La Giunta regionale riduce la pressione fiscale complessiva per i contribuenti marchigiani derivante dall’addizionale Irpef. È stata, infatti, approvata la proposta di legge che adegua la normativa regionale in materia di addizionale regionale all’Irpef alla nuova articolazione degli scaglioni Irpef stabilita dalla legge di bilancio statale 2022. Un intervento necessario per assicurare l’allineamento alla normativa statale, prevedendo nel contempo l’alleggerimento del carico fiscale complessivo dell’addizionale regionale.
“La riforma degli scaglioni Irpef – precisa l’assessore regionale al Bilancio e Finanze, Guido Castelli – impone di adattare l’addizionale regionale alla nuova matrice fiscale. Nell’operare questo doveroso adeguamento, la Giunta si è premurata di garantire che l’esito dell’operazione non producesse un aumento del gettito. La proposta, che sarà sottoposta all’approvazione dell’Assemblea legislativa regionale entro il 30 marzo, va in questo senso”.
L’addizionale risulta infatti rimodulata come segue: - 1,23% fino a 15mila euro di reddito; - 1,53% dai 15mila ai 28mila euro di reddito; - 1,70% dai 28mila ai 50mila euro di reddito; - 1,72% per i redditi oltre i 50mila euro. La misura proposta prevede un alleggerimento del gettito complessivo dell’addizionale in entrata nel bilancio regionale.
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Il caro-bollette fa impennare i prezzi di prodotti di largo consumo come pane e pasta, beni che nei prossimi giorni potrebbero risentire del conflitto scoppiato in Ucraina e dei forti incrementi nelle quotazioni delle materie prime. Lo denuncia Assoutenti, che ha messo a confronto i listini di pane e pasta nelle principali città italiane, per capire come i rincari di luce e gas scattati lo scorso gennaio abbiano influito sui prezzi al dettaglio.
Il costo di grano tenero e mais è alle stelle: oltre quota 400 euro a tonnellata, con un rialzo di 75 euro rispetto all'ultima quotazione della scorsa settimana. È la prima volta che accade nella storia d'Italia. Ferrara è la città dove il prezzo del pane raggiunge il livello più elevato – spiega Assoutenti – In base alle ultime rilevazioni del Mise, qui un chilo di pane fresco realizzato con farina di grano costa fino a 9,8 euro (quotazione massima), mentre il prezzo medio si attesta a 5,31 euro al kg. Al secondo posto si piazza Forlì, dove il prezzo massimo del pane fresco è di 9 euro al kg (4,37 euro il prezzo medio).
Carissima anche Venezia, dove un chilo di pane fresco è venduto in media a 5,52 euro (8,5 euro la quotazione massima). I listini superano i 6 euro/kg in numerose città, da Milano a Bari, passando per Ancona, Macerata, Bologna, Bolzano, Modena, Reggio Emilia, Trento e Udine.
Le province più economiche risultano essere Napoli (2 euro al kg il prezzo massimo), Cosenza (2,5 euro), Benevento (2,65 euro). Sul fronte della pasta di semola di grano duro Cagliari è la città più cara d’Italia, con i prezzi massimi che raggiungono il record di 4,7 euro al kg (1,95 euro il prezzo medio), seguita da Sassari 3,35 euro (1,80 euro/kg il prezzo medio). ll prezzo massimo della pasta supera i 3 euro al kg in altre 7 città: Bergamo, Brescia, Genova, Grosseto, Macerata, Perugia, Pescara. I listini più bassi si registrano a Messina, dove il prezzo massimo è di 1,86 euro (1,21 il prezzo medio), 2,07 euro il prezzo massimo a Siracusa.
“Sui listini di prodotti come pane e pasta pende oggi la spada di Damocle della guerra in Ucraina che ha fatto impennare le quotazioni internazionali non solo del grano, ma anche del gas e del petrolio, voci che incidono sui costi di produzione e, quindi, sui prezzi finali al pubblico – avverte il presidente Furio Truzzi –
Per tale motivo esiste il rischio di concreto di nuovi rialzi dei prezzi compresi tra il +15% e il +30% per una moltitudine di prodotti di largo consumo, dalla pasta ai dolci, passando per pane, crackers e biscotti”. Proprio per protestare contro l’insostenibile situazione in atto, Assoutenti assieme ad altre associazioni dei consumatori ha indetto per il prossimo 15 marzo uno sciopero dei consumi di luce e gas teso a boicottare il gas russo importato in Italia.
(Foto Ansa)
Un "equo bilanciamento tra misure di sostegno e misure di rilancio, di breve, medio e lungo periodo" per il settore moda e calzatura. È la richiesta al Governo fatta da Gino Sabatini, presidente della Camera di Commercio delle Marche durante un talk sulla "filiera della moda tra emergenza finanziaria e nuovi mercati".
Sabatini ha ricordato "le difficoltà sui mercati esteri, la pandemia e ora la guerra in Ucraina" e la prospettiva di "tornare a vendere in Italia". "Abbiamo chiesto al Mise una riduzione dell'Iva - ha aggiunto - se si abbassa questa accise nel settore dell'alta moda e della calzatura Made in Italy riusciremo a vendere anche in Italia". Poi serve "una cassa integrazione in deroga per dare sicurezza ai lavoratori e alle loro famiglie, sono i lavoratori l'anima pulsante delle meraviglie che vedete qui negli stand".
Inoltre bisogna "riattivare una moratoria, come si è fatto per il debito durante la pandemia, ma ora più incisiva e dettagliata. Una moratoria creditizia e tributaria". I fine "pensare ai magazzini". Quanto alle linee di intervento regionali, "puntiamo ad un aiuto in termini di credito. Il presidente Acquaroli ci ha convocato immediatamente, il primo giorno del conflitto" ha ricordato. Il presidente della Regione Francesco Acquaroli e l'assessore al Bilancio Guido Castelli hanno partecipato oggi al talk.
