“Bisogna darsi una governance totalmente differente. Anche se abbiamo avuto quattro terremoti e se la dimensione di questi è stratosferica, tutto ciò non risolve il fatto che non riusciamo ad andare avanti su alcune cose: macerie, stalle, casette. Questa non è ricostruzione, non è ricostruzione, questa è la gestione dell’emergenza. Bisogna cambiare. Cam-bi-a-re. E bisogna dare e fare un’altra governance. Sennò non ce la faremo. Non mi interessano le polemiche sui giornali. Ma non esiste il fatto che per cominciare a fare le casette – che non è ciò che devo fare io – si attenda di avere il fabbisogno definitivo di tutte le casette. Non esiste! Non esiste che per fare le stalle bisogna metterci tutto questo tempo. Non e-sis-te! Nel decreto ci sono alcune cose che rispondono anche a questo problema. Anche i sindaci possono diventare stazione appaltante e soggetto attuatore: per il provvisorio, per le casette e per il commercio. Ma bisogna darsi un’organizzazione: a livello provinciale, a livello di unioni montane. Decidiamolo, decidetelo. A me va bene ogni soluzione. L’importante è che sia efficace ed efficiente. L’importante è che tutte le volte che da adesso in poi facciamo un’ordinanza, prima si riesca in questi luoghi a parlarne…. Bisogna che ci diamo un’organizzazione, sennò non riusciamo a rispondere ai problemi… Non esiste la centralizzazione della ricostruzione e l’impianto normativo non è centralizzato…”
Con queste testuali parole, il commissario straordinario, Vasco Errani, interveniva giovedì 16 febbraio ad un incontro con sindaci e amministratori regionali, presso la sede del CONI di Ancona. Parole studiate con la massima attenzione. Distillate ad una ad una e dispensate ad una platea talvolta assorta nell’ascolto, quasi in religioso silenzio, oppure rumoreggiante e vociante di protesta. Uno sfogo amaro, dal quale tuttavia, non trapela un solo filo di emozione. Una semplice presa d’atto dell’incapacità, da parte di tutta la classe dirigente regionale, a combinare anche un benché minimo accenno di passo in avanti. Ma anche una richiesta che suona più come un ordine perentorio. Una parola d’ordine inappellabile. Cambiare la governance. Cambiare dunque le modalità di governo: la gestione politica, amministrativa e organizzativa, che dai giorni del terremoto e fino ad oggi si sono rivelate un’autentica Caporetto. Un vero e proprio atto di accusa. Una denuncia fatta davanti a tutti i principali protagonisti della (mancata) ricostruzione. Ma anche una chiara presa di distanza dalle altrui responsabilità. Quell’inciso “che non è ciò che devo fare io” chiama in causa altri attori (la Regione, i Comuni e la Protezione Civile), ma segna anche uno spartiacque. Delimita un campo di azione e contemporaneamente richiede nuove regole del gioco. Completamente da riscrivere, almeno per quanto riguarda la parte organizzativa e gestionale. Parole che lasciano presagire ad un ultimatum. O si fa come dico io, oppure mollo tutto. Questo è quello sono riuscito a leggere tra le righe del suo intervento. D’altra parte, in questo quadro già di per sé poco rassicurante, pesano come un macigno le dimissioni, improvvise e repentine, del segretario generale della Regione Marche, nonché capo di gabinetto del presidente della giunta regionale, Fabrizio Costa. Errani ha capito che tira una brutta aria e la sua faccia, non vuole più spenderla gratis. D’altra parte perché dovrebbe? Ha governato con successo e per quindici anni una delle regioni più ricche e all’avanguardia d’Italia facendola diventare il paradiso delle eccellenze.
Oggi apprendiamo che il commissario straordinario Errani, con molta probabilità, lascerà il Partito Democratico per seguire Bersani. Ciò significa che lo farà sicuramente. Bersani, Errani, Migliavacca e qualche altro sono legati da un particolare filo comune che li rende indivisibili. Potrebbe accadere allora che Errani decida di concentrarsi sulla odierna avventura politica ed in particolare nell’organizzazione del nuovo soggetto politico. E che non abbia più il tempo necessario, né le energie sufficienti per portare avanti il lavoro di commissario straordinario alla ricostruzione. Potrebbe accadere pure questo. E allora lo sfogo di giovedì scorso avrebbe un suo senso e un proprio corso. Ma soprattutto - aggiungo io - che le garanzie per una rinnovata governance, richieste a Roma, non abbiano sortito l'esito sperato.
Oggi che Vasco Errani non fa più parte del Partito Democratico, la nota di cronaca che mi limito a sottolineare è la seguente: meno di un mese fa, nei giorni in cui il segretario regionale del PD, Francesco Comi, attaccò Errani lamentando la troppa burocrazia, i parlamentari Piergiorgio Carrescia e Alessia Morani si trasformarono praticamente in scudi umani a difesa dell’ex governatore dell’Emilia Romagna, bacchettando e redarguendo pubblicamente Comi. Sentiamo oggi se avranno valide argomentazioni a difesa di Errani.
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