In questo momento di enorme difficoltà per l’emergenza socio-sanitaria da Coronavirus, l'Ordine di infermieri di Macerata, insieme all’ordine dei Medici ed realtà votate al volontariato, sostiene il crowdfunding “Eroi in Prima Linea” organizzato da 49 ragazzi, studenti del Corso Universitario "Business Angels & Crowdfunding"dell’Università di Camerino e guidato dal Professore FilippoCossetti (fundraiser professionista).
La raccolta ha l’obiettivo di fare il massimo in pochissimi giorni per permettere a medici, infermieri e volontari di avere i fondi disponibili il più velocemente possibile. La campagna, solo nei primi 10 giorni, ha raggiunto circa il 70% dell’obiettivo (15.000 €). Mancano ancora pochissimi giorni alla scadenza: vi chiediamo di sostenere e condividere l'iniziativa per dare un'ulteriore spinta ed accelerare questa corsa contro il tempo in favore di CRI, ANPAS, Ordine dei medici ed Ordine delle professioni infermieristiche di Macerata che sono impegnate a combattere giornalmente questa crisi.
I fondi verranno utilizzati per l'acquisto di dispositivi medici per pazienti e operatori sanitari e saranno le associazioni ed enti interessati a decidere la scala delle priorità e dove investire meglio i fondi devoluti. Con il contributo di tutti si potrà aiutare i medici e infermieri impegnati in prima linea nella lotta al coronavirus per lavorare con più sicurezza ed efficacia per sostenere chi ha bisogno.
https://www.eppela.com/it/projects/27324-eroi-in-prima-linea
Il servizio consegna farmaci a domicilio, offerto da L’Albero dei Cuori APS, in collaborazione con A.N.T.E.A.S. Macerata ODV, comune di Macerata e APM e attivo dal 2006, si rivolge agli anziani soli, persone fragili e immunodepressi residenti nel Comune di Macerata. “Sos Farmaci” ha rappresentato, fin dai suoi esordi, un aiuto concreto a favore della collettività e delle persone più fragili.
«Oggi più che mai le richieste e le consegne sono aumentate – afferma il Presidente dell’Albero dei Cuori, Giuseppe Brignone -. Arriviamo a farne una ventina al giorno, da quando sono entrate in vigore le restrizioni. E’ un servizio fondamentale che offriamo gratuitamente rispettando, ovviamente, tutte le norme in materia di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19».
Per usufruire del servizio, disponibile tutti i giorni feriali, è sufficiente chiamare il numero 334 6634657, risponderà un volontario dell’Associazione che si occupa della consegna a domicilio dei medicinali richiesti. Il servizio è Gratuito, il costo dei farmaci è a carico del richiedente.
“La nostra provincia non ha bisogno di un ospedale unico, ma ha bisogno di ospedali, che sono i luoghi dove le persone dovrebbero essere curate. La questione dell’ospedale unico è questione politica, la tratti chi in questa emergenza non ha evidentemente altro da fare. Si lasci la scelta ai rappresentanti del territorio, che sono i sindaci, e si convochi la Conferenza di questi che da tempo non si riunisce più”.
Così il sindaco di San Severino Marche, Rosa Piermattei, su di un argomento, quello della creazione di un ospedale unico provinciale alla Pieve, che negli ultimi giorni ha registrato la presa di posizione anche da parte di altri primi cittadini.
“Ho atteso giorni e giorni prima di intervenire - precisa il sindaco Piermattei, che prosegue - Sono perfettamente in linea con chi dice che non ha senso che il progetto dell’ospedale provinciale vada avanti perché si tratta solo di un progetto assurdo vista la situazione e che, sicuramente, non rappresenta la priorità almeno fino a che continueremo a vivere l’emergenza Coronavirus. La sanità, anche in provincia di Macerata, va ridisegnata completamente perché sono cambiate le situazioni. Va riconvocata, come detto, la Conferenza dei sindaci e sto già provvedendo in questa direzione. Sulla gestione della sanità vedo molta approssimazione e una gran confusione: la Regione Marche si è dimenticata addirittura dell’ospedale “Bartolomeo Eustachio” in ben due Delibere con le quali ha tentato di mettere mano a un Piano per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Se piani e strategie nascono già zoppi figuriamoci quanto poco lontano possono andare - prosegue ancora il sindaco di San Severino Marche - Questi sono argomenti di vitale importanza per le nostre comunità e i sindaci, in qualità di rappresentanti del territorio, dovrebbero essere i primi ad essere ascoltati e informati. Visto che la sanità è a capo della Regione faccio appello a questa perché parta da qui per una discussione seria prima di prendere altre decisioni. Quanto agli ospedali continuo a dire: mettiamo a posto quelli che già ci sono e non creiamo nuove strutture che non servirebbero a nulla. Al massimo possono servire a far contento qualche politico, di certo non a curare i malati. Non sono nemmeno d’accordo con chi dice che se ci fosse stata una simile struttura avremo potuto reagire più tempestivamente. Sono cose ripetute da chi non sa che oggi ci sono persone costrette a farsi un’ora di macchina per arrivare al più vicino Pronto soccorso. Figurarsi poi cosa sarebbe successo riguardo proprio ai tempi: qui finirà l’emergenza e un Covid-Hospital unico ancora non ci sarà! Nel frattempo la gente non sa neanche dove deve andare a curarsi. Se non ci fossero ospedali come quello di San Severino Marche che, pur dimenticato dalla Regione, continua a fare la sua parte con personale che è veramente straordinario e che sta lavorando ben al di sopra delle proprie forze e non in sicurezza, in questo caos generale i cittadini potrebbero anche morire. La politica pensa ai propri interessi. A chi ragiona in questo modo dico di stare più vicino alla gente - conclude il sindaco Piermattei - Dico, cioè, di preoccuparsi dei malati veri e non di stare a pensare a quelli immaginari”.
Continuano i lavori di preparazione in vista della riconversione della Fiera di Civitanova Marche in un ospedale da 90 posti di terapia intensiva per l'emergenza Covid-19.
Presso l'area destinata è arrivata la cucina mobile con la quale saranno preparati i pasti per un centinaio tra tecnici e operai che lavoreranno nel cantiere della quale se ne stanno già occupando i volontari del CISOM ovvero il Corpo Italiano di Soccorso dell'Ordine di Malta.
"Per quello che riguarda la struttura della Fiera di Civitanova il Cisom si occuperà della mensa e seguiremo lo staff delle maestranze e di Bertolaso per quanto concerne l'ufficio segreteria e gestione del magazzino, poi terminata questa fase lavorativa lasceremo tutto alla Regione Marche - spiega il Capo Raggruppamento della Cisom Marche Stefano Carnevali - abbiamo già istallato una nostra cucina mobile all'esterno della Fiera e il Sindaco di Civitanova Marche metterà a disposizione il vettovagliamento e le riserve alimentari - aggiunge -. Per questo periodo di lavoro ci avvarremo inoltre della professionalità dello chef Giuseppe Giustozzi e di suo figlio, che cucineranno per noi a titolo gratuito".
