“Emozioni e curiosità: sono le caratteristiche più importanti della musica, e vogliamo che il pubblico torni a sognare”. Così il nuovo direttore artistico dello Sferisterio, professor Paolo Pinamonti, ha voluto sintetizzare gli obbiettivi preposti per il prossimo piano triennale del 'Macerata Opera Festival' e non solo.
Nella cornice informale, ma comunque suggestiva, del ristornate “Centrale” di Piazza della Libertà, il maestro è stato accolto a poco più di un mese dal suo insediamento dagli organi di stampa, insieme ad alcuni rappresentanti del Consiglio d’amministrazione, fra cui Francesca D’Alessandro (vicesindaco), Luciano Messi (sovrintendente), Gabriella Almanza Ciotti, Giuseppe Rivetti e Valfrido Cicconi.
«Rilanciare lo Sferisterio dopo questi due anni difficilissimi è il nostro imperativo – ha dichiarato in apertura dell'incontro Messi – Stiamo lavorando alacremente per portare entro il 28 febbraio al Ministero della Cultura il nostro nuovo progetto per l’estate 2022, tenendo conto delle spese di bilancio che saranno necessarie».
«Il mio obbiettivo è riaccendere il dialogo fra spettacolo e pubblico – ha esordito Pinamonti – e per farlo allargheremo l’offerta dei titoli della prossima stagione lirica: non solo quelle già note da oltre 20 anni, ma anche opere non ancora entrate nei vari circuiti operistici. Altre iniziative vogliono tenere conto del concetto di ‘pluralità musicale’, quindi aprire anche a generi come la musica cinematografica o la popular, oltre a realizzare eventi sinfonico-concertistici dal respiro internazionale.
Dobbiamo sfruttare al massimo le potenzialità dello Sferisterio, e per farlo bisogna abbandonare la pigrizia intellettuale, guardare alla crescita dei complessi artistici marchigiani, rilanciando anche una nuova idea di turismo culturale».
E alla domanda: "Esiste in questo progetto un piano che preveda un maggiore coinvolgimento degli ascoltatori più giovani?"
«Il tema è delicato, perché i ragazzi sono abituati a diffidare della musica colta - ha risposto il neo-direttore dello Sferisterio - Il regista Peter Brook insegna che quando si è impreparati a un ascolto o una visione, emerge davvero la qualità del lavoro svolto. Il nostro diktat vuole essere i medesimo: i giovani non vanno obbligati all’ascolto educativo, ma incuriositi.
E soprattutto, bisogna suscitare in loro le emozioni. Sono in programma per questo anche degli incontri presso le scuole primarie e secondarie, ma di base vogliamo sfruttare l’offerta cinematografica per far emergere il valore della musica. Un po’ come accadeva nel ‘900 quando gli artisti accompagnavano le proiezioni, portando all’attenzione di un nuovo pubblico grandi opere».
Non solo canzoni a Sanremo. In occasione della 72esima edizione del Festival più famoso d’Italia, la prestigiosa Villa Ormond - a pochi km dal Teatro Ariston - ha aperto le sue porte alla prestigiosa mostra di Paolo Marinozzi, classe 1947, collezionista e fondatore del museo “Cinema a Pennello” di Montecosaro. Si tratta di una grande raccolta fatta di locandine e bozzetti: pezzi unici dipinti a mano da grandi artisti – i cosiddetti “cartellonisti” – nel corso di 50 anni di storia del cinema e della musica. E che dal 2011 è possibile apprezzare presso lo spazio allestito in quel di Porta San Lorenzo.
Sull’onda dell’entusiasmo, Paolo – direttamente dall’hospitality della villa sanremese, dove si trova insieme al figlio Alessandro – ci ha raccontato di questa iniziativa e della sua passione.
Innanzitutto, chi ti ha lanciato la proposta di Sanremo? Devo ringraziare Giuseppe Grande, direttore di “SanremoSol” che ha fortemente voluto questa collaborazione. Era da anni che volevo portare da quelle parti la mia mostra, ma non ce n’è mai stata l’occasione. Fortunatamente nel frattempo, insieme ai miei collaboratori, abbiamo conquistato altre tappe: Taormina, Napoli e anche il Lucca Comics.
Come mai questo desiderio di unire la tua collezione al Festival della canzone italiana? Da bambino seguivo il Festival per radio. Poi ci fu l’avvento dei “musicarelli” al cinema, e quasi per caso ho cominciato la mia collezione di manifesti e bozzetti. Qui a Sanremo in particolare abbiamo portato 22 opere, ispirate a grandi canzoni come “Dio come ti amo” di Domenico Modugno, “Nessuno mi può giudicare” di Caterina Caselli, “Zingara” di Iva Zanicchi, “Non son degno di te” e “Mi vedrai tornare” di Gianni Morandi e altre.
Come ha accolto la proposta allestire la mostra a Villa Ormond? Sono stato felicissimo, e spero sinceramente che questa sorta di “anteprima” abbia una forte risonanza e ci consenta di partecipare ad altre manifestazioni canore. Villa Ormond poi è di per sé molto suggestiva, con il suo parco meraviglioso e la vista sul mare. Al tempo vi ha soggiornato anche la Principessa Sissi.
A quale canzone sanremese si sente più legato? Ho sempre amato Claudio Villa, e infatti abbiamo una locandina di Sanremo con lui e Teddy Reno. Come ti dicevo, sono cresciuto ascoltando la radio e le grandi voci del dopoguerra. Poi ad un certo punto arrivò Modugno che rivoluzionò tutto: custodisco ancora gelosamente la locandina di “Piange il telefono” del 1975, con la dedica di Claudio Lippi.
E la sua passione di collezionista invece come è nata? Sin da piccolo raccoglievo figurine, poi fumetti e dischi. Con le locandine in un certo senso mi sono voluto specializzare. Finché negli anni ‘90 abbiamo allestito la prima mostra su Totò, e da quel momento tanti personaggi hanno molto apprezzato e ci sono venuti a trovare: Lucio Dalla, Ornella Muti, Sabrina Ferilli, le gemelle Kessler, Catherine Spaak, Tomas Milian, Vincenzo Mollica e altri ancora.
A quale bozzetto o locandina è più affezionato? Probabilmente a quella del film “Nuovo Cinema Paradiso”, perché ebbi la fortuna di condividerla durante il Bari International Film Festival del 2019 assieme ai maestri Ennio Morricone e Giuseppe Tornatore. Però penso anche alle mie prime scoperte da bambino: “Poveri ma belli” (1957) e “Don Camillo” (1952).
Lo studio di Guido Garufi esplora con ampia bibliografia e apparato critico il Novecento fino ai nostri giorni affrontando anche la rivoluzione linguistica e l’omologazione operata dal web. Resta salda l’immagine dei vecchi e nuovissimi autori fedeli ad una poesia che sappia inviare senso e messaggio.