"Come Camera di Commercio metteremo un milione e mezzo di euro per sostenere le imprese - ha annunciato Sabatini -. Altri finanziamenti che intendiamo mettere in campo, per internazionalizzazione un aumento dei voucher per la partecipazione alle fiere, da 2.500 euro a 4.000".
"Chiediamo misure di sostegno e di rilancio, ma sono convinti che il comparto resisterà". Al talk hanno partecipato, tra gli altri, il vice ministro allo Sviluppo Economico Gilberto Pichetto Fratin, Siro Badon, presidente Assocalzaturifici, il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli e l'assessore al Bilancio Guido Castelli, il presidente Unioncamere Andrea Prete, il presidente Agenzia Ice Carlo Ferro.
I Giovani Imprenditori di Confindustria Macerata guidati dal Presidente Alessio Castricini hanno incontrato i coetanei dell’Unione dei Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Macerata e Camerino per parlare di analisi di bilancio con particolare riguardo alle novità relative agli indici di allerta del Codice della Crisi.
Un importante momento formativo sugli strumenti fondamentali utili per la valutazione economico – finanziaria delle aziende e per comprenderne l’andamento nel tempo. Anche questo evento, che si è svolto nella splendida cornice della Filarmonica di Macerata, si inserisce nel ciclo degli HappyGIhour, gli incontri formativi volti a favorire il confronto su tematiche importanti e il networking tra i giovani imprenditori del territorio.
Il Presidente Castricini ha ringraziato, a nome di tutto il gruppo, "Ubaldo Gismondi, Presidente dell’Unione dei Giovani Commercialisti Maceratesi e gli altri professionisti della sua squadra che hanno collaborato per la realizzazione dell’evento nell’ottica di incentivare sinergie volte a favorire la diffusione della cultura d’impresa".
"Alcune aziende che lavorano esclusivamente per il mercato russo o ucraino hanno già interrotto la produzione, altre imprese stanno avendo difficoltà a ricevere i pagamenti della merce inviata perché dalla Russia non riescono a far partire i bonifici".
"La situazione è davvero tanto difficile, abbiamo bisogno di ristori immediati". A dirlo è Valentino Fenni, vicepresidente nazionale di Assocalzaturifici, oltre che, a sua volta, imprenditore marchigiano del comparto.
"Questo doveva essere l'anno della completa ripresa dopo due anni di covid, invece, rischia di essere l'anno in cui la nostra manifattura subirà un autentico tracollo, considerando anche i prezzi fuori controllo dei carburanti e dell'energia", aggiunge l'imprenditore.
"Le Marche - spiega - sono tra le regioni italiane che più risentono della guerra in atto. Il 12% del Pil regionale è dettato dall'export verso l'area interessata dal conflitto. Se non si interviene subito - sottolinea - sarà una catastrofe".
"Le sanzioni che si stanno applicando alla Russia - dice ancora Fenni - rischiano di trasformarsi in un boomerang per le nostre imprese e soprattutto potrebbero spalancare le porte dei mercati russi ai produttori cinesi e a quelli turchi che non hanno applicato alcuna sanzione. Insomma nei prossimi anni sugli scaffali dei negozi russi potrebbero scomparire le nostre scarpe".
"Nel 2021 - sottolinea il vicepresidente - in Russia l'Italia ha venduto 3 milioni e mezzo di paia di scarpe per un valore economico di 250 milioni di euro, in Ucraina 500mila paia, pari a 35 milioni di euro. Un terzo del valore complessivo di questi due mercati riguarda le Marche" sottolinea.
"Già il nostro comparto negli anni ha subito delle perdite importanti, oggi dà ancora lavoro a oltre 15mila persone, compreso l'indotto, ma se non ci sarà un immediato stop delle ostilità e il governo non ci darà una mano, molti di questi posti scompariranno", conclude Fenni.
“Esprimo forte preoccupazione per la situazione che sta determinando il conflitto russo-ucraino, è a rischio la 'tenuta' del sistema produttivo provinciale e la ripresa del nostro Paese” – questo è quanto afferma il Presidente di Confindustria Macerata Sauro Grimaldi.
“Il conflitto – seguita Grimaldi – ha accentuato alcuni problemi che già c’erano, ad esempio i rincari dei costi dell’energia: dall’indagine 'Caro Energia' effettuata dai nostri uffici, sui costi effettivi dell’energia elettrica e del gas sostenuti dalle imprese nel mese di gennaio 2022, sono emersi aumenti medi del 70% sul costo a kwh nella bolletta elettrica e di circa il 200% sul costo a Smc nella bolletta del gas, rispetto a gennaio 2021.
Tali aumenti sono al netto delle agevolazioni sugli oneri di sistemi introdotti dal Governo che, per l’energia elettrica, consentono di frenare l’aumento del costo medio a kwh che altrimenti sarebbe superiore al 100%. Ne emerge un quadro previsionale preoccupante aggravato dalle quotazioni per i prossimi mesi.
Se non si interviene con rapidità c’è il pericolo reale di sospensioni e/o interruzioni di processi produttivi. Inoltre è sempre più difficile l’approvvigionamento delle materie prime e, anche in questo caso, i costi sono altissimi, il rischio serio è di compromettere la ricostruzione nelle aree colpite dal sisma e la catena importante data dal valore della manifattura.
C’è poi un'altra minaccia, questa strettamente legata al recente conflitto, l’impatto cioè della crisi Ucraino-Russa per un numero sempre più crescente di operatori economici nei differenti settori, dalla Moda alla Calzatura all’Agroalimentare, senza dimenticare tutte le imprese coinvolte nelle relative filiere.
Un problema che sta diventando sempre più di sistema. Abbiamo bisogno di interventi risolutivi e urgenti per cui faccio appello alle Istituzioni, alla Regione Marche in particolare, agli Istituti di Credito, al sistema Confidi marchigiano, alla Camera di Commercio Unica delle Marche.
