Ultimamente si sente spesso parlare di manifestazioni e scontri organizzati da parti della popolazione oppresse per i motivi più disparati, come il razzismo, i pari diritti e opportunità, il diritto al lavoro, all'istruzione, alla sanità, ecc.
Non tutti però conoscono il “diritto ancestrale”, nel nome del quale un'intera popolazione nativa della Patagonia si è resa protagonista di manifestazioni e contestazioni contro una delle più note e potenti famiglie italiane: i Benetton.
Stiamo parlando del popolo nativo dei Mapuche, storicamente insediato in quella parte dell'America latina nota come Patagonia e scoperta da Magellano nel 1520, che rivendica il suo “diritto ad usufruire e disporre del luogo in cui è nata e ha vissuto da sempre”, il suo “diritto ancestrale”, appunto. E lo rivendica proprio contro la famiglia di imprenditori italiani, la quale nel 1991 acquistò una vasta area del territorio per scopi produttivi.
Questo, in buona sostanza, è lo scenario che ci è stato presentato da buona parte della stampa, sempre pronta a prendere le parti dei deboli e puntare il dito contro i cattivi delle storie.
Sappiamo purtroppo però, che molto spesso non è la verità dei fatti a vendere l'informazione ma si ha bisogno di una “spintarella” nella direzione del finto sensazionalismo per alimentare gli animi dei lettori che si accendono sempre alla miccia dell'indignazione.
E allora ecco che il capitalismo senza scrupoli diventa usurpatore di popoli e mondi, ecco che la natura incontaminata soccombere sotto le colate di cemento delle industrie e che i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Ma per una volta, possiamo fermarci a pensare: “E se non fosse così?”
Infatti non è così, ma per onore di verità dobbiamo partire dal principio e spiegare, almeno in parte, da cosa ebbe inizio questa storia di conquiste e usurpazioni.
La Patagonia è considerata una terra unica, per le sue caratteristiche geografiche, naturalistiche, paesaggistiche. Unica e spettacolare, non è esiste al mondo un luogo simile, e per questa ragione, dall'inizio degli anni 80 è diventata una delle mete turistiche predilette da moltissimi avventurieri facoltosi, ma non solo.
Possiamo affermare che le sue bellezze naturali sono direttamente proporzionali alla difficoltà di sfruttarle al di là dell'aspetto puramente turistico, in quanto si tratta di una terra brulla, arida, desertica, inospitale, inadatta all'attività agricola. Questo aspetto divenne ancora più palese agli occhi di Cile e Argentina nella seconda metà del secolo scorso quando, dopo decenni di tentate conquiste da parte di inglesi e spagnoli, si spartirono il territorio della Patagonia: impossibile sfruttarlo per guadagnare alcunchè se non dandolo in pasto al turismo mondiale.
Di fatto, da quel momento, imprenditori, affaristi e perfino star di Hollywood, vollero acquistare terre e proprietà in quell'affascinante pezzo di mondo, e così fecero anche i Benetton acquistando l'1% del territorio da destinare alle loro attività produttive.
Il fortunato affare italiano, al contrario di quello che a scopi sensazionalistici molte testate vorrebbero far credere, non ebbe come conseguenza l'oppressione del popolo nativo, anzi.
Possiamo affermare che i Mapuche hanno goduto fino adesso delle conseguenze positive che ebbe l'acquisto dei Benetton, potendo usufruire di servizi e infrastrutture fino ad allora impensabili e venendo perfettamente integrati nel tessuto lavorativo ed economico del territorio fin da subito.
La questione del diritto ancestrale è una storia vecchia cinque secoli ed è semplicemente l'espressione di un'inalienabile diritto a difendere la sacralità della propria appartenenza umana.
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