D: Dopo la tua prima incursione sulla poesia marchigiana del 1998, a ventiquattro anni di distanza, presenti questo corposo lavoro, La poesia delle Marche-Il Novecento e oltre, edito da Affinità Elettive di Valentina Conti. Da quanto è possibile sostenere la tua antologia si presenta come centrale e fondamentale. Ne scrisse, ai tempi, Carlo Bo, sostenendo che “se si facesse in ogni regione il lavoro che Garufi ha fatto per le Marche, avremmo una storia della letteratura contemporanea più ricca e più completa”. E’ stato un lavoro faticoso?
R: Si: il lavoro attuale è durato quattro anni, è pesante scrivere cinquecentoquaranta pagine. Il primo “antologista” fu Carlo Antognini che esplorò il primo cinquantennio del secolo che è passato. Nel mio lavoro precedente del ’98 (pp.614) avevo fortemente ampliato e anche mutato, sia bibliograficamente che con successive griglie critiche il suo indirizzo.
Dunque, non ribaltavo quanto scritto prima di me, ma ciò che a mio avviso era o sfuggito o non integrato. Per la verità, nel 1981, insieme all’amico di sempre, Remo Pagnanelli, avevo scritto una antologia dedicata, allora, a poeti emergenti. Avevamo buon naso, debbo dire. I nostri, di allora, pubblicarono poi per grandi case editrici, Einaudi, Garzanti ed altre. Insomma, io e Remo, portammo “fortuna” a D’Elia, Scarabicchi, De Signoribus e Piersanti, ad esempio. Spero, con questo lavoro, di poter promuovere i più giovani e meno giovani. Il libro appena uscito copre un arco che va dal 1940 ad oggi.
D: A tal proposito, quale panorama emerge dalla foto di questi ultimi trenta anni e più? Vi è mutamento, novità, differenza di stile o tematica?
R: Credo che il punto forte di questo mio nuovo studio sia nell’aver affrontato la “quarta rivoluzione industriale”. Il digitale e il Web, quindi. Non è piccola cosa. A metà degli anni ’70, uno studente delle medie superiori (ultimo anno) aveva un “bagaglio” di termini e vocaboli di circa 1.700 elementi (ivi incluse le congiunzioni) oggi sfiora i 650. Questa contrazione è bestiale perché riduce la qualità espressiva. Pensa un po’, se io volessi farti un complimento, una cosa è avere in mente un quarantina di aggettivi, altra cosa è una riduzione a venti. Il linguaggio “sintetico” non è della poesia, non è espressivo. La lingua di oggi deriva da un “pensiero calcolante”, produttivo, “arido”, senza luce…
D: Ma è un dato certo quello che tu dichiari o vi è anche un “rigetto” o un tuo pregiudizio per internet e dintorni?
R: Non sono così sciocco da attaccare una invenzione necessaria ed utile. Io parlo di linguaggio, di lingua, di poesia che vive di metafore e simboli, non di icone e frammenti. Parlo anche del linguaggio più in generale, quello tra di noi, quello quotidiano. Naturalmente nel lavoro ho citato ampia bibliografia a tal proposito. Solo i titoli sono indicativi e diagnostici: autori importanti, studiosi di neurologia, sociologi, critici letterari.
Tutti convergono nel qualificare questo effetto negativo o pesante della lingua standardizzata sul modo di pensare, di parlare e di scrivere .Si badi bene, di pensare, e dunque di scrivere. Ad esempio Manfred Spitzer quello di Demenza digitale, o Connessi e isolati, ed ancora Solitudine digitale, Emergenza smartphone- I pericoli per la salute, la crescita, la società , aggiungo che Spitzer è uno dei più rinomati ed eminenti neuroscienziati tedeschi. Emerge un concreto panorama davvero più magmatico e discutibile e labirintico, un territorio dove il critico, di qualsiasi rango o parte, si troverebbe sbilanciato, tanto quanto l’autore che “crea lingua poetica”.
L’oggetto (la lingua letteraria) da interpretare è diversa e mutata. Su questo tema ho usato Thomàs Maldonado, Memoria e conoscenza, sulle sorti del sapere nella prospettiva digitale e anche Critica della ragione informatica, Pensiero involontario nella società irretita e soprattutto Un popolo di frenetici informatissimi idioti di Franco Ferrarotti. Attenzione, dunque.
D: Vuoi dire che la lingua poetica ha risentito di tutto questo? E questo problema lo senti esteso ad altro?
R: La lingua poetica ha potenti anticorpi. Scriveva Montale: "La poesia affila le sue armi, poche ma durature”. I poeti che ho antologizzato sono colti, leggono, riflettono, vivono “ancora” in un “tempo” più rallentato e meno veloce da quello “imposto” dalla produzione e dal consumo. E la loro fortuna è quella che ho chiamato “avanguardia a ritroso”. La neo- lingua, la lingua comune standardizzata vuole la velocità e la sintesi.
Vuole lo “spot”, l’emoticon, come in politica, dove non si distingue il “pensiero” ma squallidi “minestroni”, minestre scotte e mendaci. Mai come oggi credo che la politica meriti il Premio Nobel, più di Pirandello che lo vinse. Sono i politici che incarnano oggi Stasera si recita a soggetto o Così è se vi pare, o anche Uno nessuno e centomila. Una brodaglia all’interno della quale non si distingue un “Pensiero”.
E’ una Batracomiomachìa, come chiamava Leopardi la sua Battaglia tra le rane e i topi. Primeggia la velocità, la dimenticanza della Storia. In questo modo si “annebbiano” i nessi reali tra causa ed effetto, quella che si chiama la “consecutio temporum”. Il Sistema ha deciso e vuole questo e questa “omologazione” è sotto gli occhi di tutti. Di tutti quelli che “pensano”, tuttavia. Il resto sfugge.
D: Puoi tracciare sinteticamente la “fotografia” della nuova generazione marchigiana, esiste una linea che si possa definire continua?
R: Lo stesso titolo che ho voluto dare alla mia opera è un indizio: non oltre il Novecento, ma il Novecento ed oltre. Questo è il primo nesso. I “miei” autori sono già storicizzati con un apparato critico e biobibliografico. Noto una continuità nella tradizione con le radici medio-novecentesche, l’influenza che il Novecento “riflette” su di essi è palese, persino in quelli apparentemente e moderatamente sperimentali. I Maestri del secondo Novecento, Luzi, Saba, Pasolini, Bertolucci, Sereni e tanti altri sono sotto traccia ma evidenti. Nei più giovani, in positivo, ho notato una vasta propensione alla letteratura straniera e una intrigante flessione verso la prosa. Oggi più di ieri.
D: Come mai tu non ti sei inserito come poeta dal momento che sei, come altri, ampiamente storiografato?
R: E’ stata una mia scelta personale, volevo essere quanto più “distante”, esercitare con più forza e decisione la solidità critica. Mi è costato molto, ma volevo essere “compagno di viaggio” e amico, volevo “accompagnare”. Del resto dei miei libri di versi si è già parlato, anche io accompagnato da prefazioni nobili e fondamentali nella mia vita, quella di Mario Luzi e Vittorio Sereni ad esempio. Due anni oro sono avevo scritto un metaromanzo, Filigrane- Canzoniere apocrifo, che dice tutto di me. Ho voluto dedicare l’antologia a tre poeti scomparsi, tre amici: Remo Pagnanelli, Francesco Scarabicchi e Antonio Santori.
