Vendita itinerante degli alimenti: il cattivo stato di conservazione può portare alla condanna dell’ambulante
Torna, come ogni domenica, la rubrica curata dall’avv. Oberdan Pantana, “Chiedilo all’avvocato”.
In questa settimana, le numerose mail arrivate hanno interessato tematiche riferibili alla vendita di prodotti alimentari; nello specifico, una lettrice di Morrovalle ha posto il seguente quesito: a quali responsabilità può andare incontro quel venditore ambulante che, all’interno del suo furgoncino, mette in commercio frutta e verdura o altri alimenti lungo una pubblica via, esponendole così, purtroppo, anche ai gas di scarico delle autovetture?
Il caso di specie ci offre la possibilità di far chiarezza riguardo ad una tematica attuale e piuttosto frequente, ossia la salubrità dei prodotti alimentari messi in commercio; difatti, colui che esercita l’attività di “commercio in forma itinerante” è tenuto sia a garantire la tracciabilità della filiera e, dunque, la provenienza dei generi alimentari venduti, sia a rispettare le medesime regole igienico-sanitarie e merceologiche previste per tutti i commercianti.
Capita di frequente, però, che determinati alimenti, prima di essere venduti, vengano esposti per ore lungo strade trafficate, senza le apposite cautele igieniche e precauzioni, venendo dunque a contatto con lo smog o altri agenti, alterandosi, così, la loro freschezza e genuinità.
Rispetto a tale tematica si è espressa la Corte di Cassazione, con una recente sentenza, la n. 45274/2018, affermando la responsabilità di un venditore ambulante che risultava aver violato lo specifico obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari, così come stabilito ex art. 5, lett. B), L. 283/1962; tale disposizione, infatti, sancisce espressamente che, “È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione”, e, peraltro, chiunque risulta aver posto in essere tale condotta rischia di esser punito con la reclusione fino ad un anno, o con l’ammenda da € 309,00 a € 30.987,00.
Nello specifico, la Suprema Corte è stata adita in riferimento proprio alla vicenda di un commerciante ambulante, il quale aveva detenuto, a fini di vendita, un ampio quantitativo di alimenti, senza predisporre alcuna protezione ed esponendolo così, lungo la pubblica via, a tutti gli agenti atmosferici e batteri in grado di alterarne le proprietà; a tal proposito, la Corte di Cassazione ha dunque stabilito quanto segue: “il cattivo stato di conservazione di cui all’art. 5 lett. b riguarda quelle situazioni in cui le sostanze alimentari, pur potendo essere ancora perfettamente genuine e sane, si presentano mal conservate e cioè preparate o confezionate o messe in vendita senza l’osservanza di quelle prescrizioni di leggi, regolamenti o atti amministrativi generali che sono dettate a garanzia della buona conservazione al fine di prevenire il pericolo di una loro precoce degradazione, contaminazione o comunque alterazione (scatolame bombato, arrugginito, involucri forati, intaccati, unti, bagnati, esposizione prolungata ai raggi solari di vino e olio, latte lasciato a temperature inadeguate, alimenti collocati in prossimità di insetti e simili). Dunque, ai fini dell’integrazione della contravvenzione in esame si deve ritenere sufficiente l’inosservanza delle prescrizioni igienico sanitarie volte a garantire la buona conservazione del prodotto.” (Cass. Pen., 09.10.2018, n. 45274).
Pertanto, nell’analizzare le ripercussioni giuridiche di simili condotte da parte di venditori ambulanti posizionati in aree di parcheggio, lungo le vie cittadine o a ridosso addirittura di strade urbane o extraurbane per la vendita dei più svariati alimenti come frutta e verdura, pane, prodotti ittici, salumi e formaggi, ecc., risulta opportuno rammentare come la disposizione ex art. 5, lett. B) L. n. 283/1962 è volta ad assicurare che il prodotto esposto giunga al consumo con le opportune garanzie igieniche; difatti, lo stato di cattiva conservazione riguarda quelle situazioni in cui le sostanze alimentari, pur potendo essere ancora genuine e sane, si presentano mal conservate, e cioè preparate, confezionate o messe in vendita senza l’osservanza delle prescrizioni dirette a prevenire il pericolo di una loro precoce degradazione o contaminazione.
Ciò significa che a inchiodare il commerciante è «l’inosservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie volte a garantire la buona conservazione» dell’alimento, a prescindere dalla sua «genuinità»(Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 45274/18; depositata il 9 ottobre).
Nel consigliare, dunque, di porre particolare attenzione alle condizioni in cui si presentano i prodotti che si intendono acquistare, rimango in attesa come sempre delle vostre richieste via mail, dandovi appuntamento alla prossima settimana.
Avv. Oberdan Pantana
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