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40 anni fa il record del mondo di Mennea. Il ricordo di Rocchetti: "Smith si inchinò"

40 anni fa il record del mondo di Mennea. Il ricordo di Rocchetti: "Smith si inchinò"

Il 12 settembre di 40 anni fa Pietro Paolo Mennea ha riscritto la storia dell'atletica e dello sport italiano infrangendo una barriera ancora oggi insuperabile per qualsiasi atleta europeo. Il 19 e 72 con il quale ha fatto fermare il cronometro a Città del Messico, davanti ad uno sparuto numero di spettatori - perlopiù addetti ai lavori - è rimasto inarrivabile per qualunque umano abbia calcato le piste di atletica in oltre 17 anni di competizioni.  

"Non si trattava di un'Olimpiade o di un Campionato del Mondo, ma delle Universiardi. Un mattino qualunque di un giorno qualunque". A parlare è Nazareno Rocchetti, 72 anni, nato a Filottrano e fisioterapista della Nazionale Italiana di Atletica Leggera in quegli anni. L'uomo che ha curato e accudito quotidianamente i muscoli di Mennea con i suoi massaggi. 

"Quel giorno non c'era praticamente nessuno sugli spalti. C'erano, però, - racconta Rocchetti - gli atleti. Tra questi Tommie Smith, l'americano che allora deteneva il record del mondo. L'ho visto inginocchiarsi al passaggio di Mennea. <>. Così disse".

Parliamo di una leggenda. Tommie Smith è stato il primo uomo a correre i 200 metri in meno di 20 secondi e proprio a Città del Messico, undici anni prima, era passato alla storia per il pugno alzato sul gradino più alto podio alle Olimpiadi. Un gesto che è diventato il simbolo delle proteste per l'ottenimento dei diritti civili dei neri. Un gesto immortalato da una fotografia iconica. 

Legame indissolubile 

Il rapporto tra Rocchetti e Mennea nasce nel '76: "Inizialmente lo vedevo soltanto ai raduni collegiali di Formia. Poi è nata una simbiosi. Abbiamo letteralmente vissuto assieme dal 1979 sino al 1988. Una vera amicizia. Mennea aveva capito che potevo dargli molto e aiutarlo a vincere". 

Due storie simili, le loro: "Il nostro legame è nato ancor prima di conoscerci, viste le origini comuni. Entrambi venivamo da una terra misera dove la fame era una dama di compagnia. Eravamo figli di operai, che facevano fatica ad arrivare al 27 del mese. Lui era un uomo schivo, e aveva trovato in me una personalità diversa. Lo facevo ridere, lo sopportavo quando era intrattabile, e soprattutto giocavo un ruolo di tramite con la Federazione e con il suo allenatore Carlo Vittori". 

Il Mennea "dietro le quinte"

Quando gli si chiede che uomo fosse Mennea, Rocchetti ne profila così i tratti: "Ho amato Pietro, Mennea un pò meno. Si trattava di un uomo che aveva una gran sete di riscattare oltre a sé stesso, un interno popolo e una terra come quella del Sud. Non l'ho mai visto bere il vino prima degli anni '80. Beveva acqua, non gasata, ma liscia. Una volta feci con lui l'ultimo dell'anno a Formia. Ha brindato con l'aranciata, e a mezzanotte e otto minuti era già a dormire. Il suo peggior nemico era proprio sé stesso". 

"Si sottoponeva ad allenamenti massacranti - ricorda Rocchetti -, al punto che soltanto lui, in oltre un ventennio, ha resistito a quella mole di lavoro. Gli altri li abbiamo distrutti tutti. Volete sapere perché lui non si faceva mai male ed oggi, invece, vediamo come anche i calciatori incappino spesso negli infortuni? Mennea aveva un rispetto sacrale del suo corpo. Tutte le sere lo massaggiavo per far smaltire ai suoi muscoli tutte le tossine e l'acido lattico accumulato durante la giornata di allenamento". 

Il segreto di Mennea 

Il grande segreto dietro le grandi imprese sportive di Menna era una dedizione totale, al punto da divenire maniacale. Una dedizione alimentata dalla rabbia di un uomo del Sud, che ha voluto a tutti i costi ridisegnare il proprio destino.

"Per ogni traguardo che si vuol raggiungere per l'80% conta la testa e per il 20% il fisico - sottolinea Rocchetti -. Proviene dal cervello, la forza misteriosa che riesce a far sormontare ogni ostacolo. Se tu credi in qualcosa, spacchi le montagne. La grande determinazione riscontrata in Mennea non l'ho trovata in nessun altro atleta con il quale ho lavorato".

E la lista dei campioni con i quali Nazareno Rocchetti ha collaborato è lunga, da Sara Simeoni sino a Valentina Vezzali. Un "umile massaggiatore di campagna", come si definisce ingiustamente lui stesso, che ha avuto un ruolo fondamentale nelle imprese leggendarie di Pietro Mennea. 

 

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