La seconda parte della stagione 2021/22 del Politeama inizia con una grande novità: Cassini&Friends. Si tratta di quattro spettacoli comici dal format innovativo, dove oltre a Dario Cassini si esibiranno giovani comici e ospiti speciali del panorama cabarettistico nazionale. Il primo appuntamento si terrà giovedì 27 gennaio alle ore 21:15 al Politeama di Tolentino, e l’ospite d’eccezione sarà Gianluca Impastato.
Fra i più apprezzati comici del panorama italiano, Gianluca Impastato diventa celebre grazie a Colorado Cafè dove partecipa a tutte le edizioni. Tra i suoi personaggi più famosi ricordiamo Chicco D’Oliva, lo strampalato intenditore di vini, e Mariello Prapapappo, l’investigatore dell’assurdo. Partecipa anche a “Paperissima Sprint” e “Grande Fratello Vip”. Prende parte a diverse serie tv come “Medici miei”, “Così fan tutte” e “Fratelli Benvenuti”. Nel 2020 è nel programma “Enjoy – Ridere fa bene” condotto da Diego Abatantuono e Diana Del Bufalo.
Dario Cassini è uno dei grandi della comicità italiana, ha alle spalle una lunga esperienza televisiva nei tre cult-show della tv italiana come Zelig Circus, Le Iene e Colorado. Ha all’attivo oltre venticinque spettacoli scritti e replicati in tutta Italia.
Biglietti a partire da 12 euro disponibili al Botteghino del Politeama, aperto dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 20 e da tre ore prima di ciascun spettacolo, online all’indirizzo http://www.liveticket.it/politeamatolentino. Tutte le attività del Politeama si svolgono nel rispetto delle normative per il contrasto del Covid-19, l’ingresso è consentito esibendo il Green Pass “rafforzato” e indossando correttamente la mascherina protettiva FFP2.
Al via l’XI Edizione del prestigioso Concorso Letterario "Raccontar Scrivendo" organizzato dall’Associazione "La Casetta degli Artisti" di Recanati, in collaborazione con il Comune, la Regione Marche, Casa Leopardi, con il contributo delle più importanti aziende del territorio.
Presentato questa mattina dal sindaco Antonio Bravi, dall’assessora alla Cultura Rita Soccio e dal Presidente dell’associazione “La Casetta degli Artisti” Gabriele Magagnini le linee guida del Concorso 2022 rivolto agli studenti delle scuole primarie, classi terze quarte e quinte e alle scuole secondarie di primo e secondo grado di tutta Italia.
Il tema a cui sono chiamati quest’anno gli studenti a fare delle riflessioni è quello dell’idillio “Alla luna” di Giacomo Leopardi. “Dopo una breve interruzione di un anno a causa dell’emergenza sanitaria, riprende questo importante concorso letterario - ha dichiarato il primo cittadino - un lavoro complesso e difficile che organizzatori e collaboratori riescono a portare avanti on risultati sempre più rilevanti, tanto che, alla sua 11 edizione, il Concorso è diventato un punto di riferimento per la nostra città, per tutti gli amanti della cultura e per i sempre più numerosi studenti che ogni anno vi partecipano, per i quali rappresenta un significativo strumento di crescita e di arricchimento culturale. Sin dalle prime edizioni l’iniziativa ha saputo mettere in luce il talento di studenti appassionati di letteratura e di Giacomo Leopardi, stimolando la loro fantasia".
"Ringrazio Gabriele Magagnini, l’Associazione La Casetta degli Artisti, gli sponsor, le e gli insegnanti e tutti coloro che dedicano parte del loro tempo per realizzare questo progetto. Un saluto particolare ai giovani studenti che vorranno partecipare mettendosi in gioco e che approfitteranno di questa opportunità per conoscere e visitare la nostra splendida città" ha concluso Bravi.
Tra le novità di questa edizione una sezione speciale di arti varie rivolta a tutti, un modo per offrire a chiunque, non solo agli studenti, la possibilità di affrontare la tematica proposta. “Alla luna è un colloquio permeato da un sentimento nostalgico legato al ricordo del tempo giovanile e alla sua cospicua dose di speranza che solo i giovani hanno in dotazione per natura - ha affermato l’assessora alla Cultura Rita Soccio -. Ed è forse questo l’aspetto da sottolineare e rimarcare, quella speranza come elemento positivo volto a bilanciare la durezza del passato e dell’affanno della vita".
"Quella speranza che in un periodo di restrizioni e di difficoltà vissuta dalle nostre alunne e alunni può essere d’aiuto e rendere dolci i ricordi più tristi. Questo componimento in fondo ci vuole insegnare l’importanza della capacità, che l’uomo ha o dovrebbe avere, di convivere con il lato dolceamaro dell’esistenza - aggiunge Soccio -. I miei più ringraziamenti a tutti coloro che rendono possibile questo progetto, che ha avuto negli anni una crescita esponenziale a testimonianza della qualità che gli viene riconosciuta dalle molte scuole italiane che vi partecipano, lavorando con passione alla formazione culturale e umana di giovani talenti.”
Il Concorso non prevede alcuna quota di iscrizione, gli elaborati dovranno essere inviati via e-mail entro il 15 aprile e le opere verranno valutate da una giuria di esperti. Ai primi classificati di ogni sezione andrà come premio un soggiorno per due persone in una capitale europea. Gli altri premi, a scalare, consistono in prodotti delle aziende partner dell’ iniziativa e somme in denaro.
“Un’iniziativa nata dalla volontà di aprire un dialogo tra Giacomo Leopardi e i ragazzi di oggi, per dimostrare che la cultura non è oscurata dalla frenesia e dalle nuove tecnologie anzi, ha ancora un grande valore, gli scrittori esistono e hanno molto da trasmettere sia su carta che attraverso i nuovi media - ha spiegato Gabriele Magagnini -. Quest’anno vengono proposte alcune tematiche tratte da “Alla luna”. Partendo quindi da alcuni versi del Poeta recanatese, accuratamente scelti per le tre sezioni, invito tutti i ragazzi a scrivere riflessioni in merito”.
A portare i saluti e gli auguri della Regione Marche l’Assessora alla Cultura Giorgia Latini con un video messaggio e tra gli intervenuti nel corso della conferenza stampa i partner e collaboratori del Concorso tra cui : il dirigente scolastico Annamaria De Siena, Sandrino Bertini della Bcc, Domenico Guzzini della F.lli Guzzini, Riccardo Ficara Pigini per Eli e Pigini Group, Filippo Fancello della Algam Eko, Giuditta Pierini della Casetta degli Artisti.
Torna la nuova stagione di spettacoli dal vivo, fra musica e cabaret, al teatro Politeama di Tolentino, presentata in conferenza stampa dal Direttore Massimo Zenobi, i comici Dario Cassini e Gianluca Budini, e l’Assessore alla Cultura del Comune di Tolentino Silvia Tatò.