Un lavoro quello del Cisom iniziato da alcuni giorni e che non si è limitato all'allestimento dell'area ristoro: "Stiamo allestendo la zona mensa che sarà vicino e in più avremo un'area di controllo sanitario dove ci sarà un nostro ambulatorio mobile con un medico sempre presente - sottolinea Carnevali -. Tutto il personale che accederà in queste aree sarà controllato con il termo scanner sia in entrata che in uscita - e conclude -. Siamo 30 volontari operativi più 60 professionisti che si alterneranno nell'arco del periodo; siamo già da qualche giorno operativi con tutti i nostri uomini e attendiamo l'arrivo dei tecnici che si occuperanno del montaggio della struttura ospedalieri che avverrà in settimana".
A visionare la cucina mobile e tutta la zona adibita a zona mensa era presente anche lo chef Giuseppe Giustozzi, proprietario del "Gruppo Giustozzi Hotels - Banqueting & Catering": "Ho accolto con piacere questa proposta che mi è stata fatta dai Cavalieri di Malta - esordisce Giustozzi - presteremo la nostra opera a titolo gratuito e daremo il nostro contributo per le persone che saranno ricoverate in questa struttura - e continua - ai fornelli saremo io e mio figlio Samuele ma ora stiamo valutando di quanto personale avremo bisogno per tutto il periodo in cui il CISOM sarà presente alla fiera".
Mercoledì 15 aprile il Centro medico Blugallery di San Severino Marche riprenderà le attività diagnostiche che erano rimaste sospese nelle ultime settimane a seguito delle disposizioni normative introdotte dal Governo per fronteggiare l'emergenza sanitaria. Già disponibile il servizio di segreteria e di informazione con personale addetto al telefono, rimasto sempre operativo.
Il Centro riparte con la Radiologia e con le situazioni di urgenza, allo scopo di rispondere ai bisogni di salute dei cittadini in questa fase delicata per le strutture sanitarie pubbliche, impegnate soprattutto a contrastare il Coronavirus.
Nei giorni scorsi la struttura del Blugallery, che si trova a Taccoli di San Severino, è stata dotata degli obbligatori dispositivi di protezione ed è stata sottoposta a interventi di sanificazione in tutti i suoi ambulatori e negli spazi comuni.
Pertanto, alla ripresa dell'attività i medici e il personale potranno svolgere il loro compito garantendo la massima sicurezza – a loro stessi e agli utenti – nel rispetto delle distanze, delle attenzioni e dei tempi previsti dalle leggi del momento.
“Ringraziamo il nostro staff sanitario e di segreteria per la disponibilità dimostrata in questa fase di emergenza nazionale – dice la direzione del Centro – perché, grazie a loro, possiamo riprendere il nostro servizio che è anche un impegno sociale verso gli utenti e un sostegno alle strutture pubbliche del territorio”.
Per informazioni o prenotazioni si può già chiamare il numero 0733 639051 o scrivere un'email all'indirizzo centromedicoblugallery@gmail.com.
Gli Stati Uniti sono il Paese con più contagi al mondo, e nelle ultime 24 ore ha tolto all’Italia anche il triste primato dei decessi per Covid-19. Un momento storico difficile da commentare, in quanto servono risposte attendibili su come e quando si potrà porre la parola 'fine' a questa emergenza sanitaria.
Grazie all'amicizia di lungo corso con il direttore Guido Picchio, la Redazione di Picchio News ha raggiunto l’accademico napoletano di fama mondiale, il professor Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia e riconosciuto come una delle 100 eccellenze italiane mediche nella diagnosi e cura del cancro polmonare, per farci illustrare come gli Stati Uniti stanno affrontando l’emergenza Covid-19 e quali sono gli scenari futuri in materia di misure preventive e su possibili vaccini.
Prof. Giordano considerando che lei vive e lavora negli Stati Uniti come sta affrontando sia livello professionale che personale questa situazione di emergenza?
"Per contenere il contagio dobbiamo limitare i nostri spostamenti, evitare luoghi affollati e uscire solo se strettamente necessario. Da subito, ho adempiuto a questi doveri come cittadino, come scienziato ho iniziato a studiare le caratteristiche di questo nuovo virus, collaborando, quotidianamente, con esperti di tutto il mondo"
L’Italia è stato il primo paese europeo a confrontarsi con il Covid-19 e, nonostante in alcune zone la curva dei contagi sia in discesa continua, il numero dei nuovi casi e dei contagiati rimane sempre considerevole. Quando pensa che ci potrà essere un’inversione di tendenza di questi dati?
"Le pandemie sono eventi naturali e ricorrenti, non siamo in grado di prevedere con precisione il decorso della pandemia da Covid-19, ma possiamo imparare per somiglianza o per differenza dalle pandemie del passato. Finalmente si inizia a vedere una diminuzione di nuovi casi, ma naturalmente dobbiamo essere cauti prima di abbandonare le misure di contenimento"
Nell’ultimo mese nel nostro paese si sono susseguiti diversi decreti governativi che hanno portato a delle limitazioni sempre più stringenti per la popolazione. Secondo lei tali misure sono state adottate nei tempi giusti o ci sono state delle sottovalutazioni iniziali nel valutare il fenomeno?
"Il rischio è stato sottovalutato e tutti i Governi hanno agito in ritardo. Certamente si sarebbe potuto fare di più, d’altra parte, molti paesi e gli stessi organismi internazionali si sono mossi in modo poco coordinato, spesso confuso e, a volte, contraddittorio. Di fronte all’enorme tragedia di morte e sofferenza provocata dalla pandemia di COVID-19, di fronte al disastro sociale ed economico che sta causando, il mondo nel suo complesso e l’Italia non erano preparati. Una valutazione complessiva però potrà essere fatta solo quando la pandemia sarà finita"
Le strutture sanitarie italiane stanno tutte lavorando a pieno ritmo, così come gli operatori. La stessa situazione si verifica anche in America. Dal suo punto di vista cos’è mancato sotto questo aspetto per una gestione efficace di tutto l’apparato?
"Gli ospedali pubblici stanno affrontando una situazione più complicata e difficile del solito. Abbiamo avuto una tardiva attivazione delle misure di contenimento e una situazione di impreparazione, anche per problemi strutturali negli ospedali; operatori sanitari che operano con turni massacranti e in carenza, mancanza e/o inadeguatezza dei dispositivi di protezione; reparti di terapia intensiva pieni, che rischiano il collasso. Questa situazione va ascritta non solo al Covid 19 ma anche al fatto che, nel corso degli anni, la sanità è stata fatta a pezzi"
Le mascherine sembrano diventate ormai un oggetto indispensabile per tutti noi, oltre che - in certi casi - quasi introvabile. Sono veramente protettive o c’è comunque bisogno di munirsi di altri dispositivi?