Occorre pensare ad un fondo speciale regionale per la crisi 2022 (ovviamente senza un intervento sostanziale e strutturale dello Stato qualunque soluzione rischia di essere non significativa), ciò si rende indispensabile per tentare di attenuare gli effetti dirompenti di questo periodo. Il fondo sarebbe di aiuto in maniera diretta e semplice alle imprese sul fronte della liquidità, così che possano affrontare i maggiori costi; servirebbe per dare ristori alle aziende che lavorano con il mercato russo-ucraino (che stanno compromettendo i ricavi del primo trimestre 2022 rispetto all’analogo precedente periodo 2021) e per consentire di sostenere l’impennata dei costi energetici (in quest’ultimo caso occorre solo contare su aiuti nazionali).
Inoltre – conclude il Presidente Grimaldi – è indispensabile prevedere una Cigo in deroga per le aziende italiane operanti in Ucraina-Russia ed è opportuna una possibile rinegoziazione in corsa dell’utilizzo delle risorse del PNRR e laddove possibile rimodulando i fondi della programmazione europea 21-27 in quanto sono stati sconvolti i paradigmi economici e finanziari pre-esistenti”.
Il gruppo Tod’s chiude il 2021 con ricavi in crescita a 883,8 milioni di euro, un margine operativo lordo (ebitda) a 160,8 milioni di euro, un margine netto (ebit) a 24,2 milioni con un utile imposte a 2,5 milioni. Il risultato netto è in perdita per 5,9 milioni ma "in fortissimo miglioramento rispetto alla perdita di 73,2 milioni del 2020". Il cda, spiega una nota, ha deliberato di proporre di non distribuire dividendo.
"I risultati registrati dal nostro gruppo nell'esercizio 2021- ha commentato il presidente e a.d. Diego Della Valle - sono stati molto soddisfacenti e superiori alle nostre aspettative. I ricavi sono cresciuti del 39% rispetto al 2020 e sono tornati a livelli prossimi a quelli pre-Covid, con un progressivo miglioramento trimestre dopo trimestre, particolarmente nei marchi Tod's e Roger Vivier. Eccellente performance del canale e-commerce, che ha registrato ricavi più che doppi rispetto al 2019".
Oltre che sulla gestione del gruppo, siamo molto focalizzati sulla crescita e sul posizionamento dei singoli marchi, in modo da valorizzare gli stessi sempre di più, dedicando loro tutti gli investimenti necessari", ha sottolinenato il presidente Tod's. "Il gruppo si è attivato con operazioni umanitarie in sostegno alle persone in difficoltà a causa della guerra in corso, con la speranza che tutto presto finisca".
"Nonostante l'incertezza del contesto geo-politico, economico e sanitario a livello internazionale, possiamo guardare con ottimismo al 2022, fiduciosi di poter realizzare una ulteriore solida crescita dei ricavi ed un ulteriore importante recupero della redditività", ha concluso Della Valle.
“La proroga dei termini dei contratti di appalto sottoscritti e da sottoscrivere, la sostituzione del prezzario del cratere con il prezzario della Regione Marche, l’aumento dei costi parametrici, la proroga della compensazione anche per l’anno in corso, l’introduzione della revisione prezzi nei contratti della ricostruzione” queste sono alcune delle proposte di Ance Macerata a fronte dell’allarmante situazione sul pericolo del blocco dei cantieri della ricostruzione.
“Si stanno rompendo tutti gli argini”- afferma con preoccupazione sul tema dei rincari Carlo Resparambia, Presidente di Ance Macerata (la Sezione che in Confindustria rappresenta le imprese di costruzioni). “Da oltre un anno – continua Resparambia - stiamo assistendo ad incrementi di costo continui delle materie prime utilizzate nei cantieri della ricostruzione, a forti ritardi nella consegna dei materiali, all’irreperibilità di attrezzature di lavoro e di manodopera. Ma, se fino a pochi giorni fa il caro delle materie prime ed energetiche rappresentava una marcata criticità, con lo scoppio della guerra russo-ucraina si è passati da una condizione di crisi a quella di grave emergenza”.
La ricostruzione si sta bloccando. Le nuove regole, finalizzate ad accelerare la realizzazione delle opere del Sisma, penalizzano le imprese di costruzione e i cittadini che rischiano le revoche del contributo, viste le difficoltà che poco più di un anno fa non erano in alcun modo prevedibili.
I contratti di appalto non solo non sono remunerativi, ma si chiudono in perdita per le imprese. I tempi ristretti di esecuzione sono assolutamente incompatibili con l’impossibilità oggettiva di reperire materiali e attrezzature nei tempi e con i costi progettati. Perciò le imprese rischiano pesantissime ricadute, non sono in termini sanzionatori ma anche di sopravvivenza.
I rincari solo per fare degli esempi sono i seguenti: in 1 anno l’acciaio in barre lavorato per cemento armato segna un + 76%, il legno lamellare + 73% il bitume è aumentato del 15%, il calcestruzzo pompato del 30%; i tubi PVC sono aumentati del 51% in soli 3 mesi.
A questo si sta aggiungendo negli ultimi giorni il rincaro dei carburanti, in un solo mese sono cresciuti, secondo le segnalazioni delle imprese associate, di una percentuale che varia tra il 27 ed il 32%. Sono stati inoltre annunciati alle imprese ulteriori aumenti. Si deve considerare che per i lavori stradali, che hanno una forte incidenza di utilizzo di mezzi in cantiere, la voce carburante ha un’incidenza altissima.
A tali rialzi si deve aggiungere infine un aumento del costo del lavoro in edilizia, con la recente firma del contratto collettivo di settore ed un prossimo ulteriore aumento con l’integrativo provinciale dell’edilizia. “Ora – conclude Resparambia - serve un grande sforzo del Commissario Straordinario per la ricostruzione del Centro Italia, del vice Commissario Presidente della Regione Marche e dei legislatori altrimenti il blocco della ricostruzione sarà una drammatica realtà”.
