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Cultura Macerata

Sferisterio, il Rigoletto noir di nuovo in scena: tra pioggia, applausi e un cast rinnovato

Sferisterio, il Rigoletto noir di nuovo in scena: tra pioggia, applausi e un cast rinnovato

Siccome si sa, non c’è due senza tre, prima o poi c’era da aspettarselo: a dieci anni esatti dal debutto allo Sferisterio, e dopo la sua riproposizione nella stagione 2019, torna il Rigoletto contemporaneo e rosso sangue di Federico Grazzini. Si tratta di una produzione dell’Associazione Arena Sferisterio per il Macerata Opera Festival 2015, quindi di un prodotto veracemente home made, e in tempi di magra, non potendo finanziare né acquistare nuovi allestimenti, si rispolverano gioco forza le risorse caserecce.

Ma tant’è: Rigoletto è un classico dei classici del repertorio lirico, un autentico capolavoro del genio verdiano, e averlo in cartellone come opera di repertorio non dispiace mai, che sia tradizionale o, come questo, lontano dal purismo ideale e ormai per certi versi sorpassato ancora reclamato da molti.

E poi bisogna ammetterlo, questo Rigoletto pulp trasposto ai giorni nostri, che è stato definito anche gothic-noir o gothic-pop, pur nella sua originalità non è più una novità, e quindi non fa più così scalpore come lo fece nel 2015. Il pubblico ha dimostrato di aver digerito il cambio di epoca e soprattutto alcune scene “forti”, prima fra tutte la tremenda (come tremenda sarà la vendetta invocata da Rigoletto contro chi ha profanato sua figlia Gilda) violenza inflitta alla figlia di Monterone dentro la sgangherata biglietteria del vecchio e ombroso Luna Park dove è ambientata la vicenda, istigata dal branco eccitato dei cortigiani col volto coperto dalla maschera della loro doppiezza, in giacca e cravatta, con la pistola in tasca e in preda ai fumi dell’alcol, e coperta da un colpevole Rigoletto, buffone di corte e complice silenzioso delle sopraffazioni impunite del più forte.

Una prima, quella di ieri sera, battezzata anche da una leggera pioggia, che è riuscita a interrompere il Duca nel momento in cui, sotto le mentite spoglie dello studente povero Gualtier Maldè intonava la sua ingannevole dichiarazione d’amore a Gilda: “è il sol dell’anima, la vita è pioggia” ha cantato Ivan Macrì (anziché “la vita è amore”) aprendo le braccia sconsolato verso il pubblico, ricambiato da un applauso di incoraggiamento mentre gli orchestrali correvano a mettere al riparo i loro preziosi strumenti.

Una pausa di circa 15 minuti, e per fortuna la recita ha potuto ricominciare senza altri incidenti. In realtà, il rischio pioggia si è corso anche sul finale dell’opera, quando qualche goccia dispettosa ha cercato di rovinare il momento più tragico: la disperazione di Rigoletto incorniciata da un muro tinto di rosso fiamma, che urla al cielo la maledizione lanciata da Monterone sul corpo di Gilda morta, sacrificatasi nonostante tutto per amore del Duca sostituendosi a lui come vittima consapevole e inconsolabile di un amore impossibile. Stavolta però il meteo ballerino non l’ha avuta vinta e lo spettacolo si è concluso fra gli applausi scroscianti a tutto il cast.

Di questa produzione, com’è facile immaginare, si è già detto e scritto di tutto. L’impianto registico resta lo stesso, questo terzo Rigoletto difforme è sempre senza gobba, perché la sua difformità fisica e morale, che pagherà con il prezzo più alto, non ha bisogno di gobbe per mostrare al pubblico la tragedia della sua meschinità.

