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Pietre della Memoria ricorda il sacrificio del partigiano Abbamagal nella Resistenza settempedana

Pietre della Memoria ricorda il  sacrificio del partigiano Abbamagal nella Resistenza settempedana

Il sacrificio di Carlo Abbamagal, partigiano etiope componente del Battaglione Mario morto sul monte San Vicino nel 1943 mentre prendeva parte alla Resistenza settempedana per la libertà d’Italia e d’Europa rivive ancora.

A lui la Città di San Severino Marche, medaglia d’oro al merito civile, negli scorsi anni ha dedicato una lapide posta all’ingresso del cimitero civico di San Michele nell’area monumentale e storica. Ora il sito www.pietredellamemoria.it ne celebra le gesta con una scheda elaborata da Giovanni Carlucci con la collaborazione dell’Anpi, sezione “Cap. Salvatore Valerio”, e del ricercatore, storico e scrittore Matteo Petracci.

Abbabulgù Abbamagal, chiamato Carlo dai compagni partigiani, fu tra gli africani che fecero parte della Banda partigiana “Mario”. Egli cadde tra i primi il 24 novembre 1943. Nella Banda Mario, formata e guidata da Mario Depangher, viene ricordato nel sito dedicato al progetto Pietre della Memoria, coesistettero tante lingue e religioni e vi militarono sia uomini che donne. Vi furono inglesi, scozzesi, jugoslavi, sovietici, polacchi, boemi e una dozzina di eritrei, etiopi, somali.

Ci furono altri casi di partecipazione di africani alla Resistenza ma quelli della Banda Mario costituirono un caso unico perché si mossero in gruppo, uomini e donne, ascari e civili.

La storia dei partigiani africani della Banda Mario cominciò poco prima dell’ingresso dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Il governo fascista realizzò a Napoli una Mostra propagandistica dedicata ai Territori d’Oltremare. Nel villaggio coloniale furono ricostruiti gli habitat dei paesi conquistati con la presenza di sudditi coloniali figuranti.

Per questo dal corno d’Africa furono fatti arrivare una sessantina di etiopi, somali, eritrei e una cinquantina di agenti coloniali (ascari) incaricati di vigilare su di loro. Conclusa l’esibizione i figuranti avrebbero dovuto rientrare in Africa, ma il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra, la mostra fu sospesa e gli africani rimasero internati nel villaggio. Finchè l’8 aprile 1943 essi furono trasferiti a Treia, in provincia di Macerata, in un edificio nobiliare decadente: Villa Spada.

A differenza di quel che accadeva a Napoli, nelle Marche i 58 africani (e i 15 ascari) ebbero contatti con la gente del luogo. Dopo la caduta del fascismo e l’armistizio del 1943, il 5 ottobre tre etiopi fuggirono da Villa Spada per unirsi a un gruppo di partigiani e li aiutarono a impadronirsi delle armi presenti nella villa. Subito dopo altri africani si unirono al gruppo: in totale furono 12 compreso Carlo Abbamagal.

Il primo luglio 1944 la banda entrò a San Severino Marche, 24 ore prima dell’arrivo dei Polacchi. Il 26 luglio Villa Spada fu sgomberata e gli africani furono rimpatriati dagli alleati tra la fine del 1945 e la metà del 1946. I resti di Carletto Abbamagal sono presenti nel cimitero di San Severino Marche.

La vicenda dei partigiani africani della Banda Mario è stata ricostruita e raccontata dallo storico Matteo Petracci nel libro Partigiani d’Oltremare (Pacini Editore).

 

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