La Procura di Pavia ha chiuso le indagini per il delitto del 60enne Luigi Criscuolo, detto "Gigi Bici". Accusata dell’omicidio è la fisioterapista 40enne Barbara Pasetti, in carcere da oltre un anno dopo che il 20 dicembre 2021 venne ritrovato in un campo vicino alla sua villa, il cadavere di Criscuolo. I capi di imputazione sono quello di omicidio volontario, occultamento di cadavere e tentata estorsione aggravata; caduta l’aggravante della premeditazione, inizialmente contestata, poichè, come spiega la Procura "i fatti si sono svolti in modo repentino e sostanzialmente occasionale, attraverso un’arma che lo stesso Criscuolo aveva consegnato a Barbara Pasetti".
Nella comunicazione della chiusura delle indagini, firmata dal procuratore Fabio Napoleone, viene ricordato che il 5 ottobre, in un interrogatorio chiesto dalla stessa Pasetti, "l’indagata ha ammesso gli addebiti". Oggi emergono i dettagli.
Secondo le ricostruzioni l'uomo è stato ucciso dalla Pasetti, che aveva inizialmente dichiarato di non conoscerlo nemmeno, il giorno stesso in cui è scomparso, con un colpo di pistola sparato alla tempia. Per un mese, sino a quando venne ritrovato il suo corpo, i familiari, e una delle figlie in particolare, si erano rivolti alla tv per ritrovare il padre scomparso. La figlia incontrò anche la Pasetti, in quanto fu colei che aveva ritrovato il cadavere, ma la donna non smise mai di mentire dicendo di non conoscere quell’uomo.
In realtà, come accertato dagli inquirenti nel corso delle indagini, i due si conoscevano. L’arma con cui venne ucciso Criscuolo era stata consegnata dalla vittima alla Pasetti che lo aveva incaricato di uccidere il suo ex marito; l’uomo però aveva rifiutato. Secondo quanto dichiarato dalla donna le continue richieste di denaro del Criscuolo l’avrebbero portata ad ucciderlo.
(foto Ansa)
Montecosaro piange Ida Giustozzi, storica fondatrice del ristorante Due Cigni. Si è spenta, ieri, all’età di 93 anni una vera istituzione nel campo della cucina. Negli anni ‘70 aveva dato vita al noto ristorante, pionieristico nel servizio catering per matrimoni e banchetti.
In giovane età aveva cominciato a farsi conoscere e ammirare come “cuoca di campagna” chiamata ovunque si tenesse un matrimonio o una celebrazione importante. Ed è proprio allora che è nata la sua fama nella preparazione dei piatti della tradizione, sempre rispettosa dei prodotti del territorio che sapeva esaltare in mille ricette. La sua attività non si limitava a Montecosaro perché veniva chiamata a Civitanova Alta come nel Fermano arrivando la sua notorietà fino a Grottammare e oltre.
La popolarità che aveva conquistato con pieno merito la spinse a dedicarsi alla ristorazione a tempo pieno e nel 1969 cominciò la creazione del ristorante “Due Cigni” che aprì ufficialmente i battenti nel 1970 a Montecosaro Scalo non lontano dalla basilica della Santissima Annunziata (più nota come basilica di Santa Maria a Piè di Chienti).
Nel frattempo aveva avuto una figlia, Rosaria, che inizialmente si era dedicata agli studi frequentando anche qualche anno di Università. Ma poi nel 1969, lasciati gli studi, si pose al fianco della madre in cucina, dove l’aveva preceduta il nipote Sandro.
Il ristorante divenne ben presto meta di appassionati della tradizione e amanti della buona tavola, ospitando molto spesso matrimoni ed eventi di grosso richiamo gastronomico. Ma erano anche gli anni in cui cominciava a sbocciare il turismo della neve, e la cuoca Giustozzi fu tentata di aprire un ristorante anche in montagna. Aveva il nome “Lo sciatore” e si trovava nella bellissima località di Frontignano di Ussita.
Fu una bella esperienza ma ben presto “mamma Ida”, come la chiamava Rosaria, preferì dedicarsi interamente al “Due Cigni”, ristorante che diventava sempre più impegnativo perché era tanto famoso da richiamare comitive anche dalle località più lontane.