Dopo il successo della prima parte iniziata già a settembre, il tabellone intitolato "Ancora più spettacolo" si arricchisce di una serie di eventi di grande qualità, a partire dalla presenza di importanti nomi come quello del già citato Cassini. Il comico-attore animerà la cornice del Politeama dal 27 gennaio per una serie di quattro appuntamenti di cabaret con un nuovo format ideato espressamente per l'occasione insieme a Gianluca Budini, riservando spazio a ospiti speciali - come Dado, Gabriele Cirilli e Claudio Batta - e a giovani comici esordienti.
La stagione proseguirà fino all'8 maggio anche con alcuni concerti cosiddetti "di facile ascolto" - per la rassegna Master Piano Festival Più, che vedranno coinvolti musicisti del panorma classico e jazzistico - e con l'incontro per il format "Racconti d'attore" affidato all'interprete Orso Maria Guerrini, alle musiche da film di Fabio Rizzi e il tributo a Mina dell'Orchestra Musicando.
«"Leggerezza" è la parola chiave di questa nuova avventura del teatro Politeama - hanno dichiarato il Direttore Zenobi e l'Assessore Tatò - L'obbiettivo è offrire a tutta la collettività - nonostante il periodo che stiamo vivendo - un clima distensivo e di ottimismo, nel pieno rispetto delle normative anti-covid previste dall'ultimo Dpcm. Musica e risate per ripartire tutti insieme verso un futuro migliore».
L'associazione Unitre di Civitanova Marche, in collaborazione con il circuito delle Unitre nazionali e con l’IIS Da Vinci, ha pubblicato il bando del quarto “Premio letterario Unitre Civitanova” per racconti inediti a tema. Il concorso, che è patrocinato dal Comune di Civitanova Marche e dalla Regione Marche, è finalizzato a premiare i testi più meritevoli che rispondano al tema del concorso, che varia di anno in anno. Il tema dell’edizione 2022 è: la solitudine. Si tratta di un concorso nazionale non riservato ai soli iscritti, ma rivolto a tutti gli appassionati di scrittura nel nome di una cultura che unisca menti e sentire in uno spazio autonomo e senza steccati ideologici.La presidente Unitre Marisa Castagna, nel dare notizia dell’uscita del bando, ha dichiarato: “Vogliamo dare continuità ad un premio importante, che diventa ancor più significativo in questo drammatico e lungo periodo di pandemia. Il tema di questa quarta edizione è la solitudine, una condizione che ci mette di fronte a noi stessi e ai lati nascosti che a volte non vorremmo affrontare. La solitudine può essere una conseguenza del percorso della vita, la solitudine può essere una scelta fatta con consapevolezza e, se vissuta bene, può essere un momento importante per conoscere appieno noi stessi. Ci auguriamo di ricevere molto interesse anche in questa nuova occasione letteraria”. Le opere inedite di narrativa dovranno essere inviate entro il 30 aprile 2022, e dovranno rispettare i requisiti richiesti dal regolamento, che è consultabile sul sito dell’Unitre di Civitanova Marche. La giuria del premio sarà composta da personalità del mondo dell’arte e della cultura, che avranno il compito di individuare tra tutti i racconti pervenuti, i primi tre classificati e fino a due opere meritevoli.
Al primo classificato andrà la somma di € 300,00; al secondo classificato € 200,00; al terzo classificato € 100,00. Gli autori delle due opere segnalate come meritevoli dalla giuria riceveranno ciascuno € 50,00. Tutte le opere devono essere inviate via mail all'indizzo: segreteriaunitre2@libero.it, entro il 30 aprile 2022.
Sono stati pubblicati, a cura del Comune di San Severino Marche e della Fondazione Salimbeni per le Arti Figurative, gli atti del convegno di studi su “Dante Alighieri e Filippo Bigioli tra arte, poesia, teatro e teologia” ospitato, alla fine di settembre dello scorso anno, al teatro Feronia. Nella raccolta, tra i tanti preziosi contributi, figurano quelli di Stefano Papetti, Pietro Maranesi, Alfredo Luzi e Alberto Pellegrino.
Proprio il professor Papetti, attualmente curatore delle collezioni comunali di Ascoli Piceno, docente di tecniche artistiche e restauro presso il corso di laurea in Tecnologia per la Conservazione dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Camerino e da più di trent’anni studioso degli aspetti più rilevanti della pittura marchigiana dal Medioevo al Neoclassicismo oltre che curatore di moltissime mostre in Italia e all’estero; in occasione del convegno, parlando della fortuna di Dante nell’Italia risorgimentale, presentò anche un vero e proprio tesoro, di proprietà del Comune, custodito a San Severino Marche e che richiama alla Divina Commedia.
Si tratta dei ventisette bozzetti ad olio realizzati per le tavole che il cavalier Romualdo Gentilucci di Fabriano, cultore delle Belle Arti e promotore di iniziative artistiche ed editoriali, commissionò all’artista settempedano Filippo Bigioli nel 1854 e da cui furono in seguito tratti i soggetti per le grandi tele che costituiscono la Galleria Dantesca, e che misurano 6 metri per 4 metri. Le opere furono dipinte a “finto arazzo” con colori vegetali direttamente sulla tela e senza imprimitura dallo stesso Bigioli insieme ad altri artisti.
“Notizia recente - a darne conferma è l’assessore alla Cultura e vice sindaco del Comune di San Severino Marche, Vanna Bianconi - è che durante un sopralluogo in un deposito comunale, a palazzo Servanzi Confidati, è stato trovato un ventottesimo quadretto dedicato sempre alla più grande opera di Dante”. E non sarebbe tutto perché di Bigioli ci sarebbero anche degli schizzi che accompagnerebbero i bozzetti dipinti.
Con riferimento a queste pregevolissime opere, fino ad oggi si sapeva che fossero appunto ventisette, il professor Papetti sottolinea negli atti del convegno: “Essi documentano una delle più ambiziose imprese decorative alle quali abbia partecipato il pittore marchigiano Filippo Bigioli. Come ha evidenziato di recente Sibilla Panerai, in occasione di una bella mostra ospitata a Forlì, “l’artista attinse allo spiritualismo neo medievale del Purismo romano con accenti in stile trobadour, rimanendo ai modi del nazzareno Ary Scheffer, di Jospeh Anton Kocn nel Casino Massimo a Roma e alle incisioni di Flaxman eseguite da Piroli”. Riferimento che dimostrano l’aggiornamento di Bigioli – spiega ancora Papetti – capace di sintonizzarsi con grande eclettismo sulle onde emotive di quanto accadeva sulla scena artistica romana nell’ultima grande stagione artistica internazionale maturata nell’Urbe pochi anni prima della conquista piemontese”.
Il convegno “Dante Alighieri e Filippo Bigioli tra arte, poesia, teatro e teologia”, promosso a San Severino Marche in occasione del settimo anniversario della morte di Dante Alighieri, si conferma così ancor più come un vero e proprio evento culturale, seppure il Covid ne abbia impedito a molti di prendervi parte. E’ stata una “avventura che ha contribuito – così scrive il sindaco della Città di San Severino Marche, Rosa Piermattei, nella premessa alla stampa degli atti del convegno stesso - a far vivere un momento di rinnovato amore per quanto a San Severino Marche possediamo e a dare stimoli culturali che saranno un ulteriore motivo per la valorizzazione del patrimonio artistico cittadino”.