"Non abbiamo evidenze per dire che il virus circoli nell’aria. I dati che abbiamo a livello epidemiologico ci dicono che le principali vie di trasmissione sono per droplet e per contatto, per cui - oltre all’uso delle mascherine - è necessario lavarsi le mani e mantenere il distanziamento fisico.
Nelle strutture sanitarie, dove c’è un’elevata circolazione del virus, è raccomandato l’uso di mascherine mediche, respiratori e altri dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari.
Nei nuclei abitati raccomandiamo l’uso di mascherine mediche. Ne abbiamo di diversi tipi: le mascherine chirurgiche che, non servono a proteggere sé stessi, ma gli altri, e che sono raccomandate per persone infette.
Le mascherine FP2 o FP3, quelle con la valvola, che aiutano le persone a non infettarsi, anche se attraverso la valvola possono uscire i germi del virus. Quindi, le persone che usano questo tipo di mascherina, al di sopra, dovrebbero mettere la mascherina chirurgica.
Infine, abbiamo le mascherine FP2 o FP3 senza valvola, che servono a proteggere sia se stessi sia gli altri. Le raccomandazioni possono cambiare nel tempo sulla base della maggiore conoscenza del virus.
In questa prima fase di lockdown non è necessario utilizzarle, in quanto la principale difesa deve essere il distanziamento, molto probabilmente quando si passerà alla fase 2, e ci si troverà a contatto con altre persone, si dovrà usare la mascherina e quella chirurgica è la preferibile"
Alla luce degli ultimi avvenimenti, quale potrebbe essere l’atteggiamento corretto per non rischiare di perdere il contatto con la realtà visto che, da giorni, siamo costretti a restare chiusi in casa
"Milioni di italiani stanno in casa per limitare il contagio e questa è una situazione nuova per tutti. Bisogna continuare a mantenere quanto più è possibile una routine regolare. Anche questo periodo può avere risvolti positivi, chi sta sperimentando forme di telelavoro, chi si dedica agli hobbies e alla cucina. Le persone possono riscoprire ritmi meno frenetici, utilizzare il tempo in maniera più piena e creativa, riappropriandosi di momenti personali. È difficile rimanere sereni e trasmettere tranquillità, gestire lo stress, non far trasparire la paura, gestire l’ansia, ma l'uomo per sua natura è abituato ad adattarsi alle diverse situazioni: anche a quelle più critiche"
Non si fa altro che parlare della ricerca di un vaccino, da somministrare con un cerotto, che sarebbe capace di mettere la parola fine a questa pandemia. Secondo le sue informazioni, a che punto sono le ricerche in campo scientifico?
"La corsa per mettere a punto un vaccino anti COVID-19 non solo è giustificata, ma assolutamente necessaria dal momento che il Covid-19 uccide adulti e anziani e si trasmette velocemente. Tuttavia, nella sua messa a punto deve essere incluso il tempo necessario per valutarne gli effetti collaterali.
Al momento, gli studi in corso nei laboratori di tutto il mondo, stanno conducendo alla produzione di nuovi dati e, quindi, a diversi progetti sui vaccini. Il vaccino deve essere capace di indurre nell’organismo la produzione di anticorpi per difendersi; per arrivare allo stesso obiettivo le aziende si avvalgono di tecnologie diverse e solo con il tempo potremo capire quale sarà quello più efficiente"
Su quali altre cure si sta lavorando e quali sono i tempi di una loro, eventuale, messa in commercio?
"Attualmente, non esistono terapie specifiche per COVID-19, ma sono tutte sperimentali. La terapia di supporto può far guadagnare tempo al paziente per recuperare le funzioni di base.
Una gamma molto varia di farmaci è stata somministrata ai pazienti di COVID-19.
Tuttavia qualche piccolo segnale positivo arriva e riguarda principalmente quattro trattamenti ancora in fase di test: gli antimalarici clorochina e idrossiclorochina, l’anti-Ebola remdesivir, il farmaco anti-artrite tocilizumab e la terapia al plasma.
La clorochina e idrossiclorochina sono usati anche per il trattamento di altre malattie autoimmuni e dai primi dati sembrano ridurre il peggioramento dell’infezione.
Il tocilizumab è un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore dell’interleuchina-6 e sembra avere una forte efficacia anti-infiammatoria. In alcuni casi, specialmente molto gravi, pazienti ricoverati in terapia intensiva e intubati sono migliorati entro 48 ore dalla somministrazione della terapia.
Il remdesivir è attualmente in fase 3 di sperimentazione, cioè nella fase in cui oltre alla sicurezza si valuta l’efficacia del farmaco. Il trattamento consiste nell’utilizzare il plasma dei pazienti guariti dal Covid-19, quindi ricco di anticorpi capaci di fermare il nuovo coronavirus. In ogni caso, trovare un trattamento applicabile richiede un percorso di sperimentazioni rigorosamente controllate e, quindi, tempo"
Ci aiuta a capire se davvero il virus resta nell’aria e dunque vi sia la possibilità di contrarlo attraverso “aria contaminata”?
"Quando le persone sono infette da un virus respiratorio emettono particelle virali ogni volta che parlano, respirano, tossiscono o starnutiscono. Queste particelle sono racchiuse in goccioline (“droplet”) di muco, saliva e acqua. Le goccioline più grandi sono più pesanti e cadono a una distanza ravvicinata e questo è il motivo per cui manteniamo la distanza di almeno 1 metro.
I globi più piccoli evaporano, lasciando virus secchi in sospensione nell’aria che si spostano più lontano e che sono chiamati “aerosol”. Produciamo aerosol quando espiriamo l’aria dai polmoni o quando parliamo.
Le ricerche pubblicate finora suggeriscono che il virus resta nell’aria circostante i pazienti ricoverati negli ospedali, ma non ci sono evidenze che dimostrano che queste particelle siano contagiose. La questione non è se il virus è nell’aria, come detto, ma quanto devono essere concentrate le particelle virali sotto forma di aerosol per infettare altre persone presenti nella stessa stanza. Per rispondere abbiamo bisogno di ulteriori esperimenti"
Come immagina che riprenderà la vita dopo che sarà passata questa emergenza e, secondo lei, cosa cambierà nella quotidianità delle persone?
"Mi auspico, che da questa pandemia se ne esca migliori. Confido che l’umanità possa guardarsi un po' intorno prendendosi cura del nostro pianeta. Il Covid-19 ha potuto diffondersi anche a causa della distruzione dell’ecosistema, e di quelle barriere naturali che avrebbero potuto rappresentare un argine al contagio"
"Volevamo pubblicamente ringraziare per la vostra generosità e per i tanti doni ricevuti,a nome di tutte le postazioni di Emergenza Sanitaria da noi gestite che gravitano nella provincia di Macerata - dichiarano in coro il Direttore del 118 Ermanno Zamponi e il coordinatore Francesco Ricci - inoltre ci tenevamo a ringraziare la famiglia Ercoli-De Angelis per aver donato delle mascherine da destinare al personale sanitario del 118 maceratese".