E poi la cuoca Giustozzi era sempre presente nelle ricorrenze celebrative della Santissimo Annunziata, soprattutto il 25 marzo, o quando c’erano le esibizioni della banda di Montecosaro. Né gli anni l’hanno mai stancata perché era sempre attiva in cucina, spesso per preparare le basi di molte ricette, anche quando Rosaria ha preso le redini del ristorante. Persino negli ultimi tempi si recava in cucina e, rimanendo seduta, era sempre pronta a controllare e consigliare.
La sua scomparsa ha destato vivo cordoglio a Montecosaro e non solo perché molti ancora ricordano le sue preparazioni di piatti della tradizione che venivano esaltati da grande sensibilità e buongusto. Ida Giustozzi, oltre a Rosaria, lascia l’altra figlia Leopoldina, il genero Luigi e i nipoti Ludovica e Luca. I funerali si svolgeranno domani (sabato 28 gennaio), alle ore 10, nella chiesa dell’Annunziata a Montecosaro scalo.
Ladri in azione, la scorsa notte, nei depositi della municipalizzata Assem Spa, in località Colotto, a San Severino Marche. Intorno alle 2 è scattato l’allarme che ha richiamato subito l’intervento degli addetti al servizio di vigilanza, delle forze dell’ordine e della squadra della reperibilità. Giunti sul posto dei malviventi non c’era nessuna traccia.
Accertati alcuni danni alla struttura: gli autori del tentato colpo, infatti, dopo aver forzato una porta probabilmente con l’uso di un piccone, hanno tagliato anche alcuni fili del sistema di controllo ma non sono riusciti nel loro intento perché qualcosa deve essere andato storto.
Con ogni probabilità i ladri erano interessati al rame, sono in corso accertamenti per verificare si siano stati portati via utensili e attrezzi. Sull’accaduto indagano i carabinieri.
È stata richiesta in questi giorni dal pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari, una perizia psichiatrica per accertare se il 56enne Michele Quadraroli al momento dell’omicidio della madre era capace di intendere e di volere.
Sempre in questi giorni sono stati depositati i risultati dell'autopsia eseguita sul corpo della donna, l'84enne Maria Bianchi. Dall’accertamento è emerso che l’anziana è morta per soffocamento a causa della compressione effettuata sul torace e sull'addome dal figlio. Il brutale omicidio della donna che, insieme al figlio gestiva a San Severino un bar sotto casa, era avvenuto il 27 novembre scorso. Secondo le ricostruzioni, Quadraroli, in cura con psicofarmaci che sembra avesse arbitrariamente sospeso qualche giorno prima del delitto, in preda ad un raptus sarebbe salito addosso alla madre soffocandola, poi si sarebbe accanito sul volto di lei con un paio di forbici. Sarebbe stata proprio la professionista psichiatra che seguiva il 56enne a chiamare i carabinieri per chiedere di andare a controllare la situazione in quell'abitazione, dopo aver ricevuto poche ore prima, una telefonata dalla signora Bianchi, preoccupata per la salute del figlio. Purtroppo quando i militari giunsero sul posto, la tragedia si era già consumata. Attualmente Quadraroli è detenuto nel carcere di Ascoli dopo essere stato trasferito da Montacuto.
Si è concluso ieri il processo di primo grado presso il tribunale di Macerata, che ha portato alla condanna di una coppia di coniugi residente a Civitanova, responsabile di un'aggressione ai danni di un 44enne di Torre del Greco. Secondo la ricostruzione del Pm, gli imputati il 6 maggio 2018 stavano camminando nel centro di Civitanova e, incrociato l'uomo, lo avrebbero aggredito: il marito avrebbe usato un cacciavite per colpirlo, mentre la donna era a mani nude. Non avevano desistito neppure quando un carabiniere che non era in servizio, vista la scena, qualificatosi, era intervenuto per separarli. Alla base dell'aggressione dell'uomo, che ha riportato 25 giorni di prognosi, sembra ci siano state questioni familiari irrisolte. La vicenda processuale ha visto la costituzione di parte civile del 44enne, difeso dagli avvocati Gabriele Cofanelli e Ivan Gori. Al marito aggressore è stata comminata una pena di 6 mesi, sospesa, mentre la moglie ha avuto una condanna a 7 mesi.
