Bersani: "Abbiamo fatto cose disdicevoli". Destra e sinistra le due ali dell'aquila turbocapitalistica
In una recentissima intervista apparsa sulle colonne de "Il manifesto", lo storico esponente della sinistra liberalprogressista Pier Luigi Bersani - già fautore a suo tempo delle liberalizzazioni coatte - svolge una considerazione programmatica, che ci pare degna di essere commentata pur celermente: "Abbiamo fatto cose disdicevoli, ma ora ripartiamo".
Queste le parole dell'esponente della sinistrash fucsia liberalprogressista Bersani. Parole severe, non c’è dubbio. A dire il vero, la frase, se letta in trasparenza, suona quasi come una minaccia, che così può essere intesa: abbiamo fatto cose disdicevoli e ora siamo pronti a farne anche di peggiori.
Nel tempo dell'alternanza senza alternativa e dell'omogeneità bipolare di una destra e di una sinistra che figurano come le due braccia del partito unico fintamente articolato del capitale, non dobbiamo dimenticare che la dominazione capitalistica, almeno dagli anni '90 ad oggi, è avvenuta ugualmente grazie alla destra e alla sinistra, in competizione tra loro per andare a prendere con zelo gli ordini dalla classe dominante transnazionale.
Sì, destra e sinistra sono le due ali dell’aquila turbocapitalistica, ugualmente allineate come sono al vangelo liberista e alla violenza imperialistica made in Usa. Ne è discesa tutta una serie di paradossi che credo siano sotto gli occhi di tutti: la sinistra ha istituito l'orrendo Jobs act, che ha precarizzato barbaramente il mondo del lavoro, e ora che si trova all'opposizione dice di volersi battere per abolirlo.
La destra, che a suo tempo criticava in maniera aspra il Jobs act, ora che è al governo non dice più nulla intorno ad esso e tace solennemente. Una sorta di giuoco delle tre carte applicato alla politica, sempre più palesemente ridotta a semplice continuazione dell'economia capitalistica con altri mezzi. I mercati decidono.
E i politici, di destra come di sinistra, applicano le decisioni e le mutano in legge. Già ricordavo che Bersani fu protagonista delle liberalizzazioni in Italia, ossia di un indirizzo che si iscrive perfettamente nel quadro dell'ordine neoliberale e della sua trasformazione dei diritti in merci e dei beni comuni in servizi privati.
Degno di lode il fatto che Bersani ora prenda coscienza che anche la sua parte ha fatto "cose disdicevoli" (ugualmente ne ha fatte la destra, naturalmente): ma siamo convinti che continuerà a farle, poiché ha integralmente introiettato la visione capitalistica del mondo, in forza della quale non si dà altra realtà possibile se non quella del mercato innalzato a unica sorgente di senso (Mark Fisher lo ha appellato "realismo capitalista").
Il giusto anticapitalismo della vecchia sinistra rossa della falce e del martello è stato spodestato dall'osceno ultracapitalismo della new left dell'arcobaleno, ormai divenuta semplice guardia fucsia dell'ordine dominante e del blocco oligarchico neoliberale.
Che la destra sia organica al potere dominante non è una novitas: lo è invece che lo sia ormai pienamente anche la sinistra, che un tempo aveva rappresentato le istanze della trasformazione e dell'opposizione al potere dominante, al quale ormai è organica in misura non inferiore rispetto alla destra stessa.
Adesso, col referendum del 9 giugno, dicono di volere abolire la precarietà del lavoro che essi stessi hanno contribuito a introdurre! Con quale credibilità? Come non mi stanco di evidenziare da tempo, destra e sinistra nel tempo del turbocapitalismo sono del tutto simili a due maggiordomi con il diverso colore della livrea ma egualmente piegati alla dominazione del padrone capitalistico, da cui prendono con solerzia gli ordini. Insomma, la situazione è tragica, senza però riuscire a essere seria.
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