E concludono: "Queste donazioni sono per noi molto importanti, ci gratificano e motivano, ancora di più in questo periodo particolare che stiamo vivendo dove si ha il bisogno del supporto e la comprensione di tutti"
Da 40 giorni lavora, senza sosta, lontano dalla moglie e dai figli per fronteggiare, in prima linea, il virus. "Soltanto domenica scorsa sono riuscito ad andare a trovarli e vederli, seppure a distanza, anche di persona oltre che tramite video-chiamata". A raccontarlo è il dottor Emanuele Rossi, direttore del pronto soccorso dell'ospedale di Macerata.
"Ho preferito allontanarmi dalla mia famiglia, che risiede ad Ancona, per proteggerla - ci dice -. Lavorando in zona Covid, sono maggiormente esposto al rischio di portare l'infezione all'interno delle mura domestiche. Pertanto, dall'inizio dell'emergenza, alloggio in una casa che ho sul Conero, in isolamento".
Il sacrificio che il dottor Rossi compie - lontano dagli affetti - è quotidiano. Un sacrificio che affronta, consapevole delle responsabilità che derivano dal suo ruolo così come dei rischi.
"Se mi fossi sottratto alle mie funzioni, avrei dimostrato di essere un pessimo dirigente. Ho preferito essere io ad andare in prima linea in area Covid e lasciare un pò più dietro i miei collaboratori - sottolinea -. Questo perchè, chi ha ruolo dirigenziale, deve dare l'esempio. Mentirei se dicessi di non avere paura. Ho avuto molta paura e ne ho tuttora".
Nell'affermarlo il dottor Rossi cita anche Sant'Agostino ('I fatti danno credibilità alle parole').
"Non sono il solo a fare questo - ci tiene, però, a sottolineare -. Il mio ringraziamento personale va al dottor Michele Salvatori - che non dorme più a casa sua da 40 giorni come me - e al dottor Mauro Giustozzi, che tornando ogni giorno dalla sua famiglia è costretto ad attenersi a scrupolose misure di distanziamento. Loro, come me, non hanno preso un giorno di pausa dall'inizio dell'emergenza e sono stati in prima linea quotidianamente".
Un ulteriore ringraziamento il dottor Rossi lo rivolge al direttore dell'Area Vasta 3, Alessandro Maccioni. "Ci ha dato carta bianca - dice -, mettendo a disposizione tutto ciò che avevamo chiesto, ribadendo che il cittadino della provincia maceratese dovesse essere tutelato nel miglior modo possibile. Non ci è stato posto alcun limite finanziario".
"Anche per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuale - aggiunge - non abbiamo mai avuto problematiche di reperimento, grazie all'intervento in prima persona del direttore Maccioni. Non si è mai tirato indietro nei suoi compiti. In un mondo in cui tutti la faccia la levano, qualcuno che ce la mette va ringraziato pubblicamente".
Dottor Rossi, come avete riorganizzato il pronto soccorso di Macerata per far fronte all'emergenza coronavirus?
"Abbiamo adottato un doppio binario a cui afferiscono due triage. Un percorso porta alla cosiddetta zona "sporca", cioè alla zona dove accedono i pazienti con febbre e dispnea (respirazione difficoltosa, ndr). Questi pazienti, ad alto e medio rischio Covid, vengono indirizzati nei moduli di degenza esterna, volgarmente detti container, in cui vengono adottate tutte le massime norme igieniche di contenimento dell'infezione.
I container presenti al pronto soccorso di Macerata sono due: uno per i pazienti ad alto rischio e uno per quelli a medio/basso rischio. Al loro interno i pazienti vengono sottoposti a tampone e vi rimangono sino a quando non abbiamo l'esito dello stesso (circa 24 ore). Una volta arrivati i risultati, il paziente può essere dimesso - qualora sia in condizioni accettabili - o smistato, a seconda dei casi, nei reparti Covid o non-Covid.
Un secondo binario porta, invece, al cosiddetto pronto soccorso "pulito". Qui i pazienti vengono valutati con metodiche tradizionali, non accusando sintomatologia riferibile a tosse, febbre e dispnea.
È capitato che pazienti condotti inizialmente nel percorso "pulito", abbiano poi manifestato sintomi sospetti?
La suddivisione tra percorso "sporco" e "pulito", purtroppo, non è mai nettissima. Per quanto ci sforziamo di tenere separati i due percorsi e attuare tutte le misure preventive, i rischi non saranno mai zero.
Non possiamo bloccare i pazienti ancor prima dell'ingresso al pronto soccorso, quindi può capitare la situazione in cui una persona che vi acceda, ad esempio, per una banale distorsione alla caviglia e venga quindi condotta nel percorso "pulito", manifesti poi stati febbrili al momento della misurazione della temperatura. Una misurazione che viene effettuata a tutti coloro che accedono al nostro pronto soccorso.
A questo punto, il paziente in questione viene condotto nell'area "sporca", in quanto considerato ad "alto rischio". Ribadisco, quindi, di rivolgersi al pronto soccorso esclusivamente in caso di reale necessità clinica.
Proprio in ragione dell'impossibilità di garantire un rischio zero, ci sono stati casi di positività al virus fra i vostri collaboratori?
Sì, sono stati contagiati una dottoressa e un infermiere. Ora stanno bene. Hanno verosimilmente contratto il virus nei primi 15 giorni del mese di marzo, quando ancora non conoscevamo l'enorme facilità di contagio. E non avevamo, quindi, adottato le giuste misure di contenimento, come abbiamo fatto soltanto dopo il 12-13 marzo.
Il vero dramma è stato non aver compreso la portata del fenomeno prima di questa data. All'inizio nessuno ne ha avuto ben contezza. Eravamo obiettivamente degli ignoranti, me compreso.
Questo ci ha messo in difficoltà. Abbiamo pensato: "Ecco, non ci hanno contagiato i pazienti, ma ci siamo contagiati tra colleghi".
Com'è, ad oggi, la situazione?
Da 3-4 giorni registriamo una diminuzione dei casi di febbre che accedono al pronto soccorso. Questo ci ha consentito di lavorare con maggiore tranquillità e in maggiore sicurezza rispetto alle giornate terribili del week-end tra il 20 e il 22 marzo. Numeri minori, che però non ci devono far abbassare la guardia.
Ci sono ancora dei focolai sparsi nella provincia, prevalentemente registrati in qualche lungo-degenza o casa di riposo. Questi focolai vanno assolutamente individuati e spenti, attraverso il tracciamento dei possibili contagi.