Scavalca la vetrata dell’ascensore del Passetto, minacciando il suicidio in balia delle raffiche di vento: uomo di 40 anni salvato dalla compagna e da vigili del fuoco e forze dell’ordine. Paura, alle ore 16 di oggi, nella nota spiaggia rocciosa di Ancona.
Per prima a tentare di fermare il 40enne dal compiere il gesto estremo la compagna. Le urla dei due hanno subito attirato l’attenzione dei passanti, i quali hanno allertato le forze dell’ordine.
L’uomo si trovava, infatti, in grave pericolo anche a causa delle forti raffiche di vento, che ne compromettevano il precario equilibrio sul bordo sporgente dal vetro di soli 30 centimetri. In pochi minuti sono accorsi nella zona polizia, carabinieri e vigili del fuoco.
Dopo circa un'ora di trattative con le forze dell’ordine, coadiuvate dalla compagna del 40enne, l’uomo ha acconsentito di essere tratto in salvo. Immediato anche l’intervento dei vigili del fuoco che, con scale e corde, hanno assicurato l'uomo che è stato riportato al sicuro al di qua del parapetto.
A qual punto è stato preso in carico dai sanitari dell’automedica del 118, che lo hanno trasportato all’ospedale regionale di Torrette per accertamenti.
Confermata in secondo grado ad Ancona la condanna di Loris Pasquini, a 22 anni di carcere, per l'omicidio del figlio Alfredo, 26 anni.
La Corte di Assise di Appello ha sentenziato così ieri dopo una lunga requisitoria e le arringhe difensive. L'uomo, 74 anni, ferroviere in pensione, nel pomeriggio del 29 marzo 2021, nella propria abitazione in frazione Roncitelli di Senigallia (Ancona), aveva sparato e ucciso il figlio al culmine dell'ennesimo litigio nella casa colonica di via Sant'Antonio.
Il 74enne risiedeva a pianterreno con la compagna mentre il figlio abitava al piano superiore. L'uomo aveva ammesso ai carabinieri del Reparto operativo e della Compagnia di Senigallia di aver sparato al figlio, affermando di essersi difeso perché Alfredo lo stava colpendo a bastonate.
Nel processo di appello i suoi difensori di Loris Pasquini, Silvia Paoletti e Roberto Regni, avevano chiesto nuovamente di sottoporre a perizia medica l'assistito perché ritenuto non capace di intendere e volere al momento del fatto; la richiesta non è stata accolta.
La condanna è stata confermata per l'accusa di omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela con la vittima e per la detenzione illegale dell'arma, la pistola Beretta calibro 9, illegalmente detenute, da cui aveva esploso il colpo fatale contro il figlio. I legali dell'imputato attendono il deposito delle motivazioni per valutare il ricorso in Cassazione. Pasquini al momento è in misura cautelare ai domiciliari con il braccialetto elettronico.
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Sequestrati due chili di hashish: arrestato dai carabinieri dell’aliquota operativa del nucleo operativo e radiomobile in flagranza per spaccio di stupefacenti un giovane di 24 anni, residente a Porto Recanati.
L'operazione è stata condotta martedì scorso, 24 gennaio, al termine di numerose risultanze investigative. I servizi di osservazione sviluppatisi nel corso del tempo e le informazioni acquisite grazie alla collaborazione dei militari di Porto Recanati, hanno fatto convergere le indagini sul giovane, i cui movimenti e contatti rapidi e continui con numerosi soggetti, hanno fatto ipotizzare agli investigatori una proficua rete clientelare.
All’esito delle indagini, coordinate dalla Procura di Macerata, il ragazzo è stato fermato dai carabinieri del nucleo operativo e radiomobile di Tolentino, unitamente ai colleghi di Porto Recanati e Caldarola.
Il giovane, già noto come assuntore perché trovato in passato in possesso di modiche quantità, ha consegnato una singola dose di hashish contenuta all’interno di un contenitore di silicone di forma cilindrica che deteneva nella tasca del proprio giubbotto.
A ciò è seguito il sequestro di ulteriori dosi singole di hashish e marijuana già pronte per lo spaccio - contenute in tre barattoli in vetro e due bustine di cellophane - e di un paio di forbici intrise di sostanza e utilizzate per la preparazione, rinvenute dai militari all’interno della camera da letto del giovane e in particolare in un cassetto del comodino.
