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"Il mio allevamento trote è in ginocchio, da oltre un anno non vendo nulla": l'allarme parte da Ussita

"Il mio allevamento trote è in ginocchio, da oltre un anno non vendo nulla": l'allarme parte da Ussita

Questa è una storia di resilienza, in un territorio martoriato dal sisma come quello tra Ussita e Visso, che ora deve fare i conti anche con la scure della burocrazia.

È il caso di Mariano Cappa, romano di origine ma vissano di adozione, titolare di un’azienda agricola che alleva trote fario. Il 38enne ha ristrutturato le storiche peschiere del cardinale Pietro Gasparri a Capovallazza di Ussita, e dopo aver resistito a due eventi epocali (terremoto e pandemia), si trova ora a dover affrontare il divieto di vendere le fario per il ripopolamento dei fiumi, con la Regione che non ha concesso deroghe.

Ogni anno con la Fipsas (Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee) aveva l’accordo di vendere le trote fario alla Regione per essere poi immesse nei fiumi, ma a causa della normativa europea in materia, da un anno non riesce a vendere più nulla, nonostante le trote vivano in un allevamento non intensivo in acqua di sorgente, classificato indenne dalle autorità competenti. Le trote di Mariano sono state, altresì, certificate dai maggiori ittologi italiani come ascrivibili al genoma mediterraneo autoctono per l’81% e con un grado di ibridazione piuttosto basso. 

Un altro pezzetto di economia montana che salta, quello legato alla piccola pesca sportiva, con aziende di allevamento ittico che assicurano la presenza sul territorio di giovani e la salvaguardia dell’ambiente, in quanto le trote sono pesci che vivono in zone dove l’acqua è pulita.

L’iter legislativo in materia è molto tortuoso e non coinvolge solo l’allevamento di Mariano Cappa, ma molte altre attività collegate alla pesca sportiva.

Lo Stato italiano, infatti, recependo in modo restrittivo la Direttiva Habitat con il Dpr n. 357/1997 “Regolamento recante l’attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”, ha decretato lo stop alle immissioni di salmonidi alloctoni, tra cui, appunto, la trota fario, nelle acque interne italiane. Una scelta giudicata dalla Fipsas dannosa per il settore della pesca sportiva e di conseguenza anche del turismo già piegato dalla pandemia.

Ma da cosa nasce questa direttiva europea?  Sembrerebbe che l’immissione di trote fario nei fiumi, abbia prodotto alterazioni delle comunità ittiche locali, danneggiando specialmente quelle di piccola taglia.

Dopo l’apertura, però, di una serie di contenziosi tra Stato e Regioni, titolari delle funzioni legislative e amministrative circa la gestione della pesca nelle acque interne, e le conseguenti sentenze della Corte Costituzionale che hanno sancito come la tutela dell’ambiente rientri tra le esclusive competenze dello Stato, e a conclusione di un intricato percorso politico-amministrativo, il regolamento di attuazione della Direttiva Habitat è stato modificato.

Infatti, l’articolo 12, che sanciva l’assoluto divieto di immissione di specie alloctone, è stato sostituito dal Dpr n. 102 del 2019. In base al nuovo dettato normativo, l’immissione in natura delle specie e delle popolazioni non autoctone può essere autorizzata dal Ministero della Transizione ecologica, su istanza delle Regioni, delle Province autonome o degli Enti di gestione delle aree protette nazionali, per motivate ragioni di rilevante interesse pubblico, connesse a esigenze ambientali, economiche, sociali e culturali, e comunque in modo che non sia arrecato alcun pregiudizio agli habitat naturali e alla fauna selvatica. Con decreto attuativo (Decreto Direttoriale 2 aprile 2020), si è regolamentato il nuovo dettato dell’articolo 12 stabilendo i contenuti dello studio per le immissioni delle specie alloctone (studio del rischio) su cui il Ministero deve esprimersi. E proprio su tale possibilità, che la Provincia di Trento, ad esempio, insieme a due associazioni di pescatori trentine, hanno lavorato per poter chiedere la deroga.

La Regione Marche, dal canto suo, ha tentato di ovviare a questo problema - che rischiava di mettere in ginocchio molti addetti ai lavori del settore della pesca sportiva - con l’immissione delle trote iridee sterili (considerate non dannose per la sopravvivenza della trota autoctona Mediterranea) nei corsi d’acqua dolce regionali.

Tale decisione – che ha ottenuto l’autorizzazione del Ministero della Transizione Ecologica e fa parte di un progetto pilota fortemente caldeggiato dall'assessore Carloni – non ha però risolto situazioni come quella di Mariano Cappa e altri addetti del settore.

Come ci spiega infatti uno dei gestori (con partecipazione regionale) della riserva naturale Fly Fisherman Club Tronto di Ascoli Piceno – “lo stop all’immissione di trote fario, e specie alloctone nei corsi d’acqua dolce, ha fiaccato un intero settore, quello della pesca sportiva, andato già in crisi nel corso degli ultimi anni”.

“L’immissione di trote iridee nei fiumi regionali – prosegue - probabilmente farà felice qualche pescatore, ma non risolve la situazione dove numerose aziende del settore e allevatori sono stati costretti a chiudere.

Il fermo tassativo all’immissione di specie alloctone poteva anche essere fatto, ma in maniera graduale e non in modo così repentino. Si è guardato troppo all’aspetto scientifico e non a quello socio-economico.

È chiaro che compiuto in questo modo ha finito per sfiancare molti addetti ai lavori (come il caso di Mariano Cappa) che già avevano vissuto un momento di crisi a causa della pandemia. Ciò che deve essere compreso a livello nazionale, è che il settore della pesca è importante e rappresenta un indotto non indifferente. 

Inoltre, il settore della pesca sportiva non si limita al singolo pescatore - che svolge la sua attività per scopi ludici e poi se ne ritorna a casa - ma può essere trainante a livello turistico considerate poi tutte le attività ad esso collegate. Per fare un esempio, questo aspetto è stato recepito in Paesi come Austria e Slovenia, dove il settore della pesca sportiva è spesso determinante per il turismo, e non nel nostro. Con i vari provvedimenti assunti negli ultimi anni, stiamo tornando ad un vero e proprio Medioevo della pesca". 

(E.L.) 

 

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