Domenica 23 gennaio, alle 17, quarto appuntamento con “A teatro con mamma e papà”, la stagione di teatro per ragazzi e famiglie promossa dal Comune di Civitanova Marche, da “Teatri di Civitanova” e da “Proscenio Teatro”, per la direzione artistica di Marco Renzi.
In scena, al teatro Annibal Caro di Civitanova Ata, la compagnia “Atto Due” di Firenze, che presenta la sua ultima produzione: “La rapa gigante” della regista Manola Nifosì, uno spettacolo molto poetico e divertente, giocato in scena da due bravissimi attori che sanno dimostrare mestiere, sensibilità nel parlare con i bambini e grande affiatamento.
Il direttore artistico Marco Renzi sottolinea ancora una volta l’importanza del teatro per i più piccoli. “Lo scorso inverno – ricorda Renzi - è stato all’insegna dell’isolamento più totale, con tutto chiuso intorno a noi. Adesso è il momento di ricucire quello strappo, di farlo con le dovute cautele, ma di non isolarsi. Il teatro è un presidio di socialità, un luogo di incontro, di divertimento e di sogno, va mantenuto aperto e fatto funzionare. Ringraziamo allora il Comune di Civitanova Marche e Teatri di Civitanova per aver condiviso questa scelta coraggiosa, contribuendo ad organizzare un cartellone di sei appuntamenti per i nostri piccoli e averla portata avanti”.
La stagione civitanovese sta procedendo regolarmente con il programma annunciato e la risposta del pubblico non è mai mancata. Affinché sia facilitata la scelta di scegliere di andare a teatro, l’organizzazione continua a lasciare in platea uno spazio vuoto tra una famiglia e l’altra e ad assegnare i palchetti in uso esclusivo ai nuclei familiari. Le prenotazioni sono aperte. Si ricorda che l’ingresso è possibile solo con super green pass a partire dai 12 anni e con mascherina ffp2 a partire dai sei anni.
Sabato 22 gennaio alle ore 10.30 il MarC (Museo Archeologico Statale di Cingoli) apre nuovamente le porte ai visitatori per presentarsi con un allestimento rinnovato. Il progetto di riallestimento è stato coordinato da Luigi Gallo, direttore della Direzione Regionale Musei Marche e curato dall’architetto Cecilia Carlorosi – Soprintendente Sabap per le province di Ancona, Pesaro e Urbino - con la direzione scientifica di Sofia Cingolani, funzionaria archeologa Mic e direttrice del Museo.
Il Museo Archeologico di Cingoli è d’interesse per i forti legami con il territorio di cui racconta la storia millenaria.” In questa prima fase i lavori si sono concentrati, in particolare” – afferma Sofia Cingolani – “sul miglioramento dei percorsi con l’obiettivo di ampliarne la fruizione con contenuti aggiornati dal punto di vista scientifico e, al tempo stesso, più accessibili al grande pubblico, con una particolare attenzione rivolta ai giovani. Molto presto il Museo si doterà anche di un catalogo e di contenuti multimediali”. Il riallestimento del Museo rappresenta, infatti, solo una prima tappa nell’ambito di più ampi obiettivi strategici a lungo termine, prefissati dalla Direzione Regionale anche con la finalità di allinearsi agli standard del Sistema Museale Nazionale.
“La collaborazione tra la Direzione Regionale Musei Marche e Soprintendenza archeologia belle arti paesaggio delle Marche, l’Università di Macerata e Comune di Cingoli”- conclude Luigi Gallo – “ha rappresentato un ottimo esempio di come la partecipazione di diversi attori istituzionali sia non solo possibile ma sempre auspicabile per la valorizzazione del patrimonio”.
All’inaugurazione, che sarà aperta dal saluto del Sindaco di Cingoli Michele Vittori, saranno presenti Luigi Gallo (Direttore Regionale Musei Marche), Pierluigi Moriconi (Soprintendente Sabap per le province di AP-MC-FM), Cecilia Carlorosi (Soprintendente Sabap per le province di Ancona, Pesaro e Urbino), Sofia Cingolani (Direttrice del Museo di Cingoli), Stefano Finocchi (funzionario Mic) e Roberto Perna (docente di Archeologia Classica presso l’Università di Macerata).
Ripartirà ufficialmente mercoledì 19 gennaio la nuova stagione di prosa del Teatro Nicola Vaccaj di Tolentino. A fare da apripista sarà uno dei capolavori assoluti di Tennessee Williams, "Un tram che si chiama desiderio", per la regia del maestro di fama internazionale Pier Luigi Pizzi - fondatore insieme a Giorgio De Lullo, Romolo Valli e Rossella Falk della “Compagnia dei giovani”.
A dare voce e corpo agli indimenticabili protagonisti del dramma saranno due grandi interpreti del teatro italiano: Mariangela D’Abbraccio nel ruolo di Blanche Du Bois - reduce dai successi di Filumena Marturano - e Daniele Pecci nel ruolo di Stanley Kowalski, che già fu al tempo di Marlon Brando. La trama terrà fede all'opera di Williams vincitrice del Pulitzer 1947, raccontando la storia di Blanche perduta nella New Orleans degli anni ’40 e che, dopo che la casa di famiglia è stata pignorata, si trasferisce dalla sorella Stella, sposata con un uomo rozzo e volgare di origine polacca, Stanley. Blanche è alcolizzata, vedova di un marito omosessuale, e cercherà, fallendo, di ricostruire un rapporto salvifico con Mitch, amico di Stanley. Ma il violento conflitto che si innesca fra lei e Stanley, la porterà alla pazzia.
Biglietti in vendita su vivaticket.com, nelle biglietterie del circuito AMAT / Vivaticket e al botteghino del Teatro, aperto da lunedì 17 gennaio, con orario 18-20. Secondo le normative attualmente in vigore, l’accesso in teatro sarà consentito solo in possesso del Green Pass Rafforzato e con mascherine di tipo FFP2.
Non andrà in scena “Figlie di Eva” con Michela Andreozzi, Maria Grazia Cucinotta e Vittoria Belvedere, che venerdì 14 gennaio avrebbe aperto la stagione del Teatro Verdi di Pollenza promossa da Comune e AMAT.
Lo spettacolo, sospeso dalla produzione nella mattinata di oggi per un improvviso impedimento causa pandemia, che terrà ferma la compagnia a lungo, non consentendone il recupero, è sostituito con la commedia “Bloccati dalla neve” con Enzo Iacchetti e Vittoria Belvedere, il 17 marzo.
"Tenevamo molto a questo spettacolo e grande è il dispiacere per questo imprevisto contro cui non possiamo fare niente, abbiamo deciso comunque di proporre un quarto spettacolo come segno di rispetto verso gli abbonati che ci hanno dato fiducia. Il botteghino in queste ore sta contattando tutti per avvisare di questo cambiamento e qualora ci fossero persone impossibilitate ad assistere alla data del 17 marzo troveremo con loro una soluzione" queste le dichiarazioni dell'assessore alla cultura Marco Ranzuglia.