All'interno di una scarpiera, nascosti in una scatola, sono stati trovati quattro sacchetti di cellophane trasparenti contenenti hashish; in ogni sacchetto era contenuta una tipologia marchiata in modo diverso a indicare una diversa qualità e purezza della sostanza: nei primi due - da più di mezzo chilo ciascuno - era presente hashish in cilindri, mentre nel terzo 400 grammi di panetti; nel quarto involucro ulteriori dischetti per un peso di 102 grammi.
Rinvenute, poi, tre bustine da congelatore con dosi apparentemente già preparate (con un ovulo di hashish da 11 grammi, e ulteriori dosi da 20 e 10). All'interno di un'altra scatola, posta su un ripiano all’ingresso della stanza, i militari hanno trovato un coltello da cucina intriso di sostanza, diverse confezioni di sacchetti per la preparazione delle dosi, materiale per etichettarle, taglierini, macchina per il sottovuoto, coltellini, spatole, bilancini di precisione e 2285 euro in banconote di vario taglio.
Nella stessa scatola il ragazzo aveva preparato 4 panetti del peso di più di 50 grammi ciascuno di diverse marche e un panetto da più di 100 grammi riportante un’ulteriore diversa etichettatura.
Altre dosi suddivise - di quasi un etto di peso complessivo - sono state trovate nel corso di una perquisizione all’interno di un armadio posto in uno sgabuzzino dell'abitazione, unitamente a un bilancino e un coltello a serramanico a scatto.
Il giovane è stato tratto in arresto in flagranza di reato per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti - del peso complessivo di 1960 grammi circa - ed è stato accompagnato ai domiciliari in attesa dell’udienza di convalida.
Prosegue la conta dei danni dopo l’ondata di maltempo che ha colpito, in questi giorni, il vasto territorio di San Severino Marche. Le intense piogge, infatti, hanno fatto gonfiare le acque del fiume Potenza che hanno finito per erodere argini e sponde a valle del centro urbano. Nella parte finale della strada pedonale che conduce verso Taccoli, nella zona di San Michele, si è registrato il cedimento di 25 metri di terreno che è stato letteralmente inghiottito insieme alla strada utilizzata, in caso di necessità, anche dai mezzi di soccorso e tecnici.
Resta alto lo stato di attenzione per il livello del corso d'acqua con monitoraggi continui a ponte Sant’Antonio e sotto il ponte di via Varsavia da parte dei volontari del gruppo comunale di Protezione Civile.
L’ufficio Manutenzioni del Comune ha portato a termine i lavori di messa in sicurezza di diverse strade interessate in questi giorni da numerose frane come nel caso del collegamento con la frazione di Orpiana ma della strada per Serrone Valle e delle comunali per Granali, per la frazione di Sant’Elena prima del ponte di Paterno e nella zona di Taccolti alta, nei pressi dell'abitato di Marciano, in località Maestà, in località Palommare e nei pressi del santuario di Madonna dei Lumi.
Un operaio di 48 anni è rimasto ferito in un incidente sul lavoro avvenuto questa mattina - intorno alle 11 - a San Severino Marche, in un cantiere del centro connesso alla ristrutturazione post-sisma, in via Cavour. L'uomo, italiano, è caduto da un'impalcatura posta a tre metri di altezza ed è stato subito soccorso dai sanitari del 118. Valutate le sue condizioni, è stato deciso il trasporto d'urgenza all'ospedale regionale di Torrette in codice rosso.
Sul luogo dell'incidente sono intervenuti gli agenti della polizia locale di San Severino Marche, i carabinieri e personale del servizio prevenzione igiene e sicurezza ambienti di lavoro (Spsal). Verranno compiuti i necessari accertamenti di legge per verificare il rispetto delle norme anti infortunistiche e chiarire la dinamica di quanto avvenuto.
La Fondazione Carima ha definito la controversia con la PricewaterhouseCoopers (PwC), società di revisione di Banca delle Marche, mediante un accordo transattivo che ha posto fine ad un contenzioso durato circa 8 anni.
