Terremoto a L'Aquila, dieci anni dopo: il ricordo del Funzionario dei Vigili del Fuoco di Macerata Iammarino e del reporter Picchio
Erano le 3:32 del 6 aprile del 2009. Una scossa di magnitudo 5.9 colpisce L'Aquila e causa la morte di 309 persone. A distanza di dieci anni, abbiamo deciso di ripercorrere i momenti successivi alla scossa insieme al Funzionario dei Vigili del Fuoco di Macerata Carlo Iammarino, inviato sul luogo della tragedia nelle ore successive, insieme ai suoi uomini, per recuperare i tantissimi dispersi che si contavano. Attraverso le parole di una sua memoria e il reportage fotografico di Guido Picchio, sempre al fianco dei Vigili del Fuoco di Macerata nei primi momenti delle ricerche dei dispersi, anche noi abbiamo deciso di ricordare le 309 vite spezzate nella notte del 6 aprile 2009. Il reporter Guido Picchio, fotografando i luoghi del sisma in compagnia della Guardia di Finanza, ha anche realizzato un libro fotografico per le Fiamme Gialle.
“Il sei aprile scorso (6 aprile 2009, ndr,) ero Funzionario di Guardia a subito dopo la scossa ho telefonato al Comando per avere notizie. Sembrava tutto tranquillo, ‘per adesso nessuna richiesta e nessuna allerta’, pure il televideo non dava nessun allarme. A quasi trenta minuti un nuovo contatto con la Sede e qua siamo già in allerta per l’invio di una sezione operativa a L’Aquila per danni da crollo con probabile coinvolgimento di persone. Si conoscevano l’epicentro e la magnitudo, di certo la nostra Provincia non aveva riportato danni, tantomeno una eccessiva allerta. Era ancora buio, mi sono recato in Sede e, lungo la strada, ricordavo lo stesso episodio vissuto nel 1997, anche lì di Guardia e anche lì andavo in servizio al buio. Ero convinto di trovare una situazione simile a quella, dunque, non sentivo preoccupazione se non quella minima dovuta all’organizzazione del servizio senza nove unità già partite per L’Aquila. Fatti gli avvisi di rito, organizzato con il Capo Sezione il servizio, le notizie giungono a rilento ma si inizia a percepire il sentore di un grave danno alla Città con persone coinvolte. È giorno da un po’, noi Funzionari siamo tutti in sede, giunge preallarme della Direzione Regionale per la seconda Sezione Operativa (altre 9 unità con dotazione logistica) con Funzionario. Breve riunione tra noi: la seconda Sezione Operativa e il Funzionario devono raggiungere L’Aquila.”
“Siamo in macchina io e l’autista, sono ottimista e non penso sia una cosa tanto grave. Cerco di avere notizie dalla Prima Sezione Operativa che è già a L’Aquila. Loro sono ancora al Comando e si stanno recando su un intervento. Non mi dicono molto. ‘È una cosa grave, le facciamo sapere’. Da Teramo verso Roma il traffico è nullo. Alle porte dell’Autostrada la Polizia lascia passare solo i Vigili del Fuoco. Più avanti, al casello, ci avvisano ‘attenzione ai viadotti, ci sono gradini alti 20 cm’. Proseguiamo, oltrepassiamo il viadotto prima della Città: sono in corso verifiche da parte dei tecnici dell’Autostrada.”
“A L’Aquila non ero mai stato prima. Oltrepassiamo il blocco delle forze dell’ordine e andiamo verso il Comando. L’unico traffico era di colore rosso e l’unico suono quello delle sirene. Lungo il percorso un servizio d’ordine che ci agevolava il passaggio. L’Aquila appare una Città smarrita, lungo le vie cumuli di macerie, case sventrate, polvere di calcinacci ovunque. Presso la sede dei Vigili del Fuoco c’è un imponente schieramento di pompieri e di mezzi, sede anch’essa interessata da fessurazioni rilevanti. Vengo ricevuto dal collega Funzionario, cercavo intanto di farmi un’idea… L’ufficio comunicava con la sala operativa, dunque il collega viene avvisato della grave situazione di via Don Luigi Sturzo, dove si contavano molti dispersi. Gli diceva: ‘i colleghi che stanno là non ce la fanno più’. Ecco il mio incarico: ‘recati in via Don Luidi Sturzo e organizza l’intervento’.”
“Via Sturzo è una via chiusa, in prossimità di Porta Napoli e della Villa Comunale. La troviamo presto, il navigatore ci ha aiutato molto. Passiamo davanti alla sede della Polizia, c’è l’Onorevole Maroni. Si sposa da una parte e ci lascia passare. Via Sturzo è colma di macerie che sotterrano autovetture in sosta. Le palazzine interessate sono le ultime due e mentre scendiamo lungo la via una persona che risale mi dice: ‘non ce la fanno più, è da stanotte che stanno lì’.”
“Due edifici di tre piani, il tetto e meno di due metri da terra. Ci sono quattro pompieri. È il turno B del Distaccamento di Sulmona. Uno di loro è in canottiera, ha tolto tutto. Ha le labbra bruciate, tutti sono ricoperti di polvere e hanno i guanti massacrati. Lì vicino a loro ci sono due corpi, si intravedono le gambe e hanno il corpo bloccato dal sottotetto. ‘Non si riescono a tirare fuori, l’escavatore è troppo piccolo per sollevare la trave’. È bastato scavare sotto i corpi e li abbiamo liberati. Da questo ho capito cosa vuol significare trovarsi nel pieno di una catastrofe: il facile diventa difficile.”
