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Politica Provincia Macerata

Le "belle grane" dell'Acquaroli II: ecco i 6 nomi in pole per la Giunta. E c'è un "caso" Macerata

Le "belle grane" dell'Acquaroli II: ecco i 6 nomi in pole per la Giunta. E c'è un "caso" Macerata

"Il nemico è vinto, battuto. Ma guai ai vincitori". Anche se l’Acquaroli II inizia con più certezze che dubbi, soprattutto per quello che riguarda il primissimo impegno: la composizione della Giunta.

Una maggioranza coesa, un partito – Fratelli d’Italia – sempre più leader della coalizione, altri cinque anni per scaricare a terra le cose avviate durante il primo giro di giostra, a partire dalla riforma della Sanità, meno problemi per scegliere la sua squadra rispetto ai suoi esordi nel 2020.

In base alle sue dichiarazioni i "magnifici sei" saranno quelli che risponderanno a tre requisiti: competenza, radicamento sul territorio e consensi ricevuti nella propria provincia di riferimento. Scorriamo i nomi e tentiamo il 6 al Superenalotto della nuova Giunta regionale.

Pantaloni di Ascoli (FdI): assessore al Comune Capoluogo, quota Sindaco Fioravanti, donna, elemento fondamentale per rispettare le quote rosa, miss preferenze. Calcinaro di Fermo (MpA - Marchigiani per Acquaroli): mister preferenze, colma il vuoto del fermano nell’Acquaroli I, figura espressione della società civile che mancava ad un partito, come FdI, che ha sempre faticato a sfondare sull’elettorato moderato, restando troppo appiattito sul premiare la fedeltà, non sempre amica della competenza.

Bugaro di Ancona (FdI): assessore in pectore da mesi, manager con esperienza politica a vari livelli e con esiti alterni, una figura di quell’Ancona che chiedeva a gran voce un punto di riferimento dopo il "buco" dei primi due anni, colmato poi con l’assessore Brandoni di Falconara negli ultimi tre. Ma Ancona è Ancona, non tollera surrogati benché eccellenti.

Baldelli di Pesaro (FdI): tra tutti è quello che risponde pienamente a tutti e tre i requisiti, ha stravinto in terra nemica, in una provincia che esprimeva il candidato antagonista di Acquaroli, riscuotendo ovunque i successi del suo primo assessorato che, a detta di tutti, è stato quello che ha fatto la differenza per la vittoria con ampio margine del centrodestra.

Fin qui le certezze (quasi) assolute sui nomi. Troppo presto per sbilanciarsi sulle deleghe. Sugli altri due nomi, quota Lega e Forza Italia, formuliamo alcune ipotesi. In pole per la Lega, uscita fortemente ridimensionata rispetto al 2020, c’è l’uomo dell’On. Carloni, il pesarese Enrico Rossi: giovane, Sindaco di Cartoceto, un volto nuovo rispetto agli altri due eletti in quota carroccio, Marinelli e Antonini, a cui andrebbero altri incarichi istituzionali.

Per Forza Italia, c’è Pasqui, già Vice Presidente del Consiglio Regionale e Sindaco di Camerino, persona equilibrata che ha vinto una concorrenza spietata in provincia, dentro e fuori il suo partito. Dovrebbe vincere il derby con l’anconetano Consoli: chi dei due perde potrebbe rientrare ai vertici del Consiglio Regionale.

Questi i nomi che più di altri risponderebbero meglio ai requisiti acquaroliani, rispettando anche un certo equilibrio territoriale e gli attuali rapporti di forza nella coalizione.
Fuori Giunta c’è al vertice dei desiderata la Presidenza del Consiglio, nei primi cinque anni assegnata a Dino Latini (UDC). Continuità indurrebbe a pensare a Luca Marconi, stesso partito, lunga esperienza e garanzia di moderazione, ma potrebbe anche arrivare una nomina da Lega e Forza Italia.

Gli altri esclusi sarebbero accontentati con incarichi che facciamo fatica a ritenere di seconda fascia, considerato che nell’Acquaroli I hanno causato non poche grane al Presidente.
Ne cito due: SVEM e ATIM.