Quando si arriverà a spegnere anche i focolai residuali e non avere più nuovi contagi? Quali sono, secondo lei, le tempistiche?
Penso che il controllo dell'epidemia richiederà ancora due settimane. Dopidiché bisognerà ripartire. Per la fine di aprile dovremmo avere sporadici focolai che dovranno essere identificati e isolati in maniera estremamente precoce, in modo da avere - ad inizio maggio - una situazione relativamente sotto controllo. A quel punto, però, bisognerà evitare che i focolai residui possano riattivarsi.
Quindi, come evitare che i focolai epidemici si riaccendano?
Bisognerà continuare a tenere per tutto il mese di maggio il distanziamento sociale e continuare a indossare la mascherina ogniqualvolta ci si reca in luoghi affollati, come supermercati o farmacie.
Se si giungerà al riavvio della filiera produttiva, sicuramente, si dovrà misurare la temperatura del personale all'ingresso e all'uscita del turno di lavoro e, anche in questo caso, mantenere la distanza di almeno un metro oltre che l'adozione della mascherina.
Laddove esista la possibilità di lavarsi frequentemente la mani, non vi è la necessità di indossare guanti. In caso contrario, anche l'utilizzo dei guanti monouso aumenta lo standard igienico del luogo di lavoro.
Settanta uova pasquali, il segno del ringraziamento e vicinanza della Federazione Islamica delle Marche verso i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari dell’ospedale di Macerata, in prima linea nella lotta al Covid-19.
La consegna è avvenuta nei giorni scorsi davanti alla nuova palazzina Covid-19 del nosocomio maceratese da parte del vicepresidente della federazione e rappresentate degli immigrati in consiglio comunale di Macerata, Omar Cherqaoui, alla presenza del direttore dell’Area vasta 3 Maccioni, del sindaco di Romano Carancini e delle due dottoresse responsabili del reparto.
In questo momento drammatico ha detto omar abbiamo voluto far giungere il nostro ringraziamento a tutto lo staff sanitario che opera per la nostra slute in questi giorni terribili. Speriamo che si un momento di dolcezza oer loro e per i degenti e un modo per augurare a loro tutti una buona Pasqua”
Prosegue l'opera benefica e di impegno sociale della Transport Service associata a Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli Piceno-Fermo.
L'azienda ha infatti donato strumenti ed attrezzature sanitarie agli ospedali di San Benedetto del Tronto e di Camerino (dove nello specifico sono state fatte recapitare delle pompe a siringa e delle barelle), ora a disposizione dei reparti interessati dall'emergenza sanitaria.
Ricordiamo che nelle scorse settimane, l'impresa aveva effettuato un'altra donazione di macchinari sanitari (in particolare due ventilatori), agli ospedali di Ancona e Pesaro. Macchinari utilizzati nei reparti di rianimazione dedicati al Coronavirus.
L'Associazione tutta vuole pubblicamente ringraziare la Transport Service per questa importante donazione a beneficio delle strutture sanitarie e di tutta la comunità regionale.
“L’ospedale di San Severino Marche? Sparito dalla cartina geopolitica della Regione. Adesso qualcuno dovrà darmi una spiegazione”.
Il primo cittadino settempedano, Rosa Piermattei, si affida a una nota per “denunciare i contenuti di ben due Delibere regionali, la 272 del 9 marzo e la 320 del 12 marzo. A distanza di pochi giorni, ma con la stessa disattenzione - spiega - si è messo mano al Piano regionale per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Il risultato? Come sempre un disastro. Il responsabile del procedimento prima, e i firmatari poi, ammesso che abbiano compreso cosa stavano avallando, hanno dato il via libera a quella che doveva essere, almeno sulla carta, una risposta all’emergenza pandemica che sta sconvolgendo il mondo intero e che sta seminando panico e morte anche dalle nostre parti. Ebbene gli atti con i quali, nero su bianco, la Regione trasforma tutti gli ospedali distinguendoli in Covid-Hospital e in strutture No-Covid dimenticano il “Bartolomeo Eustachio”. Il nostro nosocomio scompare da ogni mappa e da ogni riorganizzazione. Credo che qualcuno dovrebbe far pace con sé stesso. Dalla Regione, dalla direzione dell’Asur Marche, dalla direzione dell’Area Vasta 3, continuo a ricevere risposte alle mie incalzanti domande quotidiane in cui leggo che l’ospedale civile cittadino è un No-Covid Hospital ma nel Piano regionale per la gestione dell’emergenza epidemiologica, e in particolare nella Delibera 320, lo stesso ospedale non trova né dignità né ruolo. L’atteggiamento di questi signori - prosegue il sindaco Piermattei - offende e preoccupa visto che le nostre comunità stanno pagando un prezzo altissimo. Abbiamo medici e infermieri che si sono ammalati di Covid-19 e che oggi sono costretti a letto dopo aver prestato servizio oltre le proprie forze in corsia. La nostra comunità sta pagando un prezzo ancor più serio visto che si è ritrovata a piangere già ben due vittime. Quale sarà la risposta delle istituzioni sanitarie? Una dimenticanza? Però non vorrei pensare che si tratti di una scelta già fatta che è quella di cancellare il nostro ospedale dalla lista degli ospedali delle Marche. Eppure del “Bartolomeo Eustachio” ci si ricorda quando serve trasferire pazienti da altre strutture. Proprio come è successo due settimane fa quando sono giunti da Civitanova sei positivi riportati indietro solo dopo aver provocato un focolaio tra i sanitari. Nessuno si è preoccupato, prima di fare tutto questo, di attivare un triage all’ingresso del Punto di primo intervento. Nessuno si preoccupa di fornire risposta alla richiesta di riattivare il Pronto Soccorso che andrebbe a servire non solo la nostra città ma tutta la Val Potenza e gran parte dell’entroterra visto che ci sono comunità che ormai hanno un ospedale a 70 chilometri di distanza. La direzione Asur si è ricordata di noi, eppure, quando ci ha comunicato che il nostro presidio sarebbe stato No-Covid19 per trasferirvi tutti i malati di Medicina e Cardiologia da Camerino, Macerata, Civitanova ed, eventualmente, da altri centri. E’ stato compiuto un atto che non si poteva compiere? O ci si è resi protagonisti dell’ennesima gaffe in sanità? Attendo, fiduciosa, risposta”.
"Come è accaduto nella maggior parte delle strutture residenziali nazionali, sette ospiti delle cure intermedie di Treia sono risultati positivi al COVID-19 unitamente a quattro operatori che li assistevano, mentre gli ospiti ricoverati presso la Riabilitazione sono risultati tutti negativi ivi compresi i medici e il personale sanitario assegnato". A sottolinearlo è il direttore dell'Area Vasta 3 Alessandro Maccioni, al fine di chiarire quanto avvenuto presso l’Ospedale di Comunità di Treia.
