di Carlo Cambi
Ricordatevi di Luigi D’Aquino, generale napoletano che aduso a fare il pendolo tra le fazioni non ebbe gloria, ma determinò il corso della storia. E’ con questo ammonimento che accetto l’invito dell’amico Guido Picchio a svolgere qualche considerazione attorno alle prossime elezioni amministrative che manderanno – questo è l’unico risultato già certo – in archivio dieci anni di “signoria” di Romano Carancini avendo attenzione a ciò che accade – o non accade - nell’accampamento del Centrodestra.
Per curiosa coincidenza della storia potrebbe verificarsi che si vada alle urne nell’imminenza di un anniversario troppo spesso negletto dalle nostre parti: la battaglia di Tolentino.
Nulla a che vede con il sindaco Pezzanesi, beninteso. Ché la proporzione degli eventi è assai diversa. Molti storici negano che lo scontro tra l’audace Re di Napoli, cognato (poi traditore) di Napoleone Bonaparte, e gli austriacanti sia stato l’embrione del Risorgimento. Io invece me ne sono fatto persuaso e dico che se il Murat una colpa ce l’ha è di non aver saputo cogliere l’attimo che la Storia gli aveva offerto. L’avesse fatto sarebbero mutati i destini suoi, ma soprattutto di gran parte delle genti d’Italia.
A Macerata in questi giorni accade lo stesso; mi auguro che il Centrodestra non disperda l’occasione che la storia gli propone. Sarebbe un danno per sé, ma soprattutto per i maceratesi.
Ebbene la battaglia di Tolentino come si dovrebbe ricordare si combattè tra il 2 e il 3 maggio 1815. Gli scontri ebbero inizio quando il Re di Napoli stava ancora a palazzo Torri (vedete com’è Macerata? Non c’è nulla - lapidi risorgimentali a parte- che illustri come quelle mura avite siano state teatro per due volte della Storia grande col passaggio di Napoleone e del cognato, poi ragionano di turismo e di cultura…mah) e fu nella mattina del 3 che stava per vincere quando, contesa La Rancia, fu D’Aquino a combinare il pasticcio. Inquadrò i napoletani rendendoli facile bersaglio dei soldati austriaci, non solo a Murat mandarono falsi messaggi ed egli decise di ritirarsi. L’esercito si squagliò e con esso la speranza della “liberazione” dell’Italia dalla forza straniera e dal giogo del papato.
Se ricordo questi eventi è perché attende il Centrodestra un altro 3 maggio.
C’è l’opportunità di ocogliere l’attimo di un Risorgimento della città scivolata prima a valle, pi in posizione marginale rispetto alla sua provincia, quasi raggrumata in rancoroso isolamento dal resto dei territori, incattivita in fazioni all’ombra delle quali si coltivano meschini e privatissimi interessi.
Macerata ha bisogno – indipendentemente dallo schieramento e dal condottiero – di tornare a essere città motrice del suo territorio, città promotrice di intelletto, città nutrice delle sue ambizioni guardando per prima cosa alle (scarse per consistenza purtroppo) nuove generazioni.
L’errore di Murat fu quello di ascoltare falsi messaggi, il fato gli mise accanto per la fase finale della guerra un generale che aveva avuto intese con la monarchia borbonica, ma soprattutto rivelò ciò che Napoleone sapeva benissimo: egli era uomo di invidiabile coraggio, ma privo di qualsiasi senso tattico. Aveva costruito la sua fortuna militare sulla forza d’urto della cavalleria, ma quando si trattava di organizzare un piano di battaglia non aveva idea di come condurre il campo.
Ora è tempo che io esca dalla metafora.
Lascio a chi legge di considerare chi possa vestire nel Centrodestra i panni di Gioacchino Murat, ma so per certo – lo si è letto sulle cronache cittadine – che a qualcuno nello schieramento di Centrodestra è venuto in mente di affidare le truppe a una riedizione di D’Aquino. Infarcendo di falsi messaggi l’indicazione medesima. Non si va lontano con simili generali.
