E se sulla sanità si percorresse la strada del referendum abrogativo?
Se la politica è diventata quel luogo dove le decisioni si prendono di notte, all’improvviso, un motivo ci sarà. Il motivo vero è che chi è deputato a governare, quindi a prendere le decisioni ha paura. Prendete il decreto sulle banche: è stato scritto ed approvato di domenica sera, quasi di nascosto. Così come sono stati approvati gli atti amministrativi relativi alla chiusura dei punti nascita o al declassamento di ospedali, qui nelle Marche, il giorno della vigilia di Natale. Quelli che, ad un primo sommario giudizio, potrebbero sembrare quasi atti di intimidazione, sono in realtà un sintomo preoccupante di debolezza. Di mancanza di visione di insieme. Di senso di inadeguatezza ad affrontare la complessità delle sfide con cui devono necessariamente confrontarsi coloro che sono chiamati, in prima persona, ad amministrare. In una parola: la crisi del sistema politico.
Le risposte sono sotto gli occhi di tutti: inopportune, prive di progettualità e di orizzonti. Dettate più dalla contingenza, quindi miopi. Sono dunque risposte arroganti. Talvolta odiose, perché si capisce da lontano che sono frutto di contrattazioni segrete, perché veicolano indicibili scambi sottobanco. Il tutto, specialmente quelle in materia di sanità, operate sulla pelle viva degli abitanti. Delle persone. Soprattutto di quelle deboli e meno difese. Se dunque la politica ufficiale ha colpevolmente dimenticato la sua missione, spetta ad altri prendere in mano la situazione. Per esempio: in un passaggio del messaggio di fine anno agli italiani, il presidente Mattarella ha salutato con soddisfazione la costituzione e la vitalità di molti comitati, in particolare, a difesa dei territori montani. Personalmente, in linea di massima, sono convinto che esaltare il particolarismo sia profondamente sbagliato. Tuttavia vi sono delle situazioni in cui la cecità e la sordità delle istituzioni richiedano una risposta forte, chiara e motivata. Quello dalla sanità regionale è sicuramente uno di questi casi. Ritengo, poi che oltre alle manifestazioni in piazza ed i sit-in sotto il Palazzo, le leggi attribuiscano anche dei poteri a questi comitati. Uno di questi è il referendum abrogativo. Nella regione Marche esso è previsto quando ne facciano richiesta almeno ventimila elettori. Oppure, per esempio, venti consigli comunali. Possono essere sottoposti a referendum non solo le leggi (o parte di esse), ma anche atti amministrativi di valenza regionale. Credo che questa sia la strada da imboccare per arrestare, almeno temporaneamente, il presidente Ceriscioli. Il quale con profonda incapacità, ma somma protervia sta gestendo, in solitaria autonomia, questa delicatissima situazione. Mi meraviglio e non poco, che il Movimento Cinque Stelle, che ha fatto della democrazia diretta un suo cavallo di battaglia, non ci abbia ancora pensato. Ma forse è meglio così. E’ bene infatti evitare di strumentalizzare con inquinamenti politici questa situazione.
L’invito che faccio, dunque a questi comitati a difesa delle strutture ospedaliere oggi a rischio, è quella di farsi promotori, presso i propri consigli comunali, di questa opportunità. Chiamare a raccolta i marchigiani contro la riforma sanitaria targata Ceriscioli e batterlo sul campo.
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