"I pazienti positivi delle Cure Intermedie sono stati immediatamente trasferiti presso i centri COVID della Provincia e messi in sicurezza mentre i pazienti non interessati al contagio sono rimasti nella struttura di Treia. L’attività - prosegue Maccioni - è regolarmente proseguita, invece, nel reparto di riabilitazione posto al primo piano che, anche a seguito della esecuzione dei tamponi tutti negativi, non ha evidenziato criticità; mentre nelle cure intermedie sta proseguendo la degenza per gli otto pazienti risultati negativi e si sta predisponendo il secondo campionamento di controllo".
Al fine di far fronte alle criticità insorte per la positività di una parte del personale sanitario delle cure intermedie, garantendo comunque il servizio, si è provveduto da lunedì 6 aprile alla seguente riorganizzazione:
- Copertura di pronta disponibilità per le urgenza dei medici del reparto di riabilitazione 8.00-20.00;
- Accordo con i medici della continuità assistenziale che rimangono in servizio dalle 20.00 fino alle ore 10.00 del giorno seguente nei giorni feriali per continuità della gestione clinica quotidiana dei pazienti attualmente degenti;
- assegnazione temporanea di una unità infermieristica del reparto di riabilitazione alla cure intermedie.
"Si tiene a precisare e sottolineare come presso le strutture di Treia non vi siano state, durante la degenza, vittime da Covid-19 - puntualizza Maccioni - e come costituiscano solo delle illazioni le affermazioni di chi in questo momento particolare dovrebbe collaborare per la risoluzione delle criticità. Relativamente alle attività ambulatoriali che vengono ancora garantite si fa presente come le stesse siano state tutte sospese ad esclusione delle prestazioni con priorità breve oppure urgenti. I prelievi vengono garantiti solamente alle persone che necessitano di prestazioni urgenti oppure in stato di fragilità come i malati oncologici, donne in stato di gravidanza, ecc.. Le stesse prestazioni, peraltro, vengono eseguite in locali completamente autonomi e separati dalle stanze degenza".
"L’attività sanitaria presso la struttura di Treia dell’Asur AV3 continua in piena sicurezza con l’impegno di tutto il personale ivi operante, ivi compresi di medici della continuità assistenziale che quando interpellati non hanno esitato a fornire il loro apporto" conclude Maccioni.
Un pensiero “dolce” per chi, ogni giorno e da settimane ormai, è impegnato nella lotta in prima linea al Coronavirus. Simbolico quanto significativo gesto quello che ha voluto compiere l’Associazione Nazionale Carabinieri di San Severino Marche nei confronti dei sanitari dell’ospedale civile “Bartolomeo Eustachio”.
Guidati dal Comandante della locale Stazione Carabinieri, maresciallo maggiore Massimiliano Lucarelli, che ha fattivamente collaborato all’iniziativa, e alla presenza del Comandante della Compagnia Carabinieri di Tolentino, capitalo Giacomo De Carlini, i soci volontari dell’Anc, accompagnati dal vice presidente della sezione settempedana, il luogotenente Francesco Losurdo, hanno recapitato alcune decine di uova di Pasqua di cioccolato offerte dalla ditta Caffarel di Luserna San Giovanni, in provincia di Torino.
“Insieme alle uova - sottolinea il referente dell’Associazione Nazionale Carabinieri settempedana, il carabinieri ausiliario Francesco Cicconi - abbiamo consegnato anche una lettera di ringraziamento per il prezioso lavoro che tutti stanno svolgendo. Il nostro ha voluto essere un piccolo pensiero per chi è in prima linea in questo difficile momento in un luogo divenuto una trincea per combattere un nemico subdolo e invisibile che ha stravolto le nostre abitudini quotidiane”.
Parole di ringraziamento durante la breve ma intensa cerimonia sono state pronunciate anche dal vice presidente dell’Anp, il luogotenente Losurdo, che ha sottolineato: “Questo piccolo dono che abbiamo voluto fare agli operatori è stato fatto con il cuore e nella speranza che potesse contribuire a far trascorrere qualche minuto in più questi nostri eroi con le proprie famiglie durante le festività pasquali”.
Insieme ai sanitari e al personale dell’ospedale alla consegna ha preso parte anche il direttore di presidio, dottor Massimo Sgattoni, il quale ha calorosamente ringraziato per la benefica iniziativa. A far sentire la vicinanza delle istituzioni e della Città di San Severino Marche è intervenuto pure il sindaco, Rosa Piermattei: “Ancora una volta desidero ringraziare pubblicamente i nostri dottori e tutto il personale sanitario, oltre ai Carabinieri, alle forze dell’ordine, ai tantissimo volontari, per quello che ogni giorno fanno a favore della nostra comunità anche in questo periodo di particolare criticità. Spesso in silenzio, spesso dietro le quinte, spesso senza neppure ricevere un grazie, danno a noi tutti una grande speranza. Sono certa che tutto questo ci aiuterà a ritrovarci presto e sarà un motivo in più per tornare a festeggiare il nostro stare insieme”.
Presso l'Unità Operativa di Pneumologia dell'Azienda Ospedali Riuniti di Ancona è stata avviata la sperimentazione di un innovativo dispositivo, potenzialmente in grado di predire l’evoluzione clinica della patologia relativa alla polmonite da coronavirus, misurando la percentuale di liquidi presente nel tessuto polmonare.
A comunicarlo è il Direttore Generale della Pneumologia di Ancona, il dott. Michele Caporossi.
Questo dispositivo, denominato Remote DielectricSensing (ReDS™), prodotto da un’azienda Israeliana all’avanguardia nel settore (SensibleMedicalInnovations LTD) e fornito a titolo gratuito agli Ospedali di Ancona, è in grado di rilevare mediante onde elettromagnetiche la quantità di liquidi presente in una determinata regione del polmone mostrando un’eccellente correlazione con la tomografia computerizzata del torace (TC), ed è stato, ad oggi, testato e validato unicamente nello scompenso cardiaco.
L’ingegnosa idea di sperimentarlo, per la prima volta nel mondo, nel contesto clinico della polmonite da coronavirus è del Professor Stefano Gasparini, Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’Università Politecnica delle Marche.
In particolare, tale dispositivo, non invasivo e sicuro, viene utilizzato sulla base di un protocollo sviluppato dalla Professoressa Martina Bonifazi (Professore Associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’Università Politecnica delle Marche) in pazienti con polmonite da coronavirus ricoverati presso l’unità COVID pneumologica al momento dell’ingresso in reparto e longitudinalmente nel periodo di degenza, al fine di misurare la variazione giornaliera della percentuale di liquidi nel tessuto polmonare e potenzialmente predire l’evoluzione clinica della stessa.