Apertura in grande nel 2022 per il cartellone di eventi in programma al Teatro Giuseppe Verdi di Pollenza. Si riparte, dopo la pausa natalizia, con l’appuntamento di venerdì 14 gennaio, alle ore 21.15. In scena la commedia tutta al femminile “Figlie di Eva”, con un trio d’eccezione: Maria Grazia Cucinotta, Vittoria Belvedere, Michela Andreozzi.
“Figlie di Eva” è tre storie in una, come sono tre i nomi delle protagoniste: Elvira, Vicky e Antonia. Elvira, dietro a ogni grande uomo c’è una grande donna: la segretaria. Vicky, moglie tradita, è una “povera donna di lusso”, un po’ ingenua, un po’ scaltra, un po’ colomba, un po’ volpe. Antonia, prof. di latino, emigrata, precaria. E bellissima.
A legarle c’è Nicola Papaleo, sindaco disonesto che le inguaia tutte. Le tre donne, che mal si sopportano, sono però unite da un sano sentimento di vendetta e per questo si coalizzano: lo vogliono morto, anzi, sconfitto in politica, che rende l’uomo di potere ancor più morto di un morto. Come? Costruendo un candidato “fantoccio” che lo distrugga alle prossime elezioni: Luca Bicozzi, aspirante attore; lo blandiscono, lo convincono e Luca conquista il favore dell’elettorato.
E, conquistata anche la fiducia in sé stesso, vince un provino come protagonista di una serie. Una storia avvincente e all’insegna del divertimento quella in scena al Giuseppe Verdi di Pollenza. Si ricorda che lo spettacolo è disponibile anche in abbonamento o previa prenotazione al numero 349-4730823 dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19 dei giorni feriali. Il costo del biglietto per il 1° settore è di 22 euro, mentre per il 2° settore/ridotti è di 18 euro.
Trovare dei piatti tipici delle Marche da suggerire per il cenone di Capodanno si è rivelata un’impresa più difficile di quanto pensassi: dopo il primo, ovvio pensiero che va al classico cotechino che le lenticchie, immancabile su ogni tavola italiana nella notte di San Silvestro per augurare ricchezza ai commensali, non riuscivo a farmi venire in mente qualcosa di altrettanto caratteristico. Ho deciso quindi di interpellare la massima esperta in materia, mia nonna, che ha però risposto, e traduco direttamente dal maceratese: “Cocco mio, noi andavamo a dormire presto”. Il cenone di Capodanno è infatti una ricorrenza piuttosto recente, quindi poco radicata nei costumi del nostro territorio. Per questo motivo un tipico menù dell’ultimo dell’anno, nelle Marche, è perlopiù ripreso da quello di Pasqua e Natale.
Antipasti al plurale, come le Marche, che si aprono con la classica minestra a straccetti, o “stracciatella” , una zuppa a base di uovo e parmigiano cucinata nel brodo: piatto tipico della tradizione povera marchigiana (e non solo), che nasce per l’intento di recuperare il brodo di carne avanzato dal pranzo di Natale. A seguire tagliere di affettati e formaggi, dal salame di fegato alla coppa di testa, dal pecorino di fossa alla crescia di Urbino, senza dimenticare il re dei salumi spalmabili, il ciauscolo.
Non c’è un primo piatto più iconico nella cucina marchigiana dei vincisgrassi, da non confondere con la più nota lasagna che si differenzia principalmente per il ragù al suo interno: non si utilizza infatti la carne macinata nella preparazione del sugo, bensì tagli grossolani con l’aggiunta, spesso, delle rigaglie di pollo (o “griscì”). Secondo la tradizione, il nome del piatto deriverebbe dal generale austriaco Alfred von Windisch-Graetz che combatté e vinse l'assedio di Ancona del 1799 contro le truppe napoleoniche serrate in città. È vero però anche che tra le ricette riportate ne “Il cuoco maceratese” di Antonio Nebbia, del 1776, compare la ricetta della “lasagna in princisgrassis”, molto più ricca di quella che conosciamo oggi e anche riproposta da alcuni ristoranti della provincia maceratese, come “La Marchigiana” a Sarnano.
Mutuato dalla tradizione pasquale, il coniglio in porchetta è un altro grande protagonista della cucina tradizionale marchigiana: disossato e lasciato intero, il coniglio viene farcito emulando la ricetta della porchetta con una misto di carne e erbe aromatiche (fra cui spicca il finocchietto selvatico), arrotolato e legato con lo spago da cucina e poi cotto in forno. L’Osteria “La Filarmonica” ad Ancona propone ancora oggi la ricetta tradizionale coniglio in porchetta per il cenone di San Silvestro.
Il fritto ascolano è il contorno ideale per accompagnare tutte le pietanze delle feste. Oltre alle olive all’ascolana, famose in tutto il mondo, non potevano mancare i cremini fritti, bocconcini di crema pasticcera impanati e fritti, a metà strada fra il dolce e il salato.
Per concludere (e aiutarsi a digerire) vengono in soccorso gli amari e i liquori simbolo della nostra regione: c’è chi preferisce la maceratese, chi l’ascolana, ma è comune a tutti l’amore per l’anisetta, liquore storicamente legato a doppio filo con il territorio marchigiano. In alternativa sua maestà il vino cotto, da non confondere con il "vincotto" lucano, ottenuto dalla bollitura del mosto prima della fermentazione: ricetta che risale addirittura all’epoca d Roma imperiale (ne parla perfino Plinio il Vecchio nel I d.C.) e che si è conservata fino ad oggi per arrivare sulle nostre tavole.
Sebbene non sia ufficialmente riconosciuta come tradizional-popolare, l’usanza di mangiare 12 chicchi d’uva negli ultimi altrettanti rintocchi che precedono la mezzanotte del 31 dicembre ha assunto nel tempo un significato importante negli usi e costumi delle Marche, sottendendo con molte probabilità un legame con altre realtà europee, sulle basi del più romantico culto della terra e dei contadini.
Va detto, anzitutto, che la storia dei festeggiamenti in occasione della Notte di San Silvestro, o Capodanno, risulta essere in Italia un interessante connubio fatto di cultura e religione. Le origini risalirebbero addirittura al 153 a.C., anno in cui il cosiddetto calendario giuliano - elaborato dall'astronomo egizio Sosigene di Alessandria sulla base del culto del dio romano Giano – venne accolto dai più solo in forma ufficiosa. Fu infatti nel 46 a.C. che Giulio Cesare decise di promulgarlo in via ufficiale e diffonderlo in tutti i domini dell’Impero romano, finché nel 1582 papa Gregorio XIII lo fece sostituire con il calendario gregoriano, complice il poco preciso (sebbene molto accurato) calcolo delle annualità bisestili da parte di Sosigene di Alessandria.
Contemporaneamente allo sviluppo di quello che tutt’oggi è considerato il più noto sistema di riferimento per l’annuale ciclo delle stagioni, il giorno del 31 dicembre venne a coincidere nel 335 d.C. con la morte di papa Silvestro I, figura religiosa passata alla storia soprattutto per lo stretto legame con l’imperatore Costantino (il primo regnante ad accettare il cristianesimo), il quale a sua volta favorì il passaggio della Roma pagana a quella cristiana.