Mentre proseguono i tentativi da parte dell’Unione Europea di sanzionare Mosca e i suoi oligarchi – ben protetti dalla strategia dei conti offshore – l’Italia di Draghi prova a tenere il passo, tra il benestare generale di tutte le forze politiche parlamentari e qualche uscita a vuoto come il "caso Salvini in Polonia".
Nell’arco di due settimane di conflitto, decenni di sforzo per costruire l’Europa unita – attraverso l'integrazione economica, politica e dei valori di libertà e democrazia – hanno dovuto scontrarsi contro i carri armati di Putin, riportando l’intero ordine internazionale indietro di 80 anni e rimettendo in discussione quegli obiettivi di pace, sicurezza e benessere che sembravano essere stati conquistati.
La crisi energetica e l'incertezza sulla durata della guerra, spingono Draghi a discutere – dopo ogni formale condanna alle azioni del Cremlino – degli effetti economici che il conflitto avrà sull’economia italiana e su come il Governo intenda porvi rimedio. Tutto questo, mentre si concorda con gli altri Stati dell’Unione l’invio di sostegni bellici alla resistenza ucraina (che comunque partiva già preparata al conflitto grazie a USA e UK).
“Sui rincari dobbiamo muoverci con rapidità e decisione, difendendo il potere di acquisto delle nostre famiglie e la sopravvivenza delle nostre imprese" – ha dichiarato Draghi nel suo ultimo intervento alla Camera, aggiornando il Paese sugli sviluppi del conflitto orientale. "Siamo al lavoro per ridurre la dipendenza dal gas russo e in tempi rapidi", ha aggiunto ribadendo l’intenzione di ripristinare le centrali a carbone. E su gli effetti che la crisi energetica avrà sul Pnrr ha detto: "È ancora prematuro prospettare ora una revisione. Ma molte regole Ue andranno sicuramente rilette".
Contemporaneamente, il colosso Eni ha deciso di sospendere i nuovi contratti d’acquisto del petrolio di Mosca, dimenticando che una simile manovra non andrà certo a beneficio degli italiani – che stanno facendo i conti con il caro carburanti – né tantomeno penalizzeranno Putin. In tal senso, la figura dell’ex Confindustria Ernesto Ferlenghi ha già messo al riparo gli interessi di tutti quanti, facendo a suo tempo da anfitrione per politici e imprenditori di berlusconiana memoria.
Il Governo ha parlato anche di riforma del catasto: “La riforma non porta ad alcun incremento delle imposizioni fiscali sugli immobili regolarmente accatastati - ha assicurato l'ex governatore di Banca d'Italia -. Nessuno pagherà più tasse: serve per eliminare abusi e le irregolarità, per una maggiore trasparenza”.
Il principio, dunque, sarebbe quello di riequilibrare il carico fiscale del Paese, per evitare disparità sociali anche nei pagamenti dovuti allo Stato. Come però il Governo intenda reperire le informazioni utili per evitare di gravare sulle finanze dei più deboli, non è dato ancora saperlo.
Essere "la migliore filiera in Europa per il benessere di persone e animali" è l'ambizioso obiettivo al quale punta Fileni, primo produttore italiano ed europeo di carni avicole da allevamento biologico e terzo player nel settore avicunicolo nazionale. Il Gruppo con sede a Cingoli a gennaio 2022 ha ottenuto la certificazione B Corp, il 'bollino' riconosciuto alle aziende che a livello mondiale si distinguono per l'adozione dei più alti standard di performance ambientali e sociali.
Nel mondo se ne contano oltre 4.000 (più di 120 solo in Italia), ma Fileni è il primo produttore di carne ad aver ricevuto il riconoscimento, rilasciato dall'ente no profit statunitense B Lab. Il percorso sostenibile dell'azienda marchigiana - fondata nel 1970 da Giovanni Fileni e che oggi può contare su 500 milioni di fatturato, 1800 dipendenti e circa 300 allevamenti - è stato raccontato durante l'evento 'Scegliamo di difendere il futuro' organizzato alla Fondazione Feltrinelli di Milano.
"Nella definizione delle nostre purpose, abbiamo portato alla luce una linea che passa dalla sostenibilità, dall'economica circolare e arriva naturalmente a un terzo concept ancor più evoluto: quello di 'rigenerazione', intesa come la capacità di generare più valore economico, sociale e ambientale di quello utilizzato per produrre", ha spiegato Massimo Fileni, vice presidente del Gruppo insieme alla sorella Roberta. "Siamo diventati una B Corp, la prima nell'industria della carne - ha aggiunto Roberta Fileni - perché sentiamo l'urgenza di agire e operare avendo un impatto positivo sull'ambiente e sulla società".
Tra i nuovi impegni di Fileni per il futuro, l'obiettivo di estendere la propria carbon neutrality - già raggiunta a livello aziendale - sull'intera filiera entro il 2040, aderendo al comunità The Climate Pledge, oltre a rispettare i migliori standard di benessere animale nell'allevamento dei polli da carne, seguendo - prima azienda italiana - i criteri Ecc (European Chicken Committement).
"Se la guerra tra Russia e Ucraina dovesse andare avanti ancora per due, tre settimane, per la mia azienda sarà la fine. Già così non sarò in grado di pagare gli stipendi di marzo. Il governo ci aiuti". A dichiararlo è Marino Fabiani, da 42 anni uno dei più importanti imprenditori del settore calzaturiero delle Marche.
Uno sfogo, quello dell'imprenditore, che mette in evidenza i primi effetti del conflitto in Europa Orientale anche sulle aziende italiane. Dopo l'aumento del caro energia - già testimoniato dall'innalzamento del prezzo dei carburanti - è la volta dell'export nostrano, che ora si ritrova quasi completamente bloccato.
