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Una cena di gala tra le stelle: Il 'Premio Guzzini alla carriera' omaggia Livia e Alfonso Iaccarino

Una cena di gala tra le stelle: Il 'Premio Guzzini alla carriera' omaggia Livia e Alfonso Iaccarino

Nella serata di domenica presso l’Hotel Giardino di San Lorenzo in Campo si è tenuta la cena di gala in occasione del prestigioso ‘Premio Fratelli Guzzini alla carriera’ che, per il secondo anno consecutivo, ha visto la città di Pergola come luogo d’elezione e che ha conferito gli onori a Livia e Alfonso Iaccarino ( Chef Tre Stelle Michelin di cui una verde) del Don Alfonso di Sant’Agata sui Due Golfi, uno dei ristoranti di lusso più noti al mondo.

Un premio giunto alla sua terza edizione che, grazie alla sensibilità artistica, alla visione di Domenico Guzzini, ex presidente della holding di famiglia e attuale della Fimag, si configura come uno spazio di ricerca e di confronto volto a gettare uno sguardo più cosciente, rinnovato sul territorio. Tutto ciò, come dimostra l’evento, è reso possibile attraverso una costante riscoperta delle tipicità che crea un terreno fertile per uno scambio prolifico tra le varie arti, la scienza e la cucina.

Naturalmente, dietro i dialoghi tra le discipline ci sono i dialoghi tra le persone e proprio questo Premio è nato dall’incontro tra Guzzini ed Elio Palombi, che ne è l’ideatore. Elio Palombi, chimico, studioso di idrocarburi in pensione, lavorando per la Ferrari e altre case automobilistiche, ha girato il mondo, approfondendo parallelamente l'altra sua passione: i piaceri che derivano dal ‘gusto’, a partire dall’interesse per le "formule", le ricette che costellano il patrimonio di una popolazione.

Appena entrati nella hall del ristorante, ci ha accolti con molta gentilezza e simpatia, spiegandoci il filo rosso che attraversa la realtà del premio; la necessità di ripercorrere la tradizione o meglio le tradizioni di un luogo. Infatti, ha spiegato come oggi ci sia un’iperproliferazione di ristoranti, improntati al concetto di ‘innovazione’, che ripropongono dei piatti stranieri, spesso lontani anche dal sapore originario,come il sushi, dando così luogo a delle mode, degli occasionalismi effimeri.

Dunque alla base c’è un’operazione filologica sia in senso enogastronimico, sia culturale sia umano, nella misura in cui dietro una tradizione c’è la memoria più intima di ognuno di noi.

In questo contesto, come accennato all’inizio, a essere premiati sono stati Livia e Alfonso Iaccarino che hanno ricevuto l’opera dell’artista Ermenegildo Pannocchia; una scultura in metacrilato su basamento in legno di palissandro raffigurante due volti speculari che dialogano sullo sfondo di un profilo stilizzato del Vesuvio, simbolo del paesaggio campano da cui entrambi provengono.

Grazie a Domenico Guzzini, che ci ha introdotti a Livia e Alfonso, abbiamo avuto la fortuna non solo di ascoltare la loro storia ma anche di vederla dall’intensità di uno sguardo che racchiude una vita.

Ci hanno raccontato come erano destinati a fare gli albergatori per portare avanti un lavoro certo, ereditato dai genitori, e come invece hanno voluto fare un’altra scelta, sicuramente audace, ma proveniente dal cuore (definiti dalle famiglie dei “pazzi”): acquistare un terreno agricolo da bonificare e un ristorante dove poter mangiare solo pietanze preparate con prodotti genuini e locali.

Per quanto riguarda la genuinità, da oltre 50 anni portano avanti strenuamente delle lotte per un’autentica sostenibilità ambientale; nei nove ettari dell’area marina di Punta Campanella praticano un’agricoltura rigorosamente sana per coltivare agrumeti, oliveti e un orto con le verdure tipiche della cucina mediterranea. Inoltre, In questo 2023, la famiglia Iaccarino ha deciso di proseguire ulteriormente verso l’approccio sostenibile, dinamico ed etico. Di qui la necessità di fermarsi per un anno, fino alla prossima primavera, per rinnovare la struttura negli esterni ed interni ricostruiti con materiali naturali e volti al rispetto ambientale ed energetico.

Venendo alla cena, a fare da preludio un buffet che ha portato sul tavolo dei prodotti di eccellenza del territorio: dal ciauscolo e la mortadella con i paccasassi brevettati da Luca Giampaolini fino ai taglieri di formaggi pregiatissimi di ogni varietà dell’azienda jesina Piandemedico (una realtà che val la pena di conoscere sul luogo). Il tutto accompagnato da un buonissimo vino spumante di Colonnara.

Poi, ognuno al proprio posto e inizia la cena tra una bella convivialità e l’ingresso della prima portata: un tripudio dei sensi con il piatto del "Monzù"; un uovo adagiato su un prelibatissimo brodo di carne tinto di bianco per la presenza di besciamella e burro e a sugellare il tutto le scaglie di tartufo.

A seguire, un primo a base di tortelli di ricotta e borragine con fonduta di tartufo bianco pregiato di Pergola e per secondo una squisita faraona ripiena al tartufo nero e tortino di erbe di campo. A impreziosire le note alcoliche, un eccellente Rosso Conero Doc di Moroder dall'evocativo nome, dai richiami quasi leopardiani, "Notte".

In un momento di pausa, Carla Latini, con grande garbo e raffinatezza, ha ringraziato i presenti e ha invitato lo Chef Fred Beneduce, inizialmente poco propenso a mostrarsi in pubblico, a uscire dalla cucina. Un ingresso in sala segnato da un' umiltà che è propria dei grandi spiriti.

In chiusura il momento dei dolci con una delle specialità del Giardino; il gelato alla mandorla accompagnato con il biscotto, sempre alla mandorla, di nonno Leo. Infine la scelta di fronte al famoso bivio che caratterizza l’anisetta marchigiana: Varnelli da una parte e Meletti dall’altra.

Una serata all’insegna del ‘gusto’ e dell’‘olfatto’, che non sono solo semplicemente legati alla sfera del cibo ma sono un mezzo attraverso cui, all’improvviso, come per la madeleine proustiana, compaiono squarci di epifanie, dove le memorie passate tornano letteralmente a vivere nel presente in una dolce consolazione ,che ricorda anche dei versi di Guido Gozzano: "Godevo quel silenzio e questi odori/ tanto tanto per me consolatori/ di basilico, d'aglio, di cedrina".

 

 

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