Ma cosa c’entra il rito dei 12 chicchi d’uva? Occorre soffermarsi alla prima metà del 1500, periodo nel quale moltissimi ebrei sefarditi espulsi dalla Spagna a seguito dell’Editto di Granada (1492) finirono con lo stanziarsi soprattutto nelle zone del centro nord della Penisola italiana. In particolare, le Marche iniziarono ad ospitare comunità molto importanti, da Ancona ad Urbino, da Fermo a Macerata: queste terre divennero un punto d’incontro tra Oriente e Occidente, in quanto vi si trovavano anche ebrei romani, veneziani, dei paesi islamici, nonché i già citati sefarditi che volevano fuggire lontano dall’Inquisizione che dava loro la caccia.
L’incontro di culture - fra rituali legati all’agricoltura e alla religione – dà ragione di credere in quelli che sono stati recepiti come simboli di buon auspicio per l’anno venturo: i dodici apostoli, i dodici figli di Giacobbe, le dodici ore del giorno, i dodici mesi dell’anno, i dodici simboli dello zodiaco, e poi ancora l’uva come frutto della fratellanza, dell’unione, della gioia e del piacere - sentimenti cari al culto del dio greco Bacco.
Non è difficile, quindi, individuare il significato e l’importanza culturale di un rito storicamente accolto a tutti gli effetti dai marchigiani come atto per ingraziarsi la fortuna nella speranza di un anno fruttuoso e abbondante. Non mancano, ovviamente, le chiavi di lettura politica di un simile gesto, spesso utilizzato dal popolo (dalla fine del 1800) con intento burlesco nei confronti della borghesia. Ma questa è un’altra storia.
L’uva della fortuna, o “uva de suerte”, rimane tanto in Spagna quanto nelle Marche un suggestivo rituale fatto di convivialità, esorcismo dei tempi più bui e buoni propositi per l’anno che verrà. L’importante, ovviamente, è riuscire a mangiarne 12 chicchi al ritmo degli ultimi rintocchi di campana prima della mezzanotte.
Un calendario ricco di proposte musicali e che mira soprattutto a rafforzare il rapporto generazionale fra artisti e pubblico. In occasione della stagione sinfonica 2022 - “Musica Insieme” presso il Teatro Lauro Rossi di Macerata, sono intervenuti nella conferenza di presentazione l’assessore alla Cultura Katiuscia Cassetta, il presidente del FORM – Filarmonica Marchigiana Marco Manfredi e il suo direttore Fabio Tiberi, per illustrare la serie di appuntamenti che da gennaio a maggio animeranno la cornice artistica e culturale della città. Invitando tutte le famiglie a prendere parte all’esperienza.
Si comincia subito il 2 gennaio con il tradizionale “Concerto di Capodanno”, cui farà seguito il 18 gennaio la vera apertura della stagione con alcuni dei capolavori di R. Schumann e J. Brahms eseguiti dalla violoncellista Miriam Prandi e dal direttore Alessandro Bonato, entrambi artisti di media generazione. L’8 marzo, invece, la Filarmonica omaggerà la figura della donna attraverso le esecuzioni di Saint-Saëns e Mendelssohn da parte del primo violoncello dell’Orchestra di Santa Cecilia, Luigi Piovano - per l’occasione nelle vesti anche di direttore. Si tratterà di una vera e propria anteprima riservata alla città di Macerata, visto lo spessore di uno degli artisti più richiesti a livello internazionale.
Il 27 marzo sarà la volta del progetto “Family Concert” ispirato all’elefantino Babar (“Histoire du Babar”), fortemente voluto dall’assessore Cassetta: si tratterà infatti dell’unico concerto fuori abbonamento al quale i più giovani sono chiamati a partecipare insieme ai propri genitori per vivere un’esperienza musicale unica e irripetibile. Con il penultimo appuntamento previsto per il 4 aprile sarà la giovane e brillante violinista Alexandra Tirsu – accompagnata nuovamente dal direttore Alessandro Bonato – a incantare la platea con la sinfonia n. 4 di P. I. Čajkovskij, allo scopo di fungere anche da punto di riferimento per le nuove generazioni che si vogliono affacciare all’arte e alla musica in particolare. Chiude la serie di appuntamenti musicali il violoncello del ventenne Ettore Pagano, che il 4 maggio regalerà al pubblico una particolare commistione di generi musicali: dal classico al jazz, seguendo le orme F. Gulda e di G. Gershwin.
«Con molta prudenza e attenzione – ha commentato l’assessore Cassetta – abbiamo voluto stabilire insieme a tutti gli addetti ai lavori i tempi giusti per ripartire con la stagione musicale, che vuole premiare la passione degli artisti e del pubblico. In questa occasione mi sono sentita una grande responsabilità sulle spalle, soprattutto dopo gli ultimi anni di restrizioni e difficoltà che abbiamo subito a causa della pandemia».
«Sarà un programma variegato, che spazierà dal romanticismo al jazz e al blues – hanno dichiarato Manfredi e Tiberi – e che a suo modo rinsalda la collaborazione lunga 15 anni tra il FORM e il Comune di Macerata. Con questo progetto per il 2022 vogliamo guardare al futuro ed esorcizzare una volta per tutte questo difficile momento storico».
L’accesso al Teatro Lauro Rossi di Macerata seguirà le direttive previste dall’ultimo decreto del Governo: possesso del super green pass e mascherina FFP2.
Nonostante le nuove restrizioni per il Covid, non mancano le occasioni per vivere la città di Macerata (candidata nel 2020 a città della cultura) alla scoperta delle iniziative più interessanti e suggestive in concomitanza con il periodo delle festività natalizie. Per l’occasione, abbiamo voluto segnalare quelle che riteniamo essere le 5 migliori, capaci di regalare un’immersione unica nell’arte e nella tradizione della città.
1. Mostra fotografica "Sguardi – Bagliori di luce viva, scrigni trasparenti di storie uniche"
Una selezione di 51 indimenticabili ritratti degli ospiti anziani di Villa Cozza, volta a celebrare le un’intera generazione attraverso la forza dei loro volti, esaltati dalla scelta stilistica del bianco e nero. Carlo Torresi, fotografo per passione, è riuscito a cogliere l’essenza di ognuno, supportato dagli aforismi scelti da Marina Moretti, che spaziano da Rostand a Keller, da Saramago a Battiato. La mostra resterà aperta fino al 9 gennaio 2022 presso le stanze della IRCR di Piazza Mazzini, 34.
2. "Raffaello. Una mostra impossibile"
Sebbene si tratti “solamente” di fedelissime riproduzioni a grandezza naturale e in alta definizione, è impossibile non lasciarsi avvolgere dalla bellezza delle 45 opere frutto del talento pittorico di Raffaello Sanzio. Esposta fino al 20 gennaio 2022 fra la Gran Sala Cesanelli e il corridoio Innocenziano dello Sferisterio, la rassegna riprende i capolavori disseminati fra i luoghi sacri, i musei e le collezioni private di 17 città nel mondo, e dove ad essere protagonisti sono in alcuni di essi i paesaggi stessi della Regione Marche, che i visitatori potranno divertirsi a rintracciare.