Come Murat, qualche partito ritiene che basti lo sfondamento della cavalleria per aver ragione di linee avverse che hanno fatto dell’accerchiamento (e talvolta della circonvenzione) un’arte fino a rinserrare la città in un’autoreferenzialità da "ancien regime"!
Ciò che servirebbe a Macerata è una propensione alla ricostituzione del tessuto produttivo, al restauro del tessuto urbano, sociale ed economico, alla capacità progettuale complessiva, alla produzione culturale.
Ho in testa che il Centrodestra piuttosto che impastoiarsi in deboli e inconcludenti schermaglie interne che paiono più un prender o perder tempo in attesa non si sa di quale illuminazione messianica sulla scelta del candidato avrebbe dovuto stendere un programma comune e una volta fatto questo progetto vedere quale personalità meglio indossava questo abito. Che lo ricordo viene da abitare, perché il nuovo sindaco di Macerata dovrà indossare la città, dovrà portarla su di sé e accompagnarla di nuovo a sfilare sulla passerella del mondo.
E’ priva questa città di progetto economico, è priva di dialogo con il suo più potente motore intellettuale, l’Università, è priva di una proiezione futura.
I candidati alle primarie del Centrosinistra hanno squadernato sin qui visioni settoriali. Ciò che serve invece è una rifondazione della città in decisa rottura con i peggiori dieci anni della sua recente storia.
Si pensa, per dirne una, veramente che il centro storico languente sia solo una questione di ztl, di negozi che chiudono, di desertificazione demica? Quelli sono gli effetti, ma la causa prima è la perdita d’identità della città. Macerata è ora in cerca d’autore, Macerata ha bisogno di ritrovare una sua funzione e una ragione della sua coesione.
E poiché il centro è il luogo dell’identità urbana – intesa anche come comunità – avendo noi un’identità sdrucita è conseguenza che il centro perda peso e attrattiva. Del resto per chi ha governato sin qui era tatticamente comodo disperdere il senso di cittadinanza: è più facile governare delle monadi che non affrontare un’idea coesa e programmatica.
Ciò detto, veniamo al Centrodestra nelle sue - non troppo evidenti - manifestazioni, che si segnalano più per enunciazioni che per elaborazioni. Si culla la Lega nell’illusione che l’effetto-Salvini sia bastevole a garantirsi il successo. Se i conti si fanno sui risultati prima delle politiche e poi delle europee diciamo che sono malcontati.
C’è stato nell’imminenza di quelle consultazioni qualcosa di tremendo e di unico a Macerata e la reazione ha guidato d’impulso la matita elettorale. Ma il tempo ora è passato e la città per sua (positiva) natura è abituata non ai bruschi cambiamenti, a questa città – che non versò lacrime per Murat come successivamente elesse Garibaldi all’assemblea nazionale, ma come ultimo – non piacciono i sommovimenti, quanto piuttosto i convincimenti.
Dunque sarebbe urgente piuttosto che fare caminetti (fumosi) per decidere il candidato, aver fatto incontri pensosi per stendere un progetto di città. E cominciare un dialogo diuturno, sincero e profondo con la città. Bisogna avere un atteggiamento di razionale affetto per Macerata, non un prospetto muscolare!
Non è avvenuto per ora ed è sperabile che accada prima dell’annuncio ufficiale del comandante in capo. Vi è un’altra esigenza: non disperdere l’esercito. Il Centrodestra deve restare coeso anche a costo di siglare patti in anticipo tra le diverse componenti per poi dividere il successo. Guai se accadesse il contrario. E del pari non s’abbia fretta a designare il candidato, s’abbia costanza nel disegnare un programma articolato.