Cos’è cambiato allora rispetto alle edizioni precedenti? Le novità riguardano essenzialmente il cast. In generale un’ottima prova vocale, sia per i protagonisti sia per i comprimari, che ha mandato a casa soddisfatti gli amanti del belcanto. Proprio i comprimari, senza eccezione, hanno contribuito piacevolmente ad arricchire e alzare la qualità dello spettacolo, a partire dal Monterone del basso Alberto Comes, davvero impeccabile nella sua performance, dalla Giovanna del mezzosoprano Aleksandra Meteleva, con una bella voce centrata e ineccepibile pur nel piccolo ruolo (fatto non sempre scontato), impegnata nel doppio ruolo anche della Contessa di Ceprano, fino allo Sparafucile del coreano Luca Park (che sarà anche il Medico del Macbeth), capace di raggiungere le note più basse con estrema disinvoltura, e alla Maddalena di Carlotta Vichi, mezzosoprano milanese che dà voce e corpo al suo personaggio con piglio e personalità.

Completano il cast Giacomo Medici (Marullo), Francesco Pittari (Matteo Borsa), Tong Liu (il conte di Ceprano), Stefano Gennari (l’usciere di corte) e Laura Esposito (il Paggio della Duchessa), che non più nei consueti abiti maschili da caccia ma in minigonna e cellulare in mano corre ad avvisare il Duca, impegnato nelle sue stanze con la povera e ingenua Gilda rapita dai cortigiani convinti fosse l’amante e non la figlia di Rigoletto, di essere cercato dalla Duchessa. 

Ma veniamo ai protagonisti, tutti ugualmente acclamati dal pubblico a fine serata. Il Rigoletto del baritono georgiano Nikoloz Lagvilava, al suo debutto allo Sferisterio, ha convinto per intenzione e interpretazione scenica, con un crescendo che dal primo al terzo atto ha confermato le sue solide qualità vocali, sostenute tra l’altro da una dizione perfetta.

Nonostante i problemi fisici che lo avevano costretto ad interrompere la prova generale due giorni prima e che avevano fatto temere un suo forfait, è salito sul palco con grande sicurezza, che ha mantenuto dall’inizio alla fine, negli assoli e nei duetti. Il soprano spagnolo Ruth Iniesta, per la terza volta allo Sferisterio dopo la Lucia di Lammermoor del 2023 e la Liù nella Turandot 2024, è la star della serata (oltre ad essere ormai una star internazionale) e la sua Gilda si è conquistata l’amore del pubblico con una interpretazione superlativa, grazie a una voce bellissima esaltata da una tecnica esemplare.

Infine il tenore siciliano Ivan Magrì, una “vecchia conoscenza” di questo palcoscenico, avendo rivestito già il ruolo di Calaf nella Turandot dello scorso anno, ma ancora prima quello di Alfredo in una delle tante riprese della Traviata degli specchi, esattamente quella che ha inaugurato il festival nel 2012 a vent’anni dal suo debutto nel 1992.

Anche per il suo Duca sfrontato e strafottente una serata in deciso crescendo, perché dalla partenza un po’ in sordina del primo atto, ha scaldato voce e motori strada facendo, arrivando con grinta e senza sforzo alla fine dell’opera. Qualche sforzo a dire il vero lo ha mostrato nella spinta degli acuti, non sempre bellissimi ed emessi a voce libera e piena, ma con il suo mestiere sa ben compensare e nell’insieme porta a casa una performance di tutto rispetto.

Grande apprezzamento anche per la bella prova dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta dall’ottimo maestro spagnolo Jordi Bernàcer, applauditissimo, che sfoggia le credenziali del suo prestigioso curriculum: già assistente del maestro Lorin Mazeel, ha collaborato con i più grandi direttori d’orchestra del mondo ed è dal 2015 direttore residente al San Francisco Opera.

Sul palco per gli applausi finali anche Christian Starinieri, maestro del Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” (in Rigoletto presente solo nella sua componente maschile), e il regista fiorentino Federico Grazzini (che nel frattempo, nel 2022, ha vinto l’International Opera Directing Competition alla Lithuanian National Opera), il quale ha realizzato lo spettacolo con il contributo di Andrea Belli per le scene, Valeria Donata Bettella per i costumi e Alessandro Verazzi per le luci, riprese da Ludovico Gobbi. 

Le repliche andranno in scena, sempre alle ore 21.00, venerdì 25 luglio, domenica 3 e venerdì 8 agosto. In questa ultima recita Rigoletto sarà interpretato dal baritono Damiano Salerno, che il pubblico maceratese ricorderà nel ruolo di Marcello nella colorata Bohème di Leo Muscato nel 2012 e nel 2015.

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