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Dalla depressione all’attivismo sociale: storia di Giulia e di 'Univox'. “La rivoluzione parte dalla scuola”

Dalla depressione all’attivismo sociale: storia di Giulia e di 'Univox'. “La rivoluzione parte dalla scuola”

“Se soffri di depressione o d’ansia, vieni qui e abbracciami”. La prima volta è stato il 10 ottobre, Giornata mondiale della ‘salute mentale’. La seconda il 13 novembre, stavolta ‘della gentilezza’. Giulia si è fatta trovare fra il Corso e Piazza della Libertà in queste occasioni, cartello alla mano con la frase di cui sopra e abbracci gratis (‘free hugs’) da dispensare ai passanti del centro storico. Uno di questi me lo son voluto prendere anch’io, insieme a un bigliettino con messaggio motivazionale pescato dal cappello: ‘Non sei solo’ - Univox.

Rincorro Giulia tramite i social per qualche settimana, prima di chiederle di incontrarci e parlarmi di questa 'Univox - Scuola del cambiamento' di cui fa parte solo da pochi mesi. “Si tratta di un progetto - mi spiega - divenuto da poco una vera e propria associazione, che porta con sé l’ambizione di cambiare questa società. A partire dalla scuola”,il secondo contesto sociale nel quale veniamo catapultati in questa vita, dopo la famiglia. Nell’età bambina in cui tutto si assorbe a livello emotivo ed esperienziale, e quel tutto diventa più o meno conseguenza dell’adulto che saremo un domani.

Giulia oggi ha 24 anni, dal 2018 risiede nel centro storico di Macerata. Origini lucane, occhi azzurri che non puoi evitare. Studia scienze pedagogiche, vuole fare l’insegnante. Lavora part time in un bar per mantenersi affitto e svago. E ha il suo bel bagaglio di casini esistenziali da gestire. “Quando i miei si separarono - racconta - avevo tre anni. Vivevo anche la scuola in maniera negativa, pur essendo molto curiosa: avevo degli insegnanti disinteressati alle problematiche personali di noi bambini. Anzi, spesso avevano la tendenza a ridicolizzarci di fronte all'intera classe se eravamo stati assenti qualche giorno o non avevamo fatto correttamente qualcosa”.

Storie di ordinaria infanzia. Ma che per Giulia hanno fatto la differenza al punto da spingerla, dopo il diploma, a lasciare il suo paesino in provincia di Potenza (Basilicata) e trasferirsi nel Maceratese. Con lo step universitario, arrivano anche i periodi bui, insieme al dolore e alla fatica di doversi reinventare. “Ho vissuto momenti di forte depressione, ai quali cercavo di sfuggire il più possibile con ogni mezzo a disposizione: non nascondo di aver avuto propositi autodistruttivi. Non sapevo più chi ero, perché esistevo, cosa avesse davvero importanza per me. Mi sentivo sola. Il supporto di mia madre, di mio fratello maggiore, dei miei amici mi ha aiutato a riprendere ossigeno e fare qualcosa di concreto per me stessa”.

Giulia decide quindi di intraprendere, circa un anno e mezzo fa, un percorso di psicoterapia: "per imparare ad accettarmi cosi come sono”, dice. Si guarda intorno, nel frattempo, e incontra persone, colleghi e studenti che sono storie come o più della sua: una comunità di giovani in cerca di realizzazione personale, non immune alla pressione di una società che continua a identificarli nel più dei casi come "quelli che non hanno voglia di far niente, fannulloni e bamboccioni".

"In un contesto storico così fluido e in continuo cambiamento come quello attuale - mi spiega - la scuola rimane ancora vergognosamente indietro. Io dico sempre che ‘in Italia siamo solo di facciata’: i risultati che otteniamo nel campo della ricerca ad esempio non li mettiamo mai al servizio di quelle istituzioni responsabili anche della salute mentale ed emotiva dell'intera società. Trovo scandaloso oggi persino la presenza di un Ministero dell’Istruzione e del Merito. Nelle scuole, nelle università e negli ambiti lavorativi non si fa che parlare di produzione, perfezione, di merito, senza guardare alle difficoltà, a quello che c’è dietro l’individuo".

E cosa c’entra 'Univox', che si propone di intervenire lì dove le istituzioni tardano o mancano del tutto? "Ho conosciuto l’attuale presidente Serena De Sandi - racconta G. - tramite un amico psicologo, mentre preparavo la mia tesi di laurea. Mi sono sentita subito accolta da questa comunità di persone appassionate, e accettata per ciò che ero e pensavo: fu una gioia! Una squadra composta da fondatori, collaboratori, esperti nel campo della pedagogia, della didattica, della psicologia etc., e volontari come me che lavorano per una corretta informazione e sensibilizzazione da portare nelle scuole".

Una sorta di movimento sociale, insomma, avviato ufficialmente il 3 aprile scorso in quel di Bari e presto diffusosi nel resto d’Italia, grazie ad iniziative come il ‘free hugs’ nei centri di Roma, Macerata o Milano, i reel e i post informativi di Instagram con al centro i temi caldi dell’attualità o specificamente giovanili (ansia, depressione, disagio sociale), un blog con articoli all’uopo, uno sportello di sostegno psicologico aperto a tutti sul sito web. E numerosi altri work in progress gestiti da remoto ma che rispondono ad un’ottima organizzazione tramite doodle, riunioni in streaming, eventi e comunicazioni via Telegram.

"Quello che vogliamo - sottolinea G. - è mettere in atto un vero cambiamento che parta dalla scuola. Gli ultimi due anni di pandemia ci hanno messo di fronte a una società come la nostra piena di rabbia e frustrazione, che oggi si rifugia nell’individualismo e nel disinteresse per il prossimo. Gli ‘abbracci gratuiti’ sono un gesto di gentilezza al quale molti hanno rinunciato; i ragazzi studenti e/o lavoratori non vengono supportati a dovere nel loro sviluppo emotivo e mentale".

“Prendersela con le droghe - aggiunge - o la movida in generale, o pronunciare ordinanze ai limiti del proibizionismo è sintomo di un sistema che non funziona: Macerata è un caso esemplare. Per questo bisogna andare oltre i tabù scoiali e impegnarsi collettivamente affinchè gli individui assumano maggiore consapevolezza di sé e degli altri. Anche se può appairire un’utopia, io ci credo davvero in questa rivoluzione: ecco perché per me 'Univox' è un progetto importante”.

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