Il 16 febbraio il centrosinistra terrà le sue primarie e indicherà il suo conducator. Non resti il Centrodestra impiccato a quella circostanza, anche perché con tutta probabilità il competitor che emergerà dall’accolita del Pd porta per sua natura una data di scadenza. Insomma è prodotto deperibile!
Il Centrodestra deve avere la forza di indicare il "che fare", e poi "chi" avrà il compito di coordinare il progetto. E’ abbastanza evidente che dopo dieci anni di metodo Carancini se si vuole avere una reale prospettiva di vittoria non si può pensare di indicare un uomo solo al comando. Ed è il bisogno stesso della città che lo indica: c’è bisogno per rivitalizzare Macerata di una molteplicità di competenze a cui il Sindaco deve dare ascolto e sintesi.
E’ abbastanza imbarazzante che il Centrodestra non riesca a leggere la realtà fattuale che da sola s’incarica di indicare la strada per prevalere. E’ la città – o meglio il suo evidente impoverimento – a chiedere competenze plurali. Dunque, ogni possibile candidato e ogni diversa sensibilità che significa anche ogni diversa – quando c’è – identità culturale dello schieramento può e deve trovare nella composizione della lista una rappresentanza evidente. Piuttosto che dividersi sul candidato è bene che i diversi candidati s’intestino un pezzo di strada, un settore, una proposta, un’occasione di dialogo con la città. Tenendo conto che da sempre Macerata anticipa il quadro nazionale e fortemente è consonante alle vicende regionali.
Insomma, scimmiottando Guido Piovene, si può ben dire che anche a livello politico le Marche sono l’Italia e Macerata è le Marche. Dopo, e solo dopo, si sceglierà il Comandante che però senza il concerto dei suoi generali rischia di non avere sufficiente acume tattico e sostegno dell’intendenza.
Si dirà, "ma il tempo stringe". E io rispondo al Centrodestra: "usalo per dirci che città hai in mente". Poi che la interpreti Andrea Marchiori o qualcun altro avrà un valore secondario.
Ciò di cui il Centrodestra però deve tenere conto sono cinque caratteristiche che il candidato deve avere: autorevolezza, lungimiranza, popolarità, capacità di mediazione, intelletto programmatico. E’ possibile che queste doti non siano riunite in un solo nome. Ebbene, dove sta lo scandalo nel cercare fuori dalle coalizioni e delle fazioni, nella popolazione attiva, come nelle professioni, in chi suda il domani un simbolo?
Se il Centrodestra avesse confezionato l’abito (il programma) potrebbe aver lanciato un concorso per scegliere chi meglio lo indossa. Si dirà: non è stato fatto e quindi… E quindi male. Non è stato fatto, ma forse si può ancora fare. Io potrei qui fare dei nomi, anzi li faccio: Silvano Iommi, Paola Ballesi, Giuseppe Rivetti, qualche avvocato di grandissimo spessore umano e professionale.
Non cito esponenti di partito perché non voglio attizzare diatribe deleterie, ma insomma è noto a tutti che attorno al caminetto di Mosca c’è chi ha esperienza e amore per questa città da vendere e che forse meriterebbe di compiere oggi ciò che non fu consentito si compisse allora. Così come una candidatura al femminile darebbe un segno potente di discontinuità, capace di smentire “in res” la retorica della sinistra.
Del pari la composizione delle liste ci dirà se si ha la forza e la prospettiva di cambiare la città partendo dalle competenze dei cittadini. Credo che questo sia il quadro. Credo che studiarsi appena un po’ gli errori che vennero commessi nella battaglia di Tolentino servirebbe a capire come non ripeterli. Sapendo che Macerata ha indifferibile bisogno del suo Risorgimento. Se volete ve la dico più piana: presto che è tardi, ma anche occhio che la gattina frettolosa fece i gattini ciechi.
E davvero Macerata non ha bisogno di questo: da troppi anni naviga a vista e ora ha sbattuto contro il muro del declino.
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