Da ricordare che nel 2014 la Fondazione Carima e ulteriori 50 azionisti privati - che si unirono ad essa - citarono in giudizio in giudizio la PwC chiedendone la condanna al risarcimento del danno subito in conseguenza della diminuzione di valore e poi dell’annullamento delle azioni sottoscritte in occasione dell’aumento di capitale sociale perfezionatosi a marzo del 2012.
L'azione risarcitoria, patrocinata dall'avvocato Roberto Pozzi davanti al Tribunale di Milano, si fondava sul presupposto che la Fondazione Carima e i piccoli azionisti non erano a conoscenza della reale situazione di Banca delle Marche avendo fatto affidamento sui documenti pubblici (bilanci e prospetto informativo) certificati senza rilievi dalla società di revisione, che nel complesso dipingevano una realtà molto solida sotto il profilo patrimoniale ed economico.
In realtà le note vicende che si susseguirono a partire dal secondo semestre del 2012 misero in luce una situazione ben diversa, con significative perdite su crediti che denotavano una politica di concessione del credito "poco accorta". Infatti il bilancio dello stesso anno si chiuse con una perdita di oltre mezzo miliardo di euro che, di fatto, diede avvio alla crisi del principale istituto bancario marchigiano culminata con il provvedimento di risoluzione del 2015.
Dopo una lunga attività dibattimentale e probatoria, il contenzioso si è definitivamente composto attraverso una transazione che ha consentito alla Fondazione Carima di ottenere un ristoro di circa 10 milioni di euro e agli azionisti privati di recuperare una percentuale significativa dell’investimento effettuato in occasione dell’aumento di capitale sociale.
Dal canto suo la PwC, in quanto società incaricata della revisione legale dei bilanci di Banca delle Marche S.p.A., ha sempre negato, sia nel giudizio che all'atto della definizione degli accordi transattivi, ogni coinvolgimento e responsabilità per i fatti oggetto della causa risarcitoria promossa dalla Fondazione Carima.
"Oggi siamo a presentare un risultato sicuramente positivo per la Fondazione Carima - dichiara la presidente Rosaria Del Balzo Ruiti -, a maggior ragione se si considera che, a quanto risulta dalle informazioni rese pubbliche, la stessa ha ottenuto una somma, sia in termini assoluti che relativi, superiore a quella conseguita da altri azionisti che hanno anch’essi definito le controversie in corso. Tuttavia a catturare l’attenzione in positivo è soprattutto il risultato ottenuto dai piccoli azionisti, i quali sono riusciti a recuperare larga parte dell’investimento fatto senza sostenere costi, giovandosi di una sorta di azione collettiva patrocinata dalla stessa Fondazione Carima".
Operazione "Scuole sicure": i carabinieri della compagnia di Macerata in campo per contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti. I militari del nucleo operativo e radiomobile della stazione del capoluogo e delle stazioni di Cingoli e Appignano hanno controllato gli studenti che scendevano dai pullman nel comune di Cingoli per recarsi al locale istituto alberghiero e al liceo classico 'Leopardi', congiuntamente al Nucleo Cinofili di Pesaro, intervenuto con due unità.
Nel pullman della tratta Jesi-Cingoli sono stati rinvenuti 0,9 grammi di hashish e uno spinello del peso di 0,4 grammi. Negli zaini di alcuni giovani, sono stati trovati 3,9 grammi di marijuana. Per tutti è scattata la segnalazione alla Prefettura di Macerata per uso personale di sostanze stupefacenti e la segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni delle Marche di Ancona.
Un 39enne della provincia di Pesaro, parallelamente alla gestione di varie attività imprenditoriali, avrebbe da alcuni anni avviato un giro vorticoso di prestiti di denaro, alcuni dei quali a tassi usurari, fino al 105%, nel quale erano cadute numerose persone.
Nei suoi confronti la Guardia di Finanza di Pesaro, unitamente a personale della questura, hanno eseguito gli arresti domiciliari per usura aggravata disposti dal gip Giacomo Gasparini su richiesta della Procura.
Gli investigatori hanno ricostruito il volume di denaro movimentato: sarebbero state circa 300 le operazioni di prestito a 280 soggetti diversi, per un importo complessivo di circa 800mila euro, con compensi per l'intermediazione e presunti compensi di tipo usurario richiesti a tre soggetti.
