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Da Treia un appello per il restauro del Pilibulus del Foro Italico di Roma

Da Treia un appello per il restauro del Pilibulus del Foro Italico di Roma

La statua del Pilibulus, ossia il giocatore del Pallone col Bracciale, collocata presso lo Stadio dei Marmi “Pietro Mennea” all’interno del Foro Italico di Roma risulta dannaeggiata: la statua presenta l’avambraccio destro con indosso il Bracciale staccato.

Da una vista dello staff dell’Accademia allo Stadio dei Marmi, con rammarico sono state notate le condizioni precarie di questo complesso monumentale: alcuni mosaici e statue di marmo sono logori o gravemente danneggiati.

In particolare la statua del Pilibulus presenta attualmente l’avambraccio destro – quello con indosso il “Bracciale”, l’attrezzo sportivo che identifica questo sport – completamente mancante.

In accordo con l’Amministrazione comunale treiese e con la collaborazione dell’Archeo “Luigi Lanzi” di Treia, è sembrato opportuno segnalare tale situazione, al fine di un eventuale restauro, all’Agenzia del Demanio e al CONI enti demandati alla conduzione del Foro Italico, coinvogendo contemporaneamente il Comune di Forlì, patria dello scultore Bernardino Boifava, vincitore del concorso per la realizzazione del Pilibulus negli anni della costruzione del complesso.

Il Foro Italico è un grande comprensorio sportivo ed educativo che costituisce una vera e propria città dello sport. Progettato dall’Arch. Del Debbio su commissione dell'Opera Nazionale Balilla, istituita due anni prima dal regime fascista "per l'assistenza e l'educazione fisica e morale della gioventù", il 5 febbraio 1928 si tenne solennemente la cerimonia della posa della prima pietra dell'Accademia di Educazione Fisica.

Lo Stadio dei Marmi è circondato da sessanta colossali statue, tutte della stessa altezza, che rappresentano atleti di differenti discipline ginniche in schemi di forte similitudine che richiamano comunque atteggiamenti bellici, ciascuna offerta da una provincia, così da costituire una specie di museo all'aperto della scultura italiana del primo novecento. Le direttive erano che le statue fossero commissionate e realizzate da giovani e quasi sconosciuti scultori italiani. Questo per dare l’opportunità di mostrare il loro talento e poter diventare famosi.

Per la Provincia di Macerata, nel 1929, venne chiamato a partecipare al bando di concorso per la realizzazione delle statue di coronamento dello Stadio dei Marmi lo scultore maceratese Giuseppe De Angelis (Macerata, 3 settembre 1883 – 6 dicembre 1958): gli artisti dovevano presentare per ogni statua un modello alto circa due metri, pronto per essere tradotto in marmo di Carrara nei modelli definitivi. Nello specifico l’opera avrebbe rappresentato la provincia maceratese raffigurando proprio il giocatore di bracciale.

Il De Angelis realizzò il modello in gesso della statua: la commissione giudicatrice presieduta dall’architetto Cesare Bazzani ritenne che tale modello della Provincia di Macerata era idoneo ad essere presentato alla commissione centrale. Purtroppo la fede socialista del De Angelis non gli rese la vita facile durante il ventennio: la sua opera venne scartata mentre a rappresentare Macerata fu scelta una statua di atleta intento nel lancio del martello.

A rappresentare il giocatore di pallone col bracciale fu preferito il modello della statua realizzato dallo scultore forlivese Bernardino Boifava (Ghedi, 23 maggio 1888 – Forlì, 15 dicembre 1953) per conto della Provincia di Forlì. L’idea del Boifava fu giudicata idonea per essere tradotta nell’opera finale in marmo di Carrara da parte del perugino Aroldo Bellini (Perugia, 1902 – Roma, 14 ottobre 1984), autore di 13 delle 64 statue attualmente presenti allo Stadio.

La segnalazione è motivata dal fatto che la Città di Treia è da sempre legata a questo antico sport, scritto e decantato da diversi uomini di cultura italiani: da Messer Antonio Scaino da Salò nel suo “Trattato del giuoco della palla” pubblicato a Venezia nel 1555 – un volumetto raro e considerato un testo generativo di altri scritti normativi del genere – al celebre “Gli azzurri e i rossi” di Edmondo De Amicis, pubblicato a Torino nell’anno 1897, nonché di altri autori del XX secolo.

Il Gioco del Pallone col Bracciale, cominciò ad affermarsi in Italia già a partire dal XVI secolo. Per quattro secoli è stato il protagonista indiscusso degli sport sferistici in Italia: una componente sportiva che ha contribuito a far crescere e unificare, nel periodo risorgimentale, la nuova nazione italiana. In questo secolo furono costruiti appositi impianti di gioco, detti sferisteri, che potevano ospitare migliaia di persone.

Numerosi sono stati i campioni professionisti e i personaggi importanti che hanno contribuito a creare nell’immaginario collettivo il mito di questo antico gioco, scrivendo memorabili pagine di sport e di letteratura: la Città di Treia ricorda in particolare il concittadino Carlo Didimi, uno dei più grandi giocatori di Pallone col Bracciale della storia, a cui lo stesso Giacomo Leopardi dedicò l’ode “A un vincitore nel pallone”.

La Città treiese ancora oggi organizza un’importate rievocazione storica legata al Pallone col Bracciale e soprattutto ha ripristinato la pratica di questo sport tradizionale costituendo un ricco vivaio di atleti che coinvolge numerosi e valenti giovani, anche di sesso femminile. Negli ultimi anni è stata altresì riattivata la competizione con il ripristino dei campionati nazionali.

 

Pertanto la statua del Pilibulus rappresenta una celebrazione non solo a gloria di un antico sport storico, ma soprattutto un simbolo di identità sia per la nazione che per la Città.

 

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