Lo stabilimento dell'imprenditore si trova a Fermo, 'cuore' della zona calzaturiera marchigiana detta la 'Shoe Valley'. Nel Calzaturificio Fabiani si realizzano scarpe da donna per cerimonie: un'eccellenza che si posiziona a livello internazionale nella fascia luxury, con un 85% della produzione destinato da sempre proprio alla Russia, all'Ucraina, alla Siberia e al Kazakistan.
"In magazzino - ha aggiunto Fabiani - abbiamo 4.900 paia di scarpe, per un valore di circa 600mila euro, che erano pronte per essere spedite in quei Paesi e che ora rischiamo di dover buttare via. Non potendo vendere questo volume importante e non sapendo come andrà a finire la guerra e quanto ancora durerà: non sono nelle condizioni di andare avanti per molto e credo che nella mia stessa condizione si trovino anche altri imprenditori del comparto calzaturiero di questa zona, che hanno nel mercato russo il loro core business".
"Bisogna attivare subito gli ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione in deroga, altrimenti non ci resterà che chiudere e dire addio alle nostre aziende. La situazione è davvero drammatica per le imprese italiane, anche perché arriviamo già provati da due anni di pandemia" - conclude Fabiani, lasciando intendere che già poche settimane prima dell'inizio del conflitto ci fosse l'impressione che la situazione sarebbe presto precipitata.
Già nelle prime settimane di febbraio, infatti, alcuni buyer e investitori dell'Est Europa avevano bloccato gli acquisti e invitato i titolari delle aziende italiane a non inviare la merce pattutia.
(fonte ANSA)
Le conseguenze già discusse del "Decreto Ucraina" (leggi qui) – comprese quelle derivanti dalle sanzioni promosse dall’Ue – rischiano di pesare ancora di più sulla crisi energetica già in atto. Se la Russia chiudesse i rubinetti, come potrebbe sopperire il nostro Paese al 38% di gas naturale da cui dipende? E dove andrebbe presa l’energia per scongiurare il rischio di un collasso?
Tutta l’Italia per funzionare – abitazioni, riscaldamento, fabbriche, industrie, trasporti – ha bisogno di un quantitativo di energia che viene per il 20% circa dalle rinnovabili (la gran parte dall'idroelettrico), per il 33% circa dal petrolio e per il 40% circa da gas naturale. Più un 7% preso da altre fonti secondarie.
Nel 2020 gli italiani hanno consumato consumato circa 71 mld di Smc (metri cubi di gas naturale); di questi 66 mld sono importati dall’estero. Praticamente il 95% di gas naturale proviene da altri Paesi, e il restante 5% è prodotto direttamente in Italia. Le nostre maggiori importazioni vengono da Olanda e Norvegia (2,9%), Libia (4,2%), Azerbaijan (9,5%), Algeria (27,8%) e, soprattutto, Russia (38,2%). C’è poi il 13,1% che passa dal mare: il cosiddetto GNL o gas naturale liquefatto.
COSA ACCADREBBE SE LA SITUAZIONE IN EUROPA ORIENTALE DOVESSE PEGGIORARE?
Le rinnovabili sono da escludere del tutto. Non solo perché al momento non riuscirebbero a compensare adeguatamente il nostro fabbisogno energetico – soprattutto per industrie e trasporti pesanti -, ma anche perché i tempi di approvazione e messa in atto richiederebbero tempi estremamente lunghi. Con effetti visibili solo nel lungo termine.
E nemmeno il nucleare può essere considerato: un po’ per le stesse ragioni delle rinnovabili, e un po’ perché nel nostro Paese rimane ancora un argomento fortemente dibattuto. La necessità di soluzioni a breve termine riguardano l’incremento delle importazioni da altri paesi di gas naturale e GNL, la riapertura delle centrali a carbone e l’utilizzo di gas di stoccaggio.
Nel primo caso, però, bisognerebbe fare i conti con i Paesi dai quali già importiamo gas naturale in rapporto anche ai loro altri accordi commerciali - oltre che del loro personale fabbisogno. Sul fronte GNL, invece, sono gli Stati Uniti a rivestire un ruolo decisivo: a loro spetta infatti l’ultima parola sugli accordi con la Cina e con la regione del Qatar (secondo esportatore mondiale).
Con quest’ultima, in particolare, gli USA vantano accordi di "joint venture" – si pensi alle multinazionali americane che lì si trovano: "ExonMobil" e "ConocoPhilips" – per la gestione degli impianti di liquefazione situati nel polo petrolchimico di Ras Laffan. In più, l’amministrazione Biden dovrebbe persuadere Giappone e Corea del Sud a rinunciare a parte del loro GNL, in modo da dirottarlo verso l’Europa.
Infine, rispetto al gas dello stoccaggio – nove giacimenti in Italia* -, la compensazione sarebbe minima: solo 17 mld di Smc sui 75 mld di cui avremmo bisogno. Stesso discorso per le centrali a carbone – due di queste già riattivate a fine 2021 - poiché riuscirebbero a coprire solamente un 5% del fabbisogno energetico nazionale.
* Otto siti appartengono alla Stogit (gruppo Eni): Brugherio, Minerbio, Settala, Ripalta, Sergnano, Sabbioncello, Cortemaggiore, Fiume Treste (ex San Salvo). Mentre i giacimenti di Collalto (Treviso) e Cellino (Teramo) sono di proprietà dell'Edison
Fonte dati MISE (Ministero dello Sviluppo Economico)
Accesso al credito: riunione del Consiglio di Amministrazione del Confidi Macerata. All'incontro hanno partecipato l'onorevole Tullio Patassini (componente della V Commissione Parlamentare Bilancio, Tesoro e Programmazione), il direttore di Confindustria Macerata Gianni Niccolò e il presidente Piccola Industria Confindustria Macerata con delega al Credito Paolo Ceci.