Infatti, nella patogenesi della polmonite da coronavirus, gioca un ruolo fondamentale l’accumulo nell’interstizio polmonare (da qui la denominazione “polmonite interstiziale”) di conglomerati di cellule polmonari danneggiate, secrezioni, edema e sangue, la maggior parte delle quali si presentano in stato liquido.
Questo strumento, la cui tecnologia, basata sull’analisi di radiofrequenze che attraversano il polmone, è derivata da sistemi radar militari e ci può dare informazioni essenziali in tempi rapidi e senza rischi per il paziente, sulla quantità di fluido accumulato nel polmone e quindi sull’entità del coinvolgimento del tessuto polmonare all’esordio e nel decorso clinico.
La rilevazione si basa sull’applicazione sul torace del paziente di due piastre, una sul dorso ed una sulla parete anteriore; la prima piastra è un generatore di radiofrequenze che, attraversando il polmone si modificano in base alla quantità di liquido presente.
Il segnale viene rilevato dalla piastra posta anteriormente ed elaborato mediante apposito software, fornendo in modo accurato la percentuale di liquido presente nel polmone, percentuale che correla con la compromissione dell’organo conseguente alla gravità della polmonite.
La prima fase della valutazione sarà volta a verificare l’accuratezza dello strumento in questo contesto confrontandola con immagini radiologiche standard ed ecografiche e, successivamente, seguirà una seconda fase nella quale se ne esplorerà il potenziale prognostico e di monitoraggio evolutivo.
"In questa fase di assoluta emergenza, più che mai, è importante poter disporre di dispositivi rapidi, affidabili - sottolinea il dott. Caporossi -, e di alto livello tecnologico che da un lato semplifichino la complicata gestione di questi pazienti e dall’altro ci forniscano anche importanti elementi per cercare di comprendere tutti gli aspetti patogenetici della malattia ed il loro ruolo nell’evoluzione nelle forme più severe, in modo da poter ottimizzare l’approccio terapeutico nel più breve tempo possibile e vincere questa guerra in un connubio indissolubile, che è quello tra ricerca ed assistenza".
La figura presente sopra mostra, a sinistra, lo schema del sistema radar miniaturizzato con le onde a radiofrequenza che, generate dalla piastra dorsale, attraversano il polmone e vengono rilevate dalla piastra posta anteriormente. A destra lo strumento applicato a scopo dimostrativo in un soggetto sano.
A Macerata questa mattina, con la partecipazione del Vescovo Mons. Marconi e del direttore Area Vasta Alessandro Maccioni, è stato aperto il reparto di emergenza covid-19 con 30 nuovi posti (leggi qui). Il reparto è pronto ed il personale è già operativo per accogliere i primi pazienti in arrivo.
Molte delle postazioni sono monitorizzate per prestazioni di medicina d’urgenza. Sono presenti nella struttura Ipad per le videochiamate ai familiari dei pazienti.
E’ di pochi giorni fa la notizia della donazione delle postazioni da parte della ABF con il rinnovo dell’impegno a continuare a supportare il territorio marchigiano (leggi qui), e in particolare le aree del sisma 2016 dove la fondazione è attiva da tempo con interventi di ricostruzione.
“Una collaborazione proficua tra istituzioni e Fondazione privata che ha permesso di realizzare grandi cose a favore delle nostre comunità, allora le scuole e oggi gli ospedali: l’ospedale di Camerino con i 4 ventilatori polmonari e i dpi e il reparto di Macerata – dice il Governatore della Regione Marche Luca Ceriscioli – E’ un grande contributo per il quale ringraziamo il fondatore Andrea Bocelli per la sua carica, il suo spirito, la sua presenza, sono motivo per noi di grande valore che hanno saputo dare in questi anni forza alle nostre realtà”.
“Quando sono arrivato nelle Marche, nel 2017, la prima parola che mi ha accolto e che ancora riecheggia nel mio cuore e in quello di tutti in ABF è stata Grazie. Un grazie sentito, che veniva dalle tante persone che con ABF avevamo scelto di supportare.” – dice il Maestro Bocelli – “Una gratitudine e una fiducia nata dall’azione, che viviamo con grande responsabilità perché è testimonianza di stima, quella stima che auspichiamo di continuare a meritare dando il nostro contributo ad una terra, le Marche, a cui siamo legati ma anche al nostro intero Paese.”
ABF continua a lavorare per raccogliere fondi sulla piattaforma “gofundme.com – ABF per emergenza covid-19” per aiutare e supportare l’attività di ulteriori reparti e ospedali. E’ possibile inviare il proprio contributo anche in ulteriori modalità scrivendo a development@andreabocellifoundation.org
Per contribuire basta andare su https://www.gofundme.com/f/wk67wc-abfxcamerino
Ieri pomeriggio, 8 aprile, il Direttore dell’Area Vasta 3 Alessandro Maccioni si è recato presso la sede della SVILA s.r.l. di Visso per incontrare il direttore dello stabilimento Mauro Enrico Parretti ed “accettare” personalmente una inaspettata e generosa donazione a favore dell’Ospedale di Camerino, come comunicato nei giorni scorsi dal Consigliere Delegato della Società, Maurizio Crea.
La SVILA s.r.l., sin dal 1974, produce pizze surgelate di qualità e - nel corso degli anni - ha sempre dimostrato un profondo legame con Visso, sede della società, e con tutto il territorio limitrofo.
Sin dal 2012 la società fa capo all'imprenditore italo americano Alexander Palermo che, insieme al consigliere delegato Maurizio Crea ed al direttore dello stabilimento Mauro Enrico Parretti sono stati sempre attenti ai bisogni del territorio.
Nell'emergenza sanitaria legata al coronavirus, l'azienda ha deciso di intervenire con una donazione a supporto dell’Ospedale di Camerino.
La struttura ospedaliera della città universitaria marchigiana, trasformata poche settimane fa in Covid Hospital, aveva necessità di acquisire, come evidenziato dal Direttore dell’Area Vasta 3, un nuovo tavolo radiologico. Grazie all’intervento della SVILA l’importante tecnologia, che potenzierà l’attività della U.O. radiologia dell’Ospedale, verrà installata il prossimo 20 aprile, ed il suo valore complessivo ammonta a 222.528 € iva inclusa.
"La donazione rientra appieno - dice Parretti - nelle filosofia imprenditoriale di Alexander Palermo, che ha sempre creduto nella SVILA, intervenendo con massicci investimenti che hanno portato l’Azienda, dagli iniziali 11 milioni di fatturato agli oltre 30 milioni attuali, producendo e distribuendo prodotti di alta qualità in Italia e nel mondo".
Nello stabilimento di oltre 5.000 mq., che si trova all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, lavorano più di 180 professionisti del settore.
