo tirare fuori il meglio. "Sono entrato in un gruppo già amalgamato, mettendomi a disposizione della squadra. Si è creato questo bel gruppo, fatto prima di uomini che di calciatori, che ha fatto la differenza, già nel fantastico girone di andata che avevamo fatto. Si dice sempre che il gruppo è l’arma in più, nel nostro caso ci ha portato almeno 10-15 punti in più rispetto a quello che poteva essere. Stiamo molto bene insieme e ci farebbe piacere terminare la stagione il più tardi possibile”. In una stagione da protagonista, Carnevali ha anche raggiunto traguardi personali significativi. Ha giocato ogni minuto del campionato, un dato che lo rende unico nel suo girone, e ha mantenuto la porta inviolata per ben 13 volte, stabilendo il record di clean sheet. La sua solidità tra i pali ha contribuito a rendere il Casette Verdini la miglior difesa del campionato, con soli 23 gol subiti in 29 partite. "Non so se questa è stata la mia stagione migliore a livello personale. A inzio stagione il mio obiettivo era quello di stare bene fisicamente. Aver giocato ogni minuto e aver aiutato la squadra a ottenere punti è sicuramente motivo di grande soddisfazione". Carnevali ha difeso per ben 6 stagioni la porta del Chiesanuova, che domenica ha conquistato l'accesso ai playoff di Eccellenza. "Mi sento spesso con i miei ex compagni e dirigenti. Se l’anno scorso arrivare ai playoff era stato un miracolo, quest’anno lo è stato ancora di più, considerando i tanti cambiamenti in squadra. Sarò sicuramente a fare il tifo per loro ai playoff", ha commentato Carnevali. E se anche il Casette Verdini dovesse raggiungere l'obiettivo playoff? "Magari. Adesso quello che serve è recuperare energie. Però se riuscissimo ad andare avanti entrambe a livello personale sarebbe una soddisfazione enorme". Il Casette Verdini è pronto a giocarsi l’ultimo atto della stagione. La sfida contro il Porto Sant'Elpidio, infatti, non rappresenta solo l'ultima opportunità per centrare i playoff, ma anche la possibilità di coronare un'annata che, a inizio stagione, sembrava destinata a un obiettivo molto più modesto: la salvezza. Ora, grazie alla forza del gruppo e alla sicurezza di Carnevali fra i pali, il sogno playoff è più vivo che mai.