Il presidente Gianluca Pesarini ha parlato del ruolo delle banche e di quello del Confidi e di come sia indispensabile affiancare le imprese, sostenendole, soprattutto in questo complesso momento storico/economico causato dalla pandemia a aggravato dalla nascente crisi energetica.
In un'ottica costruttiva di confronto sono state trattate anche alcune questioni come il default Banca Marche, le conseguenze dei processi di fusione attuati negli ultimi anni da alcune banche del territorio (che hanno prodotto tagli e razionamenti del credito), la fine della moratoria dei finanziamenti Covid. Il presidente Pesarini, concludendo la riunione, ha ringraziato l'onorevole Patassini e tutti gli intervenuti per la partecipazione.
Nel 2020 le Marche hanno esportato in Russia merci per un valore di oltre 274 milioni di euro. In particolare, il comparto calzature esporta verso questa destinazione circa il 90% delle sue produzioni. Sono sufficienti questi due dati per capire quanto la guerra in atto in Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia abbiano un forte impatto sull’economia marchigiana: la merce ordinata è pronta da spedire ma ferma; altri ordini sono già in produzione ma non potranno essere consegnati e i pagamenti sono bloccati.
Per fare fronte a questa nuova emergenza su mercati che già da anni soffrono a causa della pandemia, il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli insieme all’assessore alle Attività produttive Mirco Carloni e al presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini, questa mattina ha incontrato in videoconferenza una delegazione di 50 imprenditori e i rappresentanti di tutte le associazioni di categoria.
“Lo scenario che abbiamo di fronte – ha detto Acquaroli - è drammaticamente preoccupante ed in continua evoluzione. Certamente non è rassicurante per le nostre imprese marchigiane che sui mercati dell’est europeo avevano costruito negli anni rapporti consolidati. Oggi è tutto diverso e su questa nuova configurazione stiamo lavorando: nell’immediato per dare risposte insieme al Governo Nazionale a quelle che sono le emergenze di carattere economico e in prospettiva per andare a conoscere nuovi mercati e cogliere nuove opportunità”.
“Senza dimenticare che il nostro primo pensiero va alle vittime e alla popolazione ucraina che sta subendo questa aggressione – ha proseguito Carloni -, abbiamo parlato dei riflessi di questa guerra sulla nostra economia regionale che purtroppo rischiano di essere drammatici. Alcune nostre imprese hanno una forte propensione per i mercati russi e anche per quello ucraino e, in generale, per l’area asiatica".
"Quanto sta accadendo rischia di creare un'incertezza molto pesante per molti produttori soprattutto del settore fashion, moda e scarpe - ha spiegato Carloni -. Per questo motivo oggi, insieme al presidente Acquaroli e al presidente della Camera di Commercio Sabatini abbiamo convocato questo tavolo per decidere insieme delle strategie. Abbiamo già in mente alcune idee che percorreremo rapidamente senza perdere tempo cercando di creare, se possibile, un sollievo a queste eventuali perdite di fatturato delle nostre aziende”.
"L’ascolto e il confronto con imprenditori e associazioni di categoria – ha detto Sabatini - ci rende chiaro che due sono le strade da percorrere in contemporanea: aprire nuovi mercati per le nostre esportazioni, perché i rischi per chi si muove sul mono mercato sono sempre più pesanti, e trovare velocemente risorse (non esclusa la cassa integrazione straordinaria) che siano sostegno concreto per gli imprenditori, e penso a quelli del distretto fermano-maceratese della calzatura, della pelletteria e della moda".
"Il prossimo appuntamento del Micam ci vedrà fare conto con uno scenario ancora una volta mutato - ha aggiunto Sabatini -. Nonostante gli sforzi e il successo ottenuto con la possibilità di accesso in Italia riconosciuta ai vaccinati con lo Sputnik, dobbiamo moltiplicare gli sforzi verso altre soluzioni da mettere a punto velocemente con la Regione Marche e il supporto di Ice. A Milano ancora una volta saremo presenti con i più alti vertici istituzionali per trovare risposte puntuali alle richieste che vengono direttamente dal mercato marchigiano, tra i più colpiti economicamente in Italia da questa nuova crisi".
Nel 2020 le Marche hanno esportato verso la Russia principalmente prodotti del settore Calzaturiero per un valore di oltre 91 milioni di euro che rappresentano una quota del 33,3% sul totale delle esportazioni delle Marche verso questo paese.
Queste esportazioni inoltre rappresentano il 27,2 % di quanto esportato dall’Italia in questo settore verso la Russia. Rispetto all’anno precedente le esportazioni del settore calzaturiero marchigiano verso la Russia si erano già contratte del 24,7% a causa della pandemia. Il settore apparecchi elettrici rappresenta il 14,8% del totale dell’export Marche verso la Russia, la meccanica il 13,5%, il mobile il 9,8%.
È attivo lo Sportello marchigiano per il microcredito imprenditoriale. Promosso dalla Regione, è rivolto a coloro che intendono avviare o potenziare un’attività di impresa o di lavoro autonomo e trovano difficoltà di accesso al tradizionale credito bancario. Prevede una dotazione finanziaria di circa 8 milioni di euro.
A seguito di una procedura di gara, viene erogato da Fidipersona e dalla Fondazione Ottavio Sgariglia-Dalmonte che raddoppiano, nel triennio, la dotazione regionale di 3,83 milioni di euro. L’obiettivo della Regione è quello di fornire una risposta finanziaria immediata e veloce agli imprenditori più piccoli e fragili esposti alle ricadute economiche accentuate dell’emergenze in corso.
“Quella che viviamo è sicuramente una delle fasi più complicate dal dopoguerra a oggi – ha evidenziato il presidente Francesco Acquaroli - . Prima la crisi del 2008, poi le sanzioni introdotte a seguito dell’annessione della Crimea, il sisma, la pandemia e gli attuali scenari ucraini: tutto sta diventando sempre più complicato.
