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È incostituzionale escludere i single dalle adozioni internazionali?

È incostituzionale escludere i single dalle adozioni internazionali?

Torna, come ogni domenica, la rubrica curata dall’avv. Oberdan Pantana, "Chiedilo all'Avvocato".  In questa settimana, le numerose mail arrivate hanno interessato principalmente la tematica assai attuale relativa alle adozioni ed in particolare al diritto dei single di realizzarle.

Di seguito la risposta dell’avv. Oberdan Pantana alla domanda posta da una nostra lettrice di Mogliano, che chiede: "È legittimo escludere i single dalle adozioni internazionali?"

Il caso di specie ci offre la possibilità di far chiarezza su una tematica estremamente attuale, risolta recentemente proprio dalla Corte Costituzionale, riguardo le disposizioni censurate dal Tribunale per i minorenni di Firenze quali gli artt. 29-bis, comma 1, e 30, comma 1, della legge n. 184 del 1983, che disciplinano l'avvio della procedura di adozione internazionale.

L'art. 29-bis, comma 1, prevede che «le persone residenti in Italia, che si trovano nelle condizioni prescritte dall'articolo 6 e che intendono adottare un minore straniero residente all'estero, presentano dichiarazione di disponibilità al tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro idoneità all'adozione».

In particolare, il citato art. 6 stabilisce, al comma 1, che «l'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto».

I successivi commi dell'art. 6 procedono poi a specificare il presupposto concernente il rapporto stabile e a indicare ulteriori requisiti relativi, in particolare, all'età degli adottanti, nonché all'idoneità affettiva e alla capacità di educare, istruire e mantenere i minori. Sempre l'art. 6 consente, infine, agli adottanti di effettuare più adozioni, anche con atti successivi, e regola le misure che possono essere disposte a sostegno di chi adotti minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell'art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

Ebbene, le censure del rimettente hanno mirato a rimuovere l'esclusione della persona singola dall'accesso al giudizio di idoneità a adottare finalizzato a conseguire il relativo decreto di idoneità che dà impulso alla procedura di adozione internazionale, e, pertanto, avverso al solo art. 29-bis, comma 1, della legge n. 184 del 1983.

Evidenziato, dunque, come lo stesso legislatore, pur a fronte di una scelta di fondo che non include nel perimetro dei potenziali adottanti di minori le persone singole, abbia riconosciuto la loro idoneità ad assicurare un ambiente stabile e armonioso, si deve, a questo punto, verificare se la loro esclusione dall'accesso all'adozione internazionale vìoli il diritto al rispetto della vita privata, come previsto dall'art. 8 CEDU, in coordinamento con l'art. 2 Cost., anche in considerazione del principio di solidarietà ivi sancito.

La disciplina censurata si riverbera sul diritto alla vita privata, inteso come libertà di autodeterminazione, che si declina, nel contesto in esame, quale interesse a poter realizzare la propria aspirazione alla genitorialità, rendendosi disponibile all'adozione di un minore straniero. Questo specifico interesse si coniuga, dunque, anche con una finalità di solidarietà sociale, in quanto rivolge le aspirazioni alla genitorialità a bambini o a ragazzi che già esistono e necessitano di protezione.

Se scopo dell'adozione internazionale è quello di accogliere in Italia minori stranieri abbandonati, residenti all'estero, assicurando loro un ambiente stabile e armonioso, l'insuperabile divieto per le persone singole di accedere a tale adozione non risponde a una esigenza sociale pressante e configura – nell'attuale contesto giuridico-sociale – una interferenza non necessaria in una società democratica.

Se, dunque, deve ritenersi che la persona singola è idonea a garantire al minore un ambiente stabile e armonioso, d'altro canto, l'esigenza, sottesa alla scelta del legislatore, di assicurare all'adottato «la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di entrambe le figure dei genitori» (sentenza n. 198 del 1986) non viene perseguita con un mezzo idoneo e proporzionato.

Come si è già in passato rilevato (sentenza n. 183 del 1994), si tratta di una istanza che può giustificare «una indicazione di preferenza per l'adozione da parte di una coppia di coniugi», ma che non supporta la scelta di convertire tale modello di famiglia in una aprioristica esclusione delle persone singole dalla platea degli adottanti.

In particolare, nel caso dell'adozione internazionale, allo Stato di accoglienza spetta solo il compito di regolare l'idoneità o meno a adottare, dopodiché l'abbinamento con il minore di chi ha ottenuto il decreto di idoneità è di competenza dello Stato d'origine del minore stesso. Pertanto, là dove la disciplina censurata crea nei confronti delle persone singole una barriera all'accesso all'adozione internazionale, essa determina un sacrificio dell'autodeterminazione orientata alla genitorialità, che – specie nell'attuale contesto giuridico-sociale – rischia di riverberarsi negativamente sulla stessa effettività del diritto del minore a essere accolto in un ambiente familiare stabile e armonioso.

Alla luce di tali considerazioni la Corte Costituzionale va a concludere che, la scelta operata dal legislatore con l'art. 29-bis, comma 1, della legge n. 184 del 1983 risulta non necessaria in una società democratica, in quanto non conforme al principio di proporzionalità, e determina la lesione della vita privata e dell'autodeterminazione orientata a una genitorialità ispirata al principio di solidarietà.

Pertanto, in risposta alla domanda posta dalla nostra lettrice, risulta corretto affermare che, "dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 29-bis, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui, facendo rinvio all'art. 6, non include le persone singole residenti in Italia fra coloro che possono presentare dichiarazione di disponibilità a adottare un minore straniero residente all'estero, rimane, dunque, ferma la sola applicabilità alla persona singola delle restanti previsioni di cui all'art. 6 della legge n. 184 del 1983. In particolare, l'adottante persona singola deve rispondere agli altri requisiti, non incompatibili con il suo stato libero, che attengono all'età e al suo 'essere affettivamente idoneo e capace di educare, istruire e mantenere i minori che intenda adottare'» (Corte Costituzionale sentenza 21.03.2025 n. 33).

 Rimango in attesa come sempre delle vostre richieste via mail, dandovi appuntamento alla prossima settimana.

             

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