Le indagini avrebbero appurato che l'uomo utilizzava una modulistica prestampata dedicata all'abusiva attività finanziaria che gli consentiva di censire ogni prestito mediante creazione di fascicoli numerati tipo "scheda cliente", nei quali sono stati rinvenuti titoli di credito trattenuti a garanzia sul prestito (assegni bancari e cambiali in bianco) con importi di diverse migliaia di euro.
L'analisi dei documenti è stata corroborata dalle dichiarazioni rese dai "clienti" identificati che avrebbero confermato la tesi d'accusa e, in alcuni casi, la condotta usuraria dell'indagato con applicazione di interessi fino al 105%.
L'arrestato, secondo la Procura, esercitava una vera e propria offerta di prestiti di sua iniziativa a soggetti in stato di bisogno e necessità, pretendendo interessi a tasso diversificato ed esigendo garanzie. Nell'inchiesta vi è un secondo indagato che si sarebbe occupato della riscossione a domicilio delle rate dei prestiti in scadenza.
Il 39enne, secondo gli inquirenti, esercitava l'attività illecita grazie a una ingente e immediata disponibilità di denaro sulla quale proseguono approfondimenti. Guardia di finanza e polizia hanno perquisito luoghi nella disponibilità dei due indagati: sequestrato altro materiale probatorio e 1.100 euro 'potenziale' profitto dei reati contestati.
Nel Fermano, da almeno due anni, un giovane sottoponeva la compagna a reiterati comportamenti molesti e aggressivi di natura psicologica e fisica, per asseriti motivi di gelosia.
Per questo, nell'ambito di servizi mirati, i carabinieri di Pedaso hanno fatto scattare il 'codice rosso' per proteggere la donna e hanno segnalato il giovane, di origine albanese, alla Procura di Fermo, per maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate.
Sempre nel corso di accertamenti preventivi e repressivi, i militari di Servigliano hanno denunciato per lesioni personali aggravate e minaccia un 50enne bulgaro che nel corso di una lite condominiale con un residente 64enne di Montappone, aveva colpito quest'ultimo con un bastone e lo aveva minacciato. L'aggredito aveva riportato la "contusione dell'emicostato" con prognosi di cinque giorni.
Poco prima della mezzanotte di mercoledì, gli agenti della Volante del Commissariato di Senigallia, su segnalazione di un cittadino, si sono portati in zona ospedale e hanno notato un veicolo che procedeva a forte velocità. Immediatamente hanno riconosciuto il giovane alla guida che corrispondeva alla descrizione ricevuta poco prima: quella di un ragazzo che gridava e con un martello un mano colpiva tutto ciò che aveva a portata di mano, danneggiando auto in sosta e cartelli stradali.
Dopo un breve inseguimento hanno bloccato l'auto: nel sedile accanto al giovane alla guida, visibilmente ubriaco, un grosso martello. Dai controlli è risultato avere un tasso quattro volte superiore ai limiti di legge.
L'uomo è stato denunciato per guida in stato di ebbrezza, gli è stata ritirata la patente e sequestrato il martello. È scattata anche la denuncia per porto abusivo di armi e danneggiamento aggravato.
Un'intera comunità, quella di Montefano, avvolta nel dolore per la scomparsa a soli 44 anni di Katia Fammilume. La donna si è arresa ieri a un terribile male contro il quale ha combattuto sin dall'età di 28 anni. Una malattia che l'ha strappata all'affetto del marito Mirko, che le è sempre rimasto accanto, e di tutta la sua famiglia.
Una folla le ha dato quest'oggi l'ultimo saluto durante il rito funebre svoltosi nella Collegiata di San Donato, a Montefano. La sorella, Mariella Fammilume, l'ha ricordata con un commovente post sui social dove si vede Katia sorridente: "È con questo sorriso che hai combattuto per 16 lunghi anni e io così ti ricorderò sempre - scrive -. Un pezzo del mio cuore se n'è andato con te".
I carabinieri della sezione radiomobile della compagnia di Fermo hanno denunciato alla Procura due uomini, padre e figlio: i due si erano dati alla fuga dopo un incidente stradale, in cui era rimasto ferito un altro conducente, senza prestare soccorso.
Inoltre una volta individuati, il padre ha dichiarato falsamente di essere lui alla guida dell'auto, forse per sollevare da responsabilità penali il figlio. Circostanza poi smentita dagli approfondimenti investigativi dei militari.
