Marche, Acquaroli e la parità di genere. “Quote rosa? Anche meno”
Il 23 settembre 2020 Francesco Acquaroli vinceva le elezioni sottraendo la Regione Marche agli ultimi cinquant’anni di governo di centrosinistra. Il tempo di annunciare i membri ufficiali che avrebbero composto la nuova giunta e, nell’arco di poche settimane, dai reparti dell’opposizione scattò il ricorso al Tar. Il motivo? Sei uomini alla guida di Palazzo Raffaello e solamente una donna: Giorgia Latini.
Un anno il tempo trascorso per la decisione dei giudici amministrativi motivata dalla sentenza 557 del 23 giugno 2021: “La presenza di una sola donna è sufficiente a garantire la rappresentanza di entrambi i sessi all’interno della giunta regionale” (Statuto della Regione Marche, art. 3 comma 2. e art. 7, comma 2). Tutto regolare, quindi.
A distanza di otto mesi, l’opposizione è tornata alla carica con un nuovo ricorso firmato da 62 esponenti, tra cui la consigliera uscente Paola Maria Petrucci, la consigliera regionale Pd Manuela Bora, il candidato governatore di Dipende da Noi, Roberto Mancini e l’ex magistrato e presidente regionale Vito D’Ambrosio. Con una pronuncia rimandata direttamente al Consiglio di Stato.
La richiesta: annullare i decreti regionali che regolano la nomina degli assessori e attribuiscono le varie deleghe. Le ragioni dei ricorrenti vanno ricercate in quella che, da parte della giunta Acquaroli, risulta essere un’aperta violazione di tutta la normativa italiana ed europea in materia di parità di genere.
I riferimenti di Petrucci e colleghi rimandano alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, al Preambolo Dichiarazione dei diritti umani ONU, alla Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne adottata delle Nazioni Unite del 1979, al Trattato dell’Unione Europea fino alla Costituzione Italiana.
Una serie di norme che per loro natura dovrebbero garantire, se non la parità di genere assoluta, “una presenza femminile più equilibrata con almeno due componenti all'interno dell'amministrazione regionale". Nulla che però, a livello giurisprudenziale, possa di fatto vincolare le scelte operate in materia dal presidente Acquaroli.
Il presidente della Regione Marche, in merito alla tematica quote rosa, è fin qui apparso diviso tra apparente progessismo in salsa berlusconiana e una concezione della figura femminile strettamente adiacente a un concezione da Ancien Regime.
Commenti