A soffrire di più, sul lato economico, sono le piccole e medie imprese che spesso non trovano un interlocutore per i propri problemi. Iniziative come questa della Regione Marche hanno il merito di sostenere la struttura portante del nostro sistema economico e di muoversi nella direzione richiesta dagli imprenditori”.
“Il tessuto imprenditoriale delle Marche è prevalentemente composto da piccole imprese – ha rimarcato l’assessore al Bilancio Guido Castelli - Il problema della dimensione aziendale può determinare difficoltà di accesso al credito per la più complessa condizione di bancabilità che determina.
Abbiamo perciò ritenuto doveroso investire sulle opportunità offerte dal microcredito imprenditoriale che si caratterizza non solo per le condizioni di particolare flessibilità, ma perché si fonda su un’assistenza garantita dai gestori dei fondi”. Castelli ha stimato in “circa 400 le piccole e piccolissime imprese che avranno la possibilità di accedere a prestiti a tassi assolutamente agevolati”.
Paolo Silenzi (presidente di Fidipersona, società nata nel 2013 su volere delle principali associazioni di categoria marchigiane), ha evidenziato come “la nostra finalità non è solo quella dell’erogazione del credito, ma perseguiamo anche l’inclusione sociale delle imprese che vogliono riconvertire le proprie attività aziendali e produttive.
Siamo i compagni di viaggio, nella fase di avvio dell’attività imprenditoriale, per molti soggetti non bancabili in quanto non dispongono di un patrimonio minimo o perché start up. Lo facciamo con il tutoraggio per tutta la durata del finanziamento, aiutandoli a conseguire gli obiettivi individuati”.
Altro partner di questo progetto, riunito in una Ati (Associazione temporanea di impresa) è la Fondazione Ottavio Sgariglia-Dalmonte (emanazione della Cassa di risparmio di Ascoli Piceno). Il presidente Longino Carducci ha sottolineato come l’operazione “abbia valore doppio per il Sud delle Marche: la Fondazione può impegnare risorse aggiuntive per il territorio, senza intaccare quelle che già destina al welfare di comunità, innescando un effetto moltiplicatore sulla crescita economica locale”.
L’agevolazione (concessa senza iscrizione ipotecaria o altra garanzia) consiste in un finanziamento a un tasso conveniente, della durata massima di 84 mesi e di importo massimo di 40 mila euro, elevabile fino a 50 mila euro. Le imprese inizieranno a rimborsare il microcredito, a decorrere dall’anno successivo dalla concessione, con rate mensili costanti.
I percettori dovranno avere un attivo patrimoniale non superiore a 300 mila euro, ricavi lordi fino a 200 mila euro e un livello di indebitamento non superiore a 100 mila euro. I professionisti e le imprese interessate dovranno avere sede legale e operare nelle Marche.
Con l’attivazione del Fondo per il microcredito imprenditoriale la Regione garantisce una risposta tempestiva alle microimprese con esigenze finanziarie di minore importo, minimizzando costi, tempi e istruttoria di erogazione. Lo strumento si rivela particolarmente adatto allo sviluppo di un progetto di impresa in fase di start up o entro i cinque anni di apertura della partita Iva.
È destinato alle imprese individuali e ai lavoratori autonomi, titolari di partita Iva da non più di cinque anni e con massimo cinque dipendenti. Possono accedervi anche società di persone, società tra professionisti, s.r.l. semplificate e società cooperative, titolari di partita Iva da non più di cinque anni e con massimo nove dipendenti.
Il presidente di Confindustria Macerata Sauro Grimaldi, insieme al vicepresidente Giovanni Faggiolati e al Direttore Gianni Niccolò, ha incontrato nella sede dell’Associazione il Presidente e AD del Gruppo Glisenti SpA di Brescia ingegner Roberto Dalla Bona e l’Ingegner Alberto Pazzaglia Amministratore Delegato della Fonderia Lead Time.
La Lead Time SpA di Caldarola è un’eccellenza del territorio, fondata nel 1932 con il nome di Fonderia Farabollini, nel corso di quasi un secolo ha saputo modificarsi ed innovare per stare al passo con i tempi e, nel 2018, è stata acquistata dalle Fonderie Guido Glisenti SpA. Di Brescia.
"Durante l’importante incontro - si legge in una nota di Confindustria - sono stati affrontati temi di grande interesse per le imprese. Si è parlato infatti, in un’ottica di confronto e di approfondimento, del problema del reperimento delle materie prime, del rincaro energetico e della dipendenza del mercato italiano dalle fonti estere, della transizione ecologica, della centralità del manifatturiero per la crescita e lo sviluppo dei territori e delle comunità.
Inoltre si è trattato del difficile, complesso, incerto e preoccupante contesto geopolitico ucraino-russo e delle ripercussioni che potrebbero esserci sul sistema manifatturiero e imprenditoriale. L’ingegner Roberto Dalla Bona, oltre ad essere presidente dello storico gruppo di Brescia, ha fatto parte sotto la presidenza Pasini del Consiglio di Presidenza di Confindustria Brescia e, attualmente, è componente del Consiglio Generale.
Durante l’incontro Dalla Bona ha affermato "il valore significativo della storia della Lead Time per la comunità locale, ribadendo la centralità del polo produttivo di Caldarola e l’intenzione di potenziare con un ulteriore investimento il territorio maceratese".
Ha poi sottolineato l’alto valore che Confindustria rappresenta con il suo ruolo propulsore ed innovatore, un riferimento essenziale per la classe imprenditoriale. Sia il presidente Grimaldi che il vice presidente Faggiolati hanno manifestato a nome personale e degli imprenditori maceratesi che rappresentano, l’apprezzamento e la gratitudine verso il Presidente Dalla Bona e l’Ingegner Pazzaglia per l’impegno e l’attiva partecipazione al sistema confindustriale".