I militari li avevano rintracciati analizzando i filmati dei sistemi pubblici di videosorveglianza. Entrambi sono stati denunciati per fuga in caso di incidente con danni a persone e omissione di soccorso.
È venuto a mancare oggi all'età di 84 anni, Pietro Diamanti, uno dei soci fondatori nel 1974 della Falc spa, azienda calzaturiera di Civitanova Marche nota per i suoi marchi Naturino e Voile Blanche.
Nel 2004 aveva ricevuto il titolo di 'Cavaliere del lavoro' per la dedizione e l'impegno da sempre dedicati all'azienda che negli anni aveva visto crescere fino a diventare una della più importanti realtà industriali della zona.
Alla passione per il lavoro Pietro abbinava anche quella per l'impegno politico e sociale. Infatti negli anni '70 era stato più volte consigliere comunale di Civitanova nelle fila dell'allora Partito Comunista.
La sua scomparsa lascia un grande vuoto tra i familiari e tutti coloro che negli anni hanno collaborato con lui. I funerali si terranno giovedì 26 gennaio alle 15:30 presso la Chiesa dei Frati Cappuccini di Civitanova Alta. In segno di rispetto quel giorno l'azienda sarà chiusa per lutto.
Muore mentre è in attesa del ricovero in ospedale. Il cuore del 43enne Matteo Marchegiani ha smesso di battere questa mattina al pronto soccorso dell'ospedale di Macerata, dove l'uomo si trovava in attesa di un successivo ricovero.
Da quanto si apprende, il 43enne si era presentato nel nosocomio, ieri, per una visita di controllo. Matteo Marchegiani era affetto da una patologia cardiaca e dopo la visita nel reparto di Cardiologia, avvenuta nella serata di ieri, i medici gli avevano riscontrato uno scompenso epatico che necessitava un ricovero.
Nell'attesa - in base alla procedura prevista per casi del genere - è stato trasferito al pronto soccorso dove, monitorato, ha passato la notte. Questa mattina poi ha accusato il malore che gli è stato fatale.
Profondo dolore e sgomento a Macerata, quando si è diffusa la notizia. Matteo, grande appassionato di motociclismo, era molto conosciuto in città dove gestiva con il padre un’officina meccanica in via Ghino Valenti.
Era in aula indossando una maglietta sulla quale compaiono le immagini di parte del cadavere della figlia. Alessandra Verni, la madre di Pamela Mastropietro, la diciottenne uccisa a Macerata nel gennaio 2018, a Perugia per l'appello bis a Innocent Oseghale. "Avete visto come me l'hanno ridotta" ha detto ai giornalisti mostrando la foto. "Mi auguro che il processo faccia il giusto corso" ha aggiunto. L'udienza è stata rinviata, nel frattempo, al 22 febbraio, per l'assenza di due testimoni al processo bis.
Fuori dal palazzo di giustizia di Perugia alcune amiche e amici di Pamela hanno esposto striscioni per chiedere "giustizia" per lei. "Pamela voleva vivere e dei mostri le hanno spezzato tutti i sogni" si legge su uno di questi. E ancora: "dopo cinque anni stiamo ancora aspettando giustizia. La disumanità non deve diventare normalità".
Assenti i testi ammessi nella scorsa udienza. Uno di loro, ha manifestato il suo impedimento per motivi di salute, il secondo, invece, non si è presentato ed è risultato irreperibile. Nei suoi confronti la Corte ha disposto l'accompagnamento coattivo e una sanzione pecuniaria di 250 euro.
L'udienza è stata rinviata al 22 febbraio. L'imputato Innocent Oseghale, già condannato per aver ucciso, il 30 gennaio 2018, la diciottenne e aver smembrato il suo corpo, deve rispondere di violenza sessuale. Era presente in aula e ha già detto che non assisterà alla prossima udienza.
La diciottenne Pamela Mastropietro venne uccisa a Macerata il 30 gennaio 2018. Lo scorso 23 novembre, i giudici di Perugia avevano deciso di rinnovare l'istruttoria, sentendo come testimoni due uomini con cui Pamela aveva avuto rapporti sessuali protetti dopo essersi allontanata dalla comunità terapeutica di Corridonia e prima di incontrare Oseghale.
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