"Con questa donazione si sottolinea ancora una volta come la strategia della sanità regionale, ed in particolare del Presidente Luca Ceriscioli - afferma il direttore dell'Area Vasta 3 Alessandro Maccioni -, che ha voluto ringraziare personalmente al telefono il Direttore Parretti, sia quella di potenziare l’offerta sanitaria del Presidio ospedaliero di Camerino, il quale si presenterà con nuove potenzialità una volta superata questa drammatica emergenza. Al titolare dell’Azienda Alexander Palermo, al consigliere delegato Maurizio Crea ed al direttore dello stabilimento Mauro Enrico Parretti un immenso e caloroso grazie per questo indimenticabile gesto di generosità".
Ci sono tanti modi per ringraziare gli operatori sanitari che ogni giorno combattono in prima linea l'emergenza Covid-19 all'interno dei presidi ospedalieri della provincia di Macerata.
Uno storico salumificio dell'entroterra ha scelto senza dubbio la maniera più gustosa per alleviare le fatiche che stanno affrontando i medici e infermieri in questi giorni: donando 250 ciauscoli a tutti i raparti di Pronto Soccorso e postazioni del 118 presenti sul territorio maceratese.
Una donazione ovviamente molto apprezzata, soprattutto considerando l'avvicinarsi delle festività pasquali e questo è stato uno dei migliori modi per fare gli auguri a tutti quelli che continuano negli ospedali a curare i malati.
Il gesto si unisce a quello di tanti che in queste ultime settimane hanno manifestato grande solidarietà e massimo rispetto nei confronti dell'instancabile lavoro che gli operatori sanitari portano avanti nei raparti Covid e non.
I test sierologici permettono di verificare attraverso un prelievo del sangue, in tempi molto rapidi, la presenza e il tipo di anticorpi nell’organismo, e quindi di stabilire se la persona analizzata è venuta in contatto con il virus e se è o è diventata immune.
Questa modalità diagnostica si è affiancata di recente agli esami virologici di biologia molecolare (tamponi), che rimangono l’esame elettivo di seconda fase alla quale rivolgersi comunque nel caso di positività riscontrata nell’esame sierologico.
“Strutturiamo sul campo – afferma il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli - una attività molto importante: testare il personale sanitario in tempi rapidi è una azione di tutela sia per gli operatori, sia per i pazienti. Agli operatori sanitari, che sono ormai da più di un mese in prima linea con professionalità e con senso di responsabilità, dobbiamo non solo il ringraziamento a parole, ma, nei fatti, la garanzia di lavorare in condizioni di sicurezza, per sé e per i pazienti”.
“L’Azienda – spiega il Direttore generale Michele Caporossi - si appresta a sottoporre a test sierologico in chemiluminescenza verso SARS-CoV-2 tutti gli operatori secondo una logica di centri concentrici predisponendo un percorso integrato per ulteriormente contrastare la diffusione dell’infezione e garantire l’attività di sorveglianza e protezione degli operatori”.Dopo aver collaudato la tecnologia ed effettuato la formazione degli operatori, appartenenti al dipartimento dei servizi diretto dal prof Marcello D’Errico, preside della facoltà di Medicina, si è definita la strategia per il primo step, che si conta di concludere entro questa settimana: prioritariamente saranno sottoposti a screening gli operatori delle aree covid, a partire dal pronto soccorso, medicina d’urgenza, rianimazione, reparti semintensivi e reparti ordinari.
L’esame ha un tempo di risposta di due ore. Se l’operatore risulta negativo, viene ritestato dopo 15 giorni, se è positivo viene allontanato cautelativamente e sottoposto a tampone di conferma. In caso di positività confermata l’operatore viene allontanato per essere ritestato, sempre con tampone, a distanza di 7 giorni. Saranno testati a Torrette 3800 dipendenti. I kit sono in parte disponibili e in parte in arrivo la prossima settimana. Si comincerà con 200 sieri al giorno, con eventuale implementazione del percorso diagnostico nei prossimi giorni.
Lo screening sugli operatori sanitari ha anche una importante valenza sperimentale che può dare risposte relative alle possibilità e alle modalità di applicazione del percorso diagnostico sulla popolazione. “Si sta lavorando in questo senso – afferma il prof. D’Errico - anche con una condivisione a livello di comunità scientifica nazionale, analizzando i risultati dei percorsi messi in atto nelle varie realtà italiane. La sintesi dei risultati potrà fornirci importanti indicazioni operative”.
Anche all’Area Vasta 3 è arrivata, per il tramite del Comune di Macerata, la meravigliosa dimostrazione di amicizia della città cinese di Taicang nei confronti del territorio maceratese. Si tratta di 6.000 mascherine chirurgiche messe a disposizione per le esigenze dell’Area Vasta 3. La consegna è stata effettuata di persona, al Direttore dell’Area Vasta 3, da Dario Marcolini vice presidente dell’agenzia americana Via Soccer presieduta da Su Sue, società che si è fatta da tramite con l’amministrazione della città cinese.
Un caloroso ringraziamento, anche a nome degli operatori sanitari dell’Area Vasta 3, alla società Via Soccer ma soprattutto ai cittadini e alle famiglie della città di Taicang per la loro vicinanza.
L’Area Vasta 3, grazie alla solidarietà attivatasi in questo difficile periodo di emergenza sanitaria da Pandemia Covid – 19, ha ricevuto delle importanti donazioni da parte delle imprese:
“ENGIE SERVIZI S.P.A” ha offerto un’erogazione gratuita, per i prossimi 6 mesi, delle forniture di luce, gas e servizi manutentivi inclusi, in favore della “Palazzina Ex Malattie Infettive” – Ospedale di Macerata, adibita all’emergenza sanitaria Covid-19, nonché relazioni relative alle verifiche dei parametri degli impianti di CDZ e ventilazione per i presidi dedicati ai malati Covid-19 (Ospedale Camerino, Ospedale Civitanova, Palazzina Ospedale di Macerata), finalizzate a realizzare misure di contenimento del “rischio Covid-19” ai fini della sicurezza e tutela degli operatori sanitari. Il valore della donazione è di circa Euro 40.000,00;
“SIEM S.R.L.” ha offerto a titolo gratuito l’attività lavorativa necessaria per la realizzazione di opere di “Collegamento elettrico ventilatori assiali per estrazione aria locali COVID-19”, da eseguirsi presso l’Ospedale di Civitanova Marche unitamente ad altri piccoli interventi di manutenzione/forniture; Il valore della donazione è di circa Euro 10.000,00;
“ELETTROSTELLA S.R.L” ha donato 13 televisori da 24” e relative piastre di fissaggio da installare nelle camere di degenza presso la “Palazzina Ex Malattie Infettive” – Ospedale di Macerata adibita ad “Emergenza Covid -19”; Il valore della donazione è di circa duemila euro;
Il contributo offerto rivela una sensibilità di cui il sistema sanitario è grato, specie in questo momento di difficile impegno per tutti i suoi dipendenti, e, pertanto, si ringraziano tutti coloro che ci hanno sostenuto e vorranno sostenerci in futuro.