Una nuova carica per Simone Santini: già CCO (Chief Commercial Officer) di Fileni, da inizio anno è stato nominato anche Direttore Generale dell’azienda marchigiana tra i leader nel mondo delle carni avicole e per le carni biologiche. Un riconoscimento per il lavoro di questi ultimi anni che ha portato la società con headquarter a Cingoli, in provincia di Macerata, a rafforzare la sua leadership nel mondo delle proteine animali BIO e crescere la propria notorietà di Brand.
Una carriera sempre ai vertici quella di Santini. Dopo gli studi all’Università Politecnica delle Marche e un master in Bocconi, ha cominciato a sedere sulle poltrone chiave delle più importanti società europee. Dopo i primi passi proprio in Fileni agli inizi della sua esperienza professionale, Simone Santini entra a far parte del gruppo L’Oreal come Business Development VICHY per poi, dopo un anno, divenire Sales Director La Roche posay.
In seguito ha ricoperto importanti ruoli durante la sua lunga esperienza in Adidas, tra cui anche ruoli internazionali, per poi arrivare a ricoprire il ruolo di vice presidentedella filiale italiana, confermando nel tempo le sue doti di leadership e di people management.
Oggi la nuova sfida nel gruppo Fileni, un’azienda all’avanguardia con un fatturato di oltre 500 milioni di euro, che solo poche settimane fa è stata certificata B-Corp. In particolare, si tratta della prima azienda a livello mondiale che opera nel settore delle carni a conquistare la certificazione. Il gruppo marchigiano si è così aggiunto a un network globale di oltre 4.000 aziende virtuose che si distinguono per l’impegno a coniugare profitto, creazione di valore per la società e attenzione all’ambiente.
Dalla nostra inviata a Dubai, Simonetta Paccagnella Grifi
La settimana della Regione Marche a Expo Dubai 2020 è stata densa di impegni per il vicepresidente e assessore alle Attività produttive Mirco Carloni e per tutta la delegazione istituzionale della Regione.
Di fondamentale importanza è stata la firma dell'accordo siglato tra Regione, Camera di Commercio delle Marche e Camera di Commercio di Dubai, finalizzato ad intensificare le occasioni di business tra i due territori: alla soddisfazione del governatore Acquaroli e del presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini hanno fatto eco le parole del Presidente e Ceo della Dubai Chamber of Commerce & Industry H.E. Hamad Mubarak Buamim, che si è detto altrettanto desideroso di realizzare una collaborazione più forte e più stretta tra Dubai e le aziende della Regione Marche.
“Sono molto contento di essere qui per l’amicizia meravigliosa che mi lega alla Regione Marche di cui vado orgoglioso “ha quindi aggiunto H. E. Sultan Al Mansoori. “Capiamo e riconosciamo le potenzialità di questa Regione e per questo siamo qui oggi”.
Il vicepresidente Carloni, all’esito di questa “missione” che ha posto sotto i riflettori le eccellenze del nostro territorio, guarda con ottimismo al futuro delle imprese marchigiane : “Le potenzialità di crescita per l’export marchigiano sono enormi e per questo continueremo a sostenere le nostre aziende che si affacciano a questi mercati anche per altre iniziative così come abbiamo fatto per l’Expo con il bando in collaborazione con la Camera di Commercio delle Marche”.
“Il fatto che ci sia il brand della Regione proprio dentro il Padiglione Italia di Expo - aggiunge Carloni- è un fatto che ci rende molto orgogliosi”. Il Padiglione Italia è uno dei più apprezzati di Expo Dubai: ha festeggiato il 18 febbraio il milione di visitatori in presenza e 10 milioni di utenti via web. È stato inoltre il padiglione più citato sui media online di tutto il mondo dopo quello degli Stati Uniti.
Un successo quindi per gli imprenditori marchigiani che, in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, l’Università di Urbino, l’Università di Camerino e l’Università di Macerata, hanno elaborato progetti innovativi di altissimo livello, distinguendosi per creatività, ingegno e competitività nello scenario internazionale di Expo 2020.
"La guerra in Ucraina è un dramma umano ed economico, da sanzioni, blocco di ordini e conti correnti. Sono a rischio aziende e posti di lavoro".
Così Valentino Fenni, presidente dei Calzaturieri di Confindustria Centro Adriatico e vicepresidente nazionale di Assocalzaturifici che ricorda: "La Russia è uno dei mercati più importanti: 3 milioni di paia di scarpe italiane acquistate, per un volume di fatturato di 220 milioni. Rispetto al 2020, la crescita nel 2021 (primi nove mesi) è stata del 9%. L'Ucraina acquista mediamente 400mila paia per 30 miloni di euro, in crescita del 16%.
Questi i numeri italiani - aggiunge Fenni -. Il nostro distretto è per l'Ucraina il primo fornitore, praticamente una scarpa su tre arriva dal Fermano-Maceratese. E così per la Russia, con le Marche al primo posto con il 29,8% di calzature italiane, prezzo medio di 68 euro al paio. La provincia di Fermo è da sempre la prima fornitrice di calzature italiane in Russia, 45 milioni di export (primi nove mesi 2021)". Sono a rischio, ovviamente, gli appuntamenti fieristici organizzati per marzo in Kazakistan, in aprile a Kiev e l'Obuv (Fiera internazionale calzature e cuoio) a Mosca".
Timore anche per le nuove sanzioni alla Russia. "Se verranno bloccati i conti correnti dei russi, chi pagherà le scarpe ordinate? - si chiede il presidente dei Calzaturieri di Confindustria Centro Adriatico -. Il rischio è di perdere di nuovo due stagioni". Preoccupano gli imprenditori anche le ripercussioni per il Micam. Si teme un impatto molto alto su imprese e posti di lavoro. "Lavorare in queste condizioni - conclude - è difficilissimo, ci sono calzaturifici che in questi due Paesi hanno il 90% del loro business".
(fonte ANSA)