SVEM, ci si aspetta un cambio di passo, con una figura che sia espressione autentica delle categorie economiche del territorio: qui, forse, la scelta ricadrà su un esterno - imprenditore appartenente a Confindustria? - un super partes, competente e di caratura internazionale.

ATIM, è pur vero che c’è un direttore, ma ci vorrebbe un Consiglio di Amministrazione in grado di dettare una linea politica chiara. Non sarebbe male affidare la guida a Brandoni, che ha guidato il Bilancio della Regione Marche con competenza e professionalità.

Questo il borsino, che dovrà tener conto anche di una novità: gli assessorati passeranno da 6 a 8. Quando non si sa, ma il +2 garantisce ad Acquaroli di tenere a bada oggi chi ha ottenuto risultati eccellenti (Putzu a Fermo, Ausili ad Ancona, Borroni a Macerata, Cardilli ad Ascoli, che è in quota senatore Castelli), ma che per il momento sono un gradino sotto ai sei citati e, soprattutto, hanno un problema: sono tutti di FdI.

Meritano un discorso a parte le due città orfane di rappresentanti: Pesaro e Macerata. A Pesaro, tutto sommato, non hanno di che lamentarsi: qui Baldelli, molto presente a Pesaro, ha triplicato i suoi consensi, è stato il più votato in assoluto in provincia, ed è oggi considerato il vero leader territoriale dopo aver spodestato lo stesso Ricci, portando a casa risultati impensabili come assessore delle Infrastrutture: basterebbe citare la Fano-Grosseto, Galleria della Guinza in primis, e il nuovo ospedale di Pesaro.

Macerata però diventa un caso politico, su cui centrodestra e centrosinistra dovrebbero riflettere, soprattutto in vista delle elezioni comunali della prossima primavera. La città capoluogo del candidato Presidente non è stata in grado di esprimere un consigliere che uno.

Al già Sindaco Carancini non ha giovato un’opposizione costante e puntuale per ottenere un bis che avrebbe lenito il dolore per la sconfitta. Gli succede il Sindaco di Montecassiano Catena, figura tutta da scoprire e che dovrà dimostrare di essere all’altezza di un ruolo difficile e che lascia pochi margini di manovra.

La doppia sconfitta in casa Pd, Ricci-Carancini, dovrebbe aprire un capitolo sanguinoso dentro un partito dove già scalpitano esponenti centristi, disposti a tutto, compreso a digerire il mattone del Campo Largo, ma non a sparire nelle linee politiche di un partito che continua a dare la colpa all’astensionismo.

Sul versante del centrodestra le cose non vanno meglio. Qui a Macerata ha perso vincendo, un risultato che in pochi riuscirebbero a conseguire. Non avere rappresentanti in Regione nella città dove è iniziata la vera svolta dell’era pre-meloniana, dove la Lega aveva una quota importante di consensi di chi nel 2020 chiedeva un cambiamento radicale, è l’unica macchia sul vestito della vittoria di Acquaroli.

Guai ai vincitori non riflettere sulle cause di questa macchia, da cui potrebbero risorgere le mire di un centrosinistra che si presenterà molto agguerrito ai prossimi appuntamenti: le comunali e, nel 2027, le politiche.

Una prima lettura è quella più facile: è mancato il ruolo di collante e di leadership del Sindaco-imprenditore Parcaroli, colui che nel 2020 aveva rappresentato plasticamente il cambiamento, ma che, alla lunga, ha sofferto troppo l’inesperienza, pagando a caro prezzo la litigiosità tra i componenti della sua stessa coalizione, in Giunta e in Consiglio, prigioniero di uno slancio emotivo che lo ha portato a fare annunci frettolosi e dichiarazioni eccessivamente ottimistiche (nuovo ospedale su tutte).

"Macerata, la città dove amerai vivere e lavorare" – per citare il suo slogan e la sua promessa del 2020 – è oggi la città dove Acquaroli dovrà lavorare molto per evitare che diventi la sua Ohio delle Marche.

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