3. La Torre Civica con l’orologio astronomico di Piazza della Libertà
Ultimata nel 1653, la Torre Civica è la migliore soluzione per chi, visitando città fra i suoi vicoli e vicoletti, è in cerca anche di spazi più ampi. Previa prenotazione, è possibile salire fino al punto più alto della struttura e ammirare non solo tutto il centro storico, ma anche le colline circostanti fino al mare, con una vista a 360° su tutto il territorio della provincia maceratese. Ciliegina sulla torta, il pregevole orologio astronomico costruito nel 1571 dai fratelli Ranieri di Reggio Emilia. Un’opera di meccanica di precisione rinascimentale di grande pregio artistico e scientifico, caratterizzata da un immenso quadrante blu che indica l’ora, le fasi lunari e il movimento dei corpi celesti, oltre a un carosello composto da i Re Magi e dalla Madonna con il Bambino.
4. Tradizionale "Concerto di Natale"
Un appuntamento fisso da ormai più di sessanta anni, soprattutto per la storia del coro Pueri Cantores "Zamberletti": si tratta del tradizionale concerto di Natale che si terrà il 25 dicembre all’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra alle ore 18. Il coro animerà la solenne liturgia vespertina e, al termine, offrirà alcuni canti presi dal classico repertorio natalizio europeo. Un’occasione per aggiungere alla giornata più magica dell’anno un tocco di tradizione nostrana.
5. "Concerto per il Nuovo Anno"
Iniziare il nuovo anno ascoltando la migliore musica classica e contemporanea. Sarà l’Orchestra Filarmonica Marchigiana (in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura) ad accogliere il 2022 di Macerata, anticipando contemporaneamente anche il programma della stagione sinfonica invernale. Da Rossini a Verdi, passando per Ponchielli, Brahms, Čajkovskij, Strauss e Bizet, la musica torna protagonista al Teatro Lauro Rossi (il 2 gennaio, alle ore 18) attraverso le composizioni più suggestive, coinvolgenti e scelte appositamente per regalare un’esperienza unica a giovani e adulti.
Mercoledì 22 dicembre, alle ore 21:30, appuntamento con la musica Gospel presso lo Spazio Multimediale San Francesco a Civitanova Alta. Ad esibirsi nella splendida cornice di San Francesco, la corale Antonio Bizzarri diretta dal maestro Luigi Gnocchini con la partecipazione del Cor8+ per una serata incentrata su una delle più belle e importanti messe gospel del panorama musicale internazionale.
Composta nel 1981 dal compositore e direttore di coro e orchestra statunitense Robert Ray, la Gospel Mass ha avuto un notevole successo in tutto il mondo. Al pianoforte Massimo Saccutelli, al basso Andrea Zaccari, alla batteria Renzo Gnocchini. L’evento è organizzato nell’ambito del cartellone di Natale programmato dall’Amministrazione comunale ed è realizzato in collaborazione con L’associazione Il Palco, Arcom, associazione musicale Antonio Bizzarri e Cor8+.
Previsto ingresso libero, fermo restando che, per accedere alla sala, è necessario essere in possesso del green pass rafforzato. A causa della ripresa dei contagi e la crescita delle quarantene, si è ritenuto opportuno rinviare ad altra data il concerto di giovedì 23 dicembre al Teatro Cecchetti "Natale e Musica" con gli allievi del Laboratorio Musicale "Il Palco".
Taglio del nastro oggi per “Habitus”, il nuovo allestimento del Museo Nazionale del Folclore di Castelraimondo dopo glie venti sismici del 2016 che ne causarono la chiusura.
«La giornata di oggi è solo un punto di partenza, ora bisogna iniziare a lavorare veramente valorizzando quanto fatto fino a qui – ha spiegato l’assessore alla Cultura, Elisabetta Torregiani -. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che abbiamo un importante museo nazionale nella nostra città. Oltre alla consapevolezza dobbiamo intraprendere un percorso di digitalizzazione in collaborazione con l'Università di Camerino e pensare all'ampliamento dei locali. Stiamo valutando di comprare altri spazi per poter dare ancora maggior valore a questo progetto, a partire dall'idea di internazionalizzazione del museo che ci piace moltissimo».
Ad anticipare l'inaugurazione, per parlare di Castelraimondo e delle sue tradizioni popolari, è stato un incontro presso l’aula magna dell’Istituto Comprensivo Nazzareno Strampelli con tutti gli attori coinvolti in questo percorso partito nel lontano 2009, quando la F.A.F.It. (Federazione Associazioni Folkloriche Italiane) sperimentò un primo allestimento a Castelraimondo, purtroppo chiuso nel 2016 a causa degli eventi sismici. Durante gli interventi è stata ripercorsa la storia del museo e i vari progetti, a partire dalle collaborazioni istituzionali con ministero e università italiane. L’obiettivo ora sarà di avviare nuova fase di ricerca e ampliare, appunto, gli spazi: il museo, infatti, non va considerato solo come un luogo in cui si depositano gli oggetti, ma un punto strategico in cui si progetta il futuro attraverso il riutilizzo della memoria.
Nuovo appuntamento con la cultura “sotto l’albero” a Camerino dove, dopo la presentazione del volume della mostra che è stata protagonista nel corso dell’estate, si aggiunge un nuovo servizio all’attuale sede di Camerino Musei, nell’edificio Venanzina Pennesi.
Il rinnovato allestimento è stato pensato come una struttura nella quale l’esposizione tradizionale di documentazione storica, immagini e reperti, si integra con l'allestimento multimediale costituito da ipertesti, percorsi didattici multimediali e una guida in filodiffusione. La fruizione dei materiali audiovisivi e ipermediali sarà l'elemento dell'integrazione tra le collezioni esposte e un sistema informativo digitalizzato finalizzato al coordinamento e alla valorizzazione massima del patrimonio museale.
Un progetto che si fonda sulla predisposizione di strumenti e tecnologie digitali innovative per il contesto culturale, sulla realizzazione di contenuti e la valorizzazione del patrimonio culturale in chiave innovativa, capace di accompagnare e suggerire il percorso di visita al museo. "Confermiamo così il forte impegno verso la valorizzazione e promozione del nostro patrimonio artistico - commenta l’assessore alla cultura Giovanna Sartori - Accanto ai testi riscritti in inglese, alle didascalie delle opere in italiano, inglese e cinesi, offriamo un nuovo servizio che vuole essere un’ulteriore attenzione verso l’attuale sede dei musei civici e diocesani che consideriamo come uno scrigno ricco di alcuni dei tesori più belli salvati dal sisma".
"Si chiude così il percorso iniziato durante l’estate con la prima mostra nel cratere sismico, ospitata a Palazzo Castelli. Un ringraziamento, dunque, a Unicam per averci affiancato: ha messo a nostra disposizione l’edificio dell’esposizione, ci ha donato un computer di supporto ai nuovi dispositivi multimediali presenti nell’attuale sede dei musei - conclude Sartori -. Naturalmente il grazie va anche all’Arcidiocesi, alla Regione Marche e a tutti coloro che hanno lavorato per rendere sempre più fruibili e migliori gli aspetti artistici-culturali della città, un settore in cui abbiamo puntato con forza e convinzione".