“Nell’aria c’è un odore strano, non tanto sgradevole ma insolito, mai sentito prima, difficile da descrivere. C’era gente, gente comune che cercava di farmi capire chi aveva lì sotto. C’era bisogno di più uomini, molti di più. Quei quattro dovevano riposarsi. Bisognava organizzare, organizzare tutto. Erano credo le dieci del mattino. La prima sezione Operativa di Macerata, dopo cinque minuti, era con me. Il contatto con il Comando de L’Aquila è stato forte e dopo qualche ora lì sono giunte le Sezioni Operative di Terni, Livorno e Massa Carrara con un secondo escavatore di una ditta privata.”
“Si stimavano 50 corpi sotto. L’area operativa era scomoda, stretta e sotto un muraglione alto sei metri, non si riusciva ad accantonare le macerie che subito bisognava rimuoverle. Ho transennato l’area di lavoro con il nastro bianco e rosso. I parenti stavano lì, assistiti da altre componenti in divisa. La gestione era la mia e dei Ragazzi del mio Comando, nessuno si è tirato indietro e nessuno ha discusso. Il sisma si faceva sentire ogni tanto. Il muro sopra la strada lo tenevamo d’occhio. Dopo qualche ore sono giunte le Sezioni Operative di Mantova, Milano e Cremona per un totale di 60 Vigili del Fuoco. Un signore mi ha disegnato su un foglio la piantina dei fabbricati, con le varie presenze. Lui aveva la madre là sotto. L’abbiamo estratta il giorno dopo. Il bilancio delle vittime è stato forte. 26 corpi. Nessuno vivo. 30 ore di impegno continuo ininterrotto. Tra i Vigli ho sentito spesso dire ‘chi salva una vita salva il mondo intero’. Ecco cosa io mi aspettavo e tutti ci aspettavamo. Nessuno vivo e questo non è stato bello.”
“Ho organizzato delle squadre con dei responsabili, individuando delle aree operative. Ho fatto ruotare il personale facendolo riposare. Nessuno ha chiesto nulla e tutti hanno evitato il riposo. Ci si capiva con gli sguardi. Massima la collaborazione con le Forestali e la Guardia di Finanza, che hanno gestito il contorno con professionalità e ci hanno lasciato lavorare senza alcun problema.”
“Mi porto ancora addosso la forza con cui mi stringevano i genitori e gli amici di ragazzi universitari che stavano lì sotto. Mi porto ancora il sapore di una caramella che mi è stata offerta dopo tanto che non mangiavo, da un ragazzo che aveva la mamma lì sotto. La compostezza e gli apprezzamenti che queste persone ci hanno manifestato. I ‘grazie’ per un nulla, solo per aver trovato un corpo. Questa è roba che non si dimentica, come non si dimentica un inviato di giornale che si è allontanato ed è scoppiato in un pianto interminabile.”
“Non mi sono mai sentito solo. I colleghi del Comando, gli amici che mi sapevano là… solo poche parole ‘buon lavoro’. Ricordo la comunicazione da parte della Direzione Regionale Marche per una riunione da tenersi in serata ai Vigili del Fuoco de L’Aquila e RICORDO la telefonata che mi ha fatto il Direttore che mi ha detto ‘non c’è bisogno che ci vai, ci ho pensato io. Resta là dove sei’. È stato forte questo messaggio. Molto forte.”
“Accantonavamo quello che trovavamo sotto i calcinacci sotto al muro. Di tutto. Album fotografici, zainetti di scuola, racchette da tennis. Tutto quello che poteva essere un ricordo per qualcuno. L’altra parte del Comando di Macerata, la Seconda Sezione Operativa, è giunta a L’Aquila poco dopo il nostro arrivo: destinazione il campo sportivo della Scuola della Guardia di Finanza di Coppito. Il campo sportivo era vuoto. La nostra cucina da campo è stato il primo insediamento e da questo è nato il campo base Vigili del Fuoco di Coppito. Non poche sono state le difficoltà, tutte affrontate e risolte dai nove Vigili del Fuoco addetti alla logistica. Le difficoltà si sono risolte con forza e impegno e non mi è stato conferito, anche se dovuto, nessun onere.”
“A intervento concluso, quando nessuno più reclamava scomparsi lì sotto, l’area è stata delimitata con nastro segnaletico e interdetto l’accesso. La Polizia si faceva carico del materiale di valore reperito. Riparto poco prima di sera e mi dava fastidio il silenzio interno della macchina. Avevo in testa tutti i rumori del lavoro, con tanto di elicotteri, il cui rumore ci ha accompagnato sempre. Il corso principale era una corsia preferenziale di emergenza: solo ambulanze e Vigili del Fuoco. Passiamo davanti alla casa dello studente, illuminata a giorno, con telecamere fisse e Bruno Vespa che conduceva una trasmissione, credo in diretta, e tanti elmi argento, veramente tanti. Dove siamo stato noi le telecamere non sono venute, tantomeno quella via è stata mai menzionata nei telegiornali. Eppure è stata la via che ha fatto più morti. La cronaca locale di Macerata ha seguito il nostro operato e ha scritto tanto belle cose su di noi.”
“Siamo a Coppito, il campo Marche è in allestimento, ci laviamo nella palestra della Guardia di Finanza, si mangia anche e si ha una tenda riscaldata dove riposare. Brandine e sacco a pelo. All’una di notte il gruppo elettrogeno si spegne perché ci sono dei problemi e il combustibile non arriva. La temperatura nella tenda dopo pochi minuti scende intorno ai 2/3 gradi. Quella notte il freddo è stato davvero tanto, mai così tanto in vita mia.”
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